[Redditolavoro] Eternit, depositata la sentenza

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Mon May 14 15:58:10 CEST 2012


"Dolo intenso, nessuna attenuante"In oltre 700 pagine le motivazioni per cui 
Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier sono stati condannati a 16 anni di 
carcere Raffaele Guariniello nel giorno della sentenza
  "Emerge tutta l'intensità del dolo degli imputati, perché sia De Cartier 
che Schmidheiny hanno continuato e non si sono fermati né hanno ritenuto di 
dover modificare radicalmente e strutturalmente la situazione, al fine di 
migliorare l'ambiente di lavoro e di limitare per quanto possibile 
l'inquinamento ambientale": lo scrive il giudice Giuseppe Casalbore nelle 
oltre 700 pagine di motivazioni della sentenza, appena depositata, con cui 
Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier sono stati condannati a 16 anni di 
carcere a Torino nel processo Eternit, il più grande mai celebrato in Italia 
per il disastro dell'amianto, con migliaia di casi tra morti e malati per 
malattie connesse. "Non può essere riconosciuta alcuna attenuante - aggiunge 
Casalbore - mentre risulta evidente che gli imputati hanno agito in 
esecuzione del medesimo disegno criminoso".

Gli imputati sono il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone 
belga Louis De Cartier, chiamati in causa per i danni provocati - secondo 
l'impostazione della Procura di Torino - dall'amianto lavorato in quattro 
stabilimenti italiani della multinazionale Casale Monferrato, Cavagnolo, 
Rubiera, Bagnoli. Secondo i giudici, i vertici dell'azienda erano a 
conoscenza dei problemi ma "nonostante tutto - si legge nelle motivazioni - 
hanno continuato e non si sono fermati nè hanno ritenuto di dover modificare 
radicalmente e strutturalmente la situazione al fine di migliorare 
l'ambiente di lavoro e di limitare per quanto possibile l'inquinamento".
Inoltre "hanno cercato di nascondere e minimizzare gli effetti nocivi". In 
un'altra parte della sentenza i giudici si dicono del parere che per questi 
comportamenti "non può essere riconosciuta alcuna attenuante".

Dalla testimonianza di Romana Blasotti, presidente dell'Associazione 
familiari vittime dell'amianto e persona simbolo della battaglia contro 
l'amianto degli abitanti di Casale Monferrato, emerge "tutta l'intensità del 
dolo" dei due imputati del processo Eternit, scrive il giudice. Casalbore 
afferma nella sentenza che "il comportamento degli imputati assume caratteri 
di notevole gravità con riferimento alla pluralità dei luoghi e degli 
stabilimenti interessati, con riferimento alla notevole durata della 
condotta e con riferimento alla straordinaria portata dei danni e del 
pericolo che ne sono conseguiti e che tuttora continuano a conseguire".

Aggiunge poi il magistrato che la gravità dei reati "risulta addirittura 
accresciuta se si passa a valutare l'intensità del dolo che ha costantemente 
accompagnato la condotta criminosa posta in essere dagli imputati nel corso 
degli annuo di rispettiva gestione della società Eternit. E' sintomatico, a 
tal riguardo, ricordare la domanda emersa dalla testimonianza Blasotti. La 
signora Blasotti Romana, presidentessa dell'Associazione familiari vittime 
Amianto, ha perduto cinque persone in famiglia: il marito, la sorella, il 
nipote, la cugina e la figlia; tutte morte per mesotelioma pleurico".

Il giudice riporta la testimonianza resa in aula, quando Blasotti disse: 
"Come poteva succedere che una persona potesse andare a lavorare e morire di 
lavoro?" e aggiunse che aveva visto "per un periodo di tempo tanti manifesti 
di morte appesi ai muri della fabbrica quando portavo i bambini a scuola". E 
si è chiesta: perché continuare?". E' da questa domanda che emerge, secondo 
Casalbore, l'intensità del dolo, perché "sia De Cartier che Schmidheiny 
hanno continuato e non si sono fermati".

Nel processo Eternit si contestava agli imputati il disastro doloso e 
l'omissione di cautele antifortunistiche negli stabilimenti italiani della 
Eternit a Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli. Solo per i fatti 
contestati nei primi due stabilimenti gli imputati sono stati condannati. 
Scrive il giudice Giuseppe Casalbore, nelle motivazioni depositate oggi, che 
"gli imputati devono essere prosciolti dai reati di disastro commessi in 
Napoli Bagnoli e Rubiera e dai reati di dolosa omissione di cautele 
antinfortunistiche commessi fino al 13 agosto 1999, perché tali reati 
risultano estinti per prescrizione".
(14 maggio 2012) © Riproduzione riservata



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