[Redditolavoro] AI LAVORATORI NON SERVE LA BABELE DEL 15 OTTOBRE

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Mon Oct 24 18:41:10 CEST 2011



AI LAVORATORI NON SERVE LA BABELE DEL 15 OTTOBRE

In nome dei 5 punti di un programma per il "non pagamento del debito 
pubblico" che abbiamo definito come espressione delle posizioni di Rinaldini 
e di Casarini, un vasto arco di forze politiche e sindacali e di 
associazioni, aveva promosso la manifestazione del 15 ottobre di Roma degli 
indignados.
Lo Slai Cobas non aveva aderito alla manifestazione ed aveva preso le 
distanze da questo programma mistificante che taceva sul ruolo dei padroni 
'nostrani' e sulle enormi, strutturali, responsabilità dei governi, anche di 
centro-sinistra, e degli stessi sindacati confederali, per una situazione di 
doppio sfruttamento e di doppia oppressione dei lavoratori e di altri strati 
popolari del nostro paese. Una volta, ed in primo luogo, sfruttati 
direttamente dal 'proprio' capitale finanziario ed industriale ed, una 
seconda volta, assoggettati da questi stessi interessi e da queste stesse 
forze economiche, politiche e statali, al capitale europeo ed 
internazionale.
Lo Slai Cobas aveva anche evidenziato criticamente come sulla base di questo 
programma la parte egemone (FIOM, Arci, Confederazione Cobas, Rifondazione, 
SEL ecc.) dei promotori della manifestazione mirasse a riprodurre e 
rinvigorire i tentativi di dare nuova vita ad una sinistra in 
decomposizione, il tutto formalmente nel quadro di un'alternativa ai governi 
di centro-destra ed al PD, ma di fatto nel quadro della riproposizione di 
una prospettiva di centro-sinistra.
In sintesi la valutazione dello Slai Cobas era che, con queste premesse, la 
manifestazione del 15 non poteva che tentare di riproporre e rilanciare, su 
ampia, scala un perverso meccanismo, messo pesantemente in atto da un anno a 
questa parte, passando dagli scioperi e manifestazioni FIOM del 17 novembre 
del 2010 e del 28 gennaio 2011.  Un meccanismo in base al quale le forze più 
a destra (in primis la FIOM la FdS e Rifondazione) nel cosidetto fronte 
sindacale, politico ed associazionistico di opposizione al berlusconismo, 
lavorano a legare a sé e, di fatto, ad egemonizzare, le forze poliche e 
sindacali che si collocano alla loro sinistra al fine di evitare l'emergere 
di un polo sindacale di classe alternativo alla CGIL, di un polo politico di 
classe alternativo alla fallimentare e reazionaria sinistra riformista e di 
un effettivo movimento di lotta degli operai, dei giovani precari, dei 
lavoratori extracomunitari, dei piccolo lavoratori autonomi, ecc.
Oggi, a distanza di una settimana dalla manifestazione del 15, possiamo 
sostenere che i giochi a questo proposito sono più difficili di prima. Un 
esito della giornata del 15 è stato quello di evidenziare come sia sempre 
più difficile tenere insieme i vari anelli della catena delle dipendenze che 
ancora connettono i settori più avanzati del movimento, del sindacalismo di 
base, dei centri sociali ecc. alle forze che ritengono che nella lotta 
contro il governo Berlusconi, e contro i diktat del capitale finanziario 
europeo, il pericolo principale sia rappresentato dall'eventualità di una 
frattura della rappresentanza politica e sociale verosimilmente capace, in 
un paese come l'Italia, di catalizzare il conflitto ed il malcontento 
sociale in una prospettiva concretamente rivoluzionaria.
La giornata di Roma ha rappresentato un evento implosivo che, almeno in 
parte, ha messo in discussione la possibilità di tenere insieme, in nome di 
un programma riformista confuso e velleitario, ed in nome di un "nuovo" 
spazio politico di sinistra anticapitalistica capace di candidarsi per un'alternativa 
di governo, forze politiche e sindacali e settori sociali, che di fatto si 
muovono in direzioni diverse.
Basti pensare a quale credibilità possa realmente avere una prospettiva che 
voglia continuare a tenere insieme nello stesso carrozzone, al servizio di 
una "nuova"  stagione di centro-sinistra ed al servizio di una 
rivitalizzazione di una decrepita sinistra, delle forze del sindacalismo di 
base e del movimento che cercano di individuare e percorrere una strada 
anticapitalistica.
Oppure basti pensare a quali margini sempre più ristretti abbia un'operazione 
politica che in nome della difesa della costituzione e della democrazia 
voglia tenere insieme chi occulta o appoggia lo stato di polizia e 
contemporaneamente contrabbanda l'attuale regime politico come ancora 
pienamente caratterizzato da una democrazia rappresentativa e chi invece 
denuncia il carattere repressivo ormai irreversibile di questo Stato 
"democratico".
O ancora sarebbe il caso di chiedersi quanto rimanga in piedi dopo il 15 
ottobre della possibilità di andare a costruire un fronte comune tra chi 
ritiene che di fronte alla pesantezza della crisi e dell'attacco padronale e 
governativo siano necessarie e probabilmente anche inevitabili, risposte di 
lotta dei lavoratori di maggiore radicalità capaci di spezzare i limiti 
soffocanti e mortiferi di spazi di legalità ridotti al lumicino e chi 
invece, all'opposto, è pronto a considerare tutto questo come un brodo di 
cultura del terrorismo.
Se Cremaschi, dopo la manifestazione di Roma parla di fallimento è perché il 
15 ottobre,  molto velocemente, ha evidenziato che il carrozzone fa acqua da 
tutte le parti.
Se il 15 ottobre insegna ancora qualcosa, al di là della necessità di una 
prospettiva politica di classe per quanti hanno voluto contrastare in prima 
persona lo Stato di Polizia in Piazza San Giovanni, è che un polo 
indipendente di classe, come centro di riferimento per un fronte sociale e 
politico di lotta e di opposizione, è probabilmente necessario anche per 
incalzare energicamente chi sempre di più si trova, suo malgrado, soggetto 
alle intenzioni ed operazioni disciplinanti dei padroni, del governo, del 
PD, della stessa CGIL.
La gravità del divieto anticostituzionale del corteo della FIOM a Roma del 
21 ottobre trova qui un corrispettivo nella gravità dell'accettazione da 
parte della FIOM di tale divieto e nella relativa contrattazione con la 
questura della possibilità di tenere una "manifestazione stanziale" con il 
conseguente esito di andare a sancire una situazione che rappresenta un 
insulto ed un umiliazione per l'intera classe operaia italiana.
Per altro l'esito di questa "manifestazione", che appare persino 
fallimentare considerando la scarsa partecipazione, testimonia ulteriormente 
del fatto che sempre più gli operai ed i lavoratori si separano dagli 
apparati dei sindacati confederali, FIOM-CGIL compresa,  lasciando così 
intravedere implicitamente la domanda di un processo costituente  di proprie 
nuove organizzazioni e rappresentanze nel vivo di un conflitto sociale e 
politico.

SLAI COBAS - COORDINAMENTO NAZIONALE - 24/10/2011
 



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