[Redditolavoro] Fw: dopo lo sciopero generale ...

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Mon May 9 08:10:03 CEST 2011


 dopo lo sciopero generale ...


Lo sciopero generale indetto dalla Cgil ha avuto una mediocre riuscita, le
percentuali dette dal sindacato sono al di sopra della realtà, così come i
numeri nelle piazze; è inutile dire poi che, tranne eccezioni a macchia di
leopardo in alcune realtà industriali, la riuscita nelle fabbriche è stata
bassa, nelle grandi come nelle medie e piccole.
Ma come avevamo detto prima dello sciopero, non è tanto il dato della
partecipazione l'elemento rilevante. Uno sciopero generale nelle condizioni
attuali è molto difficile per tutti, e i numeri raccolti ieri difficilmente
sono ampliabili dato lo stato delle cose oggettivo e soggettivo nelle
fabbriche e tra i lavoratori. E, inoltre, il dato di mediocrità che
rileviamo non è certo per spirito disfattista né per sminuire quegli operai
e lavoratori spesso di realtà in lotta o che fronteggiano chiusure e
licenziamenti che a questo sciopero hanno voluto partecipare per portare le
loro istanze e le loro ragioni.
Il risultato è mediocre nella lotta contro padroni e governo ed è
soprattutto qualitativamente negativo per la linea che ha guidato lo
sciopero.
La Camusso dal palco di Napoli ha messo l'accento su uno sciopero
sostanzialmente per la riforma fiscale, secondo una linea, da sempre
sbagliata, per cui la lotta sindacale consisterebbe nello spostare con la
riforma fiscale risorse che poi produrrebbero lavoro e crescita. Non è mai
successo nei periodi forti della lotta operaia e dei lavoratori, figurarsi
se può succedere nei periodi come questo, in cui governo e padroni marciano
verso il fascismo padronale e la cancellazione delle conquiste dei
lavoratori, con l'utilizzo a fondo della precarietà e disoccupazione come
arma per ridurre l'occupazione e intensificare lo sfruttamento e, fuori
dalle fabbriche, per tagliare le spese sociali e le attività che riguardano
le spese sociali, scuole, sanità, trasporti, ecc.
A che serve questa linea che è certo che non produce alcun risultato? La
Camusso lo chiarisce subito dopo "proprio il fisco può essere un terreno di
incontro con cisl e uil che hanno indetto una manifestazione per il 21
maggio a sostegno di una loro piattaforma. E' possibile riprendere il filo
con cisl e uil, partendo dal fisco. Diciamo No alle divisioni provocate dal
governo che determinano attriti, intolleranza tra di noi. Voltare pagina è
possibile...".
Uno sciopero, quindi, da usare secondo la Cgil per ricostruire l'unità coi
sindacati del governo e dei padroni e, quindi, col governo e con i padroni.
C'è qualcuno che nella Cgil, nella Fiom, nell'arcipelago opportunista dei
sostenitori e "generalizzatori" di questo sciopero generale, può negare che
questa sia l'effettiva sostanza e l'unica consistenza dello sciopero di
ieri?
C'è chi nelle fabbriche può negare che tutto questo è esattamente l'opposto
di ciò che vogliono gli operai più combattivi e di quello che è necessario
agli operai per fronteggiare attacchi all'insegna del piano Marchionne e
della sua generalizzazione? C'è chi nella Fiom può negare che questo
scioperosu questa linea ha indebolito gli operai in fabbrica?
C'è chi può negare che il "un piede in due staffe" della direzione Fiom,
ispirato dal rapporto e dal mantenere il legame con la linea della Camusso
della Cgil, abbia provocato non il rafforzamento delle istanze classiste
presente nella Fiom, ma l'aggressività della destra Fiom molto forte in
realtà tra i delegati Fiom che, tranne eccezioni e minoranze, sono spesso
più a destra della stessa direzione Fiom?
Chi sta in fabbrica e fa le lotte lo sa benissimo e chi non lo sa se ne
accorgerà molto presto, a partire da Melfi, Mirafiori, Pomigliano, per non
ripetere l'esempio spudorato e sputtanato della Bertone.

Guardato da questo lato gli effetti di questo sciopero se sono, purtroppo,
poco significativi come arma di pressione verso padroni e governo, sono
davvero negativo nella battaglia generale per un vero sciopero generale.
Praticamente il 6 maggio ha bruciato la battaglia per uno sciopero generale
vero e ha messo fine al ciclo, virtuoso anche se venato di ambiguità, che ha
visto le pagine della grande manifestazione metalmeccanica del 16 ottobre,
la grande ribellione degli studenti del 14 dicembre, il nettamente migliore
sciopero del 28 gennaio, e le numerose iniziative nazionali delle donne,
degli immigrati, che in qualche maniera richiedevano uno sciopero generale
vero.
Questa battaglia nelle forme con cui finora si è espressa di fatto si è
conclusa. Ora effettivamente bisogna partire dagli esiti negativi di questa
battaglia per aprire una nuova fase. E su questo noi non siamo affatto
pessimisti.
Il punto d'approdo della Cgil è la parziale fine dell'"anomalia Fiom", mette
sul tappeto il problema reale della riorganizzazione dal basso e di massa
del sindacato di classe, della costruzione del fronte unito proletario,
studentesco, popolare, alternativo alla linea perdente del riformismo
sindacale e politico. Mette sul tappeto l'assunzione di una battaglia
prolungata con l'organizzazione di una vera rivolta operaia e popolare che
non abbia obiettivi intermedi, di un'accumulazione di forze e di una
costruzione di una direzione di classe adeguata.

Ma ora non è il tempo dell'unità. Non ci può essere unità senza lotta a chi
nel nostro campo lavora per il re di Pirro.
Certo non tutti, per quanto inconseguenti, sono uguali nell'arcipelago del
sindacalismo di base, del sindacalismo di classe, interno ed esterno alla
Fiom, nella stessa sinistra elettorale, nelle espressioni di base dei
coordinamenti, nel movimento degli studenti.
Serve un lavoro di scomposizione e ricomposizione che parta dalla sostanza
della linea praticata più che dalle sigle e dall'autodefinizione.
Sono tante le energie che si possono unire e darsi e avere forza e
rappresentanza, ma questo richiede che ci sia una lotta frontale, uno
scontro frontale, una separazione, rispetto a quelle due componenti che
agiscono come braccio del riformismo politico e sindacale nei movimenti.

Questo è innanzitutto l'arco propagandato da Il Manifesto e Liberazione e
che ha il suo perno nei Disobbedienti, nei Cremaschi e nei suoi amici, fino
alle mosche cocchiere del Carc. Luca Casarini in un editoriale, ospitato da
Il Manifesto, rappresenta molto bene questa tendenza. Anche lui parla di
chiusura di un ciclo e rilancio, ma il bilancio che fa di questo ciclo è
esattamente opposto al nostro. Laddove noi vediamo il progressivo spegnersi
dei contenuti antagonisti della lotta, davvero presenti nell'opposizione
agli accordi Fiat, nella partecipazione alla manifestazione del 16 ottobre,
nella rivolta degli studenti, nei mille fuochi di guerriglia sociali e
politica sviluppatisi in questi mesi, Casarini vede invece il positivo nel
portare tutto il movimento nell'alveo della Camusso condito con  una serie
di iniziative, più spettacolari che sostanziali, messe in atto anche in
questa occasione; la dove lui vede "ricomposizione, alternativa verso la
conquista di un nuovo welfare con versione ecologica, nuova democrazia dei
beni comuni, maturità", noi vediamo invece il ricomporsi di un fronte
riformista al servizio di un nuovo governo dei padroni, antiberlusconiano ma
non anticapitalista. Questo è chiarito in maniera definitiva ed esplicita
nel finale di questo editoriale in cui, citando la Sardegna, si dice:
"partite Iva e pastori, commercianti e operai, studenti e ricercatori si
sono messi insieme oltrepassando i modelli sindacali, politici e di
movimento conosciuti prima per sconfiggere gli strozzini di Equitalia". Oh,
chiaramente, sappiamo tutti che Casarini ormai è un piccolo imprenditore e
che il suo ragionamento è direttamente figlio della sua attuale condizione
di classe che porta a termine il ciclo, assai poco virtuoso, di una certa
piccola borghesia prima sovversiva, oggi al massimo inferocita per le
tasse...
E' facile vedere come questo si sposi in maniera organica con la battaglia
per una vera riforma fiscale della Camusso.

L'altro fronte importante è quello nel sindacalismo di base e di classe. Noi
non siamo per l'unità della Fiom, non siamo per l'unità con la Fiom, non
siamo per l'unità dei sindacati di base. Ma siamo per un'unità frutto della
separazione in ognuna di queste realtà tra posizioni classiste e di vera
opposizione proletaria e posizioni opportuniste.

Ecco, noi pensiamo che tutto questo sia un fastidioso ostacolo da cui
bisogna liberarsi. Non è possibile aprire un ciclo e rilanciare la lotta di
classe senza una guerra interna alla classe e al movimento.
E' questo il compito che le effettive realtà proletarie, comuniste, di
opposizione sociale e politica sono chiamate a misurarsi da subito.


proletari comunisti
9 maggio 2011



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