[Redditolavoro] Inferno Eureco è morto l'operaio ricoverato a Torino

cobas dalmine cobasdalmine at infinito.it
Sun Nov 21 13:30:21 CET 2010


Il Giorno - Sesto Cinisello - Inferno Eureco: è morto l'operaio ricoverato a Torino
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da il giorno -sesto cinisello
Inferno Eureco: è morto
l'operaio ricoverato a Torino
A una settimana dalla morte di Sergio Scapolan, si è spento anche Harun Zeqiri, ricoverato al Centro grandi ustionati di Torino dopo 16 giorni di agonia. L'Albania piange la sua prima vittima

Paderno Dugnano, 21 novembre 2010 - È trascorsa solo una settimana dalla morte di Sergio Scapolan, la prima vittima del rogo all’Eureco del 4 novembre. E la ferita si è aperta nuovamente. Scapolan se ne era andato a Genova nella notte tra venerdì e sabato. Ieri, verso l’una, come in un triste copione, le campane hanno suonato ancora a morto. Non ce l’ha fatta Harun Zeqiri, l’operaio di 44 anni di origini albanesi. È spirato nel letto del Centro grandi ustionati di Torino a causa di un arresto cardiocircolatorio dovuto a una situazione clinica già compromessa: le ustioni avevano divorato il 70% del suo corpo.

Harun era partito nel 1992 da Peqin, una piccola città nell’entroterra albanese, per sostenere la sua numerosa famiglia: la moglie, due figlie di 22 e 20 anni, oggi già sposate - aveva accompagnato all’altare la seconda solo due anni fa - e un ragazzo di 18 anni. Da sempre voleva tornare in Albania. Ma nel frattempo aveva avviato le pratiche per il ricongiungimento familiare. «L’aspettava a giorni — racconta il suo collega Ferid Meskha profondamente scosso —. Una settimana prima della tragedia mi aveva chiesto se potevo andare allo sportello per gli stranieri del Comune per avere novità». Da sette anni Harun lavorava a Paderno. «Era una bravissima persona oltre che un ottimo lavoratore — continua il collega —. Andavamo molto d’accordo e abbiamo anche vissuto insieme per cinque mesi».

Poi aveva trovato una casa a Senago insieme a un operaio egiziano, Ali Nabil. Da due anni non faceva ritorno in Albania, aspettava con ansia quella carta per poter riabbracciare i suoi cari. Un sogno che ieri si è infranto. «Dovevamo vederci a Natale, poi io dovevo venire qui in Italia, dovevamo stare insieme», piange la moglie, Majlinda, parla in albanese, i cugini traducono per lei, non la lasciano sola un attimo. Dopo l'incendio Majlinda aveva fatto di tutto per raggiungerlo, stava aspettando il visto. Nel pomeriggio è riuscita a prendere il primo aereo per Malpensa.

Il sindaco Franca Rossetti si è subito messa a disposizione della famiglia. Increduli i colleghi. «Eravamo preoccupati perché due anni fa era stato colpito da un infarto, si era salvato per miracolo — ricordano —. Sapevamo che Harun era un uomo forte, pieno di vita, speravamo ma pensavamo sempre al suo cuore». Harun era uscito con le sue gambe dal rogo. I suoi compagni non riescono a cancellare le immagini del suo corpo avvolto dalle fiamme. Poi la corsa in elicottero all’ospedale torinese dove è stato mantenuto per sedici giorni in coma farmacologico e dove è stato sottoposto ad alcuni interventi di escarectomia. I medici hanno fatto di tutto. In lacrime anche il nipote, Adrian Zeqiri, che oltretutto era il suo titolare, proprietario della Tnl, la società che forniva forza lavoro all’Eureco.

«Non riesco a parlare e darmi pace — risponde sotto choc, prima di raggiungere la vedova Zeqiri in aeroporto per starle accanto —. I medici mi hanno appena avvisato. Sono distrutto». I parenti si stanno dando da fare in queste ore per consentire ad Harun di avere l’estrema sepoltura nella sua terra natale. Fuori dall’abitazione di Harun, in via Marconi 40, solo silenzio. Le persiane chiuse. Rimane solo uno stendino, fradicio di pioggia, abbandonato da quel tragico 4 novembre.

di Simona Ballatore
























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