[Redditolavoro] La verità negata di una resistenza tradita

Partito Comunista dei Lavoratori pclavoratoribologna at gmail.com
Sun Apr 19 01:15:37 CEST 2015


 La verità negata di una resistenza tradita
 Volantino del PCL distribuito in occasione del prossimo 25 aprile.
17 Aprile 2015


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Tra il ‘43 e il ‘45, resistenza partigiana e sollevazione operaia nelle
fabbriche posero concretamente la possibilità di una rivoluzione socialista
in Italia. La “rossa primavera” delle canzoni partigiane esprimeva la
volontà di farla finita non solo con la feroce occupazione nazista, ma con
le classi dominanti che si erano servite del fascismo. La disgregazione del
regime, il panico della borghesia italiana, i nuovi rapporti di forza nel
Paese, misuravano le potenzialità di una svolta rivoluzionaria che
liberasse l'Italia dal capitalismo.


*IL PRIMO COMPROMESSO STORICO: UN COLPO AL CUORE DELLA RESISTENZA *

Ma la resistenza fu tradita. Gli imperialismi vincitori della guerra si
erano accordati con la burocrazia stalinista dell'URSS per la divisione
delle zone di influenza. L'Italia doveva restare, per volontà di Stalin,
Roosevelt, Churchill, all'interno del campo capitalistico. Il nuovo PCI di
Palmiro Togliatti - in totale rottura col PCdI di Gramsci- si fece
esecutore fedele delle direttive di Stalin. La svolta di Salerno sancì la
subordinazione della resistenza alla ricostruzione del capitalismo
italiano. L'alleanza del PCI con i partiti borghesi “democratici” e
liberali, la struttura paritetica dei CLN combinata col criterio
dell'unanimità delle decisioni, offrì alla borghesia italiana ciò che
chiedeva: la rinuncia preventiva a mettere in discussione il suo dominio. I
governi di “unità nazionale” dell'Italia liberata fecero il resto: disarmo
dei partigiani, ripristino dei vecchi prefetti, restituzione delle
fabbriche ai capitalisti. L'amnistia per gli aguzzini fascisti firmata dal
ministro di Grazia e Giustizia Palmiro Togliatti per conto del governo De
Gasperi completò il quadro. La Costituzione del 1948 non fu affatto figlia
della Resistenza, ma del suo tradimento. Come disse Piero Calamandrei
scambiò “una rivoluzione promessa con una rivoluzione mancata”: tanti
principi solenni di giustizia sociale per mascherare e abbellire la
continuità dello sfruttamento capitalista.
“Ma si garantì la democrazia!” si obietta. Falso. L'insurrezione partigiana
aveva rovesciato il fascismo. Ma la “democrazia” del capitalismo è stata
pagata a caro prezzo dai lavoratori: le cariche della polizia contro gli
scioperi operai, i reparti confino e i licenziamenti politici per i
comunisti, la lunga pagina delle repressioni del dopoguerra. Il tradimento
di una rivoluzione spiana sempre la via alla reazione. Anche dentro
l'involucro di una democrazia borghese.


*IL SECONDO COMPROMESSO STORICO APRI' LA VIA ALLA SECONDA REPUBBLICA *

A partire dal '68 la classe operaia e le grandi masse giovanili che si
ribellarono ai padroni e al regime democristiano ripresero a modo loro la
domanda di liberazione della Resistenza. L'ascesa della classe operaia, la
ricomposizione attorno ad essa della popolazione povera di tutta Italia,
l'unità tra operai e studenti, assieme alla crisi verticale del vecchio
blocco di potere DC, riaprirono la concreta possibilità di una svolta
anticapitalista.
Ma la domanda di svolta fu nuovamente tradita. Il PCI di Berlinguer, in
perfetta tradizione togliattiana, subordinò la classe operaia a un secondo
compromesso storico con la DC. La burocrazia CGIL guidata da Lama
accompagnò la nuova unità nazionale con la svolta dei sacrifici (EUR), che
cancellava le rivendicazioni dell'autunno caldo e predicava la “austerità”
per gli operai. Il grande movimento di massa che per sei anni aveva calcato
le fabbriche, le scuole, le piazze di tutta Italia, fu distrutto e disperso
dalla delusione. Disorientamento, passivizzazione, qualunquismo (“i partiti
sono tutti uguali”, “la politica è una cosa sporca”) cominciarono a farsi
largo in grandi settori di massa e a forgiare un nuovo senso comune.
Iniziò così quel lungo riflusso del movimento operaio che preparò lo sbocco
della Seconda Repubblica. Dopo il crollo dell'URSS, la crisi distruttiva
della DC fu capitalizzata non a sinistra, ma a destra. Il gruppo dirigente
del PCI che aveva tradito prima la Resistenza e poi il 68, concluse la
propria onorata carriera sciogliendo il proprio partito per affrettare il
proprio accesso al governo. Al governo del capitalismo naturalmente, contro
una classe operaia che aveva preventivamente disarmato e disperso. Tutto
ciò ha aperto la via negli ultimi 20 anni ad una sistematica distruzione di
tutte le conquiste che l'autunno caldo aveva strappato, nelle fabbriche e
nella società, nell'alternanza pendolare tra Centrosinistra e Berlusconi).


*IL SONNO DELLA SINISTRA GENERA RENZI *

Anche negli ultimi 20 anni la classe operaia ha cercato più volte, sia pure
da posizioni di maggiore debolezza, di reagire alle politiche dominanti: la
protesta radicale contro il governo Amato nel ‘92, lo sciopero generale del
‘94 contro Berlusconi, la stagione dei movimenti del 2001/2004 ancora
contro Berlusconi. Ma ogni volta che il movimento di massa ha rialzato la
testa, le sue direzioni gliel'hanno abbassata. Subordinandola ciclicamente
all'eterna riproposizione del Centrosinistra, ogni volta annunciato come
“nuovo”, ogni volta copia del precedente.
A gestire e a coprire questa politica non sono state solo le burocrazie
sindacali, ma anche il Partito della Rifondazione Comunista. Un partito
nato formalmente come “cuore dell'opposizione”, ma rapidamente convertitosi
al governo del capitalismo. Al punto da votare nel primo governo Prodi
l'avvio della precarizzazione del lavoro (Treu) e il record delle
privatizzazioni in Europa; e nel secondo governo Prodi, in cambio di un
ministero (Ferrero) e di un Presidente della Camera (Bertinotti), la
detassazione dei profitti dei capitalisti e le missioni di guerra. Da qui
un suicidio politico senza ritorno.


*“RIFARE LA SINISTRA”. QUALE? *

C'è da meravigliarsi se dopo tutto quanto è accaduto la “sinistra” ha perso
credibilità e riconoscibilità sociale presso masse sempre più larghe? C'è
da meravigliarsi se in assenza di riferimenti credibili a sinistra e sullo
sfondo della più grande crisi capitalistica, masse consistenti di
lavoratori finiscono col farsi irretire dal renzismo, dal salvinismo, dal
grillismo, forme diverse di populismo reazionario anti operaio?
Il fatto che oggi l'Italia sia governata da un aspirante Bonaparte come
Matteo Renzi, che progetta la riforma elettorale e istituzionale più
reazionaria della storia repubblicana (peggio persino della legge Acerbo
del 23) è il peggiore insulto alla Resistenza. Il fatto che questo progetto
reazionario non solo non incontri un'adeguata opposizione di massa, ma
possa addirittura avvalersi del consenso drogato di parte del popolo della
sinistra allo sbando, misura il fallimento dei gruppi dirigenti della
sinistra italiana, l'enorme disastro da essi prodotto.

*E' necessario “rifare la sinistra” si dice. Verissimo. Ma non quella del
passato, non quella che ha tradito, non quella che ha svenduto ogni volta
tutte le migliori potenzialità di svolta che si sono affacciate nella
storia, non quella che illude su un possibile “compromesso col capitalismo”
per candidarsi a governarlo. C'è bisogno di costruire finalmente una
sinistra rivoluzionaria. Una sinistra anticapitalista che stia sempre e
solo dalla parte dei lavoratori. Una sinistra che riconduca ogni lotta e
rivendicazione immediata alla prospettiva di un governo dei lavoratori
quale unica vera alternativa. Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL),
l'unico che non ha mai tradito gli operai, è impegnato ogni giorno in
questa impresa. L'unica all'altezza delle migliori aspirazioni partigiane.*
Partito Comunista dei Lavoratori


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