[Redditolavoro] Considerazioni sulla vicenda Fiat

S.I. Cobas Cremona slaicobascremona at gmail.com
Sat Jan 8 09:45:33 UTC 2011


Invio per conoscenza .

*Fiat: il bastone e la carota*

In una società in cui la maggior parte delle ricchezze e delle risorse e
nelle mani di pochi, gli operai sono una classe non per scelta ma per
necessità. Come tutti i proletari e i salariati non hanno modo di sfamare se
stessi e le loro famiglie se non vendendo la propria forza lavoro a un
capitalista, un padrone. Della ricchezza da essi prodotta si appropria una
minoranza, la classe borghese la quale se ne serve per comprare istituzioni,
politici, sindacalisti, mass-media e i governi. La lotta per la
sopravvivenza in periodi di crisi lascia i lavoratori completamente soli, le
loro organizzazioni, influenzate dalle grandi aziende e dal governo, li
lasciano in balia della classe padronale. Nel cercare di difendersi, per
tentare di risolvere giornalmente i loro problemi quotidiani sono costretti
a sfidare l’ordine costituito con forme di lotta individuali ai limiti
dell’autolesionismo, attraverso scioperi della fame, salite sui tetti, sulle
ciminiere, sulle gru, a mettersi anche contro i propri “rappresentanti”
inseriti a pieno titolo nel sistema e da questi foraggiati economicamente.
Quando i lavoratori si liberano dalle pastoie e dal controllo in cui li
tengono istituzioni, partiti e sindacati sostenitori del sistema capitalista
e si uniscono ad altri lavoratori organizzandosi autonomamente in modo
indipendente nella lotta contro lo sfruttamento, la loro forza diventa
rivoluzionaria e sovversiva. Sempre più spesso sono proprio i sindacati e i
partiti, che pur dicono di rappresentare i lavoratori a sostenere interessi
contrari a quelli che dicono di rappresentare. Molti ex sindacalisti
diventati dirigenti e funzionari d’istituzioni regolatori del mercato del
lavoro, mediatori del conflitto fra capitale e lavoro non fanno altro che
difendere le loro condizioni di privilegio “conquistate” difendendo chi li
paga. Il patto sociale basato su un “compromesso di classe” che riconosce ai
sindacati il diritto di negoziare per i suoi iscritti è quello che oggi
porta i padroni a scegliersi la “controparte” più in sintonia con i suoi
interessi. Oggi viviamo in una società in cui i valori sono capovolti; gli
sfruttatori, i capitalisti e i parassiti che non hanno mai lavorato in vita
loro sono insigniti con l’onorificenza di Cavalieri del Lavoro, mentre gli
operai fanno la fame. La vicenda Fiat e paradigmatica. *Oggi alle
multinazionali, ai padroni non basta più sfruttare i lavoratori, spogliarli
dei diritti di esseri umani. Come ha affermato Marchionne se il referendum a
Mirafiori voluto dalla Fiat non vince con il 51 %, l’azienda non farà
investimenti spostando la produzione in altri paesi dove i diritti dei
lavoratori sono inesistenti*.* I lavoratori dovranno esprimere un voto non
libero al referendum sottoposti al ricatto della perdita del lavoro. Per i
capitalisti gli operai non devono solo essere sfruttati, ma anche contenti.
*

In questo la Fiat é sostenuta non solo, da CISL-UIL-FISMIC-UGL (che alle
ultime elezioni RSU hanno ottenuto insieme oltre il 70%), dal governo,
Confindustria, e parte della CGIL, ma anche da molti politici di
centrosinistra, fra cui i vari D’Alema, Fassino e molti altri. *I soli
contrari la FIOM e i COBAS che non hanno firmato l’accordo, sono esclusi
dalla rappresentanza in fabbrica*, perché il padrone sceglie lui invece
degli operai chi è rappresentativo e chi no.

La FIOM-CGIL, che insieme ai Governi (di centrodestra e centrosinistra),
Confindustria e gli altri sindacati collaborazionisti per anni ha ostacolato
i Cobas sulla rappresentanza perché non firmatari del contratto nazionale,
nel momento in cui essa stessa si trova in conflitto con le scelte padronali
è esclusa dalla rappresentanza penalizzata dalle stesse regole usate contro
i sindacati di base.

La storia è piena di episodi in cui organizzazioni nate dai lavoratori con
dirigenti validi, una volta inseriti nelle istituzioni borghesi, assuefatti
alla democrazia delegata rappresentativa, diventando frequentatori dei
salotti e ambienti governativi tendono a diventare personale delle
burocrazie gestite da professionisti. In questo caso anche dirigenti
provenienti dal proletariato, cambiando condizioni materiali diventano a
tutti gli effetti funzionari di regime.

La crisi economica ha portato licenziamenti, riduzione dei salari, aumento
della precarietà e dell’instabilità economica, attacco alla contrattazione
collettiva nazionale, mentre vengono progressive smantella le garanzie
pubbliche per i lavoratori e i diritti costituzionali. Il recente Trattato
di Lisbona che ha inglobato le Costituzioni Nazionali ed Europea mette al
primo posto non più il diritto, ma il Mercato cui sono subordinati i
diritti. Nel mondo “globalizzato”, in cui i vari imperialismi dettano legge,
l’illusione di risolvere i propri problemi attraverso strategie individuali,
aziendali, o locali diventa sempre più una chimera che porta a cocenti
sconfitte il movimento operaio. Nella società imperialista gli operai, i
proletari, i lavoratori salariati non sono cittadini liberi ed eguali ma
schiavi salariati che vivono solo lavorando per qualcun altro, e costretti a
fare la fame e lasciati in mezzo ad una strada se disoccupati. Ecco perché i
lavoratori contano sempre meno e sono sempre meno influenti eppure c’è chi
continua a spacciare illusioni sui cambiamenti pacifici della società
chiamando i lavoratori alle urne. Contro la classe borghese, contro il
capitale si può lottare solo con lo sciopero generale nazionale e
internazionale di tutti i proletari, gli sfruttati, non solo per limitare lo
sfruttamento, ma per abolirlo insieme al sistema del lavoro salariato. Il
problema del potere operaio, “dell’assalto al cielo” che in passato si è
reso concreto se pur brevemente nella Comune di Parigi e nella Rivoluzione
d’Ottobre in Russia e altre parti del mondo col passare degli anni è andato
scemando diventando un labile ricordo. La conquista del potere proletario in
Europa negli ultimi decenni per alcuni era possibile solo con il voto per il
proprio partito o sindacato, le rivolte locali o settoriali o con forme di
lotta armata di piccoli gruppi, strategie che si sono dimostrate tutte
fallimentari. La lotta di classe, politica, economica e in tutti gli
aspetti, finora più latente che diretta, è oggi da porsi nuovamente
all’ordine del giorno. Nell’epoca dell’imperialismo ancor più che nel
passato non è possibile migliorare e difendere la condizione di un settore
della classe operaia se contemporaneamente non si migliorano le condizioni
di tutti gli altri lavoratori.

L’esperienza ha dimostrato che non esiste un capitalismo buono, dal volto
umano, che rispetta i diritti dei lavoratori e uno cattivo che li calpesta.
Se durante i periodi di ripresa in cui tutti i padroni fanno lauti affari i
capitalisti e, i loro rappresentanti politici nei governi di centro destra o
centrosinistra, possono permettersi di fingersi “democratici”, nella crisi
l’aumento della concorrenza rende i padroni più “cattivi”. La contrattazione
fra le parti sociali e la concertazione, frutto del patto sociale fra
padroni-governi e sindacati, figlia della “democrazia industriale”, nella
crisi è accantonata a favore del più rigido comando di fabbrica che mostra
il vero volto, l’altra faccia della medaglia, la brutalità del modo di
produzione capitalista. La volontà del padrone diventa legge senza
mediazioni; imponendo alla forza-lavoro la violenza di un sistema che si
appropria della ricchezza prodotta da milioni di esseri umani calpestando e
reprimendo ogni diritto che ostacola l’accumulazione dei profitti.

Le istituzioni capitaliste-imperialiste a cominciare dai governi che
difendono gli interessi degli sfruttatori e degli oppressori cercano di
governare mediando e moderando i conflitti sociali per impedire che il
malcontento diffuso diventi esplosivo, reprimendo ogni protesta che ostacola
o metta in discussione il loro potere. Oggi non bon basta più cercare di
difendersi. Come proletari, lavoratori, non possiamo lasciarci trascinare in
questa guerriglia quotidiana limitandoci a resistere agli attacchi continui
del capitale e ai mutamenti del mercato. L’attuale sistema che continua a
produrre miseria e lutti per la classe operaia ha in se le condizioni
materiali per il suo sovvertimento.  E’ giunto il momento in cui gli operai
non subiscano soltanto, ma riprendano in mano il loro destino lottando
apertamente per una società senza padroni, che non produce per il profitto
ma per soddisfare i bisogni dell’umanità. Bisogna ritornare a lottare per un
altro sistema economico e sociale che abolisca la società che legittima il
sistema del lavoro salariato, considerando lo sfruttamento degli esseri
umani, un crimine contro l’umanità. Oggi chiunque critica l’attuale modo di
produzione è bollato come Comunista. A rafforzare il coro dei politici di
centrodestra si aggiungono i sindacalisti e gli intellettuali di sinistra
inseriti nella società e nelle istituzioni borghesi da cui traggono vantaggi
economici e sociali, che fanno a gara nel predicare i sacrifici per gli
operai e nel ripudiare e denigrare il comunismo. E’ arrivato il momento in
cui il movimento operaio si riappropri delle teorie proprie della sua
classe. La lotta di classe non può lasciarla fare solo ai padroni. In questi
anni chiunque si opponeva alle guerre imperialiste, alla miseria, allo
sfruttamento dell’uomo sull’uomo o ha semplicemente contrastato il potere
dei monopoli e dei potenti di turno chiedendo l’applicazione delle stesse
leggi borghesi per tutti è stato bollato di comunismo. E’ ormai tempo che
gli operai, i proletari, i lavoratori coscienti, rivoluzionari che vogliono
costruire una nuova società libera dallo sfruttamento non siano più solo una
testimonianza. Gli operai coscienti non possono essere solo uno spettro che
aggira per l’Europa, una favola dei tempi passati, ma una realtà che
comincia a scuotere dalle fondamenta il sistema capitalista agitando i sonni
finora tranquilli degli sfruttatori, trasformandoli in incubi.

Michele Michelino

* *

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7 gennaio 2011




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