[Redditolavoro] Milano come Rosarno e come le banlieuese parigine? non proprio
Vittoria OLIVA
huambos at virgilio.it
Tue Feb 16 13:53:02 CET 2010
Milano come Rosarno e come le banlieuese parigine? non proprio
Mi riferisco agli scontri di Via Padova a Milano.
Secondo me ci sono delle differenze da non sottovalutare e non vorrei che si
appiattisse il tutto sull'entusiasmo della rivolta in sé, perché analizzare le differenze non è secondario.
Intanto dico che con Rosarno l'episodio di Via Padova non ha nulla in comune.
Quella di Rosarno era una lotta stanzialmente bracciantile agraria, di un bracciantato sottoposto alla schiavitù totale e la rivolta contro un abbrutimento di cui si aveva coscienza, contro i caporali della ndrangheta tra l'altro: lì ci si rivoltava contro il salario da fame, contro le tangenti sul salario, contro il degrado esistenziale, contro lo sfruttamento, su questa rivolta sindacale di base si è innesto qualcosa che
a troppi non è piaciuta: una rivolta di neri contro i bianchi: si può mettere in ombra quanto si vuole questo fatto, ma così è stato, del resto le reazioni della "cittadinanza bianca" hanno recepito questo fatto e hanno dato le risposte punitive insieme allo Statomafia.
Si tratta di Banlieuse di stile parigino? secondo me ci sono delle differenze anche in questo caso. In effetti le bande di proletariato giovanile in Francia ed anche in altre metropoli europee che hanno praticato e praticano azioni di riot mostrano una differenza notevole con gli ultimi fatti di Milano, dovute a diversi fattori: il primo,il più evidente, è che si ha a
che fare con una migrazione di più lunga durata: all'estero si sta alla terza e addirittura alla quarta generazione, non ripeterò che in Francia, in
Germania, in Belgio i primi ad emigrare sono stati gli italiani, cosa risaputa; il succedersi di diverse etnie ha portato, fuori d'Italia, ad un rimescolamento: questi giovani si riuniscono per rendere palese la loro
rabbia contro i simboli del sistema capitale, indipendentemente dalle etnie di appartenenza, in finale se le sono scordate anche loro, si uniscono in
bande multietniche che esprimono il disagio, la rabbia, l'emarginazione di un proletariato giovanile che già si sente mondiale, globale, e contro questo sistema globale vanno allo scontro. Questo è facilitato anche dalla configurazione urbanistica delle metropoli europee che non siano l'Italia: di base tutte le metropoli hanno i loro quartieri ghetti , metropoli
capitaliste sono! C'è però una differenza culturale non da poco, ossia lo scambio, il migrare continuo da quartiere a quartiere, cosa che non c'è in
Italia, voglio dire che anche un Italiano sta rinchiuso nel suo quartiere per lo più ,conosce il solito percorso casa-lavoro-.lavoro-casa- solito posto
dove si va di sabato sera, quando si va! ora è vero che il percorso casa-lavoro e ritorno è abbastanza accidentato di questi tempi, ma non certo come nelle altre metropoli europee, diciamoci la verità per quanto si faccia un gran parlare di Roma, Napoli, Milano, non sono delle metropoli moderne, rispetto a quelle dei paesi europei: sono dei paesoni solo un po' più
incasinati logisticamente.
A pensarci bene Napoli era più metropoli sotto i Borboni che dopo l'avvento dei Piemontesi.
I piemontesi hanno portato questa mentalità ristretta da città preindustriale che poi è diventata industriale, ma che di fondo aveva sempre una substrato agrario; quando si pensa al Piemonte, ai piemontesi
si pensa sempre alla Fiat, però Cavour fu un grande riformatore agrario in senso modernista, ispirandosi al modello Francese: in particolare Bordeaux,
i cantoni elvetici, a cominciare da quello di Ginevra; il ramo della famiglia Agnelli che poi fondò la Fiat da proprietari terrieri discendeva:
"Giuseppe Francesco effettua operazioni immobiliari e fondiarie, dimostrando eccellenti capacità di agricoltore e creando in vari campi posti di lavoro.
Lucrosissima, in particolare, risulta la compravendita della tenuta Parpaglia (una vasta cascina di quasi seicento giornate piemontesi che si estendeva sui territori di Candiolo e Vinovo) acquistata nel 1840 da Teresa Audifredi. Parpaglia faceva parte anticamente del patrimonio dell'Ordine Mauriziano. Il banchiere Adriano Audifredi l'aveva comperata nel quadro
delle alienazioni forzate decise in epoca napoleonica, nel quadro della politica di spoliazione sistematica degli Ordini religiosi e cavallereschi praticata dagli invasori".
Che voglio dire? che si sono fuse coll'unità di Italia due mentalità agrarie, di cui poi la soggetta, quella meridionale, fu destinata allo sviluppo dell'industria settentrionale, sempre con la migrazione forzata,
autoctona, allora: comunque questo ha portato l'Italia al paese del "campanile" della mentalità ristretta, antimetropoli per eccellenza, a questi campanili strapaesani, aggiungete i campanili della chiesa del suo
partito storico: la Dc e del partito altrettanto storico il PCI è avete la risposta politica perché le metropoli in Italia non sono metropoli a livello europeo.
Sostanzialmente la nostra è una metropoli chiusa nel suo particolare, nel suo campanile, nel suo quartiere.
Questo porta i migranti di diverse etnie che arrivano nel nostro paese, a confronto di una mentalità ristretta di suo, ad arroccarsi in identità autoctone ancor di più, escluso casi particolari, più avanzati, come la lotta
nelle cooperative di Brembo e dintorni, e non a caso quelle sono lotte avanzate perché sono lotte operaie che vanno nella tendenza in cui dovrebbero andare le lotte operaie anche dei lavoratori autoctoni.
La ristrettezza del paese dove arrivano porta i migranti ad arroccarsi per l'auto difesa nelle etnie di appartenenza, in più provvedono, ulteriormente. a questo arroccamento tutte le legislazioni speciali in merito alla migrazione.
Paradossalmente la situazione in Italia è più simile a quella Americana che a quelle Europea, infatti anche negli USA vediamo le etnie distinte, rivendicate, con tanto di rappresentanza non solo sindacale ma anche
politica. Questo dovrebbe far riflettere, non tanto tutti i fautori della integrazione, quelli lasciamoli stare, che qui si tratta di disintegrare non di integrare, di disintegrare per andare verso il diverso, l'altro; dovrebbe far riflettere i rivoluzionari, invece.
I quali dovrebbero prendere atto delle stratificazioni e delle differenze che ci sono fra i migranti.
Cosa è successo a Milano a via Padova per me?
che gli africani, i neri, si sono rivoltati prima contro i ladinos, per un morto, e poi contro tutti: perché loro sono i sottoproletari di questa stratificazione.
Chi sono questi sudamericani? sono quelli che hanno un negozio, i bottegai, per prima cosa, quelli...integrati, che fanno dentro questi negozi? smerciano merce, anche traffico di droga, scontato; i negri, i magrebini saranno la manovalanza anche di questo traffico come di altri traffici, l'unico fattore in comune è il bracciantato, submetropolitano in questo caso. e
logicamente la presenza delle mafie.
Voglio dire che bisogna ,per chi si dice antirazzista, fare anche queste distinzioni, per prevedere futuri sviluppi.
Del resto la questione mi pare chiara anche da questo sciopero del primo marzo che è stato indetto da chi è integrato e richiede una maggiore integrazione statuale, mentre c'è chi sta totalmente FUORI e non ha alcuna
rivendicazione da fare se non esprimere la sua rabbia e la sua diversità, ora questo è il punto il punto di forza ,il fulcro, non per l'integrazione, cosa non solo non auspicabile per la messa in moto di un
processo rivoluzionario ma al contrario deleterio per tal fine: del resto quale integrazione se più sempre disintegrati di fatto? insomma il sistema capitale si regge su una emarginazione di fatto, di diverso grado: di ruoli, di funzioni, di status, di mano d'opera precaria...che danno l'illusione apparente di essere integrati a chi va meglio! quando la sostanza è: FINCHÉ MI SERVE LA TUA VITA TI CONCEDO QUALCHE BRICIOLA DI DIRITTO COME MI FA COMODO; POI BUTTO NELLA DISCARICA TE E PURE I DIRITTI PROVVISORI CHE TI HO CONCESSO A MIO COMODO.
La sostanza per tutti immigrati e no quella è finché perdura il sistema capitale.
E' questo il punto nodale su cui si possono riannodare le diverse esperienze perché sia superata l'infelicità umana della privazione della vita a cui tutti per ora in diverso grado e con diverse modalità siamo sottoposti.
vittoria
L'avamposto degli incompatibili
riferimenti
http://controappunto.splinder.com/post/22241934/l%27uomo%2C+infatti%2C+non+sta+mai+f
http://controappunto.splinder.com/post/22082593/AGLI+ERRANTI
http://controappunto.splinder.com/post/22106151/il+ritorno+degli+erranti+di+Ro
http://controappunto.splinder.com/post/21521651/INSIDERS+e+OUTSIDERS
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