[Redditolavoro] Governo Gentiloni: il renzismo senza Renzi

Partito Comunista dei Lavoratori pclavoratoribologna at gmail.com
Wed Dec 14 14:41:30 CET 2016


Governo Gentiloni: il renzismo senza Renzi

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Il “nuovo” governo Gentiloni è la continuità mascherata del renzismo. Una
forma di renzismo senza Renzi. Un governo-ponte che nelle intenzioni di
Renzi dovrebbe dargli il tempo di preparare la sospirata rivincita
elettorale. Il più presto possibile, s'intende, nella speranza di travasare
sul PD il 41% del Sì alla riforma costituzionale (bocciata).

Per coltivare il sogno della rivincita, Renzi aveva tre necessità
complementari. La prima: fare un (breve) passo indietro nella scena
politica, per onorare le promesse pubbliche in caso di sconfitta e provare
a riabilitare la propria immagine ammaccata. La seconda: disporre di un
potere di controllo sul nuovo governo ed in particolare sulle scelte
delicate in fatto di nomine pubbliche (che sono parte del blocco di potere
del renzismo). La terza: disporre di un governo sufficientemente debole,
incapace di fargli ombra, incapace di travalicare i tempi brevi che Renzi
gli ha assegnato.

Il governo Gentiloni risponde a queste necessità. Matteo Renzi conserva una
propria presenza diretta nell'esecutivo grazie all'inserimento di Luca
Lotti e di Maria Elena Boschi, la più stretta scuderia renziana. Affida la
partita decisiva della prossima legge elettorale ad Anna Finocchiaro, la
cui fedeltà è stata già sperimentata nel fiancheggiamento diretto di Boschi
lungo lo scontro sulla riforma istituzionale. Preserva i propri ministri
economici fondamentali (Padoan e Poletti), per preservare il patto di ferro
con Confindustria e con le banche. Offre rappresentanza ministeriale a
tutte le correnti della maggioranza filorenziana del PD, per assicurarsi il
controllo del fronte interno al partito al piede di partenza del suo
congresso. Cancella la sola ministra Giannini, ormai bruciata sull'altare
della Buona Scuola, e zavorra più di ogni altra per l'immagine del
renzismo. Respinge infine la candidatura ministeriale di Verdini, sia per
evitare nuovi appesantimenti di immagine, sia soprattutto perché un governo
più ballerino sui numeri al Senato avrà maggiori difficoltà a durare, e
potrà essere più facilmente sfiduciato.

Questa operazione tuttavia ha due punti di debolezza.
La prima è l'immagine pubblica obiettivamente provocatoria di un governo
che schiera in prima fila tutte le figure sconfitte dal No del 4 dicembre:
la garanzia di controllo renziano sul governo viene pagata al caro prezzo
di una sfrontata continuità ministeriale. Il renzismo senza Renzi oltre una
certa soglia di impudicizia rischia di zavorrare ulteriormente proprio
l'immagine di Renzi e le sue ambizioni di rivincita.

Il secondo fattore di complicazione riguarda il rapporto con una parte non
irrilevante dei poteri forti. Poteri a suo tempo tutti schierati col
renzismo nel momento della sua ascesa e delle sue promesse di
stabilizzazione reazionaria, ma che oggi diffidano dello spirito
avventuriero di un (aspirante) Bonaparte sconfitto che rischia di anteporre
la propria sete di rivincita all'interesse generale di sistema. Lo sguardo
critico della grande stampa borghese verso un governo paravento delle
ambizioni del renzismo è sintomatico di questa preoccupazione. La stessa
Presidenza della Repubblica ne è investita.

Resta il fatto che il governo Gentiloni continuerà le pratiche correnti del
renzismo e del grande capitale contro i lavoratori italiani. La continuità
della gestione del Jobs Act. La continuità della detassazione dei profitti
già sigillata dall'ultima Legge di stabilità, a carico di spese e
protezioni sociali. La continuità del soccorso pubblico al potere bancario,
con l'annunciato salvataggio del Monte dei Paschi di Siena a carico dei
lavoratori contribuenti. La continuità delle politiche di segregazione e di
espulsione dei migranti, in sintonia con la campagna del populismo
reazionario (Salvini e Di Battista).

*La costruzione di un'opposizione sociale, unitaria e di massa, contro il
renzismo e la sua versione mascherata, è l'unica via per dare una
prospettiva progressiva alla vittoria del No del 4 dicembre.*
Partito Comunista dei Lavoratori

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