[Redditolavoro] Fw: Alfonso Cano
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Sat Nov 5 14:28:53 CET 2011
onore al comandante guerrigliero antimperialista
proletari comunisti
5 novembre 2011
CON L’UCCISIONE DEL COMANDANTE ALFONSO CANO, IL REGIME COLOMBIANO
CONFERMA LA PROPRIA ESSENZA GUARRAFONDAIA
Di Darko Ramírez*
Nelle ultime ore i media colombiani e internazionali, per bocca dei
propri direttori, “opinionisti” e pennivendoli vari, stanno
celebrando l’uccisione in combattimento del Comandante in Capo
delle FARC-EP, Alfonso Cano, avvenuta ieri nel dipartimento
meridionale del Cauca.
Il trionfalismo della iena Santos, del ministro della Difesa Pinzón
e degli altri carnefici del popolo colombiano al governo è pari
soltanto a quello registrato quando un bombardamento in territorio
ecuadoregno dell’aviazione statunitense, supportata da truppe
colombiane, mise fine alla parabola resistente del Comandante Raúl
Reyes il 1 marzo 2008, o quando il Comandante Jorge Briceño venne
seppellito da tonnellate di bombe scagliate sul suo accampamento
insorgente da oltre una sessantina fra aerei ed elicotteri da guerra,
nel settembre del 2010.
Come allora, anche oggi i corifei del regime, i lustrascarpe
dell’imperialismo ed i complici di ogni sorta del terrorismo di
Stato gridano “vittoria!”, promettono (da Santos in giù) ai
guerriglieri “carcere o tomba”, e annunciano con squilli di
trombe la “fine definitiva delle FARC e del conflitto”.
Riferendosi all’organizzazione guerrigliera più antica e poderosa
delle Americhe, vomitano termini quali “decapitata”, “allo
sbando”, “in preda ad una crisi di leadership”, e via
discorrendo, per poi lanciarsi in squallide elucubrazioni su chi
sarà il successore di Alfonso Cano, ovviamente non senza assicurare
che la “successione sarà piena di tensioni e lotte intestine”.
Lorsignori dimenticano che le FARC, con quasi mezzo secolo di lotta
rivoluzionaria alle spalle, hanno accumulato esperienza, capacità
combattente e solidità organica che, sommate ad una compattezza
ideologica e a una chiarezza politica fuori dal comune, le
predispongono strutturalmente ad assorbire i colpi, seppur duri come
questo, a rendere immediatamente esecutiva la sostituzione dei
compagni morti (già prevista con abbondante anticipo) e a dare
continuità politica e militare ai piani di lavoro di tutte le unità
combattenti e militanti.
Con la morte di un quadro politico-militare storico del calibro del
Comandante Alfonso Cano, che dalla Gioventù e dal Partito Comunista
era passato alle file guerrigliere per evitare di essere trucidato
dal terrorismo di Stato al pari degli oltre 5000 dirigenti e
militanti dell’Unión Patriótica, il popolo colombiano perde uno
dei suoi migliori figli, un rivoluzionario che ha lottato senza
cedimenti per la pace con giustizia sociale e che si è sacrificato
per un futuro migliore per il suo popolo.
Il regime oligarchico-mafioso capeggiato da Santos, che alcuni
sprovveduti e miopi affermano erroneamente essere diverso da quello
uribista, sguazza nell’orgia di sangue succhiato al popolo
colombiano e conferma la propria essenza guerrafondaia. Un regime
putrefatto, infinitamente pluriomicida e cronicamente affetto dal
morbo della menzogna, che lo porta a ripetere come un grammofono
inceppato che uccidendo qualche comandante insorgente si potrà
sterminare il progetto rivoluzionario; e ad ignorare che, fino a
quando impereranno la fame, la miseria, lo sfruttamento,
l’ingiustizia e la disuguaglianza sociali, il latifondo, il
narcoparamilitarismo, la dittatura del gran capitale, le
privatizzazioni, la svendita della sovranità nazionale e il
terrorismo di Stato, compendiati dal rifiuto di dialogare con
l’insorgenza per arrivare ad una soluzione politica del conflitto,
le ragioni storiche, politiche, economiche e sociali che hanno
partorito la guerriglia saranno più attuali che mai, e questa
continuerà a nutrirsi con sempre maggior intensità della linfa
vitale che alimenta ogni progetto di trasformazione radicale
dell’esistente, vale a dire le masse popolari.
*Politologo ed analista ecuadoregno
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