[Redditolavoro] Fw: [New post] Non difendere l’indifendibile - cominciamo dalla testa

matilde matilde at inventati.org
Sun Feb 26 10:37:02 CET 2012


WordPress.comStavo pensando a chi vorrei come Presidente della Repubblica futuro: una donna, che abbia già trattata la questione, stimata in ambito internazionale. Avete nomi? Io ci vedo bene la Bonino. Gradite contestazioni, ma solo se accompagnate da altro nome da valutare che mi convinca per davvero. 


                       
                        New post on Maurizio Sacconi    

                                  Non difendere l’indifendibile
                                by admin  
                              Caro Direttore, le riforme del lavoro- e la conseguente giurisprudenza - hanno sempre segnato fortemente, nel bene e nel male, le dinamiche non solo economiche ma più generalmente sociali e culturali in quanto investono un aspetto fondamentale della vita e delle relazioni umane. Così è stato per lo Statuto dei Lavoratori. Così è stato per la scala mobile prima e per il suo superamento poi. Così è stato per la legge Biagi. Così sarà per la riforma Fornero.

                              Abbiamo, nelle straordinarie condizioni date, la possibilità di uscire per davvero da quel novecento ideologico che tanto ha condizionato la nostra capacità di crescere, almeno a partire dagli anni '70 del secolo scorso. E non si tratta, proseguendo nel vizio classista, di spostare ora il pendolo nei rapporti di forza interni ai luoghi di lavoro. Abbiamo piuttosto l'opportunità di riconoscere largamente la centralità dell'impresa quale luogo nel quale, attraverso il continuo incremento competitivo di capitale organizzativo, umano e tecnologico, si producono ricchezza e occupazione.

                              Quale luogo quindi non già dell'artificioso conflitto ma della naturale condivisione di obiettivi e di risultati. Riprendendo culture ed esperienze tanto laiche quanto cristiane ed ampliando quanto già accade nelle piccole imprese, potremo diffondere la dimensione dell'impresa quale comunità di interessi e di valori, tendenzialmente solidale, e come tale portata a conservare il lavoro anche nelle condizioni difficili, ad aggiungere tutele specifiche rispetto a quelle generali, a estenderle anche al nucleo familiare (lo studio dei figli, il carrello della spesa, ecc.), a realizzare tecniche partecipative, a distribuire una parte dei dividendi. Ma, come in tutte le comunità, gli appartenenti devono reciprocamente riconoscersi, accettarsi e adattarsi per poter costruire insieme un futuro condiviso. E quando si spezza l'equilibrio economico oggettivo osi dissolve la necessaria fiducia soggettiva, deve essere consentita la tempestiva risoluzione del rapporto di lavoro sulla base di indennizzi adeguatamente proporzionati affinché l'impresa possa procedere in condizioni di efficienza e coesione.

                              La difesa dell'indifendibile, come ha opportunamente rilevato la Presidente di Confindustria, determina solo atrofia produttiva e occupazionale. Di qui l'esigenza di una inequivoca eliminazione della sanzione della reintegrazione se non per i licenziamenti discriminatori perché, in quanto tali, è come non ci siano stati. Per generare l'effetto atteso di una maggiore propensione ad assumere, la riforma deve essere semplice e certa. Ma la persona espulsa dall'ambiente produttivo non deve rimanere sola. Ha il diritto di accedere a sussidi e servizi di riqualificazione e ricollocamento. Come ha il dovere di accettare responsabilmente l'offerta di una congrua alternativa occupazionale o di una opportunità formativa. L'esperienza ci insegna che tutto ciò non si realizza solo attraverso le funzioni pubbliche e che è necessario integrarle con la collaborazione delle parti sociali in modo che la dimensione comunitaria solidale si riproduca nei diversi mercati territoriali del lavoro. Lo stesso primo ingresso in una occupazione di qualità si determina solo in un contesto produttivo dinamico, libero da inibizioni verso il fattore lavoro, attraverso l'integrazione tra conoscenze teoriche ed esperienze pratiche ed una pluralità di percorsi che corrispondano alle diverse vocazioni e riconoscano pari dignità al lavoro intellettuale come a quello manuale.

                              Utopie? Rivoluzioni improbabili? Non proprio, se si considerano riforme recenti come il riordino delle attività educative, la rivalutazione dell'istruzione e della formazione tecnico-professionale, il nuovo apprendistato fondato sull'apprendimento in ambiente lavorativo, la delega aperta in materia di ammortizzatori sociali, l'esperienza correggibile dei fondi interprofessionali per la formazione continua, le buone pratiche di alcuni enti bilaterali, l'evoluzione in corso nella contrattazione aziendale e territoriale sostenuta ora da regole certe.

                              I tempi, nell'economia e nella politica, sono cambiati al punto da consentire oggi a ciascuno degli attori politici e sociali, se non di condividere formalmente, di accettare almeno, ciò che solo ieri poteva ancora apparire inaccettabile. Occorre solo una piccola ma coraggiosa discontinuità nel nome di un bene superiore che a ben vedere è a portata di mano. Con il piacere di risultati di cui andare presto tutti fieri.

                              Lettera a Il Sole 24 Ore
                              admin | febbraio 26, 2012 at 10:14 am | Etichette: articolo 18, fornero, governo, lavoro, licenziamenti, marco biagi, maurizio sacconi, monti, riforme, scala mobile | Categorie: Blog, Homepage | URL: http://wp.me/p22Opj-eP 
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