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<h1 class="titolo_pagina_newsletter">PER UN PROGRAMMA DI RIVOLUZIONE, <br>NELLE
LOTTE E ALLE ELEZIONI </h1></div>
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<p class="data_notizia_newsletter">(8 Luglio 2012) </p></div>
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<p class="info_o_sintesi_newsletter"><b><i>articolo di Marco Ferrando per il sito on
line del <br>PRC "contro la crisi" </i></b></p></div>
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<p class="testo_newsletter">“Fare Syriza anche in Italia” è diventato formalmente
il coro polifonico che va da Sinistra Critica agli innamorati delusi della
prima ora del governo Monti ( Marco Revelli ), passando per la FDS e persino per
SEL. Naturalmente la stessa evocazione maschera spesso significati diversi . E
nella maggior parte dei casi il richiamo a Syriza allude a intenti e proposte
che stanno in realtà ben più “a destra” di Syriza. C'è chi evoca la “minaccia”
di Syriza per provare a negoziare al meglio la ricomposizione col PD ( SEL e
buona parte della FDS); chi invoca Syriza per proporre il “blocco progressista”
con la IDV populista e una parte dei sindaci del centrosinistra, dopo essere
stato scaricato (nazionalmente) dal PD ( PRC); chi vede in Syriza la forma
finalmente scoperta della “sintesi” tra “sociale e politico” ( da versanti
diversi Alba e una parte di Sinistra critica), o più semplicemente un marchio
elettorale “antipartito” competitivo col grillismo. <br> <br>E' bene allora
approfondire innanzitutto la realtà di Syriza, al di là del suo mito. Per poi
tornare al confronto interno alla sinistra italiana. <br> <br>Lo sfondamento
elettorale di Syriza non è dovuto al suo programma in quanto tale o alla sua
forma federativa, ma all'ascesa straordinaria negli ultimi anni del movimento di
massa in Grecia a fronte della catastrofe sociale . In Italia la crisi del
movimento di massa ( e la subalterneità delle sinistre al PD) ha spianato la
strada al grillismo. In Grecia l'ascesa prolungata di massa ha usato Syriza come
proprio canale di espressione : contro tutti i partiti dominanti, compromessi
direttamente nella rapina, e a fronte di un KKE stalinista arcisettario vocato a
una politica di divisione del movimento in funzione della propria
autoconservazione d'apparato. Così una formazione che sino a due anni fa era a
rischio di estinzione è stata sospinta sulla cresta dell'onda da una brusca
svolta della lotta di classe. <br> <br>Ma il programma di Syriza corrisponde
alla gravità abissale della catastrofe greca e alla crisi drammatica
dell'Unione Europea? Questo è il punto. Syriza certo respinge il memorandum
della Troika e per questo ha raccolto il voto della rivolta. Ma parallelamente
il suo gruppo dirigente difende l'Unione Europea; rivendica il principio della
“rinegoziazione del debito” verso le banche, contro la sua abolizione; propone
il “controllo pubblico” sulle banche private (come il Front de Gauche),contro la
loro nazionalizzazione senza indennizzo; difende persino l'appartenenza della
Grecia alla Nato. Insomma: nel mentre raccoglie elettoralmente il vento della
ribellione, Syriza si sforza ( invano) di rassicurare le classi dirigenti
nazionali ed europee circa la propria volontà di rispetto delle compatibilità
strutturali di sistema; e questo proprio nel momento storico in cui tutte le
esigenze sociali del popolo greco sono incompatibili col sistema capitalista.
<br>Questa è la contraddizione di fondo che l'ascesa di Syriza trascina con sé ,
e che i comunisti rivoluzionari greci ( EEK) -legati al PCL- incalzano e
incalzeranno nella comune azione di massa: fuori dal settarismo stalinista del
KKE, ma contro ogni adattamento a una nuova socialdemocrazia di sinistra. <br>
<br>Tutto questo ripone coi piedi per terra il confronto interno alla sinistra
italiana: che deve partire dall'analisi della svolta d'epoca che ci attraversa,
non dalle elezioni del 2013 o dalla mitologia di Syriza. <br> <br>Guardiamo in
faccia la realtà. La Grecia è la metafora dell'Europa. Non siamo di fronte alla
crisi del “modello liberista”. Siamo di fronte al fallimento del capitalismo, e
alle sue ricadute sociali devastanti. Tutti i miti alimentati per anni dai
gruppi dirigenti del riformismo italiano ( Jospin, Prodi, Zapatero..) sono stati
spazzati via dalla realtà. Non vi sono compromessi riformatori all'orizzonte.
Non vi sono borghesie “buone” e democratiche con cui realizzare “equilibri più
avanzati”. Non vi è una possibile “Europa sociale e democratica” dentro la
camicia di forza dell'Unione Europea e del capitalismo europeo. Continuare a
vagheggiare queste illusioni utopiche significa nel migliore dei casi disarmare
l'alternativa e le stesse lotte di resistenza sociale; nel peggiore predisporsi
a nuove corresponsabilità di governo contro i lavoratori. <br>La verità è che il
capitalismo non ha più nulla da dare ma solo da togliere agli sfruttati,
chiunque governi; che l'Unione Europea si regge sul patto ( faticoso) di mutuo
soccorso tra le banche e i loro governi di ogni colore, pagato dalla distruzione
progressiva di ogni conquista sociale; e che solo una rottura anticapitalistica
e rivoluzionaria può liberare una svolta per i lavoratori e le masse oppresse.
Di fatto, governi dei lavoratori e Stati Uniti Socialisti d'Europa sono l'unica
prospettiva storica di progresso per il vecchio continente. <br> <br>Certo, le
grandi masse non hanno consapevolezza di questa verità e spesso anzi registrano
un arretramento profondo della propria coscienza politica. Ma il dovere dei
comunisti è di elevare la coscienza al livello della verità, non di rimuovere la
verità per adattarsi alla coscienza data. O addirittura per nutrirla di nuove
illusioni. Anche perchè la profondità della crisi capitalistica europea delinea
un bivio drammatico di prospettiva: lo sviluppo di una massa critica di
populismo reazionario in Europa senza precedenti nel dopoguerra, ci dice che
una mancata soluzione anticapitalista della crisi sociale può liberare i più
cupi fantasmi del passato. Rivoluzione o reazione, questo in definitiva è il
futuro dell'Europa. <br> <br>E allora l'interrogativo che ci riguarda è
d'obbligo: possiamo costruire una sinistra rivoluzionaria, che sia all'altezza
di un livello di scontro storicamente nuovo? Possiamo confrontarci su come
realizzare una svolta unitaria del movimento operaio italiano, delle sue forme
di lotta, delle sue forme di organizzazione, dei suoi programmi, che sia tanto
radicale quanto radicale è l'aggressione al lavoro e la crisi del capitale?
Possiamo confrontarci su come connettere ogni lotta ( sociale, ambientale,
antirazzista, anticlericale) alla prospettiva della rivoluzione sociale e di un
governo dei lavoratori, quale unica vera alternativa alla crisi del capitalismo
italiano, della seconde Repubblica, della U. E.? <br> <br>Caro compagno
Ferrero: se la proposta più “radicale” oggi in campo a sinistra- magari nel nome
improprio di Syriza- resta quella di un blocco con la IDV di Di Pietro e
Orlando, che vota il pareggio di bilancio in Costituzione e sostiene il reato di
immigrazione clandestina, il messaggio non è incoraggiante. Tanto più se
parallelamente si continua a restare nelle giunte locali a braccetto col PD e
magari con la UDC ( come in Liguria) tagliando ospedali e massimizzando l' IMU.
<br> <br>Lo spazio del doppio binario tra parole e cose, tra poesia e prosa, si
è chiuso. Il PCL è disponibile incondizionatamente, come sempre, alla massima
unità d'azione nelle lotte contro governo e padroni. Ma non a sacrificare il
programma anticapitalista del governo dei lavoratori e la sua libera
presentazione di massa: in primo luogo nelle mobilitazioni, e di riflesso alle
elezioni. </p></div>
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<p class="firma_newsletter"><b>MARCO FERRANDO <br></b></p><p class="firma_newsletter"><b><a href="http://www.pclavoratori.it"><font size="6">www.pclavoratori.it</font></a><br></b></p></div>