[Redditolavoro] Se a qualcuno interessa ancora la deriva di Casarini & soci e di ESC di Roma

clochard spartacok at alice.it
Sat Jul 24 12:40:53 CEST 2010


Se a qualcuno interessa ancora la deriva di Casarini & soci e di ESC di Roma





http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20100718/pagina/07/pezzo/282785/


    * APERTURA   |   di Matteo Bartocci - INVIATO A BARI
      C'era una volta il movimento. E per una sera c'è ancora, nelle
fabbriche
di Vendola
      Una vita dopo Genova
      Oggi a Bari il governatore della Puglia lancerà ufficialmente la lunga
rincorsa alle primarie del centrosinistra. Mentre sotto il sole pugliese si
riannodano alcuni fili strappati dopo il 2001 e la svolta non violenta del
Prc.
Tra le fabbriche di Vendola parlano Luca Casarini, Andrea «Tarzan» Alzetta e
Francesco Raparelli: «La fase è cambiata, riprendiamo un cammino comune»
      Di nuovo insieme a discutere, ballare, parlare di politica. Nove anni
sono tanti ma alcuni tra i protagonisti di Genova 2001 si aggirano tra i
tanti
"operai di Nichi" qui a Bari. Ci sono Nicola Fratojanni - neoassessore
pugliese
- e Gennaro Migliore di Sel, ma tra spiagge ed eucalipti si incontrano anche
altri "osservatori" un po' speciali, che invece con Sel, e prim'ancora con
Rifondazione, non avevano avuto, dopo Genova e la "svolta nonviolenta" di
Bertinotti, rapporti idilliaci. Sotto un albero in un clima africano
improvvisiamo un forum con Luca Casarini (ex disobbediente del Nord Est),
Andrea "Tarzan" Alzetta di Action (unico consigliere comunale di sinistra
eletto a Roma) e Francesco Raparelli del collettivo Esc.

      Perché siete qui?
      Casarini: Chiariamo subito. Siamo qua ma rappresentiamo solo noi o le
nostre soggettività organizzate. Non è che qui ci sono i "movimenti". Non
siamo
qua né per entrare nelle fabbriche, né per fare manovre politiche con
Vendola,
né per iscriverci a Sel. Siamo qua perché la crisi della rappresentanza è
tale
che ormai è chiaro che i partiti sono parte del problema e non della
soluzione.
Per questo dobbiamo tutti metterci in cammino per costruire spazi pubblici
"ibridi", tra diversi che trovano modi e ragioni per parlarsi e mettersi in
relazione. Perché dobbiamo tutti capire come aggredire lo stato delle cose e
cambiarlo. La Puglia è un'esperienza molto interessante, e i laboratori
politici che hanno lavorato per l'elezione di Vendola sono disponibili. Per
questo la settimana scorsa sono venuti a Sherwood Nichi Vendola, Gianfranco
Bettin e Sandro Medici, che sono tre anomalie istituzionali, e noi oggi
abbiamo
risposto all'invito. Siamo in un momento drammatico in cui tutti dovremmo
girare di più, parlarci di più e non dare più per scontate relazioni, o
rotture, vecchie o consolidate.
      Alzetta: Stiamo qua anche perché Vendola ha vinto e ogni tanto vincere
alla sinistra fa bene... per noi è la sola proposta politica in campo. Uno
dei
motivi di crisi della sinistra è che si contrappone e basta, senza proporre
in
positivo. Ma resistere e basta è tragico.
      Raparelli: Siamo qui anche perché è innegabile che ci sono tanti
giovani
che hanno interrogativi comuni. E' una generazione priva di welfare e di
futuro, segnata dal precariato e dall'eccedenza di saperi. Messa al bando
nel
sistema quasi feudale che ci circonda. Qui si insiste sulla novità, sullo
spazio pubblico e comune oltre i partiti, si lavora sulla connessione tra
piazza e Web, sui social network e forme di comunicazione orizzontali,
trasparenti, che insistono sulla singolarità e la spontaneità dei soggetti.
Su
cose simili si interrogano anche il grillismo o il dipietrismo, certo. E'
tutto
da vedere però se e come queste fabbriche riescono a interagire con
dinamiche
di conflitto e di radicalità.

      Appunto, come coniugare il "civismo" delle fabbriche con il conflitto?
      Casarini: La ripresa del conflitto sociale è necessaria. Non si può
fare
politica senza un'idea del conflitto e dello scontro col vecchio che apra al
nuovo. Ci hanno detto che eravamo fissati con le "zone rosse" ma come
dimostra
la vicenda dei terremotati dell'Aquila c'è sempre una zona rossa da
attraversare per costruire una democrazia sociale vera. La cooperazione di
cui
qui si parla è un pensiero debole o è già in potenza una società diversa? Se
mi
dicono che ti lasciano cambiare le cose non ci credo. E non basta un grande
narratore.
      Alzetta: Non ci giriamo tanto intorno: che ruolo avranno le fabbriche
nelle scelte future? Il loro potere deliberativo è tutto da verificare. Chi
è
che decide chi sfida Bersani alle primarie? Lo deciderà Sel o le fabbriche?
L'ingenuità è bella perché tutela la spontaneità ma c'è il rischio che
calino
soluzioni dall'alto. Nichi ha vinto ma non delegherei tutto a lui. Senza
illuderci che muoiano, è bene che con i partiti si venga a patti. Vorrei
farlo
anche a Roma, ma voglio capire bene come le fabbriche si intrecciano con i
livelli istituzionali. Abbiamo già visto che i partiti prima del voto magari
scelgono un paio di nomi dai "movimenti" per poi metterli a tacere subito
dopo.
      Casarini: La società è piena di conflitti sociali. Ma sono rivolte
senza
rivoluzione. Noi vogliamo la rivoluzione mentre Wall Street viene salvata
dai
comunisti cinesi. E poi mi interessa ancora il tema della disobbedienza.
Questa
generazione qui magari non l'ha vissuta ma è ancora attuale. Alle leggi
senza
istituzioni si risponde con pratiche comuni che liberano spazi. Se il
massimo
della democrazia italiana è Gianfranco Fini, quello che a Genova dirigeva le
cariche dei carabinieri, c'è qualcosa che non va.

      Avete evocato Genova 2001. Siamo a un semplice "dopo Genova" oppure,
anche per motivi generazionali, "oltre Genova"? Ieri sentivo un ragazzo che
diceva: a Genova lottavamo per un altro mondo possibile, oggi lottiamo per
noi
stessi. Cosa è cambiato?
      Casarini: Proprio il 20 luglio a me e ad altri dodici ci aspetta a
Catanzaro la sentenza di appello per cospirazione contro lo stato. Mi hanno
assolto in primo grado a Cosenza ma la procura ha chiesto di nuovo 6 anni di
carcere più tre di libertà vigilata. Nel frattempo ho un'altra condanna
definitiva e quindi rischio di andare in galera. Lo dico perché dieci anni
dopo
Genova tanti di noi hanno sulle spalle un cumulo di condanne penali per una
semplice attività politica. Genova è stata una carcerazione liquida di tutti
quelli che hanno osato ribellarsi. Siamo oltre Genova ma sogno un'altra
Genova
per la potenza che allora era in campo.
      Raparelli: Siamo dopo Genova perché dopo Genova c'è stato l'11
settembre
e la globalizzazione ha completamente cambiato volto con le guerre e il
"bushismo". Siamo dopo Genova anche perché i movimenti si sono ormai
dislocati
su vertenze specifiche: beni comuni, movimenti studenteschi, conflitti
sull'immigrazione. E' indubbiamente necessaria una nuova Genova ma va
immaginata a partire dalla ridefinizione di nuova cittadinanza, di forme di
reddito post-lavoro. I temi di Genova si sono sedimentati capillarmente nel
territorio, e intanto il cedimento strutturale del capitalismo - vedi la
macchia nera - impone nuove forme di conflitto. Siamo dopo Genova anche
perché
questa generazione non l'ha vissuta. Qui mi pare ci siano poche esperienze
politiche strutturate. E' tutto un po' in chiaroscuro, una sfida aperta.
      Voi venite da Roma e dal Veneto. Due laboratori politici fondamentali
per la destra: Alemanno e la Lega. Come pensate di affrontarli?
      Casarini: Il problema è l'egemonia culturale di una destra meticcia,
che
unisce Ku Klux Klan, affaristi e poteri criminali. In Veneto la Lega vince
sull'immigrazione. Il federalismo non c'è e la secessione non la fanno
perché
ormai lo stato centrale sono loro. Quindi è l'immigrazione che gli porta
l'80%
dei voti. E non sono fascisti: è la nostra gente, operai, precari, chi vive
nelle case popolari. Il problema non è la Lega, sono milioni di persone che
pensano così. Con umiltà, determinazione e curiosità questa narrazione si
può
invertire. Non possiamo più stare a guardare.
      Alzetta: Per fortuna a Roma la Lega non ce l'abbiamo...
      Casarini: Per fortuna avete Totti...
      Alzetta: Certo. Esiste un razzismo di massa. La destra ha scelto a chi
rivolgersi e chi aggredire con meccanismi semplici: bianchi contro neri,
giovani contro vecchi. An riusciva a mantenere un rapporto spregiudicato con
l'estrema destra sul ribellismo o la rivoluzione sociale. Ora quel modello è
andato in crisi. Vogliamo costruire una felicità collettiva contro quel
grigiore poliziesco fatto di ordinanze, sgomberi e divieti. Ma una birretta
in
piazza un romano se la potrà bere, o no?


>----Messaggio originale----
>Da: mcsilvan_ at libero.it
>Data: 23/07/2010 8.13
>A: "neurogreen"<neurogreen at liste.comodino.org>
>Ogg: [neurogreen] Re: R: Re: PS Re: Ancora su Uninomade. Era: una marea di
giovani...
>
>
>> su il manifesto di domenica passata, casarini sostiene che i leghisti non
sono
>> fascisti.
>
>sono andato a cercare l'intervista e non l'ho trovata. Qualcuno può darmi
>le
referenze precise o postarla?
>Sulla Lega il ritardo dei movimenti è cronico, purtroppo.
>
>mcs
>
>
>[][][][]][
>NEUROGREEN - neurogreen at liste.comodino.org
>ecologie sociali, strategie radicali negli anni zerozero della catastrofe
>http://liste.comodino.org/wws/subrequest/neurogreen
>
>



[][][][]][
NEUROGREEN - neurogreen at liste.comodino.org
ecologie sociali, strategie radicali negli anni zerozero della catastrofe
http://liste.comodino.org/wws/subrequest/neurogreen



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