[Redditolavoro] OMSA- padrone sfruttatore manod'operacinese
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Sat Jul 14 07:51:53 CEST 2012
Sfruttava manodopera cinese, condannato il nuovo proprietario dell’Omsa
Secondo l'accusa i lavoratori venivano sottoposti a turni di 18-20 ore al
giorno senza sicurezza né tutele. Il tutto arriva mentre per l'ex
stabilimento di Faenza ancora molti aspetti sono in alto mare. Per le
operaie in attesa di essere ricollocate e i sindacati è una doccia gelida.
"Speriamo che non saltino gli accordi presi"
di Enrico Bandini | Faenza | 11 luglio 2012
È stato condannato in primo grado Franco Tartagni, presidente della Atl
Group di Forlì, che poi sarebbe il nuovo proprietario dell’Omsa. La
“sentenza storica”, come l’hanno definita Elena Ciocca e Manuela Amadori, le
piccole imprenditrici che denunciarono gli illeciti, è stata emessa dal
giudice Giorgio Di Giorgio nei confronti di 4 imprenditori cinesi e 4
italiani, implicati nell’inchiesta sulla Divanopoli forlivese.
Nella lista dei condannati italiani, 1 anno a testa, spicca oltre a Silvano
Billi, Luciano Garoia ed Ezio Petrini (delle ditte Polaris e Cosmosalotto)
il nome di Tartagni, titolare della Tre Erre, un grande mobilificio
confluito nella Atl Group che ha recentemente acquisito il sito produttivo
dell’Omsa di Faenza.
L’indagine degli inquirenti prese il via nel 2009 e iniziò a far luce su
diverse irregolarità compiute ai danni di piccoli imprenditori
contoterzisti, i cui diritti venivano violati, favorendo la manodopera
cinese a basso costo, per abbattere i costi di produzione dei mobili.
È l’ennesima doccia fredda per le 140 ex operaie dell’Omsa che in questi
mesi sono impegnate in un periodo di formazione professionale con la Atl
Group. L’azienda con l’aiuto delle istituzioni (dal Ministero dello sviluppo
economico, alla Regione Emilia Romagna, al Comune di Faenza) ha potuto
rilevare i due grandi capannoni di via Pana, appartenuti per decenni alla
multinazionale Golden Lady. Ora che le donne dell’Omsa iniziavano cautamente
a tirare il fiato si sentono finite dalla padella alla brace: il fatto che l’azienda
sia stata comprata da un condannato è tutto meno che un buon biglietto da
visita.
“Secondo me questa è una sentenza importantissima, dal punto di vista del
diritto – ha commentato il pubblico ministero Fabio Di Vizio che da tre anni
segue la vicenda. Lo è per la tutela della garanzie dei lavoratori. Il
profilo etico-sociale è importante, ma qui oggi ha vinto il diritto”.
La condanna è arrivata in seguito all’accertamento di una strutturale
violazione delle norme della sicurezza sul lavoro. Nell’intesa criminale tra
imprenditori forlivesi e cinesi l’imperativo categorico era abbattere i
costi di produzione, bypassando le disposizioni più elementari sui diritti
degli operai in fabbrica: ciò significa turni di lavoro da Inghilterra del
‘700: gli operai, perlopiù cinesi, erano costretti a lavorare per 18-20 ore,
in ambienti spesso inadeguati, senza servizi igienici, né tutele di alcun
tipo. La pausa pranzo ovviamente era un optional.
Tra le condanne comminate ai cinesi quelle di 2 artigiani: un anno e nove
mesi per loro. Altri 2 se la sono cavata con un anno e mezzo e 9 mesi. I
quattro uomini sono stati riconosciuti colpevoli di rimozione e omissione
dolosa delle cautele atte a prevenire infortuni sul lavoro.
Il giudice Di Giorgio ha disposto anche, per i soli imputati forlivesi, che
rifondano le spese legali: 1800 euro per ciascuna delle parti civili
costituitesi a processo: si tratta dei Comuni di Forlì, Bertinoro e
Castrocaro e della Camera di Commercio. Il valore economico del danno da
loro subito verrà stabilito in un secondo tempo dal giudice di parte civile.
Intanto il pool dei 4 avvocati della difesa (Marco Martines, Guido Magnisi,
Massimo Beleffi e Filippo Poggi) prepara il ricorso in appello. La loro tesi
è che non ci sia mai stata una sinergia delittuosa tra italiani e cinesi:
sostengono infatti che i loro assistiti fossero semplici committenti dei
cinesi, che avrebbero gestito autonomamente le fabbriche.
“Per noi questa sentenza è la vittoria più importante” dichiarano le
imprenditrici Ciocca e Amadori, due donne che hanno aperto gli occhi a un’intera
città, costringendola a guardare. “Ci serve a dare uno schiaffo a chi non ci
ha creduto e si è permesso di dire che davamo la caccia alla streghe”.
Intanto è forte la preoccupazione tra chi si è battuto da sempre a fianco
delle operaie ex-Omsa. “La Regione, quando si discusse dell’acquisizione, si
era fatta garante e la vicenda della TreErre non sembrava nulla di
preoccupante” ammette Samuela Meci della Filctem Cgil di Faenza. “Dovremo
stare attenti e vigilare, oggi più che mai, affinché non ci siano
ripercussioni negative per le lavoratrici che stanno svolgendo il loro
training all’Atl”.
“Non conoscendo ancora le motivazioni della sentenza non esprimo giudizi
sull’aspetto legale” – commenta Antonio Cinosi, segretario Cisl per la
provincia di Ravenna. “In un momento delicato come è questo – continua – la
notizia non può certo favorire il prosieguo regolare della riconversione
produttiva. L’auspicio è che non salti, anche per l’insorgenza di eventuali
motivi giuridici ostativi, un processo lungo che abbiamo seguito per due
anni”.
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