[Redditolavoro] CONTRO LA SCUOLA DEI PADRONI, CONTRO IL GOVERNO RENZI
Partito Comunista dei Lavoratori
pclavoratoribologna at gmail.com
Sun May 17 23:33:01 CEST 2015
CONTRO LA SCUOLA DEI PADRONI, CONTRO IL GOVERNO RENZI: UNA PRIMA
RIFLESSIONE SUL MOVIMENTO DI MASSA DI QUESTE SETTIMANE
*In queste settimane si è sviluppato, in modo imprevisto, e con
caratteristiche inaspettate, un vero e proprio movimento di massa contro il
DDL BUONA SCUOLA. Quel movimento che avevamo auspicato nell’autunno scorso
(una volta presentato il documento “la buona scuola”), quel movimento che
abbiamo invocato a febbraio-marzo (alla presentazione del DDL), si è
improvvisamente innescato nella fase finale dell’anno scolastico, nelle
settimane immediatamente precedenti all’approvazione stessa del DDL.*
Un movimento di massa, innanzitutto. I dati reali di partecipazione dello
sciopero del 5 maggio sono dati *MAI VISTI IN NESSUNO SCIOPERO DELLA SCUOLA*.
Neanche dal famoso movimento dei comitati di base a metà degli anni ottanta
(tra parentesi, quello dei comitati di base, organismi democratici di ogni
scuola composto da insegnanti di diversi sindacati e anche da non iscritti;
non dell’organizzazione sindacale di base “COBAS scuola”, che nacque da
quell’esperienza di massa raccogliendo solo una parte della sua
avanguardia). L’adesione il 5 maggio è stata intorno al 90% tra gli ATA,
sopra 80% nell’infanzia e nelle primarie, sopra il 70% nelle superiori. Ma
non solo. E’ stata fortissima la partecipazione alle assemblee, il
coinvolgimento di ampi settori di lavoratori e lavoratrici nella
preparazione dello sciopero: in moltissimi istituti si sono approvati
documenti e prese di posizione (quasi tutte chiedendo il ritiro DDL); si
sono fatte assemblee e incontri con genitori (elementari in particolare);
sono comparsi nei giorni precedenti striscioni e manifesti all’ingresso
degli istituti; sono stati preparati volantini “di scuola”, autoprodotti,
per spiegare le ragioni dello sciopero. Ed ancora di più. Nei giorni
successivi è stata massiccia l’adesione al boicottaggio Invalsi. Nelle
scuole primarie, il 6 e 7 maggio (i giorni immediatamente successivi allo
sciopero generale della scuola), l’INVALSI è stato svolto nelle seconde e
nelle quinte delle elementari: oltre il 10% delle classi sono state
coinvolte dallo sciopero. In molti plessi sono state organizzate casse di
resistenza informali, per restituire parzialmente quanto perso dai
colleghi/e coinvolti nello sciopero in quanto somministratori INVALSI. In
diversi istituti, su sollecitazione della lotta in corso, molti o tutti i
bambini sono stati tenuti a casa (anche in scuole campione). Una dinamica
ripetuta e allargatasi il 12 maggio, nelle scuole superiori, con il
coinvolgimento di associazioni e collettivi studenteschi. Circa un quarto
degli studenti non ha partecipato ad Invalsi (per assenza studenti o per
sciopero docenti). Un numero probabilmente simile lo ha boicottato,
consegnando risposte inutilizzabili.
E’ un dato enorme. Nessuna protesta contro questo sistema di valutazione
aveva ottenuto un tale successo: ha trasformato in senso comune la critica
alla standardizzazione ed alla valutazione, quando sino a qualche settimana
prima la maggior parte delle organizzazioni sindacali la difendeva a spada
tratta. La FLC CGIL, ad esempio, non ha voluto sostenere formalmente questa
lotta: pur essendo critica su alcuni aspetti dell’Invalsi, la maggioranza
dell’organizzazione, ed in particolare la direzione del comparto scuola, è
infatti favorevole alla valutazione ed anche alla valorizzazione (cioè ad
un monetizzazione della valutazione, differenziando gli stipendi dei
docenti). Pochi mesi fa ha infatti presentato e fatto approvare dal
Direttivo nazionale FLC un linea generale sulla contrattazione, in cui per
la prima volta si proponevano strumenti di valutazione e di premio della
didattica, non individuali ma collettivi (“ai team migliori”: una proposta
che non limita, ma anzi peggiora la dinamica competitiva di questo
strumento, differenziando le classi e non solo i docenti). Temendo appunto
che una lotta diretta contro Invalsi incentivasse un senso comune contro
valutazione e valorizzazione, la FLC si è sempre rifiutata di partecipare a
queste forme di lotta. Eppure il grande coinvolgimento di queste settimane
nella lotta contro il DDL, ha costretto larghe parti della FLC e dello
stesso apparato a sostenere questa lotta, ed in alcune occasioni anche a
organizzarla.
Al momento, questo movimento è costituito sostanzialmente di lavoratori e
lavoratrici della scuola. La partecipazione studentesca è ancora
sostanzialmente limitata e, considerando il periodo dell’anno,
probabilmente non avrà la possibilità di crescere prima dell’interruzione
estiva. A innescare il movimento sono state diverse componenti. Da una
parte il mega-piano di assunzioni dei precari, ventilato dalla scorsa
estate, è precipitato concretamente con numeri più contenuti (100mila
invece che 150mila) e con una chiara definizione dei suoi confini (GAE e
dintorni), rendendo quindi sempre più evidenti l’esistenza di un’ampia
fascia di esclusi (2/300mila persone nel complesso, di cui almeno la metà
con un orario significativo di lavoro). Dall’altra parte, l’immagine della
buona scuola si è focalizzata sull’autonomia competitiva tra istituti
(fondi privati, POF, ecc) e soprattutto sul fortissimo accentramento di
poteri nei dirigenti (elaborazione del piano scolastico, chiamata diretta
dei docenti, gestione della valorizzazione stipendiale). Due elementi che
hanno permesso di catalizzare il malcontento in una diffusa rivolta di
massa contro l’impianto del DDL. Temendo la reazione di un universo
scolastico imprevedibile, Renzi aveva condotto due diverse azioni di
esplorazione del terreno. Nel corso dell’estate scorsa, aveva fatto
avanzare da sottosegretari e portaborse alcune ipotesi di aumento
sostanziale dell’orario di lavoro degli insegnanti a parità di salario.
Dopo assemblee, presidi e proteste in piena estate, la proposta è stata
velocemente sconfessata. In autunno ha avanzato una dichiarazione di
intenti, il piano scuola, riservandosi di concretizzare più avanti le sue
specifiche proposte di “riforma”. Nella consultazione farsa organizzata dal
MIUR, attraverso questionari on line e assemblee territoriali con platee
selezionate, è stato sorprendentemente abbattuto l’elemento su cui si era
concentrata la comunicazione del governo e l’attenzione dei media (gli
scatti di merito al posto dell’anzianità: cioè la differenziazione
strutturale degli stipendi). In primavera, dopo una lunga e accidentata
elaborazione nelle segrete stanze del governo, la “punta di lancia”
propagandista della” riforma” è stata quindi sostituita con il
preside-allenatore-mamager-sceriffo-sindaco. Il capo della scuola. Lì ha
innescato la reazione di massa del corpo docenti, che i propri dirigenti li
conoscono bene, ma che soprattutto hanno compreso le conseguenze di questa
controriforma nella vita concreta delle scuole.
Questa rivolta di massa contro l’impianto del DDL è stata colta dalle
burocrazie sindacali, rilanciata e fatta esplodere con lo sciopero del 5
maggio. CGIL CISL UIL SNALS e GILDA, i sindacati maggioritari della scuola,
hanno avuto enormi responsabilità nell’accompagnare per tutto il corso
dell’anno il percorso della buona scuola. Nell’autunno infatti hanno
tracciato una valutazione articolata del primo “Piano Scuola” presentato
dal governo Renzi. Ad esempio la FLC CGIL, pur nel quadro di “un’idea di
scuola diversa dalla nostra”, pur in assenza “di scelte strategiche per il
diritto allo studio” e di qualunque “attenzione per gli ATA”, pur in
presenza di scelte “inaccettabili” (regolazione per legge di orario e
retribuzione; sostituzione degli scatti di anzianità e blocco del
contratto), ha riscontrato punti positivi nel progetto avanzato,
addirittura convergenti con proposte della stessa FLC: superamento lavoro
precario, istituzione di un organico funzionale, estensione del tempo
pieno, ecc. Conseguentemente a questa analisi, questi sindacati non hanno
indetto nessuno sciopero e nessuna protesta sino a primavera, limitandosi
ad assemblee, petizioni e dichiarazioni alla stampa.
Il governo Renzi, replicando l’atteggiamento e l’esperienza maturata con il
Job Act, davanti a questa titubanza ha radicalizzato arrogantemente
l’impianto autoritario della riforma. Ha rinunciato a concentrarsi sulla
differenziazione stipendiale, per focalizzarsi sulla gerarchizzazione della
scuola (il manager e la diversificazione fra istituti). Nel mese di marzo e
di aprile sono rapidamente cresciute le prese di posizione, la
partecipazione alle assemblee cittadine, la rabbia e la richiesta di una
risposta di lotta. Una crescita che è stata annunciata e ripresa dai
comitati, dalle strutture auto-organizzate, dai sindacati di base e dalla
sinistra CGIL (come quelli degli autoconvocati a Roma, del comitato 3
ottobre a Milano, del manifesto dei 500 e dell’assemblea contro la buona
scuola a Torino, del coordinamento nella riviera toscana, ecc). Queste
forze hanno lavorato per l’esplosione della protesta, indicendo per prime
lo sciopero del 24 aprile. Le burocrazie sindacali della scuola hanno però
colto l’innesco di questo movimento. Invece che soffocarlo, hanno deciso di
rilanciarlo, dandogli una forza di massa attraverso la convergenza sulla
data del 5 maggio, in una data inizialmente prevista solo dai Cobas scuola.
Uno sciopero ed un movimento che quindi, ad oggi, è diretto dalle
burocrazie sindacali, nel quadro di una fortissima partecipazione e quindi
di una fortissima pressione dal basso, unitaria e radicale. Tant’è che
oramai tutte le organizzazioni, almeno a parole, hanno dovuto assumere nei
fatti sia la protesta contro la valorizzazione (Invalsi), sia la parola
d’ordine del ritiro del DDL. E quindi, nonostante propensioni e volontà a
cercare accordi, hanno dovuto rifiutare il terreno degli emendamenti del
governo, chiedere un cambio di impianto ed un decreto sui precari.
Questo movimento è un movimento politico contro il governo. Questo
movimento infatti si è costruito su un terreno direttamente politico.
Contro Renzi e contro il PD di Renzi. Queste sono le parole d’ordine, i
cartelloni, gli striscioni diffusi nelle scuole. Un movimento di massa che
si è posto immediatamente e naturalmente su un terreno di contrapposizione
al governo. Perché questo movimento si è costruito contro uno degli
elementi cardine del programma del governo. Perché la lotta è contro un
progetto di scuola esemplificativo del nuovo profilo radicalmente liberale
del PD renziano (competizione, fondi privati, centralità logica d’impresa).
Perché il conflitto si è personificato sulla figura di Renzi, per sua
stessa volontà: lui si è voluto identificare con la buona scuola e
presentarla sempre in prima persona (tanto che il nome pubblico del disegno
di legge non è come al solito “DDL Giannini”, dal suo primo presentatore
formale, ma Buona scuola di Renzi). Renzi è il suo governo, è il PD ed è la
buonascuola. Non a caso uno degli slogan più diffusi nella rete, nei
social, nei passa parola è “Sono un insegnante, non voto più PD”: una
terreno di scontro direttamente e chiaramente politico di questo movimento.
Questo movimento ha una prospettiva incerta. I tempi dell’approvazione
parlamentare sono oramai stretti. Ancor di più, la prossima fine dell’anno
scolastico incombe come una chiusura forzata dell’onda mobilitativa. In un
contesto in cui la direzione del movimento, nonostante le pressioni dal
basso, è ancora saldamente nelle mani delle organizzazioni sindacali
maggioritarie. Cioè delle burocrazie sindacali che stanno subendo
radicalità e determinazione di questo movimento (ritiro del DDL), oltre che
alcuni degli stessi terreni di lotta (Invalsi e blocco scrutini). Quello
che è uno degli elementi di forza del movimento, la sua unità, dimensione e
compattezza, è pregiudicato dal rischio della divisione per la
capitolazione anche improvvisa delle sue componenti più moderati e
burocratiche (CISL scuola, GILDA e SNALS), come successo anche recentemente
con la Gelmini. Capitolazioni a cui poi facilmente si accoda anche la FLC,
in nome dell’unità sindacale e della difesa del suo programma di
maggioranza sulla scuola (non così distante dall’impianto renziano, come
appunto indica la piattaforma contrattuale indicativa che abbiamo ricordato
prima).
In questo quadro, faticano anche ad emergere terreni concreti di lotta.
Dopo l’Invalsi, si sta diffondendo il boicottaggio dei libri di testo
(entro il mese è necessario adottare i libri del prossimo anno scolastico:
in molti collegi docenti si stanno approvando documenti in cui questo atto
non viene compiuto). Una forma di lotta poco visibile e comprensibile
all’esterno del mondo della scuola, i cui effetti concreti non sono
evidenti in tempi brevi (colpisce le case editrici, ma nella prospettiva di
vendita il prossimo autunno), ma che ha il pregio di mantenere viva nel
corpo docente la mobilitazione.
Il vero terreno di lotta che rimane, prima della tagliola estiva, è il
blocco degli scrutini. Una forma di lotta che ha oggi dimensioni mitiche.
Perché nel corpo docente rimane diffusa la memoria degli anni ottanta (dei
comitati di base e della loro lotta), quando con questo strumento avevano
alla fine ottenuto una vera vittoria: l’aumento contrattuale più
significativo della storia della categoria, il tetto dei 25 alunni per
classe, l’assunzione di 30mila precari. Grazie a questa dimensione mitica,
grazie all’inesistenza di altri terreni immediati di conflitto, è diventata
oggi orizzonte e parola d’ordine diffusa della mobilitazione. Tanto che
tutte le organizzazioni sindacali la stanno riprendendo, persino quelle che
l’hanno sempre combattuta, dalla FLC CGIL alla UIL.
Come terreno concreto di lotta, il blocco degli scrutini, è molto più
problematico. Innanzitutto sul piano delle norme. Nel 2010, in occasione di
una lotta indetta da Cobas, Unicobas e Gilda, la Commissione di garanzia
sul diritto di sciopero ha infatti dichiarato illegittimo il blocco degli
scrutini sulla base della Legge 12 giugno 1990, n. 146, che fu imposta
proprio sull’onda dell’esperienza dei comitati di base nel corso degli anni
ottanta (articolo 1, “l’esigenza di assicurare la continuità dei servizi
degli asili nido, delle scuole materne e delle scuole elementari, nonché lo
svolgimento degli scrutini finali e degli esami, e l’istruzione
universitaria, con particolare riferimento agli esami conclusivi dei cicli
di istruzione”). La Commissione si è basata anche sul contratto nazionale
di lavoro della scuola, siglato il 26 maggio 1999, “gli scioperi proclamati
e concomitanti con le giornate nelle quali è prevista l’effettuazione degli
scrutini finali non devono differirne la conclusione nei soli casi in cui
il compimento dell’attività valutativa sia propedeutico allo svolgimento
degli esami conclusivi dei cicli di istruzione. Negli altri casi, i
predetti scioperi non devono comunque comportare un differimento delle
operazioni di scrutinio superiore a 5 giorni rispetto alla scadenza
programmata della conclusione”.
Ora, come ha dimostrato la vicenda dei trasporti in diverse realtà e
occasioni (Genova, Firenze, Milano, ecc), le norme antisciopero non
comportano l’impossibilità di condurre una lotta determinata e prolungata.
Soprattutto se un vasto fronte sindacale (a quel punto, anche non
totalmente compatto), la sostenesse. Ma il blocco dei trasporti si
concentra comunque su un numero ristretto di giorni, con una fermata
concentrata ed improvvisa di tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici, con
un impatto esterno immediato e molto significativo (il blocco di bus, tram,
metro, ecc).
Il blocco degli scrutini funziona invece in modo diverso: coinvolge i
lavoratori e le lavoratrici separatamente ed in tempi diversi (collegio di
classe per collegio di classe), su un periodo di diverse settimane,
risultando visibile sono nel tempo. Nella stessa esperienza degli anni
ottanta, il blocco non fu lanciato a fine anno scolastico, non fu
immediatamente visibile, ottenne un effetto solo nel tempo.
La proposta del blocco degli scrutini, per sostenere una piattaforma di
lotta centrata sull’aumento immediato e per tutti dello stipendio (lanciata
da una scuola romana), fu avanzata sin dall’autunno 1987. Il blocco iniziò
poi concretamente a febbraio, nel primo quadrimestre, scuola per scuola, a
macchia d’olio. Ad anno scolastico aperto, e quindi senza immediate
conseguenze su alunni e famiglie. Fu rilanciato a marzo dall’assemblea
nazionale dei comitati di base. Esplose a maggio sulla stampa e nel
dibattito politico, con le reazioni del ministero (commissari ad acta), le
denuncie, le liste degli scioperanti fatte dai presidi, i carabinieri nelle
scuole e l’apertura di procedimenti penali. Tocco a giugno 1987 un primo
apice ed un primo successo, con il decreto sui 25 alunni per classe. Poi
arrivo l’estate. Nel settembre 1988 la repressione giudiziaria fu sconfitta
nei Tribunali (17.9.1987: “Il blocco degli scrutini non è reato, ma una
legittima protesta sindacale: la preoccupazione creata può essere
rilevante, ma da un punto di vista giuridico questa agitazione non deve
essere catalogata come un'interruzione di pubblico servizio. Per questo va
archiviata l'inchiesta contro i docenti dei comitati di base romani. A
sostenerlo è il sostituto procuratore della Repubblica di Roma Giorgio
Santacroce che ha anche chiesto la contemporanea archiviazione degli
esposti contro le schedature degli scioperanti presentati dagli insegnanti
dei comitati di base sulla legittimità del blocco”). Nel corso dell’anno
scolastico successivo la lotta fu replicata con un andamento simile.
Appello di lotta in autunno, blocco a febbraio, scioperi e cortei nazionali
in primavera (si intrecciava con il rinnovo contrattuale della categoria).
Con la minaccia di un nuovo blocco alla fine dell’anno scolastico, fu
chiuso l’accordo nei primi di giugno 1988 con l’aumento di oltre 500mila
lire al mese. La lotta cioè durò sostanzialmente due anni, il blocco iniziò
a febbraio 1987 e fu condotto in ondate diverse, a lungo tempo. Le
possibilità concrete di condurre vincere la lotta sul terreno del blocco
degli scrutini sono quindi incerte. Il blocco degli scrutini non è uno
sciopero prolungato come nei trasporti. Ma questa parola d’ordine raccoglie
comunque due elementi importanti. Primo, ha una profonda radice nella
categoria, raccogliendo consenso e unità. Due: porta avanti la lotta contro
il DDL con una contrapposizione radicale con il governo. Quindi
dischiudendo per sua stessa natura una lotta di lunga durata, se il governo
non cede.
Per queste ragioni, questa parola d’ordine deve esser oggi ripresa e
rilanciata nel movimento. Facendo nel contempo crescere la consapevolezza e
l’autorganizzazione del movimento. Come abbiamo indicato nel documento
conclusivo del CC del PCL dello scorso dicembre, “per lo sviluppo della
lotta di classe, l’elemento determinante non è mai la vittoria del singolo
conflitto, ma come questo è condotto”. L’elemento decisivo dello sviluppo
di questo movimento di massa non sarà la vittoria sul DDL, ma la capacità
di svincolarsi dalle direzioni burocratiche dei sindacati (e dalle loro
capitolazioni e divisioni), facendo crescere la capacità di organizzare
democraticamente la lotta. Per questo è importante costruire in ogni
territorio assemblee RSU o di delegati/e, presentare il profilo radicale e
di lunga durata della lotta (compreso il blocco degli scrutini), costruire
un’assemblea nazionale e rappresentava di delegati e delegate delle scuola:
per decidere lo sviluppo della lotta, per definire democraticamente una
piattaforma di lotta, per non ridurre questa lotta ad un inutile ed
episodico sfogatoio.
Il movimento della scuola in corso è una lotta politica contro il governo,
in una dimensione di massa e non di avanguardia. Un movimento in difesa
della scuola pubblica, contro una scuola di classe, contro un’impostazione
liberale e padronale della formazione. Per questo il PCL non è solo al suo
fianco: è parte del movimento di lotta, avanzando all’insieme dei
lavoratori, delle lavoratrici, delle componenti e delle organizzazioni di
questo movimento le sue analisi, le sue proposte, il suo contributo.
Partito Comunista dei Lavoratori
www.pclavoratori.it - info a pclavoratori.it
-------------- parte successiva --------------
Un allegato HTML � stato rimosso...
URL: <http://lists.ecn.org/pipermail/redditolavoro/attachments/20150517/c40ee937/attachment-0001.html>
-------------- parte successiva --------------
Un allegato non testuale � stato rimosso....
Nome: contro la scuola dei padroni.jpg
Tipo: image/jpeg
Dimensione: 59441 bytes
Descrizione: non disponibile
URL: <http://lists.ecn.org/pipermail/redditolavoro/attachments/20150517/c40ee937/attachment-0002.jpg>
-------------- parte successiva --------------
Un allegato non testuale � stato rimosso....
Nome: simbPCL3x3celeste.jpg
Tipo: image/jpeg
Dimensione: 41918 bytes
Descrizione: non disponibile
URL: <http://lists.ecn.org/pipermail/redditolavoro/attachments/20150517/c40ee937/attachment-0003.jpg>
More information about the Redditolavoro
mailing list