[Redditolavoro] OPPOSIZIONE APERTA A NAPOLITANO

Partito Comunista dei Lavoratori pclavoratoribologna at gmail.com
Wed Mar 7 11:36:20 CET 2012


 BASTA IPOCRISIA. OPPOSIZIONE APERTA A NAPOLITANO

*(6 Marzo 2012) *



Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è oggi il principale
sostegno del governo Monti, governo della Confindustria e delle banche. É
un fatto incontestabile.

Napolitano investe pubblicamente il “prestigio” della propria immagine
pubblica per garantire a Monti il consenso d'opinione necessario a gestire
le peggiori operazioni antioperaie e antipopolari. Quanto più tali
operazioni sono impopolari, o virtualmente tali, tanto più Napolitano fa
irruzione diretta sullo scenario politico per sponsorizzarle in prima
persona.

Così è stato in occasione della distruzione delle pensioni d'anzianità.
Così è oggi a fronte dell'attacco all'articolo 18 o della gestione del
progetto TAV. In ogni passaggio cruciale la Presidenza della Repubblica
offre il petto a difesa del governo contro l'opposizione sociale ( o il
rischio che si produca). Di più: Napolitano incoraggia pubblicamente il
governo a procedere contro i lavoratori e le resistenze sociali; chiede
pubblicamente alla CGIL fedeltà incondizionata al governo e alla
concertazione dei sacrifici; delegittima pubblicamente ogni movimento di
opposizione di massa al governo, come i No TAV. Con un tasso alto di
doppiezza: lo stesso Presidente che interviene da primo attore nel
sostenere le ragioni della Fiat e delle banche, italiane ed europee,
rifiuta persino l'ascolto dei sindaci della Val di Susa perchè la questione
non sarebbe ”di sua competenza”. Salvo rivendicare parallelamente la
propria.. “competenza” nel chiedere ai No TAV la resa incondizionata.
Quanta ipocrisia!

Come PCL, non siamo meravigliati del ruolo della Presidenza della
Repubblica, non avendo mai creduto a differenza di tutte le altre sinistre,
alla “neutralità” di un istituzione borghese.
Men che meno siamo meravigliati del ruolo specifico di Giorgio Napolitano,
figlio legittimo di una storia politica che l'ha sempre contrapposto ai
proletari: nella veste di dirigente stalinista contro la rivoluzione degli
operai ungheresi nel 1956; nella veste di attivo sostenitore della politica
berlingueriana di compromesso storico e di austerità antioperaia negli
ultimi anni 70; nella veste di dirigente migliorista filocraxiano del PCI
degli anni 80 a sostegno dei licenziamenti FIAT (80) e contro la scala
mobile dei salari (84/86); nella veste di fondatore e dirigente liberale
del PDS, DS, PD,- negli anni 90 e nell'ultimo decennio- a sostegno della
distruzione progressiva di tutti i diritti conquistati dalle precedenti
generazioni del movimento operaio. L'attuale Presidente della Repubblica è
diventato tale, col voto di tutti i partiti borghesi, anche in virtù di
questo “corso Honorum”. Ed è comprensibile voglia concludere degnamente la
propria storia quale “salvatore” della Patria borghese in cui ha sempre
militato. E' umano.

Colpisce invece l'ossequiosa reverenza di cui Napolitano continua a godere
a sinistra, presso gli stessi gruppi dirigenti della sinistra cosiddetta
“radicale”. Nel migliore dei casi si “dissente” rispettosamente ( e “con
dispiacere”) dalle “parole” del Presidente. Ma sempre assumendolo come
interlocutore istituzionale cui appellarsi con dovizia di riguardi. Sempre
aprendo i propri Congressi nazionali con la lettura compunta e solenne del
comunicato di augurio della Presidenza della Repubblica, come nel caso dei
Congressi del PDCI, del PRC, di Sinistra Popolare (Rizzo), con tanto di
applauso di rito. Sempre partecipando in varie forme al clima di ossequiosa
reverenza che si deve ad una Istituzione “superiore”, depositaria di un
ruolo di rappresentanza costituzionale “universale”, e possibile garante di
“giustizia”.

Noi non partecipiamo a questo coro.
Siamo rivoluzionari, non riformisti. Combattiamo l'ipocrisia, non
l'avalliamo. Da marxisti, consideriamo lo Stato e le sue istituzioni,
Presidenza della Repubblica inclusa, come strumenti di dominio degli
industriali e delle banche sulla classe operaia e la popolazione povera.
Tanto più denunciamo il diretto ruolo politico di classe che questo
Presidente sta svolgendo contro i lavoratori, in un momento drammatico
della loro condizione e in un passaggio decisivo della lotta di classe.

Per questo il Partito Comunista dei Lavoratori intraprende e intraprenderà
un'azione pubblica di denuncia costante di Giorgio Napolitano e del suo
ruolo. Non c'è reale opposizione a Monti senza un'aperta opposizione a
Napolitano. Poniamo e porremo la necessità di una rottura aperta con
Napolitano in tutti i movimenti e in tutte le organizzazioni di massa. Ogni
viaggio istituzionale di Napolitano in giro per l'Italia vedrà in varie
forme la sua contestazione pubblica da parte del PCL. Abbiamo iniziato a
Cagliari e Sassari, suscitando scandalo nell'isola e imbarazzo nel
Presidente. Proseguiremo ovunque. E chiameremo ovunque le altre sinistre e
i movimenti a condividere la contestazione alla Presidenza della
Repubblica, quale controparte della classe lavoratrice. Al pari di Monti,
Confindustria, banche.

*MARCO FERRANDO
*

*portavoce nazionale del
*

*PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI*

*http://www.pclavoratori.it  -  info a pclavoratori.it*

*SEZ. PROVINCIALE DI BOLOGNA*

*http://sites.google.com/site/pclbologna  -  pcl.bologna a virgilio.it
*

*SIANO I LAVORATORI, GLI STUDENTI, I DISOCCUPATI A PRENDERE IN MANO I
FORCONI*LETTERA APERTA ALLE SINISTRE SICILIANE (POLITICHE, SINDACALI,
ASSOCIATIVE, DI MOVIMENTO)

(5 Marzo 2012)

SIANO I LAVORATORI, GLI STUDENTI, I DISOCCUPATI A PRENDERE IN MANO I
FORCONI : CONTRO MONTI, LOMBARDO, CONFINDUSTRIA, BANCHE, MAFIA.PER UN
GOVERNO DEI LAVORATORI IN SICILIA E IN ITALIA.




La crisi sociale della Sicilia precipita, sotto il peso della crisi
capitalistica, delle politiche dei governi nazionali e locali,
dell'offensiva di Confindustria e banche.
Solo una rottura anticapitalistica può dare soluzione alla crisi sociale
del popolo dell'isola.
Solo la classe lavoratrice mettendosi alla testa della rabbia popolare può
realizzare questa soluzione, istituendo un proprio governo in Sicilia.
Solo una sollevazione popolare può consentire l'istituzione di questo
governo.
Solo l'alleanza del proletariato siciliano col proletariato di tutta Italia
può difendere quel governo e realizzare il suo programma: dentro una
prospettiva rivoluzionaria nazionale.
Questa è, in estrema sintesi, la posizione generale del PCL.

Il movimento dei Forconi non poteva realizzare la “rivoluzione” in Sicilia.
Poteva evocarla, non farla.
Noi non contestiamo ai Forconi di aver “bloccato la Sicilia”, come fanno
gli ipocriti benpensanti e gli oppressori del popolo siciliano,
Confindustria in testa. Contestiamo loro, al contrario, di non aver
indicato uno sbocco e una prospettiva reale alle stesse aspirazioni di
rivolta raccolte tra i settori oppressi della società siciliana.
Sacrificandole a leadership subalterne, trasformiste o reazionarie.

Il movimento dei Forconi ha avuto il merito di denunciare la disperazione
di larga parte del popolo siciliano, di portarla alla luce, di darle
espressione. Di più: ha avuto il merito di richiamare obiettivamente lo
strumento della “forza” come mezzo di soluzione del conflitto sociale. Ma
esso si è limitato, essenzialmente, a un movimento di classi piccolo
proprietarie, capaci in parte di raccogliere una più vasta speranza di
cambiamento, ma incapaci per loro natura di rappresentare, unificare,
dirigere l'insieme delle classi oppresse e del popolo. Le sue direzioni
sociali sono state in mano agli strati superiori delle classi medie, non ai
loro settori più poveri. Le sue direzioni politiche hanno raccolto per lo
più personaggi in disgrazia, avvezzi al trasformismo, segnati da interessi
e ambizioni particolari, alla ricerca di rivalse e di tribune pre
elettorali. L' impostazione reale di queste direzioni, al di là dei
proclami “rivoluzionari”, ha ricercato e ricerca la mediazione col potere
nazionale e locale in cambio di concessioni per le proprie categorie di
riferimento (Ferro). Oppure ha giocato, in alcuni settori, allo scavalco
populista, come sponda dei fascisti (Morsello).
In ogni caso quel blocco sociale e le sue direzioni sono finiti in un
vicolo cieco. Tutti i fattori dell'oppressione della popolazione siciliana
sono rimasti in piedi: partiti dominanti, Confindustria, banche, grande
commercio, cosche. I rapporti di forza fondamentali fra le classi sono
rimasti immutati. Le classi dirigenti dell'isola e i loro partiti “usano”
l' avvenuta rivolta come leva di un proprio negoziato col potere nazionale,
nel nome di propri interessi, contro la popolazione siciliana. La generosa
ribellione di tanta parte di piccoli contadini, di piccoli
autotrasportatori, di pescatori poveri è stata portata dalle direzioni del
movimento in una empasse. Le speranze richiamate dalla “rivolta” in alcuni
settori proletari e giovanili sono andate, a maggior ragione, deluse.

Tutto questo non rimuove affatto il dramma sociale della popolazione povera
della Sicilia. Semplicemente pone su basi nuove e alternative la sua
possibile soluzione: in direzione di una prospettiva autentica di
rivoluzione, con un'altra direzione sociale e un'altra guida politica. Là
dove ha fallito la piccola borghesia, può riuscire la classe lavoratrice di
Sicilia: i lavoratori dell'industria, del settore pubblico, delle catene
della grande distribuzione, dell'agricoltura, dell'edilizia, del turismo,
assieme alla grande massa degli studenti, dei precari, dei disoccupati. Ma
può riuscire ad alcune condizioni: di acquisire coscienza del proprio ruolo
e potenzialità; di indirizzarsi apertamente contro le classi dirigenti
nazionali e locali; di ricondurre le proprie rivendicazioni ad un programma
di mobilitazione anticapitalistico; di polarizzare attorno a questo
programma il grosso delle masse oppresse, inclusi gli strati inferiori di
piccola borghesia impoverita (piccoli contadini, pescatori, artigiani,
piccoli commercianti), separandoli dagli strati superiori della classe
media.

La definizione di un programma alternativo può diventare essa stessa un
primo strumento di mobilitazione e organizzazione popolare. Le sinistre
sindacali, le associazioni, i comitati popolari, le realtà di movimento, i
partiti della sinistra possono svolgere in questo senso- se lo vogliono- un
ruolo decisivo:
-Realizzando un vasto fronte unitario di lotta pienamente autonomo dal PD e
dai partiti borghesi dell'isola ( separatisti inclusi).
-Incoraggiando, unificando, generalizzando, tutte le espressioni di
resistenza e opposizione di classe e popolare alle politiche dominanti ( a
partire dal coordinamento regionale delle vertenze per il lavoro, dei
comitati dei disoccupati, delle lotte studentesche, delle vertenze
ambientaliste..).
-Promuovendo ovunque, in ogni territorio e settore, assemblee popolari per
censire le urgenze sociali e le domande di svolta dei settori sfruttati
della società ( su lavoro, sanità, scuola, trasporti, ambiente, prezzi,
tariffe, credito..), raccogliendole e organizzandole in una piattaforma
rivendicativa complessiva. -Dando a queste assemblee un carattere
organizzato e permanente, quali espressioni democratiche auto organizzate.
-Lavorando ad una assemblea popolare siciliana dei lavoratori e delle
sinistre che unifichi le strutture assembleari locali in una struttura
regionale di contropotere: un “Parlamento” popolare “a buon mercato” di
delegati eletti, apertamente contrapposto allo sfarzoso Parlamento
Regionale di papaveri privilegiati e corrotti.

L'organizzazione democratica del movimento di classe e popolare va
combinata con un programma di rottura anticapitalista. L'unico che può
recidere le basi materiali dell'oppressione della popolazione povera della
Sicilia. L'unico che può unificare classe lavoratrice, disoccupati e
piccolo lavoro autonomo attorno ad una reale prospettiva di svolta.

Non si tratta di ignorare le rivendicazioni immediate dei lavoratori e
della popolazione povera: lavoro, servizi sociali, riduzione del prezzo
della benzina, controllo sui prezzi alimentari, accesso al credito,
abbattimento dei mutui. Sono tutte istanze centrali e prioritarie. Ma tutte
queste istanze- se perseguite con coerenza- conducono, di fatto, alla messa
in discussione del sistema capitalista.
-La difesa del lavoro richiede l'occupazione delle aziende che licenziano
per la loro nazionalizzazione sotto controllo dei lavoratori: l'unica
azione di lotta che può imporre il blocco dei licenziamenti.
-Un piano di nuovo lavoro in servizi sociali e opere sociali richiede una
patrimoniale progressiva sulle grandi ricchezze e l'annullamento del debito
pubblico verso le banche usuraie.
-L'abbattimento dei prezzi dei generi di prima necessità (benzina, gasolio,
alimentari) richiede l'esproprio della industria petrolifera e della grande
filiera alimentare, senza indennizzo per i grandi azionisti e sotto
controllo dei lavoratori e dei consumatori.
-La liberazione dai debiti di tanti lavoratori e piccoli produttori
richiede la nazionalizzazione delle banche con la contestuale cancellazione
dei debiti contratti con esse dai ceti popolari.
-L'accesso al credito agevolato per tanti lavoratori autonomi richiede
l'unificazione del credito in un'unica banca pubblica sotto controllo
sociale.
Peraltro solo l'insieme di queste misure può stroncare la mafia, l'usura,
la criminalità organizzata, inseparabili dal capitalismo e persino
ingrassate dalla sua crisi.

Solo un governo dei lavoratori in Sicilia- basato sulla forza, la
mobilitazione, l'organizzazione democratica della popolazione povera
dell'isola- può avviare la realizzazione di questo programma di svolta. Ma
il suo pieno compimento implica, per sua natura, il rovesciamento nazionale
della borghesia italiana e l'avvento di un governo dei lavoratori in
Italia. La natura integrata- nazionale e internazionale- del sistema
produttivo, bancario, assicurativo, energetico, mina alla radice ogni
illusione separatista siciliana. Il “socialismo in un solo Paese”, come
dimostra la storia, è un'utopia. A maggior ragione lo è in una sola isola.
Peraltro una seria mobilitazione dei lavoratori siciliani per un proprio
governo si porrebbe in collisione con lo Stato italiano e il suo apparato
repressivo, così come potrebbe incoraggiare una sollevazione popolare su
scala nazionale, a partire dal Sud e dalla Sardegna. Da tutti i punti di
vista una rivoluzione siciliana è inseparabile dalla dinamica più
complessiva della lotta di classe in Italia. Così come una rivoluzione
sociale in Italia sarebbe inseparabile dalla dinamica della lotta di classe
in Europa. Tutto questo non deve comportare chiusura di dialogo verso
espressioni popolari di indipendentismo siciliano che riflettessero una
pulsione progressiva di ribellione, e non interessi conservatori o
reazionari. Ma queste istanze vanno sussunte dentro una politica di rottura
con la borghesia siciliana, incluso l'indipendentismo borghese dei Ferro e
dei Morsello. Solo la rottura con i partiti borghesi siciliani può
consentire l'unità con la classe operaia italiana. Solo l'unità con la
classe operaia italiana, per una comune alternativa di potere, può dare
l'emancipazione alle masse popolari siciliane.

Il PCL vuole porre queste considerazioni generali all'attenzione dei
lavoratori e della popolazione povera della Sicilia, nonché di tutte le
loro formazioni e organizzazioni ( politiche, sindacali, associative, di
movimento). In questo senso, proponiamo alle forze organizzate una rete di
incontri pubblici a livello provinciale, aperti a tutti i soggetti
interessati. E successivamente, se ne esisteranno le condizioni, un
incontro pubblico regionale con analoghe caratteristiche.
Per sgomberare il campo da ogni possibile equivoco, questa proposta non ha
alcuna connessione con la sfera elettorale, né mette in discussione
l'autonomia politica di ogni soggetto. Il nostro scopo è sviluppare un
fronte unico d'azione sul terreno della mobilitazione, che superi barriere
e autorecinzioni, nell'interesse comune della classe lavoratrice e della
sua prospettiva. E' ora che siano i lavoratori, gli studenti, i
disoccupati, a prendere in mano i forconi, per dare la propria soluzione
alla drammatica crisi sociale della Sicilia: questo è l'assunto che poniamo
alla base della proposta di fronte unico e del confronto più aperto.

*Coordinamento Regionale Sicilia – Partito Comunista dei Lavoratori *
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