[Redditolavoro] Dialogo fra Piestro e Matteo che non sono...evangelisti

Vittoria OLIVA huambos at virgilio.it
Sun Nov 22 19:09:51 CET 2009


dialogo fra Pietro e Matteo che non sono...evangelisti
Pietro

La rivoluzione, il suo momento insurrezionale, non dipenderà dagli spiriti e dalle coscienze. Se credessi a questo, io non sarei comunista. Saranno le pance e le gambe a farla.
Per questo non sono un libero pensatore
Tutti, comunisti ed anarchici danno troppa importanza al SOGGETTO RIVOLUZIONARIO e pancia e gambe globali contano più di me soggetto o solo o atruppato coi compagni!
Questa, della preminenza del soggetto, è una posizione idealista e idealizzante, autoreferrenziale.
Come comunista non mi ritrovo nel ruolo del misisonario che deve salvare le anime per un al di là da conquistare.
Chi sente avversione verso questa società e questo è il primo e indispensabile passo, sentimentale, di pancia, non per convinzione filosofica, per essere comunista, rivoluzionario non ha bisogno che tutti gli altri attorno a lui la amino
Gli fa schifo questa società e tanto a lui gli basta, questo basta per adeguare le sue azioni ai suoi sentimenti..
La teoria gli darà solo gli strumenti razionali per rendersi meglio conto del perché la schifa, e per affinare il suo comportamento ostile
Capirà allora che non deve preparare la rivoluzione, MA PREPARARSI AD ESSA,
sapendo che la preparazione, avendo tempi storici, riguarda intere generazioni di vite, con la coscienza di questo dato reale, storico, materiale ha senso qualsiasi azione in un preciso momento temporale dato, senza questa coscienza rimane mero attivismo.

Io soggetto, noi soggetti rivoluzionari, siamo le cellule di un processo che, avendo tempi storici, riguarda intere generazioni di vite, e questo è BELLISSIMO, è questo che annulla la nostra solitudine, pensare questo vuol dire che poi in effetti la solitudine in questo processo non è reale.
La tua vita, la mia vita, le nostre vite sono dentro questa serie ininterotta, se pensi questo comprendi che poi la solitudine non è reale.
l'insurrezione è un fatto che dipende da tutta la storia del mondo che va in quella direzione, quando verrà anche se già fossi cibo per vermi, avendola prevista ed essendoci per generazioni preparati, sapremo meglio come comportarci perché l'insurrezione sfoci nella possibilità che vinca e spazzi la vecchia società liberando la nuova.
Le rivoluzioni sconfitte non sono che tappe in questo percorso, e questo dato biologico e storico insieme è la debolezza del nemico, lui pare forte e vincente, pare.Non esiste un comunismo novecentesco. Non per me. Obsbawm, col suo secolo breve, è un coglione, tanto più coglione quanto più intelligente. Esistono rivoluzioni sconfitte: 1848, 1871, 1917, per indicare le date più importanti. Da quelle s'impara, fa parte della preparazione, per affrontare più agguerriti la prossima. Ci riempiano pure le teste di merda coi loro mezzi di comunicazione di massa, come stanno molto efficacemente facendo, saranno le pance a fregarli. È per questo che i situazionisti, che pure hanno alcune indubbie capacità di leggere profondamente questi tempi, non mi convincono. Mettendo troppo in primo piano lo spettacolo e i suoi mezzi tecnici per diffonderlo, pensano in fin dei conti a una rivoluzione che passi per le teste, da liberare dalla merda che la comunicazione mette loro. E ce n'è tanta che parecchi giustamente disperano di poterla più levare. Passerà per le pance, nonostante la tanta merda che c'avranno accumulato in testa. Chi crede nei valori dello spirito e dell'idea, avrà una bella sorpresa

Matteo

Caro Pietro, se il mio mettere la presa di  coscienza  come punto basilare è idealismo, la tua posizione, permettimi la battuta, e' una "teologia". E poi la conoscenza  fuori delle accademie non è coscienza della vita e del suo processo storico e sociale nelle sue forme effettive?.
Se faccio riferimento ad un "soggetto" (collettivo) di trasformazione e'proprio perche' non credo "nell'evoluzionismo", nel determinismo e che inevitabilmente, cabalisticamente la storia vada in una direzione unilaterale e prestabilita, sono gli uomini e i rapporti di classe, il loro agire; quale classe vincerà lo scontro che porterà ad una certa evoluzione.
I tuo pare quasi in comunismo fatalista, attendista persino.
Rispetto questo senso "religioso" dell'esistenza ma non riesco a ragionare come se la vita e la storia abbiano uno scopo e un senso in se' predeterminato e contraddittoriamente neanche che esse siano una caotica catena di eventi impazziti. Soltanto nella dimensione , privata, "cellula" di un processo
storico materiale che si scandisce di generazione in generazione francamente non mi sento a mio agio. Dovrei ridurre la mia esistenza solo alla comprensione di una necessità storica e dovrei ridurre . d'altro canto, il suo sviluppo ad una ragione biologica e vitale di sopravvivenza (pancia e gambe).
Faccio riferimento ad una "soggettività"anche perché pur credendo  nel crollo inevitabile del capitalismo,  non e' detto che finirebbe, questo crollo,  col produrre gli effetti politici-sociali che desideriamo. 

Quale è' il punto in discussione? e' che le condizioni sociali dell'esistenza di tutti sono estraniate, alienate e tutte preordinate dal Sistema Capitale contro la vita individuale e personale.
Nel sistema delle merci tutto è ridotto a merce, la coscienza per prima , perché sia essa stessa una merce che si pieghi al dominio delle merce, è plasmata per le merci è mercificata, mercificati sono tutti i rapporti umani. Compito di un comunista non è quello di tenere tale cognizione per se, ma di renderla comune il più possibile, non credi?

Il "soggetto", la "soggettività" che io intendo e' la coalizione degli sfruttati che non cade dal cielo, che non ha il suo corso fatalistico quasi, ma che è lo strumento  per uscire dalla condizione di merce umana:
Senza questa "unione" non arbitraria gli individui restano dei singoli separati, nemici nella concorrenza per la sopravvivenza. Questa"espressione collettiva" oggi non c'e' e non penso che prenderà forma oggettivamente, da se', senza la condivisione e la lotta. Ora è vero che l'attivismo fine a sé stesso, al particolare, non porta ad una  presa di coscienza totale, ma a me pare, che nemmeno il quasi aspettare fatalmente che la storia trovi il suo sbocco; dato per naturale, porti a questa presa di coscienza.
De resto le esperienze delle rivoluzioni fallite che tu mi hai portato intanto sono avvenute perché i soggetti collettivamente si sono uniti per realizzarle, non certo perché si sono uniti sono fallite..
il resto su
http://controappunto.splinder.com/
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