[Redditolavoro] proletari comunisti riprende un reportage da lampedusa

procomta ro.red at libero.it
Fri Sep 23 16:47:15 CEST 2011


ripreso da 'la stampa'
la chiara descrizione del KU-KLUX-CLAN lampedusano - tra  razzismo becero, 
poliziotti mangiapane a gtradimento e gente che manda il cervello 
all'ammasso
all'ombra del governo e delle leggi di maroni

INVIATO A LAMPEDUSA
Passa la madonna di Porto Salvo e arrivano altri ragazzi dal mare, altre 
facce stravolte, altre bocche da sfamare. Ancora una volta succede tutto 
insieme, dentro una serata di luce stupenda, piena di preghiere da ogni 
parte dell'orizzonte. Alle sei l'isola è quasi svuotata. L'ultimo aereo 
militare, carico di immigrati tunisini, lascia la sua scia sulla processione 
per la santa patrona di Lampedusa. L'intero paese cammina nella via centrale 
fra urla propiziatorie, inginocchiamenti e rosari stretti in pugno. Ci sono 
autorità, ufficiali in alta uniforme, tacchi alti, quattro preti in prima 
fila. E ci sono, fra gli altri, i quaranta lampedusani della rivolta di 
mercoledì mattina, quando con botte, sassi e bastoni hanno fatto capire come 
la pensano.

Uno di loro, con una grande catena d'oro che luccica sul torace, regge la 
statua della madonna. Si chiama Giacomo Sanguedolce, qui gestisce un 
ristorante famoso, e a tutti ripete le stesse parole. «Adesso sono 
avvisati - dice - a Lampedusa non faremo arrivare più nessuno. Andiamo a 
prenderli noi in mezzo al mare, con le nostre barche. Basta. Finito. 
Sbarriamo il porto. E quando succederà, voi giornalisti cercate di non 
esserci: è meglio». Lo ripete fra cenni di soddisfazione, sorrisi e pacche 
sulle spalle, mentre incomincia a circolare la notizia. Una piccola 
imbarcazione di legno è stata avvistata al largo. Sono altri migranti, 
ignari di tutto, ancora in balia di un mare incerto. Il sindaco Bernardino 
De Rubeis riassume la questione con queste parole: «C'è un obiettivo con 64 
immigrati a bordo. C'è la Guardia di Finanza nei pressi. L'impegno del 
Governo è di trasferirli a Porto Empedocle, così mi ha garantito il ministro 
Maroni. Così dovrà essere in futuro. Ma attendiamo notizie, il mare è un po' 
agitato. Il ministero deciderà la linea da seguire».

Qualcuno dice che li faranno attraccare sull'altro versante, di nascosto, 
lontani dalla festa e dalla rabbia. Altri che saranno scortati fino alle 
coste siciliane. E nella notte il barcone sarà proprio soccorso e dirottato 
a Porto Empedocle. Una prima vittoria per il sindaco. Adesso la processione 
è in discesa verso il mare. Suona la banda del paese. Un'anziana legge una 
preghiera che risuona perfetta: «Per i derelitti, per gli esiliati, per i 
vecchi che chiedono di riposare nelle loro case, noi ti chiediamo la pace». 
Scoppiano petardi. Banchetti di torroni e semi di zucca sui marciapiedi. Il 
sole lentamente incomincia a declinare. Alle sette di sera il parroco, don 
Stefano Nastasi, ferma la processione davanti al benzinaio del porto. Qui, 
mercoledì mattina, sono stati raccolti i feriti. Qui un ragazzo tunisino, 
per scappare, è caduto e si è spaccato la testa sulla banchina. E' ancora in 
coma. «Dobbiamo chiedere perdono - dice il parroco al microfono- perdono per 
tutti».

La signora Silvana Lucà resta dietro al bancone del Caffè Mediterraneo sulla 
piazza del municipio, mentre il paese sfila davanti ai tavolini. Il suo bar 
era pieno di tunisini anche quando nessuno li voleva per le strade. Lei 
stessa è andata a soccorrere ragazze e ragazzi in mare durante il naufragio 
di Pasqua: «Non credo alle parole del sindaco - dice -. Non credo che 
Lampedusa possa davvero cambiare il suo destino. E' un fatto geografico: noi 
siamo i più vicini. Ma è anche un fatto economico e strategico. Lampedusa fa 
comodo a molti. Meglio concentrare i problemi qui, lontani dal resto del 
mondo».

Non è rassegnazione, piuttosto una specie di amara consapevolezza: «L'isola 
è invasa di agenti. Mangiano al ristorante, dormono in albergo, escono con 
le lampedusane, fanno a gara per farsi mandare qui. Io non ci credo che 
adesso trasferiranno tutto il baraccone a Porto Empedocle. Resta il 
problema: noi li paghiamo e loro non ci difendono». Nel bar di fronte, l'imprenditore 
Salvatore Palillo è addirittura euforico: «Noi abbiamo già dato, amen. Oggi 
è la fine di un'epoca. Lo ha detto il sindaco: qui non attraccheranno più. 
Siamo pronti a difendere le nostre coste da subito e con ogni mezzo».

Tutto questo oggi è Lampedusa. Un misto di generosità, sofferenza e 
insofferenza, guerra e pace, catene d'oro al collo e catene di solidarietà. 
Un giovane prete, sussurra: «Quei ragazzi che sbarcano e ci chiedono da bere 
sono come Cristo. Abbiamo il dovere di accoglierli e dissetarli. Ma tutti 
devono fare la loro parte, anche il Governo». Alle nove di sera si scruta l'orizzonte 
dal molo principale. Adesso il mare sembra calmo, un grande mare buono. E i 
fuochi d'artificio della Madonna di Porto Salvo indicano la rotta.



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