[Redditolavoro] Fw: CIP2008: In pensione la precaria del Cip
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Wed Jan 20 18:31:59 CET 2010
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From: Elena La Gioia
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Sent: Wednesday, January 20, 2010 12:31 PM
Subject: CIP2008: In pensione la precaria del Cip
LA STORIA
L’eterna precaria va in pensione
A 61 anni ancora senza cattedra
Lucia Longo vive a Taranto e insegna in un liceo di Laterza. 120 chilometri tra andata e ritorno a casa
«Peculiare assai», dice della sua storia. Anche questa mattina Lucia Longo si è svegliata presto, ore 6 del mattino. Vive a Taranto, insegna in un liceo di Laterza, il paese del pane buono, 120 chilometri tra andata e ritorno a casa. Le «utenze difficili » e lontane sono l’approdo annuale dei precari della scuola, specialmente al Sud. Nel 2008 le era toccata Crispiano, più vicina, prima c’erano state Grottaglie, Mottola, Massafra, e un’altra ventina di istituti. Eppure sembra una storia come tante, confusa nella massa dei duecentomila precari della scuola italiana. «Ma adesso esco dalla moltitudine — dice —. Finalmente sono prima in classifica». Ironia, molto amara. Il campionato che Lucia si appresta a vincere è quello delle precarie per sempre. A 61 anni compiuti, la professoressa Longo va in pensione dopo averne trascorsi 29 in cattedra, ma senza aver vissuto un giorno da insegnante di ruolo. È questo che fa di lei una specie di Gronchi rosa della Pubblica istruzione, un monito per chi resta. «Se non lo faccio ora, mi tocca aspettare anche per mettermi a riposo. Sinceramente, non ce la faccio più, a guardare gli altri che mi passano davanti, colleghi giovani che mi dicono "zitta, che non sei di ruolo". Chissà, forse hanno ragione loro. Forse sono una deficiente, la spiegazione è questa».
La precarietà perenne è un’edera che prende anche l’anima. Ma no, Lucia non è una deficiente. La sua è una storia che somma sfortuna, meandri burocratici, tabelle che sembrano rigide, ma dipende dai giorni e dalle persone che incontri. «Nulla mi toglie dalla testa che se avessi preso qualche tessera sindacale, tante umiliazioni mi sarebbero state risparmiate. Ma ad ogni collega "protetto" che mi scavalcava, cresceva il rifiuto di questo sistema. In vita mia mi sono iscritta solo al Cip, Comitato insegnati precari. Almeno sto con i miei simili». Nata nel 1949, la professoressa — «magari lo fossi davvero»—si laurea in Lingue straniere a Bari, anno universitario 1971-72. Ancora prima della tesi comincia a fare supplenze, all’epoca si poteva. Decide di seguire il marito e di andare su al Nord, a Milano. Dai 22 ai 25 anni lavora alla Torre Velasca, segretaria commerciale. Il richiamo dei banchi però è più forte della vita da impiegata, succede. La prima domanda al Provveditorato è del 1980. Va di lusso, un anno intero al liceo scientifico Vittorio Veneto, zona San Siro. Poi tanto «classico» nell’hinterland, San Donato, Melegnano.
Arriva il grande concorso del 1990 per le Scuole superiori, e lei è in prima fila. Supera gli scritti. Deve attendere fino al 1993 per l’orale. Pochi giorni prima dell’esame suo marito muore in un incidente stradale. Lucia non se la sente. Rinuncia. Torna a vivere a Taranto, si reiscrive nella graduatoria, partendo dall’ultimo posto. Nel 1995 ci prova con le Scuole primarie. Entra nei primi 8 del concorso. Vittoria? Macché. Il Provveditorato di Taranto la depenna dall’elenco. L’età massima per le nuove maestre è di 40 anni. Lei ne ha 43, sommando figlia a carico e famiglia il suo coefficiente si ferma a 40.3, fuori di un’inezia. Dopo 4 anni Lucia è ai primi posti della graduatoria per le Superiori. Ma di nuovi concorsi nemmeno l’ombra. L’entrata dalla porta di servizio si chiama «abilitazione riservata », corso di tre mesi per chi ha più di tre anni di servizio. È l’antenato delle Scuole di specializzazione per l’insegnamento volute da Letizia Moratti. Che importa se la frequenza quotidiana dei corsi e l’insegnamento lontano da casa le impediscono di partecipare al «concorsone» del 2000: tanto si va sul sicuro, le dicono al Provveditorato. Seguendo il miraggio, si «abilita» in inglese e francese, sia alle Superiori che alle Medie. «Questa volta è fatta» pensa.
Errore. All’ultimo momento il corso è stato aperto anche ai titolari di cattedra desiderosi di «riconversione professionale», questa la definizione usata dal decreto di quell’anno. Nell’ingranaggio ci resta impigliata lei, Lucia. Scavalcata dai professori di ruolo delle Medie intenzionati a passare alle Superiori, che non vengono rimpiazzati. L’ultima chiamata è il decreto Fioroni del 2007. Promette 60.000 assunzioni, saranno molte meno. Lombardia, Campania e Sicilia fanno una scorpacciata di cattedre, alla Puglia le immissioni dalle «Graduatorie ad esaurimento» sono assegnate con parsimonia. Lucia rientra nei primi 12, è settima. Ma gli ultimi 6 posti disponibili vengono dati ai «riservisti». Sono i precari che chiedono l’inserimento in una provincia diversa da quella di residenza usufruendo della legge 104 sui disabili. E in Puglia pare ce ne siano parecchi. Lucia fa causa, vergognandosi perché si tratta di una guerra tra poveri. Perde. Questi ultimi mesi di insegnamento sono la sua linea d’ombra. Li racconta con il rimpianto dovuto alle cose amate che si stanno perdendo. «Ero un’insegnante vecchio stampo, severa, ma dialogante, come si usa dire. La scuola mi mancherà. Ma a forza di aspettare, ti accorgi che è passata una vita intera ».
Marco Imarisio
20 gennaio 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
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