[Redditolavoro] Fw: TRIBUNALE DI GENOVA: E’ LEGITTIMO RIFIUTARSI DI LAVORARE SE NON SI E’ IN CONDIZIONI DI PIENA SICUREZZA

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Sun May 31 08:26:43 CEST 2015








  TRIBUNALE DI GENOVA: E’ LEGITTIMO RIFIUTARSI DI LAVORARE SE NON SI E’ IN CONDIZIONI DI PIENA SICUREZZA

  Riporto a seguire dalla rivista on-line PuntoSicurohttp://www.puntosicuro.it un interessante articolo dell’avvocato Lorenzo Fantini relativo alla sentenza del Tribunale di Genova che il 23 marzo ha disposto il reintegro per il macchinista della divisione Cargo delle Ferrovie dello Stato, Silvio Lorenzoni, reo di essersi rifiutato di viaggiare assieme a un secondo agente non in grado di guidare il treno.
  Il giudice, che ha annullato in un sol colpo il suo licenziamento, ha ritenuto pienamente legittimo il suo rifiuto essendo questo motivato dalla necessità di tutelare un bene non negoziabile: la propria salute e sicurezza.
  Questa sentenza (se confermata nei successivi gradi di giudizio) avrebbe un enorme valore giurisprudenziale affermando che:
  - un lavoratore si può legittimamente rifiutare di prestare la proprio opera, se non è in condizioni di piena tutela della propria e altrui salute e sicurezza;
  - un Tribunale ha il diritto di entrare nel merito e censurare in Giudizio le misure di salute e sicurezza intraprese da una azienda, se ritenute non idonee a garantire il livello di tutela imposto dall’articolo 2087 del Codice Civile;
  - eventuali accordi concertativi tra sindacati e aziende che riducano le tutele di salute e sicurezza non giustificano in nessun modo le aziende a non adempiere integralmente agli obblighi previsti in tal senso dalle fonti e dalla legislazione in merito.
  Marco Spezia

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  ARTICOLO 2087 DEL CODICE CIVILE: L’AMPIEZZA DELL’OBBLIGO DI TUTELA DEI LAVORATORI

  E’ legittimo il rifiuto della prestazione di lavoro in condizioni di pericolo per la salute e sicurezza sul lavoro?
  Alcune considerazioni con riferimento ad una recente pronuncia del Tribunale del lavoro di Genova.

  Una recente pronuncia di merito (Tribunale del Lavoro di Genova, 23 Marzo 2015) permette una breve riflessione su un tema importante e da sempre discusso, vale a dire in ordine alla ampiezza della ricaduta applicativa della disposizione dell’articolo 2087 del Codice Civile la quale impone all’imprenditore di “adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore”.
  Come noto tale norma viene generalmente considerata impositiva al datore di lavoro di un generale obbligo di sicurezza nei confronti dei propri prestatori di lavoro e costituisce il principale riferimento in tema di tutela dell’integrità fisica e morale del prestatore di lavoro.

  Pur non potendo certo, in questa sede, approfondire il tema, è opportuno comunque evidenziare che l’obbligo disciplinato dalla norma codicistica (pacificamente ritenuto applicabile a qualunque organizzazione di lavoro, pubblica e privata, indipendentemente dalla dimensione e complessità) consiste nella adozione di ogni provvedimento idoneo a evitare che dall’espletamento dell’attività lavorativa in azienda possa derivare, per cause legate alla attività lavorativa, una lesione alla persona del lavoratore.
  Dunque, come è possibile leggere in molte delle sentenze che negli anni hanno fatto applicazione del principio appena richiamato, la formulazione dell’articolo 2087 (grazie alla sua ampiezza e consequenziale “dinamicità”) permette di qualificare l’articolo in questione come “norma di chiusura” dell’ordinamento, capace di fornire ai principi costituzionali di cui all’articolo 32 (diritto alla salute dei cittadini) e 41, secondo comma (rispetto della sicurezza, libertà e dignità umana), della Costituzione la possibilità di attagliarsi a ogni possibile situazione.

  Tale orientamento è da considerarsi del tutto consolidato, come emerge dalla Sentenza n. 14468 della Cassazione Civile, Sezione Lavoro del 7 giugno 2013, ove è dato leggere che: “L’adempimento dell’obbligo di tutela dell’integrità fisica del lavoratore imposto dall’ articolo 2087 del Codice Civile è un obbligo di prevenzione che impone al datore di lavoro di adottare non solo le particolari misure tassativamente imposte dalla legge in relazione allo specifico tipo d’attività esercitata e quelle generiche dettate dalla comune prudenza, ma anche tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie per proteggere il lavoratore dai rischi connessi tanto all’impiego d’attrezzi e macchinari quanto all’ambiente di lavoro”.

  Nell’ambito di tale generale tematica si inserisce da sempre una discussione molto accesa (per le sue ricadute in termini anche di natura occupazionale e sindacale) in ambito ferroviario e relativa alla circostanza che i treni siano condotti necessariamente da almeno due macchinisti o anche solo da uno.
  Dal punto di vista della salute e sicurezza sul lavoro (l’unico che in questa sede si può affrontare), la questione da risolvere è se una modalità organizzativa che preveda che i treni siano condotti da un solo macchinista sia sufficiente a garantire un efficace soccorso al macchinista stesso, in caso di suo malore, assicurando al contempo ai viaggiatori il rispetto di elementari condizioni di sicurezza.

  In ordine a tale delicata tematica ricordo come, nella mia qualità di dirigente delle divisioni competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro presso il Ministero del lavoro, ebbi modo di ricevere molte segnalazioni di natura sindacale che sottolineavano la necessità di prevedere le più idonee misure di organizzazione per affrontare la possibilità di un malore del macchinista e che di tali segnalazioni, unitamente alle considerazioni delle Ferrovie dello Stato (all’epoca unico esercente ferroviario), si ebbe modo di tener conto nella stesura (di iniziativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) del Decreto Interministeriale n. 19 del 24 gennaio 2011, attuativo della previsione dell’articolo 45, comma 3, del D.Lgs. 81/08.

  Più nel dettaglio, nell’ambito della discussione tra Amministrazioni e in sede di Conferenza Stato-Regioni venne più volte ipotizzato l’inserimento nell’ambito del provvedimento di una previsione in forza della quale venisse imposto al datore di lavoro di prevedere la presenza necessariamente contemporanea di due macchinisti, quale unica modalità che garantisca il più rapido ed efficace soccorso nell’eventualità di un malore del conducente del treno.
  In ultima istanza prevalse, però, la considerazione che una tale previsione sarebbe stata una ingerenza nei riguardi del potere di organizzazione del datore di lavoro, tenuto (in applicazione della citata previsione di cui all’articolo 2087 del Codice Civile) comunque ad adottare le migliori misure di prevenzione per garantire un soccorso pronto ed efficace in caso di malore del macchinista.

  Ed, infatti, il Decreto del 24 gennaio 2011, espressamente applicabile (vedi articolo 2) al “personale di macchina e viaggiante operante su materiale rotabile in esercizio e a vuoto”, dispone in modo chiaro (senza specificare le “modalità” dell’adempimento di tale obbligo) che i “gestori delle infrastrutture e le imprese ferroviarie, coordinandosi fra loro e con i servizi pubblici di pronto soccorso, predispongono procedure operative per attuare uno specifico piano di intervento che preveda per ciascun punto della rete ferroviaria le modalità più efficaci al fine di garantire un soccorso qualificato nei tempi più rapidi possibili anche per il trasporto degli infortunati”.




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