[Redditolavoro] Sui DIRITTI nel LAVORO

Simona Pelagatti trusda at libero.it
Sat May 15 17:00:34 CEST 2010


Vi invio un bellissimo documento sui diritti nel lavoro.
Buona lettura.
Saluti libertari.
Simona da Pescara.


IL COLLEGATO LAVORO E I DIRITTI DEI LAVORATORI
Il Parlamento sta approvando un disegno di legge che farebbe tornare indietro di 60 anni le leggi di tutela dei
diritti dei lavoratori. Gli aspetti più devastanti sono:
. la possibilità (o l'obbligo a seconda di quanto deciderà in via definitiva il Parlamento) di una rinuncia
preventiva a rivolgersi al giudice nelle controversie col datore di lavoro e l'impegno ad accettare la
decisione di arbitri privati;
. la possibilità per gli arbitri di decidere secondo equità, disapplicando le norme di legge ed i contratti
collettivi di lavoro;
. l'obbligo del lavoratore di pagare un compenso anticipato agli arbitri (il processo del lavoro è gratuito)
. la possibilità per i "contratti individuali certificati" (anche dai consulenti del lavoro che stabilmente
collaborano con i datori di lavoro) di derogare alla legge ed ai contratti collettivi, aprendo lo spazio
alla contrattazione privata in deroga a quella collettiva;
. la possibilità dei contratti individuali certificati di individuare ulteriori cause di licenziamento oltre
quelle stabilite dai contratti collettivi;
. la retroattività dell'effetto vincolante per il giudice delle certificazioni rispetto anche ai contratti in corso;
. il divieto del giudice di sindacare le valutazioni tecniche organizzative e produttive dei datori di lavoro
(e quindi di entrare nel merito delle ragioni dei licenziamenti, dei trasferimenti, dei contratti a termine);
. l'impossibilita' di impugnare tutti i contratti precari esistenti, trascorsi due mesi dall'entrata in vigore
. il termine di due mesi per impugnare il licenziamento orale (ad oggi non esiste un termine anche perché
è impossibile al lavoratore provare quando è stato licenziato "a voce");
. il termine di due mesi per impugnare un trasferimento o un contratto a termine illegittimo (oggi non
c'è alcun termine);
. un termine di sei mesi per iniziare la causa (oggi non c'è alcune termine);
. la riduzione del risarcimento per i contratti a termine illegittimi da due a dodici mensilità mentre oggi
non vi è alcun limite al risarcimento danni a favore del lavoratore.
Questo ddl - che rispolvera una concezione ottocentesca della contrattazione, quando ogni lavoratore era solo
davanti al padrone - ha il consenso dei sindacati concertativi (CISL, UIL, UGL, CISAL) e vede solo una
tiepida opposizione della CGIL che ha lanciato l'allarme solamente all'ultimo momento, dopo avere taciuto
durante il percorso parlamentare durato quasi 2 anni!
D'altro canto, il PD ha presentato una proposta di legge (del tutto in linea con la politica "riformatrice" del
governo), che prevede che nei primi tre anni dall'assunzione tutti i lavoratori, possano essere licenziati senza
alcuna giustificazione con un risarcimento danni risibile ed una liberalizzazione di tutti i contratti a termine
con retribuzione annua di oltre 25 mila euro.
E il salario orario minimo sarebbe stabilito con decreto presidenziale su proposta del governo!
Nessuno di quelli che hanno accesso ai mezzi d'informazione ha fatto nulla per informare i lavoratori. Forse
perché questo provvedimento si pone in continuità con le leggi e gli accordi sindacali concertativi che, a
partire dal 1993, hanno favorito il dilagare della precarietà del lavoro?
Al momento, il Presidente Napolitano si è rifiutato di firmare la legge e ha chiesto alle Camere alcune
modifiche. Quindi, per ora, quel disegno di legge è provvisoriamente bloccato ma nessuno lavora per
costruire la mobilitazione dei lavoratori!
Questa vicenda é una manifestazione di una "democrazia" sempre più manipolata (e autoritaria quanto
basta), con un'opposizione che non si oppone ed è portatrice di pesanti responsabilità riguardo al progressivo
affermarsi della cultura della destra.
Tutto questo nel quadro strutturale del capitalismo globalizzato, della finanziarizzazione dell'economia, della
delocalizzazione del lavoro, della privatizzazione di tutto ciò che può produrre profitti.
La UE incarna l'ufficializzazione del neoliberismo come ideologia comune europea. Non è un caso che le
politiche del liberismo si affermino in modo crescente, in particolare in Italia, dal 1992, l'anno del Trattato di
Maastricht. Esso "impone" ai ben consenzienti governi nazionali solo parametri monetari e relativi al
bilancio dello stato, senza alcun riferimento a parametri di tipo sociale o all'occupazione. La politica
economica è dettata dalla Banca Centrale Europea, che non ha mai nascosto di privilegiare gli interessi della
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rendita finanziaria e ha sempre imposto tassi d'interesse altissimi per attirare capitali e rafforzare l'euro
rispetto al dollaro. Anche se ciò danneggia le esportazioni e quindi la produzione e l'occupazione nella UE!
Nonostante la grave crisi economica mondiale dimostri proprio il fallimento di quelle politiche e l'attacco
della speculazione finanziaria internazionale alla Grecia (in preda ad una crisi economico-finanziaria
profondissima) faccia cadere anche il mito della UE come ombrello protettivo degli Stati membri, nessuno
azzarda qualche autocritica per i mal riposti entusiasmi.
Questo quadro d'insieme e l'esperienza quotidiana possono far pensare che la normalità in materia di diritti,
di salari e di pensioni sia quella di subirne la riduzione, contemporaneamente e inesorabilmente. Come un
fatto naturale e ineludibile.
Ma non è così e ce n'è testimonianza nella nostra storia recente. Trent'anni non sono, in assoluto, tantissimi,
anche se sembrano secoli. Eppure alla fine del ciclo di lotte dal '62 al '75, salari e diritti erano fortemente
cresciuti, l'orario di lavoro era stato ridotto ed era stato introdotto un sistema previdenziale che garantiva
pensioni dignitose. Il tutto come risultato dell'onda alta del movimento operaio di quegli anni. Naturalmente,
non é sostenibile che quella fase sia ripetibile con le stesse modalità. Tutto è anche strutturalmente cambiato,
a partire dall'organizzazione del lavoro. Ma nulla, neppure l'attuale evidente sconfitta deve essere vissuto
come definitivo e irreversibile!!!
L'affermarsi del pensiero unico del Mercato, assunto come unica ideologia autorizzata ad esistere, (visto che
anche i soggetti politici e sindacali che hanno detenuto il quasi monopolio della rappresentanza dei
lavoratori, ormai da decenni hanno accettato e condividono i principali cardini della teoria liberista,
applicando nel migliore dei casi la teoria del contenimento del danno) ne ha cancellato persino la memoria
storica, proprio perché essa costituisce un pericolo per il potere.
Ma ripercorriamo sinteticamente la parabola dei diritti dei lavoratori dagli anni '50 ad oggi.
Le imprese potevano scegliere liberamente se assumere i lavoratori con contratto a termine o con contratto a
tempo indeterminato e potevano licenziare anche i lavoratori assunti a tempo indeterminato senza dover
addurre nessuna motivazione, con un breve preavviso o la corresponsione di una piccola indennità di
Le tre leggi fondamentali per la tutela dei diritti dei lavoratori
L.230/1962 sul contratto a tempo determinato (ne limita l'applicazione a cinque casi ben precisi: lavori
stagionali, straordinari, nello spettacolo, in sostituzione di lavoratrice in maternità o lavoratore in malattia);
L.604/1966, detta "sulla giusta causa" (subordina il licenziamento al sussistere di una giusta causa o di un
giustificato motivo, nelle imprese con più di 35 dipendenti); L.300/1970 lo "Statuto dei lavoratori": oltre a
"far entrare la Costituzione nei posti di lavoro", col diritto al reintegro in caso di licenziamento illegittimo
rende "reale" la tutela dei lavoratori, nelle imprese con più di 15 dipendenti: l'art.18.
Nel 1978 viene parzialmente estesa per la prima volta la possibilità di stipulare contratti a termine per i
giovani (legge cd. "sull'occupazione giovanile", sostenuta in prima persona dall'allora segretario CGIL
Luciano Lama). Nel 1984 vengono introdotti i "contratti di formazione - lavoro" che estendono
sensibilmente questa possibilità.
Negli anni '90 la flessibilità viene assunta dai sindacati confederali come un elemento che favorisce
l'occupazione e, a seguito della politica concertativa, viene inserita negli accordi governo - sindacati -
confindustria del 1993 (quello della "politica dei redditi"), che per la prima volta afferma la "necessità"
dell'introduzione del lavoro interinale e del 1996 ("patto per il lavoro"). Quest'ultimo si traduce, nell'ambito
della politica di concertazione, nel "pacchetto Treu" (L.196/1997), che introduce, tra l'altro, il lavoro
interinale, sia pure con una serie di paletti che ne impedirono il decollo nel '98. I sindacati concertativi,
quindi, nel 1999, fecero pressione sul governo D'Alema (certo ben disposto!) affinché il lavoro interinale
fosse esteso ai settori lavorativi per i quali era escluso (agricoltura ed edilizia) ed ai lavoratori dal 2° livello.
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Poi, col governo Berlusconi, il diluvio
D.lgs.n.368/2001 sul contratto a termine (abroga la L. 230/62, eliminandone la limitazione a specifiche e
precise tipologie di lavoro e permettendo al datore di lavoro di ricorrervi per "ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo").
D.lgs.n.66/2003 sull'orario di lavoro ( si rende possibile una giornata lavorativa anche di 13 ore, si eliminano
tutte le garanzie relative al lavoro notturno per minori, donne ed inabili al lavoro. Il part-time può avere ogni
giorno durata diversa. Ciò flessibilizza la gestione del tempo di lavoro, sottraendola al controllo del
lavoratore e dei sindacati.!).
D.lgs. n. 276/2003, attuativo della L.30 sul mercato del lavoro (che, da un lato, mette a disposizione delle
imprese una quarantina di tipologie contrattuali e, dall'altro, introduce l'istituto della certificazione del
Queste leggi sembravano travolgere qualsiasi parvenza di diritto per i lavoratori. ma il Collegato lavoro
dimostra che quello non era il peggio possibile! L'obiettivo dichiarato, nel più completo ossequio alla
globalizzazione capitalistica, era (ed è) quello di rendere l'Italia più accogliente possibile per il capitale
finanziario nei suoi flussi internazionali, proponendosi come oasi di flessibilità assoluta ("il paese più
americano", come lo definì allora un raggiante Berlusconi durante un suo pellegrinaggio negli USA).
Il governo di centro-sinistra ribadisce la legislazione della destra
Col "protocollo sul welfare" (poi trasformato in L. 247/2007) il centrosinistra e i sindacati confederali
tornano alla politica concertativa. Il fenomeno sociale più colpito è quello della precarietà. I danni che ne
derivano ai precari sono così sintetizzabili:
- si lascia inalterata la loro condizione giuridica (che resta sottoposta alla L. 30, nel 2003 attaccata dalla
CGIL come una delle maggiori nefandezze di Berlusconi)
- si peggiora la condizione strutturale dei precari nel mercato del lavoro, da un lato aumentando l'età
pensionabile e dall'altro incentivando il ricorso delle imprese agli straordinari. Diminuiranno le
occasioni di lavoro
- si aumentano i contributi sociali dei più precari tra i precari (co.co.pro e co.co.co)
- si diminuiscono ulteriormente le pensioni future, diminuendo i coefficienti di trasformazione.
Con l'assoluto silenzio sui D.lgs. su contratto a termine ed orario di lavoro (a suo tempo non condivisi dalla
CGIL) il centrosinistra e la CGIL fanno sostanzialmente propria l'intera legislazione della destra!
La destra continua la sua opera con l'approvazione del cd Collegato lavoro alla finanziaria 2009, poi
Come è facile constatare, l'andamento dei diritti dei lavoratori segnala con precisione lo stato dei rapporti di
forza tra capitale e lavoro.
Abbiamo già ricordato, che nel periodo ascendente (anni '60-'70) le lotte dei lavoratori ottennero, attraverso
i rinnovi contrattuali, anche sensibili aumenti del salario reale e la riduzione dell'orario di lavoro, mentre a
partire dalla seconda metà degli anni '70 iniziarono gli attacchi alla scala mobile ed al salario, che si
velocizzarono negli anni '80, ed in particolare negli anni '90. Così come non è un caso che la riforma delle
pensioni che introduceva un sistema pensionistico a ripartizione e con sistema di calcolo retributivo (appunto
ciò che viene smantellato nel 1995 da Dini e da reiterati attacchi legislativi) venga varata nel 1969!
Con la possibilità di stipulare contratti individuali di lavoro di contenuto difforme rispetto alla legge ed ai
CCNL si tornerebbe sostanzialmente alla situazione precedente gli anni '60, prima dell'affermarsi di un
Diritto del lavoro autonomo dalle esigenze delle imprese. Quando i diritti dei lavoratori erano regolati
principalmente dal Libro V del Codice Civile del 1942, lo stesso che costituiva la fonte principale del Diritto
commerciale. Esso era il Diritto delle imprese e, solo in quanto tale, regolava anche i rapporti di lavoro.
E, ripercorrendo la parabola dei diritti dei lavoratori, siamo tornati all'attuale contesto, nel quale si assiste già
ad un altro attacco, sferrato, ancora una volta, nel silenzio generale.
Al momento ben tre ddl si stanno contendendo in Parlamento una nuova limitazione al diritto di sciopero,
dopo quella introdotta dalla L. 146/1990 (modificata dalla L. 83/2000)!!!
Il 14 aprile 2010 è iniziata la discussione congiunta del ddl n. 1473 (presentato dal governo) "Delega al
governo per la regolamentazione e prevenzione dei conflitti collettivi di lavoro con riferimento alla libera
circolazione delle persone" e del ddl n. 1409 (presentato da Ichino ed altri senatori) "Disposizioni per la
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regolazione del conflitto sindacale nel settore dei pubblici trasporti", presso la commissione affari
costituzionali e la commissione lavoro del senato.
Il sen. Giuliano (PDL) nella relazione in commissione lavoro ha affermato la necessità
"dell'accertamento da parte dell'opinione pubblica della giustezza delle rivendicazioni degli stessi
lavoratori". Durante la seduta, il sen. Ichino (PD) ha avanzato la richiesta di assegnare congiuntamente
alle stesse commissioni l'esame del ddl n. 1170 "Disposizioni in materia di sciopero virtuale" (sempre
Il disegno di legge delega del governo (messo a punto da Sacconi) è stato approvato in CDM il 27
febbraio del 2009 e punta a una stretta fissando una serie di paletti ai conflitti. Le nuove regole
prevedono, per i conflitti che riguardano "la libera circolazione delle persone", che i sindacati per poter
proclamare uno sciopero abbiano una soglia del 50% di rappresentatività, mentre le sigle che hanno il
20% sono tenute a indire un referendum preventivo, e poi a ottenere almeno il 30% dei consensi allo stop
tra i lavoratori per poter scendere in piazza. Viene anche previsto un giro di vite contro le proteste
"selvagge" (con multe sino a 5 mila euro), i blocchi della circolazione ed i fermi dei tir. Ma le novità non
finiscono qua. Arrivano infatti anche l'adesione preventiva individuale e lo sciopero virtuale (che potrà
essere obbligatorio se il servizio è necessario) che saranno disciplinati per via contrattuale. Per quanto
riguarda lo sciopero virtuale, spiega Ichino, «noi lo proponiamo come possibilità aggiuntiva rispetto allo
sciopero tradizionale, attivabile nel quadro di un accordo collettivo preventivo, che definisca la quota
dell'esborso orario a carico delle imprese per ciascuno lavoratore aderente all'iniziativa»."
Infine, Marchionne, presentando il piano di ristrutturazione Fiat, ha posto questo ricatto: il successo del suo
piano industriale (peraltro pieno di incognite per i lavoratori) è legato alla flessibilità della forza lavoro e dei
dirigenti. «e' un elemento indispensabile - ha sottolineato - perché gli stabilimenti possono funzionare solo
se lavorano a piena capacità». Di conseguenza si rende necessario «ridefinire gli accordi con i sindacati,
perché quelli in vigore non sono più adeguati alla realtà attuale». Promette, a questa condizione, che gli
impianti italiani della Fiat nel 2014 produrranno 1,4 milioni di vetture anziché 900mila. E agli analisti che gli
chiedevano se, a suo parere, sindacati e governo avrebbero condiviso il piano per l'Italia, il supermanager ha
ammonito minaccioso che «è già pronto un piano b, e vi assicuro che non è un piano molto bello».
In compenso ha ribadito la necessità di un sostegno alla produzione attraverso nuovi incentivi, cioè
finanziamenti pagati, attraverso le imposte, quasi totalmente dai lavoratori!
Insomma i lavoratori dovrebbero finanziare un piano che prevede un'ulteriore precarizzazione del lavoro!
Si tratta dell'eterna visione asimmetrica del cosiddetto libero mercato: da un lato si richiede il rispetto delle
sue "leggi" (lavoro flessibile), ma dall'altro si chiede di poterle violare, chiedendo finanziamenti pubblici!



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