[Redditolavoro] Fw: Fabercarta: c'è amianto, ma la Carifac se ne infischia

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Fri Apr 27 10:53:44 CEST 2012



Fabercarta: c'è amianto, ma la Carifac se ne infischia
Submitted by anonimo on Fri, 27/04/2012 - 10:30
approfondimenti/analisiFabercarta Castelraimondo
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All'interno dello stabilimento i calendari sono fermi al 2005. È in 
quell'anno
infatti che gli ultimi settantatré dipendenti della Fabercarta di
Castelraimondo (MC) restano senza lavoro. Già in febbraio sono costretti a
ricorrere alle ferie. La cessione delle quote da parte del maggior
azionista, le cartiere Miliani, a un'azienda di Cerreto D'Esi che produceva
bobine di carta per calcolatrici, fax, bancomat ecc., la Beta Rotoli, non
era servita a niente, nonostante almeno per i primi tempi i lavoratori
fossero ben impressionati dal piano di riassetto produttivo. In realtà, dopo
pochi anni, anche la Beta Rotoli falliva, lasciando aperta la strada solo
alle aste giudiziarie per questa enorme area di dodicimilacinquecento metri
quadri situata a pochissima distanza dall'abitato di Castelraimondo.
Oggi lo stabilimento versa nel più totale abbandono e desolazione. La rete
che divide l'ex cartiera dallo stradino che conduce all'isola ecologica
comunale è ampiamente rotta in più tratti e accedervi non è un problema. Nel
cortile della fabbrica un'enorme bobina di carta arsa dal sole e consunta
dalle piogge ricorda tristemente a qualcuno i bei tempi in cui l'enorme
macchina patinatrice avvolgeva carta a più di 500 metri al minuto. Quella
macchina, all'epoca all'avanguardia della tecnologia e gloria dello
stabilimento di Castelraimondo, è stata smembrata al momento della
riconversione e i pezzi sono finiti chi dice in Brasile, chi dice in
Turchia, chi ancora in altri paesi più esotici.
Lo stabilimento è di fatto abbandonato a se stesso da quasi sette anni. I
macchinari sono stati quasi tutti tolti. È come entrare all'interno della
carcassa di un gigantesco animale eviscerato. Si vaga sussultando ogni tanto
per i rumori amplificati che fanno i piccioni muovendosi tra le travature. I
capannoni sono ingombri di lana di roccia, un materiale isolante
probabilmente usato per le controsoffittature e ora sparso al suolo in
agglomerati informi. Gli uffici amministrativi si presentano ricoperti da
una coltre di documenti. Ci sono faldoni che si accatastano in qualche
angolo e carte sparse dappertutto tra cui i vecchi operai potrebbero
ritrovare le loro firme, ricostruire episodi, frammenti del lavoro
quotidiano all'interno dello stabilimento. C'è di tutto, compresi i
certificati di smaltimento delle sostanze chimiche impiegate nella
lavorazione. Qualche bidone pieno di non si sa cosa campeggia ancora tra i
cumuli di materiali in disfacimento.
Ma quello che si vede dalla statale Settempedana, la strada che collega
Castelraimondo a San Severino Marche, la vecchia Septempeda dei latini, è
forse ancora più sconcertante. Una distesa di onduline in cemento-amianto
(eternit) ricopre una metà dello stabilimento, per un'estensione di 6 mila
metri quadri. Nel settembre del 2007, su incarico del curatore fallimentare,
una ditta specializzata esegue una perizia su questo amianto, regolarmente
depositata al Tribunale di Ancona, nella quale, pur non riscontrandosi uno
stato di usura tale da determinarne al momento la pericolosità, si
consigliava di monitorarne lo stato almeno ogni due anni. Infatti, citando
dalla relazione, "la vetustà di tali coperture, prive di rivestimenti
specifici ed esposte agli agenti atmosferici, non garantisce il completo
trattenimento delle fibre". Questo nel 2007. L'anno successivo, in febbraio,
si tiene la terza asta giudiziaria. Il prezzo dell'immobile viene ribassato
anche tenendo conto dei costi di trattamento o smaltimento delle lastre di
eternit. Si aggiudica l'ex fabbrica la Cassa di Risparmio di Fabriano e
Cupramontana (Carifac). Solo che da questo momento la banca, che fa capo al
gruppo Veneto Banca, si disinteressa completamente dello stato della
struttura. E si disinteressa completamente anche dell'amianto, con la
complicità di un'amministrazione comunale che non svolge le dovute pressioni
perché il gruppo bancario rispetti gli impegni presi al momento 
dell'acquisto.
Le lastre di eternit non ricevono alcun trattamento, ma rimangono esposte
all'azione degli agenti atmosferici: vento, sole, pioggia e abbondanti
nevicate. Nessuno si preoccupa né di monitorarle, come era esplicitamente
consigliato nella relazione tecnica, né tanto meno di trattarle tramite la
normale procedura di incapsulamento (con la quale si eliminano
temporaneamente i rischi di emissione di fibre) o di farle rimuovere e
smaltire adeguatamente.
Mentre i responsabili tacciono o dicono di non sapere, tutta l'area dell'ex
fabbrica, posta di fronte alla frazione di Selvalagli di Gagliole e a poche
centinaia di metri dall'abitato di Castelraimondo, da scuole e asili, in 
un'area
non adeguatamente protetta a causa degli squarci nella recinzione, può
rappresentare un problema per la salute dei residenti. Ma c'è qualcuno a cui
importi qualcosa?

Aldo Castellani




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