[Redditolavoro] Ronchi e Tremonti contro i referendum per l'acqua pubblica
Partito Comunista dei Lavoratori
pclavoratoribologna at gmail.com
Tue Jul 27 15:58:22 CEST 2010
Approvato il regolamento per la privatizzazione dei servizi pubblici
locali (24 Luglio 2010)
Dopo il successo straordinario nella raccolta delle adesioni il
movimento referendario è in una posizione di forza per rispondere.
Nessuna concessione alla logica dell'avversario. La battaglia
dell'acqua è una grande occasione per una battaglia culturale per la
coscienza della gente
Il governo non si ferma. Approva il regolamento per la privatizzazione
dei servizi pubblici locali (servizi idrici compresi) che fissa i modi
di applicazione del famigerato decreto Ronchi. E non perde l'occasione
per attaccare frontalmente i referendum per l'acqua pubblica accusando
i promotori di falso. Se ne sono incaricati i ministri Ronchi e
Tremonti.
Dunque, a pochi giorni dal deposito delle firme, la campagna contro i
referendum è aperta.
Bene, che se ne parli, molto meglio della congiura del silenzio, del
resto ormai impossibile.
Sta a noi raccogliere la sfida e saper rispondere punto per punto, con
argomenti basati sui fatti. I fatti, non l'ideologia, sono tutti con
chiarezza dalla parte di chi difende l'acqua pubblica.
Proprio questo, d'altra parte, cerchiamo di fare sul blog "red&green"
(http://tbagarolo.blogspot.com) da quando è stato aperto, poco meno di
dodici mesi fa: far comprendere le ragioni dell'acqua pubblica
raccogliendo sistematicamente i fatti che smentiscono la sicumera
liberista e argomentando, a partire dall'esperienza, le ragioni di un
altro approccio.
I fatti, certo.
Ma senza dimenticare di far capire la logica che ci sta dietro. Che
non ha solo a che vedere con il malcostume e l'avidità umana (anche
con questi, naturalmente...). Ha a che fare soprattutto con ben
precisi interessi economici e con il sistema di cui questi sono
l'espressione, ossia con il sistema del capitale.
Dunque rispondere argomentando in concreto a partire dai fatti, ma
senza cedere un millimetro all'imperante retorica che vorrebbe, se non
nel caso dell'acqua, almeno in generale, la superiorità del privato
sul pubblico, il diritto del privato di occuparsi di tutto, salvo
qualche eccezione...
Accettare questa retorica (come in qualche risposta difensiva di
questi giorni: "non siamo contro i privati ma l'acqua è un'altra
cosa...") significa concedere in partenza all'avversario un punto (e
non da poco) a suo favore: se si ammette in generale la preferenza per
il privato, perché allora "escludere i privati" dall'acqua e non
lasciare aperta la porta alla possibilità di scegliere caso per caso?
Proprio no.
Dovremmo argomentare, invece, che in un società civile degna di questo
nome dovrebbe valere semmai il principio opposto. Dovrebbe valere il
principio che in tutti gli ambiti che riguardano i beni comuni e i
diritti, la vita e il futuro di tutti (di cui la questione dell'acqua
è solo il simbolo) tutti dovrebbero controllare e decidere, la forma
della gestione pubblica dovrebbe essere la regola, la gestione privata
dovrebbe essere residuale e permessa solo negli ambiti in cui non sono
in gioco i diritti fondamentali e/o rilevanti interessi sociali.
Oltre all'acqua, non mancano certo esempi di ambiti in cui la logica
della mercificazione e del profitto produce disastri e occorre
rivendicare una (un'altra) gestione pubblica: la sanità, l'istruzione,
l'abitare, il territorio urbano, l'ambiente, la sicurezza sociale, i
rifiuti, l'energia, le reti di comunicazione, il risparmio e il
credito...
Ma oggi è possibile andare anche oltre: è accettabile che il gestore
di uno dei gruppi industriali più importanti del paese, da sempre
privato e da sempre foraggiato dai soldi pubblici, decida dei diritti
e della sorte di migliaia di operai e delle loro famiglie, in base
alle convenienze degli azionisti privati, in base agli indici di
Borsa? Non sarebbe il caso di rivendicare la nazionalizzazione, il
controllo dei lavoratori, e magari un piano di riconversione del
settore alle nuove tecnologie energetiche e ai mezzi per la mobilità
sostenibile?
Dai singoli casi al generale. Non è forse il caso di cominciare a
chiedere conto della più grave crisi economica dagli anni trenta del
XX secolo? Per colpa di chi si chiedono lacrime e sangue per ripianare
le voragini aperte nei conti pubblici dal salvataggio statale dei
banchieri privati? Chi porta la responsabilità della bancarotta
finanziaria, se non gestori privati irresponsabili e strapagati, tutti
comunque ancora al loro posto? Chi ha permesso e permette le truffe
finanziarie e le evasioni fiscali per miliardi di cui sono piene le
cronache degli ultimi anni? Non è la logica della gestione privata che
ha guidato la BP a minacciare di licenziamento gli operai che
mettevano in guardia contro i rischi di incidente nel Golfo del
Messico?
E si potrebbe continuare. Ma ogni tanto è utile sintetizzare tutto
questo in alcune domande "ideologiche": qual è l'economia che ha
distrutto milioni di posti di lavoro e la vita di milioni di famiglie,
perché ha prodotto merci in eccesso che nessuno vuole, mentre restano
insoddisfatti i bisogni essenziali di centinaia di milioni di
famiglie? Qual è il sistema economico che ha portato il mondo
sull'orlo di questa catastrofe?
Credo che siano domande perfettamente legittime nel momento in cui si
va a discutere di gestione pubblica e gestione privata e i nostri
avversari, fuggendo dal terreno dei fatti, che frana sotto i loro
piedi, la "buttano in ideologia". Mai come oggi anche questo terreno è
precario e friabile sotto i loro piedi. Siamo dentro la più grave
crisi capitalistica da ottant'anni a questa parte, tutti i giorni
centinaia di migliaia di persone sono alle prese con i problemi creati
dal sistema della proprietà privata e del profitto. Molti cominciano a
farsi domande e le vecchie risposte che per vent'anni hanno spiegato
che tutto andava per il meglio nel migliore dei mondi possibili (salvo
qualche problema residuo creato da alcuni retrogradi statalisti...)
hanno perso molta della loro capacità di convincimento.
Credo che sia giunto il tempo in cui al ministro Tremonti non debba
più essere consentito di fare tranquillamente l'antiliberista
arrabbiato con i banchieri alla domenica e di continuare a lavorare
per loro tutti gli altri santi giorni della settimana!
In altre parole: la battaglia dell'acqua sarà vinta se non
arretreremo. La battaglia dell'acqua ci fornisce un terreno favorevole
per contrattaccare anche su questioni quali la visione del mondo,
della società, dell'economia. La battaglia dell'acqua è anche una
battaglia culturale per le coscienze della gente. La battaglia
dell'acqua può diventare lo strumento per un'inversione di tendenza,
per una controffensiva che rimetta in modo concreto i temi di fondo di
come dev'essere un'altra società, un'altra economia, un altro potere.
http://tbagarolo.blogspot.com/2010/07/ronchi-e-tremonti-contro-i-referendum.html
Tiziano Bagarolo
(Dir. Naz. PCL)
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Sez. prov. di Bologna
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pcl.bologna at virgilio.it
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