[Redditolavoro] Noi stiamo con gli "squadristi". Considerazioni sulla manifestazione dei lavoratori FIAT a Torino
Fulvio
fuldigior at gmail.com
Sun May 24 20:39:25 CEST 2009
*Noi stiamo con gli "squadristi". Considerazioni sulla manifestazione dei
lavoratori FIAT a Torino*
PRIMOMAGGIO
Foglio per il collegamento tra lavoratori, precari e disoccupati
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Durante la manifestazione di Torino del 16 maggio scorso, convocata
ufficialmente contro i pericoli per l'occupazione derivanti dal progetto
Marchionne per la FIAT, c'è stata la contestazione dei lavoratori di
Pomigliano relegati nel "reparto confino" di Nola. La contestazione era
ovviamente rivolta alla FIAT ma anche alle organizzazioni sindacali che
hanno sottoscritto l'accordo con cui è avvenuto il confinamento di 316
lavoratori. Qualcuno ha parlato di "strumentalizzazione" da parte dello SLAI
COBAS di questi lavoratori confinati, ma ha "dimenticato di ricordare" che
moltissimi di questi trasferiti sono appunto dello SLAI COBAS. E perché lo
ha dimenticato? Perché la firma in calce all'accordo ce la mise pure
Rinaldini che condivise la scelta della FIAT di levarsi dai piedi qualche
centinaio di lavoratori scomodi che nello stabilimento principale avrebbero
potuto influenzare - come tante volte avvenuto - gli altri lavoratori e
incrinare il desiderio di onnipotenza di FIM-FIOM-UILM (che nel gruppo FIAT,
proprio grazie allo SLAI COBAS, presente a Pomigliano, ad Arese, a Termoli,
a Lecce, a Modena, a Melfi... ha trovato sempre un'alternativa combattiva e
intransigente nel difendere gli interessi dei lavoratori).
La FIOM certo non "assalta i palchi" e non è costretta a lottare per
conquistare il diritto di parola; ma con il padrone e i sindacati amici del
padrone spedisce centinaia di lavoratori in "reparti confino" che nulla
hanno da invidiare a quelli degli anni '50; si ricordi, a tal proposito, il
famoso libro di Aris Accornero - FIAT confino - in cui veniva ricostruita la
storia dell'Officina Sussidiaria Ricambi, creata il 15 dicembre 1952 a
Torino dall'allora Amministratore Delegato della FIAT, il fascista Vittorio
Valletta, per isolare le avanguardie di lotta e comuniste dal resto dei
lavoratori. Facendo un ulteriore sforzo della memoria possiamo evidenziare
come, oltre che dei "reparti confino", Valletta fu promotore anche della
nascita di un sindacatino aziendale - il SIDA-Fismic - composto da spioni
che in azienda controllavano i lavoratori più combattivi (ruolo
successivamente svolto prevalentemente dai "sindacalisti" CISNAL - ma spesso
anche CISL-UIL) e che si rendevano disponibili, a gentile richiesta di
"padron Agnelli", a ratificare qualsiasi tipo di accordo. "Guarda caso", la
manifestazione di Torino, FIM-FIOM-UILM l'hanno promossa assieme alla
FISMIC. E nella trasmissione Annovero di giovedì scorso dedicata alla FIAT,
addirittura, campeggiava in studio lo striscione "unitario" delle RSU di
Pomigliano firmato FIM-FIOM-UILM-FISMIC. COBAS nei reparti confino e unità
con le organizzazioni padronali e filo-padronali: è questa la linea del
"compagno" Rinaldini e del "compagno" Cremaschi dentro la FIAT.
Negli anni '50 il Partito Comunista chiedeva, almeno, la chiusura dei
reparti confino (anche perché dentro c'erano i suoi militanti); negli anni
2000, i reparti confino si aprono con il consenso del sindacato, anche di
quello, come ci ricorda Cremaschi, "più di sinistra" d'Italia (che è in
effetti il più "di sinistra" tra i sindacati di regime, così come il PRC è
il partito più "di sinistra" tra quelli che stanno dall'altra parte della
barricata su cui stanno i lavoratori).
Non ci interessa entrare più di tanto nel merito dei fatti perché, malgrado
le mistificazioni operate da tutti i mass - e non mass, come il Manifesto -
media, le immagini parlano da sole: parlano di una contestazione ma non
certo di "assalti"; parlano di persone che "battibeccano" dandosi
reciprocamente spinte che si propagano fino a Rinaldini, il quale - come è
costretto a riconoscere persino Cremaschi - scivola (poi Cremaschi, con il
suo classico stile, ritratta, "precisa", "tiene conto", ecc...). Che poi si
sia trattato di una scivolata voluta e/o enfatizzata - un "fallo di
simulazione" - chi lo sa, chi sta nella zucca del "compagno" Rinaldini?
(Forse lo sa meglio Corrado Delle Donne, coordinatore SLAI, che aiutava
Rinaldini a rialzarsi. Mah, prima "lo buttano giù" e poi lo tirano su...)
Non fanno ben pensare, a dire il vero, le dichiarazioni che a Rinaldini
attribuisce l'agenzia ADNKronos secondo le quali il "compagno" si sarebbe
spinto fino a minacciare i lavoratori dello Slai COBAS in vero e proprio
stile mafioso ("Per quanto ci riguarda rispetto alla Slai Cobas avremo buona
memoria"). Sperando che queste (non smentite) dichiarazioni siano state
"distorte" è bene chiarire - a Rinaldini o a chiunque altro - che sarà molto
meglio che comincino a ricordarsi degli interessi dei lavoratori, piuttosto
che della gestione "unitaria" con Confindustria dei Fondi Pensione
Integrativi (investiti nei "titoli spazzatura" di cui tanto si è parlato in
questi mesi) o della "repressione" dei lavoratori iscritti ai COBAS. E
comunque, volendo, la memoria ce l'abbiamo lunga tutti.
Se poi a qualcuno venisse in mente di scatenare i "famosi servizi d'ordine",
faccia come ha suggerito qualche giorno fa Giorgio Cremaschi: lasci perdere.
Quei "famosi" - o per meglio dire famigerati - servizi d'ordine (che almeno
dagli anni '70 in poi agivano quasi sempre contro altri lavoratori e quasi
mai contro i celerini, da cui venivano anzi protetti e con cui concordavano
"unitariamente" le azioni di repressione in piazza) erano formati spesso da
operai che credevano nel sindacato e nel partito comunista e che, aldilà
della loro mentalità talvolta reazionaria, erano disposti a picchiare e
farsi picchiare per degli ideali, che credevano davvero che il PCI e il
sindacato incarnassero la loro volontà di cambiamento sociale e politico. Di
operai così, CGIL-CISL-UIL ne troveranno ben pochi; e ancor meno ne
troveranno da scagliare contro lavoratori, cassintegrati, confinati,
disoccupati, licenziati decine di volte per ragioni politiche... E allora, a
meno di formare servizi d'ordine composti da "bodyguard" a pagamento (magari
i funzionari, perché no?), questi sindacati possono farsi "difendere", come
nel 1992-1993, solo da scudi di plexiglas o da poliziotti e carabinieri.
Posto che dichiarazioni come quelle dei vari Giraudo, Megale o Bonanni sono
solo scandalose menzogne rese da personaggi infami che meriterebbero come
massima punizione di andare a lavorare (come urlavano i lavoratori a Torino)
e alle condizioni contrattuali, di sicurezza, di diritti... a cui tocca
vivere a noi per colpa loro; posto che Rinaldini non è stato "buttato giù
dal palco" da nessuno (sebbene in occasioni come l'invio al reparto confino
di Nola o lo scippo del TFR per lucrare sui Fondi Pensione Integrativi o
l'auto-assegnazione "democratica" della triplice del 33% delle RSU, ecc..
probabilmente se lo sarebbe meritato) è doveroso sottolineare - pur senza in
alcun modo scandalizzarsi - che subito dopo la manifestazione si è scatenata
una vera e propria campagna di criminalizzazione in cui si è parlato di
"azioni squadristiche", "aggressione", "assalto", "pericolo di ritorno al
terrorismo", ecc... Tutto il "battage" era già pronto (perché è sempre
pronto): non appena "vola una piuma" si scatena tutto il rodato repertorio
della disinformazione di regime. Niente di nuovo. Del resto, Bonanni aveva
già accusato la CGIL (che ormai incassa ogni "sputazzo" pur di rimanere
agganciata al tavolo delle spartizioni) di avere avuto un atteggiamento
"morbido" verso i "sequestri" di manager, ciò che potrebbe incentivare il
"ritorno alla violenza".
L'unanime coro di condanna cantato da tutti i nemici e i falsi amici dei
lavoratori, veri amici dei loro sfruttatori politici, sindacali,
imprenditoriali... ha avuto almeno il pregio di demarcare con ancora
maggiore chiarezza quali siano i due lati della barricata: da una parte i
padroni con i loro mezzi di comunicazione, i sindacati e partiti di regime,
i giornalisti prezzolati amici più o meno camuffati del padrone; dall'altra,
i lavoratori in lotta, cassintegrati a oltranza, licenziati politici,
confinati... e chi esprime loro solidarietà e non denigrazione.
Una menzione speciale e integrale merita il brogliaccio che ha la
spudoratezza di definirsi "quotidiano comunista", il Manifesto: Scrive Loris
Campetti, che pure in vita sua aveva anche scritto qualche articolo decente:
"85, contati e targati Slai Cobas, decidono, alla fine di una manifestazione
straordinaria, di aiutare la crisi ed i padroni, assaltano il camioncino
montato di fronte al Lingotto dal quale intervengono i dirigenti sindacali,
buttano giù dal palco il segretario della Fiom Gianni Rinaldini, si
impossessano del microfono per gridare il loro odio non contro quello che
hanno alle spalle - il simbolo del potere Fiat - ma contro il più vicino a
sinistra, segnando così la loro estraneità dalla sinistra, da quel poco di
sinistra che resta. A parte "l'aiuto ai padroni" e, nientepopodimenoche,
alla crisi (incredibile!), quelle esposte da Loris Campetti sono, come sanno
tutti coloro quelli che possono vedere i filmati su Internet, una sfilza di
deliberate menzogne (forse una "velina" proveniente da ambienti sindacali,
come la Digos quando manda le sue ai giornali?). Ma la cosa più
"interessante" è che per Loris Campetti, evidentemente, la legittimità di un
diritto come quello a contestare (un diritto, peraltro, che la sinistra ha
esercitato un miliardo di volte) dipende da quanti lo esercitano. Bella
concezione della "democrazia"! Complimenti al Manifesto (che naturalmente
pretende di continuare a intascare soldi pubblici dal governo Berlusconi per
pareggiare il bilancio di un giornale che comprano in pochissimi.. in nome
del "diritto" alla sopravvivenza di una "voce libera"). Poi, dopo il
processo sommario, la sentenza: "Non siete parte di quello che resta della
sinistra!!". Ah, beh, ora sì che a Pomigliano tremano... E speriamo bene che
i lavoratori la smettano definitivamente di essere parte di quella
"sinistra" che in questi anni ha fatto da cameriera a Prodi approvando le
guerre in Afghanistan, i 6 miliardi di riduzione di cuneo fiscale alle
imprese, lo scippo del TFR, l'innalzamento dell'età pensionabile, il
pacchetto Treu, i CPT, le privatizzazioni.... E ci fermiamo perché l'elenco
sarebbe infinito. Probabilmente il "politically correct" imperante
pretenderebbe che le contestazioni avvenissero via Internet o via fax. I
lavoratori SLAI COBAS non sono "politically correct", ma i messaggi che
mandano arrivano comunque a destinazione. E a Torino il messaggio era
chiaro: cari Rinaldini e soci, qua sconti non ne facciamo più a nessuno.
La FIOM non è esclusa per "diritto divino" da critiche e contestazioni anche
se fosse - o, per meglio dire, in quanto è - la componente sociale che
secondo la delirante definizione di Cremaschi costituisce il "punto di
equilibrio" di "questo paese" (cfr. intervista al Corriere della Sera del 18
maggio), concetto che corrisponde più o meno ad una assunzione di merito per
il lavoro svolto nel pompieraggio e nello svilimento della rabbia e della
forza operaia (come peraltro ben si vide in azione a Melfi dopo i "21
giorni"). I lavoratori non hanno bisogno di "punti di equilibrio" sociale e
concertativi, non hanno bisogno - come ha subito dichiarato Emma Marcegaglia
- di alcuna "coesione sociale", ma devono riscoprire invece il conflitto
sociale, giacché senza conflitto e organizzazione non c'è proprio alcuna
possibilità di resistenza contro un padronato che non lascia passare giorno
senza avanzare; ora ci ri-siamo sulle pensioni: CISL e UIL "aprono" al
dialogo e all'assemblea della CISL Emma Marcegaglia raccoglie grandi
consensi, così come Bonanni e Angeletti avevano avuto ovazioni all'assemblea
di Confindustria. Sì, sì, continuiamo pure ad essere unitari con questi
nemici dei lavoratori e mandiamo i COBAS al confino...
A differenza dei lavoratori di Pomigliano, che sono un esempio ed un faro in
una terra troppo spesso segnata dalle tante emergenze legate alla mancanza
di lavoro, alla malavita organizzata, ai traffici politico-imprenditoriali,
alla corruzione, alla qualità della vita... un punto di riferimento per chi
lotta per una diversa società campana e non solo, semmai, sono i non pochi
lavoratori della FIOM che votano Lega Nord che dovrebbero essere definiti
"squadristi" (o quantomeno "rondisti") e sicuramente xenofobi e reazionari;
molti anche razzisti. E anche se quello degli operai fiom-leghisti è il
razzismo dell'egoismo e dell'ignoranza più che un "razzismo organico"
(almeno per ora) la FIOM farebbe bene a preoccuparsi di questi fenomeni,
sempre più diffusi, piuttosto che cercare di distruggere chi, come i COBAS e
i sindacati di base (e come naturalmente anche molti delegati FIOM e non
FIOM), nei posti di lavoro lotta e resiste, contro mille angherie e soprusi
per mantenere alta la dignità e i diritti dei lavoratori.
In questa situazione di crisi che ha ed avrà conseguenze sociali pesanti e
di lungo periodo per i lavoratori, la FIOM ha l'opportunità di dimostrare di
essere una organizzazione che si batte autenticamente per i diritti dei
lavoratori, aldilà delle chiacchiere dei suoi dirigenti e dei loro trucchi
da "stuntman". Lasci perdere FIM e UILM; lasci perdere le estenuanti
battaglie interne alla CGIL per conquistare qualche funzionario in più. Apra
un confronto ampio con i lavoratori e con le organizzazioni sindacali di
base per rilanciare una stagione di lotte. Faccia una sincera autocritica
per gli errori (o le porcate, a seconda dei punti di vista) fatti in tante
occasioni. Allora sì che il suo ruolo può diventare decisivo e le polemiche
lascerebbero istantaneamente il passo ai fatti e Rinaldini non avrebbe
bisogno di fare ipocritamente la vittima.
Quando a definire "teppistica" la presunta (e, ripetiamolo, inesistente)
aggressione a Rinaldini da parte dei lavoratori SLAI COBAS sono personaggi
come Sergio D'Antoni (cfr. Omnibus La7) - l'infame massacratore sociale dei
lavoratori italiani - o Massimo D'Alema - l'infame bombardatore con l'uranio
impoverito della Jugoslavia e massacratore del diritto di sciopero - beh,
anche se non conoscessimo esattamente i fatti sapremmo comunque da che parte
stare, senza sé e senza ma, si sarebbe detto una volta.
E' ovvio che tutto il ciarpame
politico-sindacal-mediatico-istituzional-padronale ha inventato la storia
dell'aggressione per dare un colpo al sindacalismo di classe che è da sempre
una "spina nel fianco" dei sindacati di regime (e lo SLAI COBAS anche del
"sindacato più di sinistra") perché mette a nudo le sue ipocrisie, la sua
disponibilità al compromesso al ribasso, la sua collateralità con i governi
amici" (ma dei padroni)... e non poteva perdere l'occasione per costruire un
"castello si sabbia" su un fatto che è avvenuto in un clima generale di
tensione dei lavoratori per una situazione che, aldilà delle chiacchiere di
Marchionne, potrebbe diventare molto, molto difficile, se non nell'immediato
sicuramente in prospettiva.
Il che ha consentito, peraltro, di far perdere di vista un elemento
importante, ovvero che la mobilitazione di Torino, benevolmente accolta un
po' da tutti, da destra a "sinistra", definita la "grande manifestazione" o
la "straordinaria manifestazione", con i dati sulla partecipazione truccati
al rialzo persino dal bollettino di famiglia Agnelli (La Stampa)... è stata
invece un po' fiacca e sicuramente al di sotto delle necessità. Non solo per
come si è svolta - a parte la "verve" dei COBAS -, ma soprattutto perché non
ha coinvolto né la maggioranza dei lavoratori FIAT (che sono circa 35.000),
né, tanto meno, i lavoratori dell'indotto che sono centinaia di migliaia,
molti dei quali rischiano il posto se saltano alcuni stabilimenti. E questo
è avvenuto perché, grazie al martellante lavoro di propaganda per il
"Marchionne Santo subito" della sinistra (ivi compresa quella fu-radicale o
per meglio dire "radical-chic-bertinottiana"), l'Amministratore Delegato
della FIAT gode di maggiore credito tra i lavoratori che non i sindacati
confederali (e dal punto di vista della "serietà" non c'è proprio di che
stupirsi). Ecco perché le sue dichiarazioni "tranquillizzanti" ("non
chiuderemo stabilimenti italiani"), peraltro abilmente contraddette da
quelle di Montezemolo ("vedremo dopo, a bocce ferme") tendono a scantonare
altri problemi: 1) lo scorporo del settore auto dalla FIAT (con il
cosiddetto "spin off" di una nuova azienda multinazionale "ad hoc"); la
tendenza sempre più marcatamente oligopolistica delle imprese dell'auto con
inevitabili conseguenze sui prezzi (e i lavoratori, di auto, non sono solo
produttori, ma anche consumatori); 3) gli ennesimi aiuti di Stato, ma su
scala globale, ai capitalisti "in crisi" con i soldi dei lavoratori; 4)
l'impennarsi della concorrenza globale tra lavoratori e non più solo con
cinesi o indiani ma con gli americani stessi, che rinunciano persino al
diritto di sciopero fino al 2012 e ci mettono di tasca propria i "fondi
pensione" e mutualistici (a Termini Imerese e Pomigliano cosa chiederanno di
metterci?), ecc...
Dopo la finta opposizione della CGIL alla controriforma del CCNL (che non si
è concretizzata in nessun atto reale di lotta), dopo la nessuna opposizione
e anzi l'appoggio sostanziale al DDL Delega di Sacconi per il restringimento
del diritto di sciopero nei trasporti (e in prospettiva nei servizi pubblici
essenziali), dopo la scandalosa gestione dell'affaire Alitalia e il connesso
massacro di precari, dopo le chiacchiere sulla situazione alla FIAT... una
delle prossime tappe sarà certamente la controriforma della rappresentanza
nei luoghi di lavoro (le attuali RSU). E allora vedremo quanto "democratici"
siano CGIL-CISL-UIL e il sindacato "più di sinistra" d'Italia. Ci aspettiamo
che il compagno Rinaldini questa volta non scivoli e che dichiari (e
mantenga con atti concreti) il proposito di disdettare qualsiasi eventuale
accordo peggiorativo sulla rappresentanza sindacale, magari disdettando
anche la vergogna del 33% "di diritto" agli "amici degli amici", sancita
nell'accordo del 1993, e che in questi anni ha permesso a FIM-FIOM-UILM,
proprio nel gruppo FIAT, di avere una rappresentanza formale nelle RSU ben
al di sopra di quella reale tra i lavoratori.
E' prevedibile che la crisi riduca progressivamente gli spazi di controllo
sociale che la triade confederale ha avuto in questi anni dal momento che
oggi questi sindacati non sono in grado di ottenere nulla per i lavoratori,
ma solo di gestire la crisi e il malcontento nell'interesse dei padroni.
Vedendo la difficoltà in cui si dibatte attualmente il movimento dei
lavoratori, padroni e lacchè politico-sindacali si permettono ogni genere di
spudoratezza come quella di gettarci in faccia i loro reciproci
"salamelecchi", il loro "ma come sei riformista...", "no, sei più riformista
tu...". In questa situazione persino il "democratico" senatore del PD,
Pietro Ichino (che peraltro non ha perso l'occasione per sferrare un nuovo
attacco allo SLAI COBAS come fa da anni, scrivendoci sopra anche dei libri)
ci fa la figura del "moderato".
Ma stiano bene attenti perché la "pacchia" non durerà in eterno. Del resto,
niente dura in eterno, neppure una situazione di merda come questa. I
proletari sono una grande massa con una grande inerzia che dura, a volte,
per anni. Una massa difficile da mettere in moto, ma anche difficile da
fermare e a quel punto, meglio non mettersi di traverso.
Maggio 2009
Le lavoratrici e i lavoratori di PRIMOMAGGIO
foglio per il collegamento tra lavoratori, precari e disoccupati
SLAI COBAS
sindacato dei lavoratori autorganizzati intercategoriale
Sede legale: Via Masseria Crispi 4, 80038 Pomigliano d'Arco (Na), tel.fax:
081/8037023,
@mail: cobasslai at fastwebnet.it
Sede nazionale: Viale Liguria 49, 20143 Milano, tel.fax 02/8392117,
@mail: slaimilano at slaicobasmilano.org
Comunicato stampa
Nessuna aggressione a Rinaldini!
Provocatori tra i confederali innescano il parapiglia
OCCORRE UNA LOTTA UNITARIA DEI LAVORATORI CONTRO LA FIAT
E I LICENZIAMENTI PROGRAMMMATI DA MARCHIONNE!
Senza nemmeno contattarci per confrontare la nostra versione dei fatti, si è
costruita ad arte la falsa notizia di un attacco preordinato e organizzato
per gettare dal palco della manifestazione operaia di Torino il segretario
della Fiom Rinaldini.
Lo Slai Cobas è sceso in piazza contro la Fiat e per una lotta unitaria dei
lavoratori contro la ristrutturazione e i licenziamenti programmati da
Marchionne.
Al termine del corteo contro la Fiat si chiedeva a gran voce, con
l'approvazione degli operai presenti in piazza, che potessero parlare anche
lo Slai Cobas e i lavoratori delle fabbriche Fiat colpite dalla
ristrutturazione e dalla minaccia di chiusura, in primo luogo gli operai di
Pomigliano deportati da oltre un anno allo stabilimento confino di Nola
(anche grazie a un accordo siglato dai confederali).
Stabilimento confino di Nola che ripete l'esperienza vergognosa dei reparti
confino fatti dalla Fiat di Valletta negli anni '50 a Mirafiori, dove
venivano rinchiusi tutti gli operai non disposti a subire passivamente lo
sfruttamento padronale.
Quando con i dirigenti confederali presenti sul palco era stato concordato
che avrebbero potuto parlare anche lo Slai Cobas e gli operai di Nola,
qualcuno dei confederali, che evidentemente non condivideva questa
decisione, ha innescato una violenta provocazione per impedirlo. Nel
parapiglia che ne seguiva Rinaldini cadeva e veniva aiutato a rialzarsi da
lavoratori dello Slai Cobas.
Quando, poi, un rappresentante dello Slai Cobas e uno degli operai di Nola
stavano per parlare, come concordato con i dirigenti confederali, qualcuno
tra di loro strappava violentemente i fili del microfono per impedirlo.
Abbiamo dovuto così parlare, dopo che i dirigenti confederali hanno
abbandonato il palco, con il nostro impianto voce e abbiamo parlato ai
lavoratori che nella quasi totalità sono rimasti in piazza.
Nessuna aggressione preordinata contro Rinaldini, quindi. Quanto accaduto è
stata una scelta deliberata di chi tra i confederali, innescando la violenta
provocazione sul palco, vuole continuare ad impedire che i lavoratori
possono prendere direttamente la parola e continuino a rimanere succubi di
accordi concertativi, a perdere e calati dall'alto.
Lo Slai Cobas ribadisce la necessità di una lotta ampia e unitaria degli
operai, dei lavoratori, contro la Fiat e il piano di ristrutturazione e
licenziamenti delineato da Marchionne.
Una lotta che deve articolarsi sul netto rifiuto della chiusura di qualsiasi
stabilimento, sulla redistribuzione del lavoro tra le fabbriche Fiat, sulla
riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, sul salario garantito
ai disoccupati, sul blocco degli straordinari negli stabilimenti. Misure che
potrebbero essere realizzate utilizzando i profitti fatti dai padroni in
questi anni.
Milano 16/5/2009
Slai Cobas www.slaicobas.it <http://www.slaicobas.it/> , Coordinamento
nazionale
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