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<h1 class="titolo_pagina_newsletter"><span style="color:rgb(204,0,0)">BASTA IPOCRISIA. OPPOSIZIONE APERTA A NAPOLITANO</span> </h1>
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<p class="data_notizia_newsletter"><i>(6 Marzo 2012) </i></p>
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<p class="testo_newsletter">
<br>
<br>Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è oggi il
principale sostegno del governo Monti, governo della Confindustria e
delle banche. É un fatto incontestabile.
<br>
<br>Napolitano investe pubblicamente il “prestigio” della propria
immagine pubblica per garantire a Monti il consenso d'opinione
necessario a gestire le peggiori operazioni antioperaie e antipopolari.
Quanto più tali operazioni sono impopolari, o virtualmente tali, tanto
più Napolitano fa irruzione diretta sullo scenario politico per
sponsorizzarle in prima persona.
<br>
<br>Così è stato in occasione della distruzione delle pensioni
d'anzianità. Così è oggi a fronte dell'attacco all'articolo 18 o della
gestione del progetto TAV. In ogni passaggio cruciale la Presidenza
della Repubblica offre il petto a difesa del governo contro
l'opposizione sociale ( o il rischio che si produca). Di più: Napolitano
incoraggia pubblicamente il governo a procedere contro i lavoratori e
le resistenze sociali; chiede pubblicamente alla CGIL fedeltà
incondizionata al governo e alla concertazione dei sacrifici;
delegittima pubblicamente ogni movimento di opposizione di massa al
governo, come i No TAV. Con un tasso alto di doppiezza: lo stesso
Presidente che interviene da primo attore nel sostenere le ragioni della
Fiat e delle banche, italiane ed europee, rifiuta persino l'ascolto dei
sindaci della Val di Susa perchè la questione non sarebbe ”di sua
competenza”. Salvo rivendicare parallelamente la propria.. “competenza”
nel chiedere ai No TAV la resa incondizionata. Quanta ipocrisia!
<br>
<br>Come PCL, non siamo meravigliati del ruolo della Presidenza della
Repubblica, non avendo mai creduto a differenza di tutte le altre
sinistre, alla “neutralità” di un istituzione borghese.
<br>Men che meno siamo meravigliati del ruolo specifico di Giorgio
Napolitano, figlio legittimo di una storia politica che l'ha sempre
contrapposto ai proletari: nella veste di dirigente stalinista contro la
rivoluzione degli operai ungheresi nel 1956; nella veste di attivo
sostenitore della politica berlingueriana di compromesso storico e di
austerità antioperaia negli ultimi anni 70; nella veste di dirigente
migliorista filocraxiano del PCI degli anni 80 a sostegno dei
licenziamenti FIAT (80) e contro la scala mobile dei salari (84/86);
nella veste di fondatore e dirigente liberale del PDS, DS, PD,- negli
anni 90 e nell'ultimo decennio- a sostegno della distruzione progressiva
di tutti i diritti conquistati dalle precedenti generazioni del
movimento operaio. L'attuale Presidente della Repubblica è diventato
tale, col voto di tutti i partiti borghesi, anche in virtù di questo
“corso Honorum”. Ed è comprensibile voglia concludere degnamente la
propria storia quale “salvatore” della Patria borghese in cui ha sempre
militato. E' umano.
<br>
<br>Colpisce invece l'ossequiosa reverenza di cui Napolitano continua a
godere a sinistra, presso gli stessi gruppi dirigenti della sinistra
cosiddetta “radicale”. Nel migliore dei casi si “dissente”
rispettosamente ( e “con dispiacere”) dalle “parole” del Presidente. Ma
sempre assumendolo come interlocutore istituzionale cui appellarsi con
dovizia di riguardi. Sempre aprendo i propri Congressi nazionali con la
lettura compunta e solenne del comunicato di augurio della Presidenza
della Repubblica, come nel caso dei Congressi del PDCI, del PRC, di
Sinistra Popolare (Rizzo), con tanto di applauso di rito. Sempre
partecipando in varie forme al clima di ossequiosa reverenza che si deve
ad una Istituzione “superiore”, depositaria di un ruolo di
rappresentanza costituzionale “universale”, e possibile garante di
“giustizia”.
<br>
<br>Noi non partecipiamo a questo coro.
<br>Siamo rivoluzionari, non riformisti. Combattiamo l'ipocrisia, non
l'avalliamo. Da marxisti, consideriamo lo Stato e le sue istituzioni,
Presidenza della Repubblica inclusa, come strumenti di dominio degli
industriali e delle banche sulla classe operaia e la popolazione povera.
Tanto più denunciamo il diretto ruolo politico di classe che questo
Presidente sta svolgendo contro i lavoratori, in un momento drammatico
della loro condizione e in un passaggio decisivo della lotta di classe.
<br>
<br>Per questo il Partito Comunista dei Lavoratori intraprende e
intraprenderà un'azione pubblica di denuncia costante di Giorgio
Napolitano e del suo ruolo. Non c'è reale opposizione a Monti senza
un'aperta opposizione a Napolitano. Poniamo e porremo la necessità di
una rottura aperta con Napolitano in tutti i movimenti e in tutte le
organizzazioni di massa. Ogni viaggio istituzionale di Napolitano in
giro per l'Italia vedrà in varie forme la sua contestazione pubblica da
parte del PCL. Abbiamo iniziato a Cagliari e Sassari, suscitando
scandalo nell'isola e imbarazzo nel Presidente. Proseguiremo ovunque. E
chiameremo ovunque le altre sinistre e i movimenti a condividere la
contestazione alla Presidenza della Repubblica, quale controparte della
classe lavoratrice. Al pari di Monti, Confindustria, banche. </p>
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<p class="firma_newsletter"><b>MARCO FERRANDO <br></b></p><p class="firma_newsletter"><b>portavoce nazionale del <br></b></p><p style="color:rgb(255,0,0)" class="firma_newsletter"><b>PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI</b></p>
<p class="firma_newsletter"><b><a href="http://www.pclavoratori.it">http://www.pclavoratori.it</a> - <a href="mailto:info@pclavoratori.it">info@pclavoratori.it</a></b></p><p style="color:rgb(255,0,0)" class="firma_newsletter">
<b>SEZ. PROVINCIALE DI BOLOGNA</b></p><p class="firma_newsletter"><b><a href="http://sites.google.com/site/pclbologna">http://sites.google.com/site/pclbologna</a> - <a href="mailto:pcl.bologna@virgilio.it">pcl.bologna@virgilio.it</a><br>
</b></p>
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<h2 class="titolo_menu_media_newsletter"><br></h2><font size="4"><i>SIANO I LAVORATORI, GLI STUDENTI, I
DISOCCUPATI A PRENDERE IN MANO I FORCONI</i></font><h1 style="color:rgb(204,0,0)" class="titolo_pagina_newsletter">LETTERA APERTA ALLE SINISTRE SICILIANE (POLITICHE, SINDACALI, ASSOCIATIVE, DI MOVIMENTO) </h1>
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<p class="data_notizia_newsletter">(5 Marzo 2012) </p>
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<p class="info_o_sintesi_newsletter">SIANO I LAVORATORI, GLI STUDENTI, I
DISOCCUPATI A PRENDERE IN MANO I FORCONI : CONTRO MONTI, LOMBARDO,
CONFINDUSTRIA, BANCHE, MAFIA.PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI IN SICILIA E
IN ITALIA. </p>
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<p class="testo_newsletter">
<br>
<br>
<br>La crisi sociale della Sicilia precipita, sotto il peso della crisi
capitalistica, delle politiche dei governi nazionali e locali,
dell'offensiva di Confindustria e banche.
<br>Solo una rottura anticapitalistica può dare soluzione alla crisi sociale del popolo dell'isola.
<br>Solo la classe lavoratrice mettendosi alla testa della rabbia
popolare può realizzare questa soluzione, istituendo un proprio governo
in Sicilia.
<br>Solo una sollevazione popolare può consentire l'istituzione di questo governo.
<br>Solo l'alleanza del proletariato siciliano col proletariato di tutta
Italia può difendere quel governo e realizzare il suo programma: dentro
una prospettiva rivoluzionaria nazionale.
<br>Questa è, in estrema sintesi, la posizione generale del PCL.
<br>
<br>Il movimento dei Forconi non poteva realizzare la “rivoluzione” in Sicilia. Poteva evocarla, non farla.
<br>Noi non contestiamo ai Forconi di aver “bloccato la Sicilia”, come
fanno gli ipocriti benpensanti e gli oppressori del popolo siciliano,
Confindustria in testa. Contestiamo loro, al contrario, di non aver
indicato uno sbocco e una prospettiva reale alle stesse aspirazioni di
rivolta raccolte tra i settori oppressi della società siciliana.
Sacrificandole a leadership subalterne, trasformiste o reazionarie.
<br>
<br>Il movimento dei Forconi ha avuto il merito di denunciare la
disperazione di larga parte del popolo siciliano, di portarla alla luce,
di darle espressione. Di più: ha avuto il merito di richiamare
obiettivamente lo strumento della “forza” come mezzo di soluzione del
conflitto sociale. Ma esso si è limitato, essenzialmente, a un movimento
di classi piccolo proprietarie, capaci in parte di raccogliere una più
vasta speranza di cambiamento, ma incapaci per loro natura di
rappresentare, unificare, dirigere l'insieme delle classi oppresse e del
popolo. Le sue direzioni sociali sono state in mano agli strati
superiori delle classi medie, non ai loro settori più poveri. Le sue
direzioni politiche hanno raccolto per lo più personaggi in disgrazia,
avvezzi al trasformismo, segnati da interessi e ambizioni particolari,
alla ricerca di rivalse e di tribune pre elettorali. L' impostazione
reale di queste direzioni, al di là dei proclami “rivoluzionari”, ha
ricercato e ricerca la mediazione col potere nazionale e locale in
cambio di concessioni per le proprie categorie di riferimento (Ferro).
Oppure ha giocato, in alcuni settori, allo scavalco populista, come
sponda dei fascisti (Morsello).
<br>In ogni caso quel blocco sociale e le sue direzioni sono finiti in
un vicolo cieco. Tutti i fattori dell'oppressione della popolazione
siciliana sono rimasti in piedi: partiti dominanti, Confindustria,
banche, grande commercio, cosche. I rapporti di forza fondamentali fra
le classi sono rimasti immutati. Le classi dirigenti dell'isola e i loro
partiti “usano” l' avvenuta rivolta come leva di un proprio negoziato
col potere nazionale, nel nome di propri interessi, contro la
popolazione siciliana. La generosa ribellione di tanta parte di piccoli
contadini, di piccoli autotrasportatori, di pescatori poveri è stata
portata dalle direzioni del movimento in una empasse. Le speranze
richiamate dalla “rivolta” in alcuni settori proletari e giovanili sono
andate, a maggior ragione, deluse.
<br>
<br>Tutto questo non rimuove affatto il dramma sociale della popolazione
povera della Sicilia. Semplicemente pone su basi nuove e alternative la
sua possibile soluzione: in direzione di una prospettiva autentica di
rivoluzione, con un'altra direzione sociale e un'altra guida politica.
Là dove ha fallito la piccola borghesia, può riuscire la classe
lavoratrice di Sicilia: i lavoratori dell'industria, del settore
pubblico, delle catene della grande distribuzione, dell'agricoltura,
dell'edilizia, del turismo, assieme alla grande massa degli studenti,
dei precari, dei disoccupati. Ma può riuscire ad alcune condizioni: di
acquisire coscienza del proprio ruolo e potenzialità; di indirizzarsi
apertamente contro le classi dirigenti nazionali e locali; di ricondurre
le proprie rivendicazioni ad un programma di mobilitazione
anticapitalistico; di polarizzare attorno a questo programma il grosso
delle masse oppresse, inclusi gli strati inferiori di piccola borghesia
impoverita (piccoli contadini, pescatori, artigiani, piccoli
commercianti), separandoli dagli strati superiori della classe media.
<br>
<br>La definizione di un programma alternativo può diventare essa stessa
un primo strumento di mobilitazione e organizzazione popolare. Le
sinistre sindacali, le associazioni, i comitati popolari, le realtà di
movimento, i partiti della sinistra possono svolgere in questo senso- se
lo vogliono- un ruolo decisivo:
<br>-Realizzando un vasto fronte unitario di lotta pienamente autonomo
dal PD e dai partiti borghesi dell'isola ( separatisti inclusi).
<br>-Incoraggiando, unificando, generalizzando, tutte le espressioni di
resistenza e opposizione di classe e popolare alle politiche dominanti (
a partire dal coordinamento regionale delle vertenze per il lavoro, dei
comitati dei disoccupati, delle lotte studentesche, delle vertenze
ambientaliste..).
<br>-Promuovendo ovunque, in ogni territorio e settore, assemblee
popolari per censire le urgenze sociali e le domande di svolta dei
settori sfruttati della società ( su lavoro, sanità, scuola, trasporti,
ambiente, prezzi, tariffe, credito..), raccogliendole e organizzandole
in una piattaforma rivendicativa complessiva. -Dando a queste assemblee
un carattere organizzato e permanente, quali espressioni democratiche
auto organizzate.
<br>-Lavorando ad una assemblea popolare siciliana dei lavoratori e
delle sinistre che unifichi le strutture assembleari locali in una
struttura regionale di contropotere: un “Parlamento” popolare “a buon
mercato” di delegati eletti, apertamente contrapposto allo sfarzoso
Parlamento Regionale di papaveri privilegiati e corrotti.
<br>
<br>L'organizzazione democratica del movimento di classe e popolare va
combinata con un programma di rottura anticapitalista. L'unico che può
recidere le basi materiali dell'oppressione della popolazione povera
della Sicilia. L'unico che può unificare classe lavoratrice, disoccupati
e piccolo lavoro autonomo attorno ad una reale prospettiva di svolta.
<br>
<br>Non si tratta di ignorare le rivendicazioni immediate dei lavoratori
e della popolazione povera: lavoro, servizi sociali, riduzione del
prezzo della benzina, controllo sui prezzi alimentari, accesso al
credito, abbattimento dei mutui. Sono tutte istanze centrali e
prioritarie. Ma tutte queste istanze- se perseguite con coerenza-
conducono, di fatto, alla messa in discussione del sistema capitalista.
<br>-La difesa del lavoro richiede l'occupazione delle aziende che
licenziano per la loro nazionalizzazione sotto controllo dei lavoratori:
l'unica azione di lotta che può imporre il blocco dei licenziamenti.
<br>-Un piano di nuovo lavoro in servizi sociali e opere sociali
richiede una patrimoniale progressiva sulle grandi ricchezze e
l'annullamento del debito pubblico verso le banche usuraie.
<br>-L'abbattimento dei prezzi dei generi di prima necessità (benzina,
gasolio, alimentari) richiede l'esproprio della industria petrolifera e
della grande filiera alimentare, senza indennizzo per i grandi azionisti
e sotto controllo dei lavoratori e dei consumatori.
<br>-La liberazione dai debiti di tanti lavoratori e piccoli produttori
richiede la nazionalizzazione delle banche con la contestuale
cancellazione dei debiti contratti con esse dai ceti popolari.
<br>-L'accesso al credito agevolato per tanti lavoratori autonomi
richiede l'unificazione del credito in un'unica banca pubblica sotto
controllo sociale.
<br>Peraltro solo l'insieme di queste misure può stroncare la mafia,
l'usura, la criminalità organizzata, inseparabili dal capitalismo e
persino ingrassate dalla sua crisi.
<br>
<br>Solo un governo dei lavoratori in Sicilia- basato sulla forza, la
mobilitazione, l'organizzazione democratica della popolazione povera
dell'isola- può avviare la realizzazione di questo programma di svolta.
Ma il suo pieno compimento implica, per sua natura, il rovesciamento
nazionale della borghesia italiana e l'avvento di un governo dei
lavoratori in Italia. La natura integrata- nazionale e internazionale-
del sistema produttivo, bancario, assicurativo, energetico, mina alla
radice ogni illusione separatista siciliana. Il “socialismo in un solo
Paese”, come dimostra la storia, è un'utopia. A maggior ragione lo è in
una sola isola. Peraltro una seria mobilitazione dei lavoratori
siciliani per un proprio governo si porrebbe in collisione con lo Stato
italiano e il suo apparato repressivo, così come potrebbe incoraggiare
una sollevazione popolare su scala nazionale, a partire dal Sud e dalla
Sardegna. Da tutti i punti di vista una rivoluzione siciliana è
inseparabile dalla dinamica più complessiva della lotta di classe in
Italia. Così come una rivoluzione sociale in Italia sarebbe inseparabile
dalla dinamica della lotta di classe in Europa. Tutto questo non deve
comportare chiusura di dialogo verso espressioni popolari di
indipendentismo siciliano che riflettessero una pulsione progressiva di
ribellione, e non interessi conservatori o reazionari. Ma queste istanze
vanno sussunte dentro una politica di rottura con la borghesia
siciliana, incluso l'indipendentismo borghese dei Ferro e dei Morsello.
Solo la rottura con i partiti borghesi siciliani può consentire l'unità
con la classe operaia italiana. Solo l'unità con la classe operaia
italiana, per una comune alternativa di potere, può dare l'emancipazione
alle masse popolari siciliane.
<br>
<br>Il PCL vuole porre queste considerazioni generali all'attenzione dei
lavoratori e della popolazione povera della Sicilia, nonché di tutte le
loro formazioni e organizzazioni ( politiche, sindacali, associative,
di movimento). In questo senso, proponiamo alle forze organizzate una
rete di incontri pubblici a livello provinciale, aperti a tutti i
soggetti interessati. E successivamente, se ne esisteranno le
condizioni, un incontro pubblico regionale con analoghe caratteristiche.
<br>Per sgomberare il campo da ogni possibile equivoco, questa proposta
non ha alcuna connessione con la sfera elettorale, né mette in
discussione l'autonomia politica di ogni soggetto. Il nostro scopo è
sviluppare un fronte unico d'azione sul terreno della mobilitazione, che
superi barriere e autorecinzioni, nell'interesse comune della classe
lavoratrice e della sua prospettiva. E' ora che siano i lavoratori, gli
studenti, i disoccupati, a prendere in mano i forconi, per dare la
propria soluzione alla drammatica crisi sociale della Sicilia: questo è
l'assunto che poniamo alla base della proposta di fronte unico e del
confronto più aperto. </p>
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<p class="firma_newsletter"><b>Coordinamento Regionale Sicilia – Partito Comunista dei Lavoratori </b></p>
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