[Redditolavoro] marea umana a TarantoPeriti accusano Ilva, folla in tribunale. Le indagini partirono da PeaceLink

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Sat Feb 18 08:16:44 CET 2012



Ieri una marea umana ha accerchiato in tribunale di Taranto. Come a Torino 
per l'Eternit, a Taranto per l'inquinamento da diossina e altri cancerogeni 
sale la mobilitazione. Tre anni fa PeaceLink presentava l'esposto alla 
Procura della Repubblica evidenziando che le analisi del pecorino - fatte a 
proprie spese - certificavano concentrazioni di diossina e pcb tre volte 
sopra i limiti di legge.
*I PERITI ACCUSANO: “L’ILVA FA MALE” FOLLA IN TRIBUNALE A TARANTO *

*Il rapporto parla chiaro. Inchiesta sul titolare Emilio Riva *

*di Maria Luisa Mastrogiovanni, “Il Fatto Quotidiano”, 16 feb. 2012*



Una catena umana a sostenere la magistratura. “Se la speranza ha un nome si
chiama Patrizia Todisco”: è uno dei tanti striscioni che ieri davanti al
Tribunale di Taranto venivano inneggiati da un migliaio di persone,
confluite davanti a palazzo di giustizia per dire all’Italia che “Taranto,
Taras, c’è”, ed è contro l’Ilva.

“Dopo Casale Monferrato anche Taranto vuole giustizia”. E’ anche questo il
cuore dell’adunanza di ieri (c’era anche Bill Emmott, ex direttore del The
Economist, che sta realizzando un documentario sull'Italia), perché dopo la
sentenza Eternit che ha riconosciuto colpevoli di disastro doloso e di
omissione delle misure antinfortunistiche i responsabili legali
dell’azienda, i cittadini di Taranto sperano che sull’Ilva, la più grande
acciaieria d’Italia e una delle più grandi al mondo, si crei un movimento
d’opinione nazionale.

Ieri in Camera di consiglio davanti al gip Patrizia Todisco si è discussa
la perizia di 554 pagine redatta da quattro esperti (Sanna, Monguzzi ,
Santilli, Felici) che inchioderebbe per la prima volta i vertici
dell’acciaieria. Le indagini sono partite nel 2008, dopo che Peacelink fece
analizzare alcuni campioni di formaggio di pecora prodotti negli
allevamenti a ridosso dello stabilimento. Il formaggio risultò gravemente
contaminato da diossina e pcb e la Asl avviò una serie di indagini e
campionamenti che portarono all’abbattimento di 2.200 capi di bestiame.

Risultato: indagati i titolari dell’azienda, Emilio Riva e suo figlio
Nicola, Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento siderurgico, e
Angelo Cavallo, responsabile dell'area agglomerato: sono accusati di
disastro colposo e doloso, oltre ad una serie di reati ambientali.

Ora, sono arrivati i risultati della perizia, e sono agghiaccianti: nelle
risposte ai sei quesiti posti dal gip i periti scrivono che “sì”, attorno
allo stabilimento si diffondono polveri, vapori, gas, contenenti sostanze
pericolose non solo per la salute degli 11.500 lavoratori, ma anche per il
territorio circostante; che “no”, l’Ilva non utilizza alcuna misura
“idonea” per evitare che in maniera incontrollata si disperdano
nell’ambiente polveri e fumi nocivi alle persone. Infine: i tecnici mettono
nero su bianco che i livelli di diossina e di pcb (policlorobifenile, tra
le 10 sostanze più cancerogene al mondo) rilevati negli animali abbattuti e
nei terreni circostanti sono riconducibili alle emissioni dell’Ilva.

Francesco Perli, infatti, avvocato dell’Ilva, ha già rilevato come i periti
nella loro relazione facciano riferimento a dei parametri che, secondo le
norme europee, dovranno entrare in vigore entro il 2018. Come dire: basta
spostare l’asticella del limite di legge e quella polvere rosa composta da
ferro e carbone che ricopre case e terreni del quartiere Tamburi, da
nefasta diventa magicamente una manna. Quella polvere rosa, scrivono i
periti della Procura, ogni anno è pari a 668 tonnellate che si disperdono
nell’atmosfera perché lo stabilimento non dispone di impianti di
“aspirazione e trattamento”. Fabio Matacchiera, della onlus “Fondo
antidiossina Taranto”, è stato il primo a far analizzare le celebri cozze
tarantine “del fondo” del mar Piccolo e sono risultate contaminate da
diossine con valori superiori del 70% alla norma: “Sono situazioni che non
si possono più tacere. Finora il caso Ilva è stato un buco nero, capace di
inghiottire anche la Regione”. Prima di oggi infatti né la Regione Puglia,
né il Comune di Taranto si erano costituiti parte civile e per questo gli
ambientalisti hanno atteso l’esito della Camera di consiglio al grido di
“Vendola quaquaraquà”.

Il direttore dell’Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente), Giorgio
Assennato negli anni ha fatto eseguire decine e decine di campionamenti
sulle emissioni dei camini dello stabilimento, anche dopo che una legge
regionale voluta da Vendola ha imposto di rinnovare i filtri. “Però – dice
– è difficile trovare la pistola fumante”. Significa che sulle questioni
ambientali la causalità della contaminazione è difficile da provare.
Ma i periti parlano di “correlazione preferenziale” tra l’inquinamento
dell’Ilva e i livelli di pcb contenuti negli alimenti. E uno dei periti è
Maurizio Sanna, che per la procura di Lecce ha seguito tutte le indagini
sui reati ambientali, inchiodando la Copersalento , un inceneritore la cui
proprietà era da far risalire alla famiglia di Raffaele Fitto. Oggi è
chiuso e smantellato dopo le indagini della magistratura e centinaia di
animali abbattuti per contaminazione da pcb e diossina. Proprio come per
l’Ilva.




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