[Redditolavoro] brescia uno schifo

procomta ro.red at libero.it
Wed Mar 30 08:33:44 CEST 2011


IL CASO. È polemica per la scelta del presidente della Casa della memoria e 
dell'Associazione familiari delle vittime
«Sono qui a livello personale, perchè dobbiamo andare oltre le nostre 
diversità». Ma la Rete chiede le sue dimissioni

CasaPound e la Casa della Memoria allo stesso tavolo. Fuori, a 300 metri, il 
presidio della Rete antifascista che grida allo scandalo e chiede le 
dimissioni di Manlio Milani, presidente dell'Associazione Familiari delle 
vittime di piazza Loggia, per aver accettato di partecipare al dibattito al 
President, a Roncadelle. Ma se il dispiegamento delle forze dell'ordine 
induceva a pensare all'agitazione, alla fine la protesta si è tradotta, 
verso metà serata, nell'occupazione di via Roncadelle da parte dei 
manifestanti con cori e striscioni. Nessuna autorizzazione, quindi, alla 
«Partecipazione indignata» che gli antifascisti avrebbero voluto, faccia a 
faccia con CasaPound. «Vogliamo le dimissioni di Milani, che si presenta a 
un convegno con quelli che si definiscono i fascisti del terzo millennio a 
nome dell'associazione che guida - tuona Giuseppe Corioni, della Rete -: è 
vergognoso». «Dopo la sentenza sulla strage Cpi cerca di legittimarsi 
politicamente attraverso squallidi momenti di rivisitazione storica» gli fa 
eco Walter Longhi.
Eppure, dall'altra parte, seppur a distanza, Milani e CasaPound rispediscono 
le accuse al mittente con decisione. «Non sono qui a nome dell'associazione 
che rappresento, ma solo come Milani - precisa, pregando Cpi di precisarlo 
nella locandina -: non parlerò del processo, o del terrorismo di sinistra. 
Cercherò invece di affrontare con voi un percorso, che parte da me e finisce 
con me. Ho accettato - ribadisce - perché in questa memoria distratta 
dell'Italia che preferisce rimuovere gli anni'70, è necessario andare oltre 
le nostre diversità e incontrarci, senza limitarci ad osservare l'orrore in 
quanto tale, ma nel tentativo di trovare nella memoria elaborata degli 
insegnamenti utili rispetto al presente e al domani». Della stessa linea 
anche Adriano Scianca, responsabile cultura di Cpi (affiancato dal collega 
regionale Pietro Falagiani e da Gabriele Adinolfi del Centro Studi Polaris): 
«Questo è un incontro epocale nel panorama politico nazionale - dice -: 
Manlio è l'esempio di quel coraggio intellettuale che ci vede qui per 
parlare di stragismo come una ferita aperta nel cuore del Paese e come 
qualcosa che non ci appartiene naturalmente».
Quello di Manlio è un racconto, il suo racconto, fatto di contesti politici 
e sociali: l'iscrizione al Pci, l'amore per la resistenza e la Costituzione, 
gli incontri con i partigiani costretti a scegliere «per l'impossibilità di 
poter esprimere se stessi : per l'idea di poter vivere in una società 
libera». Come accadde per la manifestazione sindacaledi quel 28 maggio'74: 
«Quegli 8 morti sono ancora lì, a raccontare i valori di democrazia, lavoro, 
libertà di espressione - spiega Milani - Perché chi compì quella strage 
voleva sovvertire le istituzioni». Poi l'accenno alla responsabilità della 
destra eversiva per stessa ammissione dei camerati, gli attentati del prima 
e dopo piazza Loggia, e «i depistaggi delle istituzioni e dei Servizi 
deviati. Ecco dove sta l'impunità: il disegno eversivo si basa sulle 
collusioni. Allora, la memoria, deve prendere atto dei fatti e chiedere 
verità». Una storia che non piace poi tanto ad Adinolfi, certo che «le 
responsabilità del Pci siano enormi e che visioni come questa contribuiscano 
a non fare luce sulle stragi». In prima fila anche Benedetta Tobagi, «perché 
credo sia molto importante che Manlio abbia accettato di parlare con questi 
ragazzi: per spiegare che la violenza, è sempre sbagliata».





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