[Redditolavoro] Fw: Cosa sono le carceri in Italia

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Tue Dec 6 13:08:37 CET 2011


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Cosa sono le carceri in Italia





208. Sono le carceri italiane. La metà costruite nel 1200, nel 1500 o 
nell'800. 42mila. Sono i posti a disposizione.

67.510. Sono le persone detenute alla data del 30 aprile. Ovvero circa 
25mila persone in più.

37 mila. Sono condannati in via definitiva. 29 mila. Sono i detenuti 
imputati, ovvero sottoposti a misura cautelare.

15 mila. Sono le persone che in carcere attendono un primo giudizio. 
Presunti non colpevoli.

90 mila ogni anno, sono coloro che entrano in carcere per qualche giorno e 
poi escono.

173. Sono i detenuti morti nel 2010.

61. Sono le persone detenute morte dall'inizio del 2011. Una media di 12 
decessi al mese. 22 si sono suicidati. 39 sono morti per malattia.

42. Sono i bambini di età inferiore ai tre anni che stanno in carcere con le 
loro madri.

Questi i dati, i numeri, che dimostrano il collasso del sistema 
penitenziario. Un collasso determinato dalla crisi del processo penale e del 
sistema delle pene. Ma se è facile snocciolare le cifre, più difficile è 
capire come tale collasso si traduca nel quotidiano vissuto all'interno di 
una cella delle patrie galere. Ecco una fotografia.

6 persone detenute sono rinchiuse in una cella grande appena 10 mq. 6 
persone detenute che restano chiuse in quella piccola cella per 22 ore al 
giorno. Una cella buia e fredda, come una caverna. I letti a castello sono 
accatastati alle pareti. Letti che non bastano per tutti e 6 quei detenuti. 
Così uno di loro dorme per terra, su materasso vecchio e rovinato. In un 
angolo di quella cella c'è il bagno. Una tazza alla turca, senza bidè, e un 
piccolo lavandino. Un lavandino da cui spesso l'acqua non esce.

Quelle 6 persone detenute vivono nella sporcizia e nel degrado. Non hanno 
nulla per tenere pulita la loro cella. Non a caso ogni tanto spunta uno 
scarafaggio o un topo a tenergli compagnia. I muri sono scrostati, pieni di 
muffa e quando fuori piove l'acqua inonda quella cella sovraffollata.

Tra quelle 6 persone detenute c'è chi è malato e non viene curato. C'è chi è 
tossicodipendente e, non ricevendo il metadone, si droga in carcere magari 
usando una penna bic a mò di siringa. Già, perché in carcere la droga c'è, è 
solo più cara, mentre mancano le siringhe. Tra quelle 6 persone detenute c'è 
chi è straniero e si taglia le braccia per disperazione perché non riesce ad 
avere l'espulsione. C'è chi è malato e non viene curato, c'è chi si 
imbottisce di tranquillanti (in gergo le gocce) pur di non vivere quel 
degrado. C'è chi in un angolo si dispera perché da mesi attende di essere 
processato. Ed infine, c'è chi non ce la fa più a sopportare quel degrado. 
Così, aspetta che i suoi compagni di cella sono all'ora d'aria e decide di 
farla finita. Si impicca e muore. È questa la fotografia di una tra le tante 
celle che compongono le 208 carceri italiane. Per non essere generico, 
indico qualche esempio.

È questa la realtà presente nel carcere di Trieste, Venezia, Padova, nel 
carcere San Vittore di Milano, Torino, Genova, nel carcere Sollicciano di 
Firenze, Regina Coeli di Roma, nel carcere Poggioreale di Napoli, Lecce, e 
nel carcere l'Ucciardone di Palermo, per non parlare del carcere dell'isola 
di Favignana, dove le celle sono situate a 10 metri sotto il livello del 
mare. Una fotografia drammatica delle carceri italiane che, oltre alle 
statistiche, ci aiuta a immaginare il collasso in cui versa oggi il sistema 
penitenziario. Un collasso che determina innumerevoli sofferenze in più, non 
previste in nessuna sentenza di condanna, patite dalla singola persona 
detenuta. Un collasso del sistema penitenziario che si manifesta in 
quotidiana violazione della legge e nel conseguente trattamento disumano e 
degradante patito dalla singola persona detenuta.

La legge sull'ordinamento penitenziario, contenuta nel Decreto del 
Presidente della Repubblica del 30 giugno 2000 n. 230, stabilisce come deve 
essere tratta una persona detenuta e come devono essere strutturati gli 
istituti penitenziari. Leggendo tale normativa, sembra davvero che nelle 
carceri tutto funzioni bene. Peccato che la realtà sia assai diversa 
rispetto a quanto previsto dalla legge. Ecco tre casi, tre esempi, del 
divario esistente tra legge e realtà.

L'art. 6 dell'ordinamento penitenziario afferma che "i locali in cui si 
svolge la vita dei detenuti devono essere igienicamente adeguati".

Ebbene nella maggior parte delle carceri italiane le celle sono, non solo 
sovraffollate, ma anche sporche e igienicamente inadeguate. Penso al carcere 
di Sassari, dove il bagno altro non è che un buco posto al centro della 
cella. Penso al carcere dell'Ucciardone di Palermo, dove topi e scarafaggi 
girano liberamente. Penso agli innumerevoli casi di detenuti colpiti da 
malattie, per noi ormai sconosciute, come la scabbia. Ma non solo.

L'articolo 6 dell'ordinamento penitenziario afferma anche che : "Le finestre 
delle camere devono consentire il passaggio diretto di luce e aria naturali. 
Non sono consentite schermature che impediscano tale passaggio".

Altra norma inosservata. Spesso nelle patrie galere, fuori dalle finestrelle 
delle celle ci sono schermature che impediscono l'ingresso di luce e aria. A 
volte si tratta di fitte reti metalliche (dette in gergo gelosie), in altri 
casi ci sono vere e proprie schermature di ferro dette bocche di lupo. Non a 
caso, sono frequenti i casi di persone detenute che, dopo la detenzione, 
hanno seri problemi con la vista.

Infine, l'articolo 37 dell'ordinamento penitenziario che è dedicato ai 
colloqui, ovvero ai luoghi dove il detenuto incontra i propri familiari. 
Nell'art. 37 vi è scritto: "I colloqui avvengono in locali interni senza 
mezzi divisori o in spazi all'aperto a ciò destinati".

Ora, gli spazi all'aperto sono una rarità, mentre in moltissime carceri ci 
sono mezzi divisori, come vetri o muretti. L'ultimo caso lo ha segnalato 
Laura Longo, che è Presidente del Tribunale di Sorveglianza de L'Aquila. Il 
presidente Longo, dopo aver ispezionato le sale colloqui del carcere di 
Sulmona, ha scritto al Ministro Alfano affermando: "All'esito dei vari 
sopralluoghi effettuati presso il carcere di Sulmona, questa Presidenza 
formula l'auspicio che venga disposta la rimozione dei muretti divisori 
nelle tre sale destinate ai colloqui con i familiari".

Un capitolo a parte merita infine il rispetto del diritto alla salute 
riconosciuto dalla legge alle persone detenute. La legge 230 del 1999 ha 
trasferito la sanità penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Servizio 
pubblico Nazionale, ovvero alle Asl. Una legge definita epocale che però 
poco o nulla ha cambiato sul fronte della tutela del rispetto del diritto 
alla salute dei detenuti. Una legge che recita solennemente: "I detenuti 
hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione 
delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci 
ed appropriate". Bene, bravi, bis!

Strano però che negli ultimi 10 anni nelle carceri italiane sono morte 1.797 
persone, la maggior parte delle quali morte per malattia. Direte: ma saranno 
stati tutti incurabili! Beh, non è proprio così. Un caso emblematico di come 
oggi in carcere si muoia perché non curati, è quello di Graziano Scialpi.

Graziano era detenuto nel carcere Due Palazzi di Padova.
Graziano da un anno stava male. Da un anno chiedeva ai medici del carcere di 
essere visitato. Da un anno accusava dei terribili dolori. Nulla è stato 
fatto. Nessuna cura. Nessuna analisi. Anzi, i medici del carcere ritenevano 
che Graziano fingesse, pensavano che simulasse una malattia! E infatti.
A fine agosto del 2010 Graziano è paralizzato nel letto della sua cella. Sta 
talmente male che non riesce neanche a urinare. Solo allora i "medici" del 
carcere di Padova, si decidono a portare Graziano in ospedale. Ospedale dove 
si scopre che Graziano ha un tumore ai polmoni e alla spina dorsale. Giovedì 
14 ottobre, verso mezzanotte, Graziano muore.

Questo, a grandi tratti, è il collasso dei sistema detentivo. Un collasso 
ben noto al Ministro della Giustizia Angelino Alfano. Ministro che però, a 
proposito della situazione carceraria, recentemente ha affermato: "Abbiamo 
seminato bene e continueremo a farlo". Parole surreali che sono sfuggite 
alla c.d. politica di opposizione. Parole surreali che, ascoltate invece 
nelle carceri, hanno indotto ilarità in alcuni, mentre in altri hanno fatto 
sorgere una domanda: "di grazia signor Ministro, che cosa continuerete a 
fare?".





http://www.ilpost.it/riccardoarena/2011/05/12/cosa-sono-le-carceri-in-italia/











Il business del Piano carceri






Ci risiamo. La festa della Polizia penitenziaria, che si è tenuta oggi a 
Roma, è stata l'ennesima occasione per rilanciare il famigerato Piano 
carceri. Tradotto: centinaia di milioni di euro buttati. Uno spot e una 
torta da spartire.

Franco Ionta, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e 
Commissario straordinario per il piano carceri, ha solennemente affermato: 
"Le difficoltà del sistema penitenziario non possono certo dirsi superate, 
ma abbiamo delineato e avviato il progetto per superare l'emergenza e 
ragionare in termini di stabilizzazione del sistema". Ah si? Che bella 
notizia! Peccato poi che Ionta ha spiegato che per "stabilizzazione del 
sistema" intendeva il Piano carceri. Ovvero "la realizzazione di 11 nuovi 
istituti penitenziari e di 20 padiglioni in carceri già esistenti, per 
garantire 9.510 nuovi posti". Costo? Solo 600 milioni di euro. Una vera 
occasione. Una torta da spartire appunto. La ghiotta torta della 
costruzioni.

Una sparizione che è anche inutile a risolvere il gravissimo problema delle 
sovraffollate carceri italiane. Basti pensare allo scopo del "Piano 
carceri". La realizzazione di 9.510 posti in più. Uno scopo che non 
riuscirebbe a soddisfare neanche il fabbisogno odierno delle nostre carceri. 
Carceri dove infatti vivono più di 67 mila detenuti, a fronte di soli 43 
mila posti. Cosa risolvono 9.500 posti in più? Nulla appunto. Ma non solo. 
Da un'inchiesta fatta da Radiocarcere su Radio Radicale si è scoperto un 
fatto davvero curioso. Alcuni di questi nuovi padiglioni sono stati già 
realizzati, ma sono vuoti e inutilizzati a causa della mancanza di 
personale. Ne abbiamo contati circa 2.000 di posti detentivi nuovi ed 
inutilizzati.

Qualche esempio: il nuovo padiglione del carcere di Cuneo, che potrebbe 
contenere 400 detenuti, vuoto. Il nuovo padiglione costruito nel carcere di 
Velletri, che potrebbe contenere 200 detenuti, vuoto. Il nuovo carcere di 
Rieti, semivuoto. Il nuovo padiglione costruito nel carcere di Nuoro, vuoto. 
Il nuovo padiglione costruito nel carcere di Avellino, che potrebbe 
contenere 230, vuoto. Il nuovo carcere di Gela, di 90 posti, il nuovo 
reparto di Enna, per 150 detenuti e il nuovo reparto dell'Opg di Barcellona 
Pozzo di Gotto. Vuoti. Questi solo alcuni esempi. Totale nazionale: più di 
2.000 posti detentivi nuovi, ma vuoti e inutilizzati. Quanti soldi pubblici 
sono stati spesi, o meglio, buttati? È un mistero.

Chiaro invece il fenomeno. Costruiscono, spendono soldi pubblici, ma poi 
lasciano vuote le nuove strutture. Sono pazzi? No. Sono interessati alla 
torta da spartire. Soldi. Soldi. Soldi. La verità è che per risolvere la 
vergognosa situazione penitenziaria occorre ripensare l'intero sistema con 
un approccio innovativo. Altro che piano carceri! E occorre farlo in modo 
disinteressato. Vendere le ottocentesche galere, che sono tante e hanno un 
grande valore sul mercato immobiliare, per realizzare nuove e diverse 
strutture a seconda della loro finalità e della tipologia del condannato. 
Allo stesso tempo, riscrivere il sistema delle pene, come più volte invocato 
dal presidente Napolitano, al fine di introdurre sanzioni differenti dal 
carcere, magari eseguibili in primo grado. Ma c'è un problema. Anzi due. 
Sono riforme che costano meno, farebbero buttare meno soldi pubblici, e ci 
guadagnerebbe solo il bene comune. E questo evidentemente è un problema.





http://www.ilpost.it/riccardoarena/2011/05/13/business-piano-carceri/









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