[Redditolavoro] La caccia contro i "Rom": un modello di guerra contro i poveri

clochard spartacok at alice.it
Wed Sep 1 18:34:58 CEST 2010


Ripropongo questo stimolante manifesto murale che testimonia una lucida osservazione delle dinamiche sociali postfordiste e un'infaticabile militanza.

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----- Original Message ----- 
From: circ.pro.g.landonio at tiscali.it 


CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA GIANCARLO LANDONIO 


VIA STOPPANI,15 -21052 BUSTO ARSIZIO –VA- 


(Quart. Sant’Anna dietro la piazza principale) 


e-mail: circ.pro.g.landonio at tiscali.it



----------------------------manifesto affisso in buon numero nel 2007 in provincia di Varese





                   SUPPLEMENTO  giorn. murale del 1/6/2007 (Formato PDF)







La caccia contro i "Rom": un modello di guerra contro i poveri



Sindaci, padroncini, razzisti cavalcano il "delirio di sicurezza" per assecondare i propri affari ricattando zingari, immigrati, omosessuali.

I "patti per la sicurezza" e i "test anti-droga": congegni di ricatto del "militarismo totalitario".

La "democrazia finanziaria": una dittatura usuraia ultra-fascista.

Abbasso il razzismo, l'omofobia, il familismo!

Pieno sostegno ai "Rom", agli immigrati, agli omosessuali!

Creare la più vasta alleanza tra immigrati e lavoratori locali per difendere la dignità e gli interessi sociali di occupati e disoccupati.



 I pestaggi, le spedizioni punitive, gli incendi di baraccamenti, gli sgomberi, le deportazioni, in sintesi gli squallidi atti di ferocia, messi in atto, contro barboni omosessuali rom immigrati ecc., da "gruppi di neofascisti" "ronde armate" "comitati spontanei di cittadini" e in genere dalle nuove forme di squadrismo razzista, da sindaci e assessori, non sono fatti sporadici o isolati, sono l'espressione di una guerra reazionaria, populista, contro i poveri. L'espressione di una guerra forcaiola che si allarga con l'approfondirsi della crisi. 



Questa spinta, in apparenza spontanea, riceve i più diffusi stimoli dai canali istituzionali. Ed è opportuno farne cenno nell'analisi della sua radice. 

I primi fomentatori di pogrom contro nomadi immigrati, omosessuali e, in genere, contro oppressi e discriminati, sono i grossi mezzi di comunicazione. Giornali e TV sfornano, a getto continuo, modulato secondo la contingenza, notizie allarmistiche e di cronaca nera, in cui i protagonisti negativi e/o feroci vengono individuati, a torto o a ragione, negli immigrati e in particolare, per i furti, nei Rom. Gli immigrati, prime vittime della violenza metropolitana (negriera, padronale, immobiliare, speculativa, sessuale, culturale, ecc., ecc.), vengono identificati con la causa del malessere urbano e sociale. La figura dello straniero, del diverso, viene additata come bersaglio, come capro espiatorio. In breve i mezzi di comunicazione alimentano la paura che il nemico è lo straniero, il diverso; e mistificano il razzismo presentandolo come se fosse una semplice reazione al colore della pelle o alla marginalità sociale e non invece un attacco populista contro le prime file del proletariato, contro le file più sfruttate e ricattate, come sono appunto gli immigrati.

Il secondo canale istituzionale, che alimenta e legittima il clima cannibalistico e ultrapunitivo, è costituito dalla magistratura. La macchina giudiziaria persegue quotidianamente migliaia e migliaia di zingari, di extracomunitari, di immigrati comunitari, fermati di giorno e rastrellati di notte per mancanza di documenti, per piccoli reati o per presunti reati. Nelle aule di Tribunale i giudici monocratici convalidano fermi e arresti, lasciando in carcere i malcapitati; giudicano per direttissima, condannando senza le prove necessarie; infliggono pene elevate per formali o modeste trasgressioni. Coprendosi con la toga, essi legittimano l'operato della polizia; e sanzionano le file più bisognose e più ricattate degli immigrati. In breve, imprimono, sul piano giuridico, legalità al furore razzista del populismo.

 La radice della spinta allo "sbranamento sociale"

 La caccia ai Rom, alimentata dal pregiudizio popolare creato ad arte che gli zingari ammazzano, stuprano rubano rapiscono bambini, non scaturisce né dipende affatto da questo pregiudizio. Peraltro va detto a difesa dei Rom che le comunità romanes, presenti in Italia con 120.000 persone circa, svolgono mestieri artigianali o il piccolo commercio e non sono nomadi per cultura ma perché oggetto di persecuzioni storiche (non si dimentichi quella nazi-fascista). La caccia ai Rom non dipende neppure dal senso di insicurezza e di paura che attanaglierebbe la gente nei quartieri popolari e nelle periferie urbane a causa della concentrazione in queste aree di immigrati e di Rom, né dalla fantasia lugubre che la globalizzazione avrebbe trasformato le metropoli in agglomerati di sconosciuti senza idee e senza valori, spingendo gli uni contro gli altri. Non c'è un rapporto diretto di causa ed effetto tra caccia ai Rom, immigrazione e degrado delle periferie. Il fenomeno migratorio è tipico del modo di produzione capitalistico e specifico di ogni suo stadio di sviluppo; e ad emigrare sono sempre i lavoratori in soprannumero delle regioni arretrate dello stesso paese, dei paesi satelliti, di ogni altra regione del mondo, a seconda delle esigenze del mercato di attrazione. Nei periodi di espansione la forza lavoro immigrata è trascinata, con qualche frizione marginale, da quella metropolitana, beneficiando di salari e alloggi accettabili. Nei periodi di stagnazione e di crisi essa diviene un mezzo di concorrenza micidiale nelle mani del padronato per abbassare i salari e flessibilizzare il lavoro. Nella fase attuale di competizione estrema tra sistemi economici su scala mondiale, il nostro ha trasformato la manodopera immigrata - extracomunitaria e comunitaria (in particolare quella proveniente dai paesi dell'Est) - in un'arma di dumping sociale per ridurre spaventosamente i salari, aumentare l'orario e abbassare le condizioni di vita. Perciò il fenomeno migratorio non genera insicurezza o paura; provoca principalmente attriti e concorrenza. 

Per quanto riguarda il degrado urbano dei quartieri popolari, questo dipende dal mancato risanamento edilizio e dalla mancata manutenzione da parte dei Comuni, e viene accentuato dal basso livello del salario. La manodopera immigrata, che crea indistintamente ricchezza per chi la usa, non può accedere nella stragrande maggioranza neanche ad un alloggio decente per l'esosità dei canoni e delle garanzie richieste. È costretta a costiparsi in stanze malsane arricchendo piccoli e medi proprietari, a occupare case sfitte, a tentare l'acquisto di case fatiscenti con rate mutuo che non potrà pagare mai, o a dormire sotto i ponti; andando, in ogni caso, ad affollare i quartieri popolari e le periferie urbane. I Rom, in particolare, sono costretti ad alloggiare in roulotte o in baracche, in anfratti o boschetti, in campi o favelas, insomma in luoghi e condizioni ripugnanti, che indicano in quale stato bestiale di segregazione razziale i nostri amministratori locali mantengono questa popolazione. Quindi, se nelle grandi città cresce il degrado dei quartieri popolari, mentre diverse zone di periferia si trasformano in discariche umane, la colpa, la responsabilità di questa situazione, non ricade sugli immigrati o sui Rom, ricade sul supersfruttamento padronale, sulla rapina operata dalla rendita immobiliare, sullo strozzinaggio delle banche e dei parassiti, nonché sul ruolo di complemento giuocato da tutte le amministrazioni locali. In altri termini questa situazione è l'espressione e il risultato del carattere belluino e usuraio dei rapporti di classe attuali.

Infine, questa spinta allo sbranamento non va confusa col malessere sociale che squassa quartieri popolari, città e l'intero paese. È un fenomeno socialmente più limitato. È il portato di una reazione popolare al degrado sociale e all'invivibilità urbana, che si incarna in una voglia bestiale di sopraffazione ai danni degli elementi più deboli della società. La caccia ai Rom, agli immigrati, agli omosessuali esprime il proposito insensato e sanguinario di alcuni strati di piccola e media borghesia, nonché di alcune fasce impiegatizie e operaie, di rifarsi sulla pelle dei gruppi e dei soggetti più oppressi e discriminati. Dunque questa spinta sbranatrice ha la sua radice e la sua forza populista in una folle mania populista di rivalsa sui più poveri.

 I sindaci cavalcano il razzismo e l'omofobia

 La caccia ai Rom, finora messa in atto da neofascisti leghisti "comitati spontanei di cittadini" (che si armano di catene, bastoni e attrezzi vari, e cui si mischiano diversi ragazzi di quartiere per distribuire bastonate), è nello stadio iniziale soltanto; delinea i segni embrionali di un modello di guerra populista contro i poveri. Ma questa caccia agli zingari non è isolata; riceve appoggi e consensi da un numero crescente di amministrazioni locali. Un tempo era impegno ufficiale, per ogni amministrazione di un grosso centro urbano e di ogni città, provvedere alla riqualificazione delle periferie, alla sistemazione dei quartieri degradati, alla programmazione di alloggi per i senza tetto. Ora si parla solo di sgomberi e deportazioni. Negli ultimi anni (in particolare dal 2001 con l'ascesa dei prezzi delle case) le città si sono trasformate, per l'aspetto che qui interessa, in miriadi di cantieri della speculazione edilizia e immobiliare. La privatizzazione degli spazi e delle funzioni urbane (abitative, economiche, circolatorie, ecc.) ha travolto ogni limite pubblico e ha fatto del bene casa (e/o alloggio) la merce più cara, più speculata e più inaccessibile, generando ammassamenti, esodi, nuovi indebitamenti di massa, conflitti tra proprietari e inquilini, tra proprietari e immigrati. Alcune amministrazioni hanno fatto da battistrada alla nuova ondata speculativa. Altre l'hanno permessa o subita. Di fatto il territorio urbano è diventato un monopolio di banche immobiliari e di speculatori. Nei quartieri popolari e nelle periferie la tensione abitativa ha raggiunto l'incontenibilità ed esplode in mille episodi di guerra civile. Milano e Roma sono uno spaccato di questa situazione. E in questa situazione sindaci ed assessori si sono trasformati in un reparto di semi-poliziotti. Dire, a proposito dei sindaci, che essi fanno leva sugli istinti più bassi e che alimentano paure irrazionali per biechi motivi elettorali, non è sbagliato ma superficiale. Tutti i sindaci, salvo qualche eccezione, si muovono per propri interessi personali; ma essi possono perseguire i propri interessi, in questa fase, solo operando come agenti di piani reazionari e razzisti. Ciò che era beceraggine o arroganza a Treviso, Verona o in altre città ora è prassi istituzionale dal Nord al Sud. Quindi la caccia ai Rom è l'indice di una guerra populista contro le prime file del proletariato; il preludio di un più vasto repulisti delle città da immigrati, disoccupati, giovani, meridionali, lavoratori impoveriti ecc., che evoca lo spettro della pulizia etnica di tipo balcanico.

 Contro ogni forma di squadrismo populista o reazionario per l'armamento proletario

 Possiamo ora trarre le nostre conclusioni operative e le traiamo premettendo tre avvertenze. Prima. Bisogna respingere ogni legame tra la manipolata insicurezza e gli immigrati nonché la balla che il cosiddetto crescente sentimento di insicurezza abbia a che fare coi Rom. I giovani operai, gli studenti, i lavoratori, non debbono farsi trascinare dai mestatori neofascisti, leghisti, razzisti di vario tipo e colore, tutti a servizio o al soldo del padronato, della finanza, degli speculatori. Seconda. Non prestare orecchio al piagnucolio di quanti lamentano, in segno di solidarietà, che sui Rom si scarica l'egoismo e la solitudine delle città inospitali; perché questo piagnucolio svisa la natura di classe del fenomeno, ovvero che la caccia ai Rom (o agli immigrati, agli omosessuali, ecc.) è l'attacco alla prima linea del proletariato. E, d'altra parte, la solidarietà umana è morta in quanto l'uomo dell'odierno capitalismo finanziario-parassitario è stato mercificato e disumanizzato; e l'unica solidarietà possibile è la solidarietà di classe, la solidarietà tra lavoratori contro padroni e speculatori. Terza. Bisogna rendersi conto che ciò che oggi crea insicurezza, paura e stati d'animo simili nella gente è la precarietà esistenziale, l'incertezza di vita, la spietata violenza dell'uomo sull'uomo, ecc.; tutti fenomeni propri di una civiltà in decadenza. Per cui il rimedio non sta nell'usare le maniere forti contro i criminali, ma nello svuotare il serbatoio del crimine. Di conseguenza al rogo bisogna mandarci non i Rom ma chi sfrutta l'insicurezza generata dalla società usuraia per dare la caccia allo zingaro e chiedere più polizia. Con queste avvertenze articoliamo le seguenti indicazioni che poniamo all'attenzione, in particolare, delle avanguardie proletarie e delle forze attive giovanili.

1) Organizzarsi dal basso nei quartieri popolari per respingere le mene razziste e ordiniste dello squadrismo neofascista delle ronde leghiste, dei comitati cittadini e di qualsiasi altra forma di legalismo populista.

2) Opporsi alle deportazioni e alla segregazione di Rom e di immigrati, esigendo dalle amministrazioni comunali l'assegnazione di idonei alloggi e/o di sistemazioni abitative.

3) Promuovere l'unità tra lavoratori italiani e immigrati, per tutelare i bisogni collettivi e gli interessi di classe di tutti i lavoratori e combattere contro il padronato e la macchina statale. Respingere le crociate criminalizzatrici contro gli immigrati. Aiutare gli immigrati a darsi una organizzazione classista che superi le diversità di razza, lingua e religione, e che assuma come interesse proprio quello comune di tutti i lavoratori immigrati.

4) Il legalismo populista si compatta e si sottomette al militarismo totalitario, cioè alla macchina di prevenzione-controllo-repressione massima costruita contro le masse dal comando capitalistico. Dunque combattere questa macchina repressiva.





Giugno 2007 


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