[Redditolavoro] Argo 16, il Mossad a casa nostra

clochard spartacok at alice.it
Fri Dec 10 00:23:00 CET 2010


Argo 16






Argo 16, il Mossad a casa nostra







È il 23 novembre del 1973. Sono le sette del mattino. Argo 16, un bimotore dell’Aeronautica Militare appena decollato da Venezia, precipita sullo stabilimento Montefibre a Porto Marghera. Quattro i morti, tutti i componenti dell’equipaggio.

Un guasto? Un banale incidente?

Meno di un mese prima lo stesso aereo, l’aereo di Gladio, e lo stesso equipaggio, avevano condotto in salvo a Tripoli due palestinesi, in carcere perché coinvolti in un attentato sventato a Fiumicino: un commando in procinto di lanciare missili Strela contro il velivolo che trasportava il premier israeliano Golda Meir, era stato bloccato da agenti del Mossad e consegnato ai servizi segreti italiani.

Secondo il giudice veneziano Carlo Mastelloni che ha indagato sul caso, l’incidente capitato ad Argo 16, potrebbe essere frutto di un sabotaggio israeliano. La sentenza, nel 1999, stabilì diversamente. Ma la tesi è affascinante nonché piuttosto credibile.

Una ritorsione, un avvertimento, un messaggio. Non solo per la liberazione dei due palestinesi, ma per il “lodo Moro” nel suo complesso, l’intesa partorita in quel periodo tra Italia e Olp per consentire al nostro Paese una sorta di immunità dagli attentati in cambio di un di lasciapassare al trasporto di armi ed esplosivi palestinesi attraverso l’Italia.



L’episodio viene ricordato in un libro appena uscito, Mossad, base Italia, autore Eric Salerno, inviato speciale de Il Messaggero in Medio Oriente. (Il Saggiatore, 262 pagine, 19 €).

Il libro, che si basa sulle confidenze di un ex agente del Mossad, alza il velo sulla lunga storia di appoggi e relazioni tra servizi segreti italiani e israeliani (ottime se si esclude qualche incidente, vedi Argo 16) lungo tutto l’arco della storia repubblicana. Si inizia dall’incontro con Alcide De Gasperi durante il quale Ada Sereni ottiene che l’Italia «chiuda un occhio, e anche due, sulle nostre attività». Si passa attraverso gli attentati dell’Irgun nel primo dopoguerra contro gli inglesi, colpevoli di ostacolare l’immigrazione ebraica in Palestina: bombe carta esplodono anche a Padova e a Venezia, in piazza San Marco davanti all’ambasciata britannica. C’è l’affondamento nel porto di Bari della motonave Lino che stava trasportando armi alla Siria. E poi l’arruolamento di ex fascisti della X Mas, i contatti col Vaticano, l’utilizzo di ex nazisti come agenti in Sud America. Tutto quello che è servito (laicamente) alla nascita e alla costruzione militare dello Stato di Israele.

Una storia in buona parte ancora tutta da scrivere. Perché se sono ormai chiare le vicende degli anni Quaranta e Cinquanta già con gli anni Settanta si entra in campo minato, in un porto delle nebbie dove l’intreccio tra terrorismo nostrano e conflitto mediorientale è tutto ancora da dipanare, dove verità e depistaggio si confondono. Verità che probabilmente non conosceremo mai. Perché, come ha scritto John Le Carré: “Solo Dio sa tutto, e lavora per il Mossad”.



http://www.portomarghera.org/


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