[Redditolavoro] processo contro l'eni per la strage di molfetta

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Wed Nov 2 20:09:34 CET 2011


Questa mattina a Trani si doveva tenere il processo contro l'ENI nell'ambito 
del procedimento bis per la strage della Truck Center di Molfetta, l'azienda 
nella quale il 3 marzo 2008 morirono quattro operai e il titolare, 
asfissiati a causa delle esalazioni provenienti da una cisterna che due di 
loro stavano lavando. Purtroppo è stato rimandato all'8 novembre, perchè la 
giudice che doveva tenere il processo è moglie dell'ingegnere indagato per 
la strage di Barletta dallo stesso PM, Giuseppe Maralfa, del processo di 
Molfetta.
Sembra quasi che la realtà supera la fantasia. Proprio il 24 ottobre, nella 
conferenza a Molfetta su "la sottile cortina del silenzio - processo all'Eni 
per le vittime della Truk Center", organizzata dalla rivista 'Terre Libere', 
la rappresentante della Rete per la sicurezza sui posti di lavoro, invitata 
come relatrice, nel suo intervento aveva, tra le altre cose, messo in luce 
le tragiche similitudini tra la strage di Molfetta e di Barletta: in 
entrambe sono morti 4 lavoratori e, alla Truk center, il padrone della 
ditta, a Barletta la figlia del padrone della fabbrica; in entrambe gli 
operai e le operaie sono morti non solo per responsabilità dei padroncini 
delle ditte, ma per responsabilità delle condizioni di lavoro, di sicurezza, 
di minimo dei costi imposte dai grandi padroni: per Molfetta, dall'ENI di 
Taranto, per Barletta dalle grandi marche delle aziende tessili il cui 
luccichio di abiti è sporco di lavoro nero, e a volte di sangue delle 
lavoratrici; in entrambi sono operai sono stati uccisi perchè la sicurezza è 
un costo che per i padroni va tagliato.
Tornando alla Conferenza del 24 ottobre, il padre di uno degli operai morti, 
Biagio Sciancalepore, che insieme alla moglie e ai figli sta coraggiosamente 
portando avanti la battaglia per la verità e la giustizia affinchè siano 
condannati tutti i colpevoli fino ai dirigenti dell'Eni, ha ripercorso le 
tappe di quella maledetta catena di responsabilità degli omicidi; una catena 
di voluta inosservanza delle minime regole di sicurezza, iniziata all'Eni di 
Taranto che aveva classificato il carico della cisterna come infiammabile e 
non tossico, che ha omesso di controllare la quantità di acido solfidrico 
contenuta nelle vasche di zolfo (presente 1000 volte di più del necessario), 
che omette sempre di compilare e consegnare la scheda di sicurezza, che 
tiene fermi gli impianti di desolforazione, tutto allo scopo di abbattere i 
costi di trasporto; catena continuata con una sorta di scarica barile di 
altre 3 ditte; fino ad arrivare alla Truk center che non era affatto idonea 
per una bonifica delle cisterne. "Così - ha detto Sciancalepore - per un po' 
di soldi, ammazzano la gente!".
La rappresentante della Rete per la sicurezza sui posti di lavoro, che nel 
2009 ha presentato a Taranto un preciso esposto alla Procura contro le 
responsabilità dell'ENI per la strage della Truk center, ha denunciato che, 
mentre nulla finora ha fatto la Procura di Taranto contro l'Eni, nello 
stesso tempo c'è un silenzio omertoso da parte di tutte le istituzioni di 
Taranto verso l'inquinamento della città che l'Eni con le sue emissioni fa 
mettendo a rischio la salute della popolazione: solo  questo anno per 4/5 
volte alcuni cittadini di Taranto si sono dovuti ricoverare per forme di 
intossicazione. Allargando poi il discorso, ha denunciato la catena di 
morti: 980 nel 2010 che smentisce alcuni dati Inail che parlano di riduzione 
ma non dicono che essa è frutto solo dei massicci licenziamenti, 
cassintegrazione di questi ultimi anni, è frutto dell'"uccisione del lavoro". 
In realtà in proporzione alla riduzione del lavoro, all'aumento dello 
sfruttamento, al lavoro incerto, all'azzeramento di diritti, gli infortuni 
sono in aumento e vanno di pari passo al nuovo lavoro nero, di cui in alcune 
realtà le vittime principali sono immigrati, i cui morti spesso non vengono 
contabilizzati. C'è un rapporto sempre più stretto - ha detto la 
rappresentante della Rete - tra mancanza di sicurezza e lavoro nero, 
derogolarizzazione del lavoro come frutto dello scarico della crisi sui 
lavoratori.
Ha denunciato il buco nero della magistratura, che su questo terreno sembra 
non avere differenze al suo interno, ma solo eccezioni come il Giudice 
Guariniello di Torino, che non fa altro che applicare le leggi esistenti, 
fatto che dovrebbe essere scontato in una democrazia. La "normalità" invece 
sono sentenze che dovrebbero gridare allo scandalo come quella per i 17 
morti per amianto della Montefibre in cui il giudice ha mandato assolti i 
padroni assassini perchè: "il fatto non sussiste...!!". A questo si 
aggiungono i provvedimenti del Governo Berlusconi, per cui sono decine e 
decine i processi che rischiano di andare in prescrizione, da quelli di 
operai dell'Ilva di Taranto, a quelli di Viareggio, della Mobi Prince, de 
l'Aquila, ecc.
E poi c'è il buco nero delle istituzioni che dovrebbero controllare, come 
l'Asl, l'Ispettorato del lavoro, dove da un lato vengono tolti poteri, 
strumenti per intervenire, dall'altra la linea attuale del Ministero è 
quella di andare "leggeri".
In queste istituzioni, occorre - ha detto la rappresentante della Rete, 
anche ispettrice del lavoro - che ogni ispettore,ogni giudice dica 
chiaramente da che parte sta, faccia una precisa scelta, perchè non si può 
essere "neutri" o limitarsi ad un lavoro da burocrate; così al massimo di 
vede l'albero e non la foresta, si vedono le responsabilità del piccolo 
padroncino o la dinamica specifica delle morti, ma si è poi ciechi nel 
vedere le responsabilità delle grandi aziende, del peggioramento delle 
leggi, del sistema generale di peggioramento, attacco alle condizioni di 
lavoro che porta alle morti.
Per lottare contro tutto questo, occorre unire le diverse forme di 
mobilitazione contro le morti sul lavoro: dai lavoratori, ai familiari che 
spesso sono coloro che impediscono che cali il silenzio su questi 
assassinii, ai democratici, ai tecnici della sicurezza, agli artisti, ecc.
Per questo è nata la Rete, come Idea forza, e organizzazione e pratica, per 
unire e raccogliere le diverse energie per una stessa battaglia. Ma la Rete 
richiede altre energie, in Puglia Taranto funge da centro, ma è necessario 
che ognuno dia il proprio contributo.
Al convegno era prevista la presenza dell'Ass. al lavoro della Regione, ma 
all'ultimo momento ha comunicato di avere un altro impegno. Come mai?
Altri sono interventi dal pubblico per rafforzare la denuncia delle stragi 
volute. Un compagno di Molfetta ha indicato con forza le gravi 
responsabilità dei sindacati confederali che non fanno nulla, che fanno 
accordi con le aziende con cui si avallano i peggioramenti delle condizioni 
di lavoro; che sono assenti, come iniziativa, anche a fronte delle stragi 
come quella di Molfetta e di Barletta.
Questo intervento è stato quanto mai opportuno visto che l'unica presenza 
sindacale il 24 a Molfetta è stata di un rappresentante della Cgil di 
Barletta, il cui intervento è stato tutto teso a coprire le responsabilità 
in alto, delle grandi aziende, del governo, a vedere solo nella "tolleranza 
a non mettersi una cintura di sicurezza, o un altro dispositivo, ecc." la 
colpa delle morti e quindi ad indicare solo in questi controlli la via per 
bloccare le morti sul lavoro. Un intervento bruttissimo, in aperta 
discordanza con il clima dell'assemblea, da "cittadino" e non da chi 
dovrebbe avere la responsabilità di difendere le condizioni dei lavoratori, 
un intervento che puntava a normalizzare il tutto: così è sempre stato... 
fino a dire, come lo squallido sindaco di Barletta, che le operaie di 
Barletta accettano quel lavoro perchè è l'unico che c'è...
E' stato, quindi, inevitabile che questo rappresentante della cgil sia stato 
zittito dall'indignazione di altre persone nella sala.
In conclusione, la rappresentante della Rete ha detto che non si può parlare 
oggi delle morti sul lavoro senza capire, denunciare e lottare contro la 
fase attuale che vede padroni e governo scaricare la crisi sui lavoratori e 
rendere normale, quasi legittima la mancanza di regole, il lavoro nero, 
l'attacco ai diritti dei lavoratori; c'è un nesso sempre più stretto tra 
mancanza di sicurezza e piani padronali, un esempio lampante è il piano 
Marchionne che non solo aumenta il lavoro degli operai, ma con il nuovo 
sistema Ergo Uas, con il taglio delle pause, il peggioramento dei turni, 
l'attacco al diritto di malattia, peggiora le condizioni di salute, e mette 
a rischio la sicurezza degli operai e delle operaie.
E' vero che gli operai, e soprattutto le donne nel sud, sono costrette 
spesso ad accettare queste condizioni di lavoro perchè è l'unico lavoro 
possibile, ma la risposta non sta nel vedere questo come inevitabile, ma sta 
nell'organizzazione della lotta, nell'unire nella ribellione le donne, come 
a Barletta: proviamo ad organizzare - come stiamo cercando di fare noi - uno 
"sciopero delle lavoratrici" e vediamo poi se c'è ancora rassegnazione!
In conclusione ha fatto alcune proposte:
Primo. Noi dobbiamo prendere il processo Thyssen a riferimento. Anche a 
Molfetta, a fronte di una strage tipo quella di Torino, possiamo pretendere 
che ci sia una sentenza come quella di Torino, e che queste morti vengano 
giudicate assassinii e vi siano condanne per omicidio doloso e non colposo?
Secondo. Alla Thyssen vi è stata quella sentenza non solo per un giudice 
coerentemente democratico, ma soprattutto perchè vi è stata una 
mobilitazione continua, ogni udienza ha visto presidi dentro e fuori il 
Tribunale della Rete, dei familiari, di realtà di compagni, tanto che gli 
stessi avvocati della Thyssen lo sottolineavano e ne chiedevano la fine. 
Anche a Molfetta, le udienze devono vedere una mobilitazione, a partire da 
quella che dovrebbe decidere sulle responsabilità dell'Eni.
Terzo. Dobbiamo unire ogni energia nella Rete, perchè è l'unica strada per 
non affidare la mobilitazione e la rottura della "sottile cortina del 
silenzio" solo ad iniziative una tantum.

Rete per la sicurezza sui posti di lavoro di Taranto
c/o slai cobas per il sindacato di classe taranto
bastamortesullavoro at gmail.com
cobasta at libero.it 



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