[Redditolavoro] PER UN PROGRAMMA DI RIVOLUZIONE, NELLE LOTTE E ALLE ELEZIONI
Partito Comunista dei Lavoratori
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Tue Jul 10 15:45:02 CEST 2012
PER UN PROGRAMMA DI RIVOLUZIONE,
NELLE LOTTE E ALLE ELEZIONI
(8 Luglio 2012)
*articolo di Marco Ferrando per il sito on line del
PRC "contro la crisi" *
“Fare Syriza anche in Italia” è diventato formalmente il coro polifonico
che va da Sinistra Critica agli innamorati delusi della prima ora del
governo Monti ( Marco Revelli ), passando per la FDS e persino per SEL.
Naturalmente la stessa evocazione maschera spesso significati diversi . E
nella maggior parte dei casi il richiamo a Syriza allude a intenti e
proposte che stanno in realtà ben più “a destra” di Syriza. C'è chi evoca
la “minaccia” di Syriza per provare a negoziare al meglio la ricomposizione
col PD ( SEL e buona parte della FDS); chi invoca Syriza per proporre il
“blocco progressista” con la IDV populista e una parte dei sindaci del
centrosinistra, dopo essere stato scaricato (nazionalmente) dal PD ( PRC);
chi vede in Syriza la forma finalmente scoperta della “sintesi” tra
“sociale e politico” ( da versanti diversi Alba e una parte di Sinistra
critica), o più semplicemente un marchio elettorale “antipartito”
competitivo col grillismo.
E' bene allora approfondire innanzitutto la realtà di Syriza, al di là del
suo mito. Per poi tornare al confronto interno alla sinistra italiana.
Lo sfondamento elettorale di Syriza non è dovuto al suo programma in quanto
tale o alla sua forma federativa, ma all'ascesa straordinaria negli ultimi
anni del movimento di massa in Grecia a fronte della catastrofe sociale .
In Italia la crisi del movimento di massa ( e la subalterneità delle
sinistre al PD) ha spianato la strada al grillismo. In Grecia l'ascesa
prolungata di massa ha usato Syriza come proprio canale di espressione :
contro tutti i partiti dominanti, compromessi direttamente nella rapina, e
a fronte di un KKE stalinista arcisettario vocato a una politica di
divisione del movimento in funzione della propria autoconservazione
d'apparato. Così una formazione che sino a due anni fa era a rischio di
estinzione è stata sospinta sulla cresta dell'onda da una brusca svolta
della lotta di classe.
Ma il programma di Syriza corrisponde alla gravità abissale della
catastrofe greca e alla crisi drammatica dell'Unione Europea? Questo è il
punto. Syriza certo respinge il memorandum della Troika e per questo ha
raccolto il voto della rivolta. Ma parallelamente il suo gruppo dirigente
difende l'Unione Europea; rivendica il principio della “rinegoziazione del
debito” verso le banche, contro la sua abolizione; propone il “controllo
pubblico” sulle banche private (come il Front de Gauche),contro la loro
nazionalizzazione senza indennizzo; difende persino l'appartenenza della
Grecia alla Nato. Insomma: nel mentre raccoglie elettoralmente il vento
della ribellione, Syriza si sforza ( invano) di rassicurare le classi
dirigenti nazionali ed europee circa la propria volontà di rispetto delle
compatibilità strutturali di sistema; e questo proprio nel momento storico
in cui tutte le esigenze sociali del popolo greco sono incompatibili col
sistema capitalista.
Questa è la contraddizione di fondo che l'ascesa di Syriza trascina con sé
, e che i comunisti rivoluzionari greci ( EEK) -legati al PCL- incalzano e
incalzeranno nella comune azione di massa: fuori dal settarismo stalinista
del KKE, ma contro ogni adattamento a una nuova socialdemocrazia di
sinistra.
Tutto questo ripone coi piedi per terra il confronto interno alla sinistra
italiana: che deve partire dall'analisi della svolta d'epoca che ci
attraversa, non dalle elezioni del 2013 o dalla mitologia di Syriza.
Guardiamo in faccia la realtà. La Grecia è la metafora dell'Europa. Non
siamo di fronte alla crisi del “modello liberista”. Siamo di fronte al
fallimento del capitalismo, e alle sue ricadute sociali devastanti. Tutti i
miti alimentati per anni dai gruppi dirigenti del riformismo italiano (
Jospin, Prodi, Zapatero..) sono stati spazzati via dalla realtà. Non vi
sono compromessi riformatori all'orizzonte. Non vi sono borghesie “buone” e
democratiche con cui realizzare “equilibri più avanzati”. Non vi è una
possibile “Europa sociale e democratica” dentro la camicia di forza
dell'Unione Europea e del capitalismo europeo. Continuare a vagheggiare
queste illusioni utopiche significa nel migliore dei casi disarmare
l'alternativa e le stesse lotte di resistenza sociale; nel peggiore
predisporsi a nuove corresponsabilità di governo contro i lavoratori.
La verità è che il capitalismo non ha più nulla da dare ma solo da togliere
agli sfruttati, chiunque governi; che l'Unione Europea si regge sul patto (
faticoso) di mutuo soccorso tra le banche e i loro governi di ogni colore,
pagato dalla distruzione progressiva di ogni conquista sociale; e che solo
una rottura anticapitalistica e rivoluzionaria può liberare una svolta per
i lavoratori e le masse oppresse. Di fatto, governi dei lavoratori e Stati
Uniti Socialisti d'Europa sono l'unica prospettiva storica di progresso per
il vecchio continente.
Certo, le grandi masse non hanno consapevolezza di questa verità e spesso
anzi registrano un arretramento profondo della propria coscienza politica.
Ma il dovere dei comunisti è di elevare la coscienza al livello della
verità, non di rimuovere la verità per adattarsi alla coscienza data. O
addirittura per nutrirla di nuove illusioni. Anche perchè la profondità
della crisi capitalistica europea delinea un bivio drammatico di
prospettiva: lo sviluppo di una massa critica di populismo reazionario in
Europa senza precedenti nel dopoguerra, ci dice che una mancata soluzione
anticapitalista della crisi sociale può liberare i più cupi fantasmi del
passato. Rivoluzione o reazione, questo in definitiva è il futuro
dell'Europa.
E allora l'interrogativo che ci riguarda è d'obbligo: possiamo costruire
una sinistra rivoluzionaria, che sia all'altezza di un livello di scontro
storicamente nuovo? Possiamo confrontarci su come realizzare una svolta
unitaria del movimento operaio italiano, delle sue forme di lotta, delle
sue forme di organizzazione, dei suoi programmi, che sia tanto radicale
quanto radicale è l'aggressione al lavoro e la crisi del capitale?
Possiamo confrontarci su come connettere ogni lotta ( sociale, ambientale,
antirazzista, anticlericale) alla prospettiva della rivoluzione sociale e
di un governo dei lavoratori, quale unica vera alternativa alla crisi del
capitalismo italiano, della seconde Repubblica, della U. E.?
Caro compagno Ferrero: se la proposta più “radicale” oggi in campo a
sinistra- magari nel nome improprio di Syriza- resta quella di un blocco
con la IDV di Di Pietro e Orlando, che vota il pareggio di bilancio in
Costituzione e sostiene il reato di immigrazione clandestina, il messaggio
non è incoraggiante. Tanto più se parallelamente si continua a restare
nelle giunte locali a braccetto col PD e magari con la UDC ( come in
Liguria) tagliando ospedali e massimizzando l' IMU.
Lo spazio del doppio binario tra parole e cose, tra poesia e prosa, si è
chiuso. Il PCL è disponibile incondizionatamente, come sempre, alla massima
unità d'azione nelle lotte contro governo e padroni. Ma non a sacrificare
il programma anticapitalista del governo dei lavoratori e la sua libera
presentazione di massa: in primo luogo nelle mobilitazioni, e di riflesso
alle elezioni.
*MARCO FERRANDO
*
*www.pclavoratori.it
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