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Fri May 15 11:31:27 CEST 2009
slai cobas per il sindacato di classe condivide e sostiene
NELLA CRISI UNITÀ E LOTTA OPERAIA
SU BASI DI CLASSE CONTRO PADRON FIAT
Non si può seriamente affrontare da parte dei
lavoratori del gruppo Fiat la situazione in corso
attualmente negli stabilimenti, senza assumere
come punto di riferimento un importante articolo
apparso il 22 dicembre scorso a firma di Anna
Maria Bruni.
L'articolo è scritto mentre viene annunciata
l'intera chiusura del gruppo nel periodo di natale,
vale a difre circa 50mila operai in cassintegrazione
per un mese, mentre venivano preannunciati
ulteriori periodi di cig che avrebbero portato gli
stabilimenti a lavorare 1 massimo due settimane al
mese.
L'articolo riferisce come questa messa in cassintegrazione a livello di massa senza
precedenti, avvenga mentre si dichiarano due miliardi di utili nell'anno e che in ottobre la
Fiat Grupp ha registrato il miglior terzo trimestre di ogni tempo, con un margine operativo
del 5,6% - tra i più alti del mondo,
e Marchionne dichiarava che anche se il volume delle vendite cadesse del 20% nel
2009, la Fiat non ne risentirebbe.
Alla cassintegrazione di massa si è fatto seguire il non rinnovo dei contratti precari per
oltre 5mila lavoratori e il preannunciarsi degli effetti di questo fermo nelle aziende
dell'indotto e componentistiche legate all'auto in generale, i cui numeri vengono giudicate,
secondo alcune fonti intorno a 60mila e secondo altre si arriverebbe intorno a 200mila.
A fronte quindi di una crisi riconosciuta anche dallo stesso segr. Della Fiom, Rinaldini "non
così determinante e grave", lo scenario cambia immediatamente nella seconda metà gennaio
2009, quando Marchionne annuncia 60mila posti a rischio, crollo senza precedenti delle
vendite, accordo con la Crysler e mobilita, per così dire, operai e sindacati in una pressione
sul governo perchè vengano stanziati aiuti
alla Fiat ben oltre i termini fisiologici della cassintegrazione, ma sollecitando un insieme di
provvedimenti a pioggia le cui cifre sono oggetto dio contrattazione tra azienda e governo,
tra i diversi settori industriali e governo, tra governo, opposizione e sindacati e all'interno
delle diverse fazioni che caratterizzano il governo. La stampa fa da gran cassa per
chiamare tutti al capezzale.
Che cosa collega questi due differenti scenari della crisi? Non lo ritroviamo né sulla stampa
né nei comunicati delle organizzazioni sindacali, bensì sulla più autorevole rivista del
settore automobilistico d'Europa, l'"Automotive news Europe", in cui Marchionne "con una
netta sterzata rispetto alle dichiarazioni di solo pochi mesi fa, dove ancora la Fiat
rappresentava la colonna portante dell'industria italiana, l'emblema del lavoro sicuro per la
classe che si faceva media, con uno spettacolare lancio pubblicitario della 500, ora parla di
industria "Wal-Mart" (vale a dire, sistema selvaggio di precarietà, tempi e ritmi)" -
Marchionne dice "ho rivisto completamente ciò che farò nel 2009, utilizzare tutte le
Con gli operai di Pomigliano
contro la repressione poliziesca
chiusure temporanee necessarie, arrivare ad avere una sola settimana di produzione. La
crisi può rivelarsi un'opportunità, per affrontare questo processo dobbiamo tagliar via ogni
cosa che non sia essenziale".
Ecco qui le ragioni vere del cambio di passo dell'azione della Fiat.
Questo è ciò che realmente sta succedendo. Questa è la forma con cui la crisi viene
scaricata sugli operai Fiat.
E alla luce di questo si può vedere chiaramente come la campagna per gli aiuti di Stato al
gruppo Fiat, che tenta di sviluppare una mobilitazione aziendalistica degli operai sotto la
guida del sindacalismo neocorporativo cgil, cisl, uil, è ciò che esattamente occorre
contrastare da un punto di vista di classe.
Operai allarmati e impoveriti dal taglio salariale della cassintegrazione reagiscono a quello
che sta avvenendo a tutela di ciascun stabilimento messo contro gli altri, avviene a
Mirafiori come a Pomigliano, e avviene a Melfi; operai mobilitati e guidati da una linea
reazionaria che sostiene esplicitamente "la
nostra lotta non è contro l'azienda che è
effettivamente in crisi, ma contro il
governo che non sta facendo ciò che stanno
facendo gli altri governi europei".
Una linea che vede protagonisti i sindacati
portavoce diretti delle aziende, che spesso
sono diversi da stabilimento a stabilimento,
ma a cui si alleano in un fronte oggettivo, i
dirigenti Fiom, fino a Cremaschi "la nostra
posizione è molto chiara e molto simile a quella di molti governi stranieri. Noi non sianmo
contrari agli aiuti pubblici però poniamo due condizioni, che non chiuda neanche uno
stabilimento italiano... cosa che la Fiat non ha ancora garantito e che non licenzi e recuperi
quelle migliaia di lavoratori precari che la Fiat ha già licenziato".
La realtà è invece che il piano Marchionne è in piena azione e comporta non solo questi
licenziamenti, bensì la precarizzazione permanente e sistemica di tutti gli operai
della Fiat, la repressione di tutti i lavoratori d'avanguardia più combattivi che possano in
qualche maniera costituire un ostacolo a questo piano, repressione che avviene in generale
con il silenzio-assenso dei sindacati confederali, a Pomigliano come a Melfi, alla restante
presenza in Arese...
Una linea classista e combattiva domanda di rispondere a questo piano innanzitutto con un
NO alla cassintegrazione sistemica.
Ingaggiare una guerra di unità tra gli stabilimenti che si muova fuori dai recinti del
sindacalismo confederale, Cremaschi compreso, e che imponga una nuova stagione, modello
"21 giorni" - e questa volta in tutti gli stabilimenti.
Una linea alternativa che trovi le sue gambe in ogni stabilimento, sfruttando le
contraddizioni specifiche del nemico e facendo leva sulla base unitaria: "Noi la crisi non la
paghiamo", "con la cassintegrazione non si può campare", "riduzione
dell'orario di lavoro a parità di paga", "stabilizzazione di tutti gli
operai precari", "rientro in fabbrica di tutti i licenziati politici".
Articolo apparso sul n1 febbraio 2009
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