[Redditolavoro] no al pacchetto sicurezza - La società nell’ombra del sospetto

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Sat Feb 7 10:49:01 CET 2009





Pacchetto sicurezza e migranti, violata l’eguaglianza




Da Il Manifesto, di Angelo Caputo e Rita Sanlorenzo - 4 febbraio 2009
L'analisi dell'ennesimo pacchetto sicurezza secondo Antigone, Giuristi
democratici, Asgi e Magistratura democratica
“Per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia dell’immigrazione
siano molteplici e per quanto possano essere percepiti come gravi i problemi
di sicurezza e di ordine pubblico connessi a flussi migratori incontrollati,
non può risultarne minimamente scalfito il carattere universale della
libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione
proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una
determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Le parole della
Corte costituzionale descrivono con grande efficacia il carattere universale
attribuito dalla Costituzione alle libertà fondamentali della persona. Ed è
questa dimensione universalistica che deve costituire il metro per guardare
alla condizione giuridica dei migranti: a quella restituita, ancora una
volta, dalle drammatiche cronache da Lampedusa e a quella che si va
delineando sul terreno delle politiche del diritto.
Con questo metro va analizzato il disegno di legge n. 733 all’esame del
Parlamento, sul quale alcune associazioni di giuristi (Antigone, Giuristi
democratici, Asgi e Magistratura democratica) hanno di recente diffuso un
articolato documento critico.
In adesione all’impostazione segregazionistica della direttiva sui rimpatri,
il provvedimento allunga fino a diciotto mesi la durata massima della
detenzione amministrativa. L’abnorme dilatazione del trattenimento e la
valenza sostanzialmente punitiva che verrebbe ad assumere sono destinati ad
esasperare le torsioni, sul piano delle garanzie fondamentali, di una misura
che incide sulla libertà personale del migrante in forme riservate dalla
legge penale solo alle misure di custodia applicate in relazione ai più
gravi delitti. Il tutto, peraltro, in assenza di qualsiasi comprovata
efficacia rispetto alla finalità dichiarata, ossia l’esecuzione delle
espulsioni, come testimoniano le conclusioni della Commissione De Mistura
istituita nella scorsa legislatura dal Ministro dell’interno. Quale funzione
allora avrebbe una detenzione amministrativa di un anno e mezzo?
Il disegno di legge configura poi come reato l’ingresso e il soggiorno
illegale dello straniero nel territorio dello Stato. Così come l’aggravante
dell’irregolarità che aumenta le pene per lo straniero senza permesso di
soggiorno che violi il codice penale (introdotta da qualche mese e già
oggetto di eccezioni di illegittimità costituzionale), il nuovo reato di
ingresso e soggiorno illegale risponde alla logica del “diritto penale d’autore”:
viene sanzionato penalmente non un fatto lesivo di beni primari, ma una
condizione individuale, la condizione di migrante. Nell’ultima versione
licenziata dalle commissioni parlamentari, la pena stabilita per il nuovo
reato è solo pecuniaria, ma è anche prevista l’espulsione come sanzione
sostitutiva applicabile dal giudice penale, un’espulsione questa che
verrebbe a sovrapporsi perfettamente all’espulsione come sanzione
amministrativa. Di qui nuovamente l’interrogativo sulla funzione del nuovo
reato: a cosa serve raddoppiare in sede penale una misura che già l’autorità
amministrativa è tenuta a disporre?
In realtà, proprio l’impossibilità di individuare in queste innovazioni una
funzione coerente con lo scopo proclamato (l’effettività delle espulsioni)
ne rivela una razionalità orientata alla disuguaglianza e alla
formalizzazione di una condizione giuridica fondata sull’esclusione. Qualche
anno fa, nella sua Cronaca da un campo rom, Marco Revelli ha denunciato la
perversione dell’idea di democrazia, da strumento a ostacolo del principio
di eguaglianza; più di recente, Gustavo Zagrebelsky ha ricordato che senza
uguaglianza, la libertà vale come garanzia di prepotenza dei forti, cioè
come oppressione dei deboli. La condizione dei migranti rappresenta, non da
oggi, un laboratorio che esprime tendenze di fondo delle politiche del
diritto: è con questa consapevolezza che dobbiamo guardare alle normative
che si vanno delineando, ricordando che, come diceva Luigi Di Liegro, nulla
come la normativa sugli stranieri ci dice in maniera profonda che cosa
siamo.
Che cosa siamo e, possiamo aggiungere, che cosa stiamo diventando.




Speciale pacchetto sicurezza - La società nell’ombra del sospetto




Meno sicurezza e libertà per tutti. La cultura della minaccia e del sospetto
sulla testa dei migranti
Per il momento è stato solo il Senato a dare il via libera al disegno di
legge 733, che modifica in senso restrittivo le già pesanti norme contenute
nella Legge Bossi Fini, ma non è difficile immaginare la posizione espressa
dalla Camera quando sarà chiamata a pronunciarisi. Anzi, il Ministro dell’Interno
Maroni, come se non bastasse, ha annunciato di voler riproporre, proprio in
sede di discussione nell’altra aula del Parlamento, il punto, ritenuto
qualificante, che prevede l’allungamento dei tempi di detenzione nei Centri
di Identificazione ed Espulsione fino a 18 mesi.

Il provvedimento sulla sicurezza, nel suo complesso, interroga il futuro di
una società attraversata da una crisi che, a detta dello stesso management
del capitalismo mondiale, pervade incontrovertibilmente il sistema, ed è
strutturale. Ci interroga quindi su quali saranno gli scenari della società
che viene, sulle risposte che, in questo cambio di paradigma epocale,
dobbiamo attenderci.
Certo che l’inizio, dalla parte del legislatore, non prefigura nulla di
buono.
Ma si tratta di un disegno compiuto? Il legislatore è uno spietato
architetto o piuttosto uno sciocco incapace?
Il pacchetto sicurezza racconta una realtà in cui emerge la continua
rincorsa, il continuo tentativo, anche attraverso la produzione normativa,
di addomesticare la mobilità, di agire sui corpi, sulle menti, sulla vita,
di restringerne gli spazi di libertà. Tutto il complesso di norme approvate
dal Senato, ma anche quelle in precedenza già entrate in vigore - il primo
decreto legge contenete l’aggravante di reato per gli irregolari, i decreti
legislativi su ricongiungimenti e diritto d’asilo - hanno questo risvolto
profondamente intrecciato al tema del sospetto, della minaccia, del ricatto
che agisce permanentemente sui soggetti in questione.
L’immigrato è disegnato come un potenziale criminale, questo è ovvio già da
tempo, il pacchetto sicurezza va solo ad alimentare, con il suo alto valore
simbolico, questa costruzione del nemico, del pericolo potenziale sempre
imminente. Ma non solo, dall’altra parte ogni medico diventa una potenziale
spia, un sospetto delatore. Questo punto del pacchetto sicurezza è
particolarmente rilevante (e drammatico). Ovvio che la soppressione del
divieto di segnalazione con la sicurezza poco ha a che vedere. Semmai, il
suo effetto più immediato, rischia di essere proprio quello di rendere tutti
più insicuri, di mettere a rischio la salute dei migranti e della
collettività intera. Ma c’è un altro risvolto non di poco conto. Il rapporto
di confidenza ed empatia che sta alla base della relazione tra curato e
curante, diventa precario, instabile, rischioso, potenzialmente
controproducente.
Centinaia di migliaia tra medici e personale ospedaliero, insieme alle più
importanti organizzazioni di ordine o umanitarie, hanno dichiarato la loro
indisponibilità ad accettare questo ruolo: disobbediremo dicono,
continueremo nel nostro lavoro curando chi vogliamo quando vogliamo, ma
questo non basta a vanificare il diffondersi del timore del sempre imminente
rischio di essere segnalati e quindi espulsi.
Precarietà della vita appunto, cultura del sospetto, rischio, incertezza,
ricatto e minaccia che agiscono in maniera permanente sulla vita, sul corpo,
perfino sulla malattia.

Il controllo, il governo, passano attraverso tutto questo. Per la verità il
governo delle migrazioni passa anche attraverso la tortura visto che le
prime minacce, i migranti che ambiscono all’Europa, le subiscono nel deserto
che separa la Libia (nota per gli abusi sui detenuti) dagli altri paesi dell’Africa.
In questi giorni il Parlamento italiano ha approvato anche un accordo di
amicizia con questo Stato.
Da un lato quindi c’è l’alto valore simbolico di un provvedimento che solo
dal punto di vista della retorica ha a che vedere con la sicurezza, dall’altro
invece, c’è l’effetto perverso di tutte le disposizioni che contiene, da
quelle che permettono l’iscrizione angrafica (per tutti, anche per i
cittadini italiani) solo a fronte dell’idoneità dell’alloggio, a quelle che
introducono il permesso di soggiorno a punti, in cui il punteggio è
commisurato, oltre che alla buona condotta, anche alla propensione all’integrazione,
all’assimilazione dei valori si dice: addomesticare, normalizzare,
regolamentare attraverso il ricatto, su questa scivolosa frontiera si muove
il governo della vita.
Ma ancora, dello stesso valore, simbolico e perverso, sono le disposizioni
che introducono il reato di ingresso e soggiorno irregolare - anche se a
fronte dell’impossibilità di incarcerare centinaia di migliaia di pesone la
sanzione prevista è una semplice, seppur costosissima, multa - o quelle che
introducono una tassa, un contributo si dice, su ogni pratica di rilascio e
rinnovo del permesso di soggiorno.
Questo ultimo punto è un’altro tra quelli particolarmente rilevanti del
provvedimento. A fronte di un sistema burocratico lento ed illogico - in
media un permesso viene consegnato dopo ben 291 giorni - ai migranti si
chiede di pagare per sé e per i propri familiari, una tassa che varierà da
80 a 200 euro (quindi fino a 800 euro per una famiglia di quattro persone)
per ricevere un permesso che di norma, viene consegnato scaduto.
Cosa produrrà tutto questo? Le tensioni e le contraddizioni in cui è immersa
la nostra società non sono certo cosa nuova. Ma quali scenari abbiamo
davanti? Che reazioni possiamo immaginare dal punto di vista sociale davanti
in questo quadro?
C’è un diffuso e generalizzato desiderio di protezione, ne parlano a Davos
gli ex-potenti della terra quando discutono l’uscita dalla crisi, ce lo
raccontano le cronache di Lampedusa, di Milano (la reazione dopo l’omicidio
di Abba), di Castelvolturno. Ma la società è un insieme molteplice e
complesso di spinte. Dall’altro lato infatti ci sono le vicende di Nettuno,
di Civitavecchia, quelle meno recenti di Pianura, le iniziative contro la
costruzione delle moschee e quelle che in generale hanno una stretta
correlazione con il razzismo, ad insegnarci come ciò che abbiamo davanti
possa sempre essere una realtà di segno ambivalente. Ciò che emerge è un
nuovo scenario che parla il linguaggio della difesa, della protezione, del
rifiuto, ma che, a seconda delle condizioni storiche, culturali, materiali
che si presentano, può assumere i caratteri brutali del razzismo (questo
paese sembra veramente travolto da un’emergenza in questo senso), della
chiusura identitaria, o comunitaria, oppure quelli della liberazione, della
cooperazione, della solidarietà.
Di certo, questo è ovvio, in questo contraddittorio scenario, è necessario
prender parte, sporcarsi le mani.

Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa


Approvato dal Senato il Pacchetto Sicurezza. Il ddl 733


Ecco i principali punti contenuti nel testo approvato
Passano la tassa di soggiorno e la soppressione del divieto di segnalazione
degli irregolari per il personale ospedaliero, battuta d’arresto sulla
detenzione nei cpt
Con 154 voti favorevoli e 114 contrari il Senato della Repubblica ha
approvato il pacchetto sicurezza, il disegno di legge 733.
Il testo licenziato dall’aula, dal profondo carattere restrittivo, prevede
la soppressione dell’art. 35 del T.U. sull’immigrazione, che disponeva il
divieto di segnalazione dei migranti irregolari da parte del personale
medico ed ospedaliero ed un contributo (la famosa tassa) per le pratiche di
rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, da 80 a 200 euro, da definire
con un successivo decreto ministeriale.
Battuta d’arresto invece per il punto in cui si prevedeva il prolungamento
dei tempi di detenzione all’interno dei Cie fino a 18 mesi, dovuta all’assenza
di molti parlamentari della maggioranza, anche se il Viminale ha già
annunciato l’intenzione di ripresentare la proposta in occasione della
votazione alla Camera.
Ecco cosa prevede il Ddl 733:

  Matrimoni e cittadinanza italiana
L’acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio potrà avvenire, dopo
due anni di residenza nel territorio dello Stato (dopo il matrimonio) o dopo
tre anni nel caso in cui il coniuge si trovi all’estero. Tempi dimezzati in
presenza di figli. Le precedenti disposizioni prevedevano un termine di sei
mesi. BR> Sarà poi necessario il pagamento di una tassa di 200 euro.
Ulteriore stretta sui matrimoni con una modifica al Codice Civile che
prevede l’introduzione dell’obbligo di esibire il permesso di soggiorno.
Niente più matrimoni quindi neppure tra "irregolare" ed "irregolare", che
non comporterebbe nessun tipo di "regolarizzazione";
  Ingresso e soggiorno irregolare
Si introduce il reato di ingresso e soggiorno irregolare ma senza che questo
comporti l’immediata incarcerazione. E’ prevista un’ammenda da 5.000 a
10.000 euro. Inoltre è prevista la possibilità di rimpatrio senza il
rilascio del nulla osta da parte dell’autorità competente;
  Iscrizione anagrafica
Sarà richiesta per l’iscrizione o la variazione della residenza anagrafica,
la certificazione dell’idoneità alloggiativa.
Moltissime abitazioni, anche tra quelle reperibili dietro lauto compenso nel
mercato privato, non potranno rispondere a questo criterio.
Ecco uno dei provvedimenti che andranno ad intaccare i diritti dei cittadini
migranti, dei comunitari e degli stessi cittadini italiani;
  Esibizione del permesso di soggiorno
Si introduce la necessità di esibire il permesso di soggorno per tutti gli
atti di stato civile. Ciò significa che anche il semplice ma sacrosanto
diritto di riconoscere un figlio verrà sottoposto al filtro della richiesta
del permesso di soggiorno;
  Visto d’ingresso per ricongiungimento familiare
Non sarà più possibile richiedere il visto di’ingresso se il nulla osta non
verrà rilasciato dopo 180 giorni dal perfezionamento della pratica.
Svanisce così anche l’unica possibilità di garanzia del diritto all’unità
familiare prevista per far fronte alle lentezze burocratiche;
  Rimesse di denaro
I cosiddetti servizi di money transfer avranno l’obbligo di richiedere il
permesso di soggiorno e di conservarne copia per dieci anni. Inoltre
dovranno comunicare l’avvenuta erogazione del servizio all’autorità
competente nel caso riguardi un soggetto sprovvisto di permesso;
  Permesso Ce di lungo periodo
L’ottenimento della carta di soggiorno potrà avvenire solo dopo il
superamento di un test di lingua italiana;
  Reati ostativi all’ingresso
Dovranno essere prese in considerazione anche le condanne non definitive;
  Un contributo da 80 a 200 euro
Per tutte le pratiche relative al rilascio o al rinnovo del permesso di
soggiorno si dovrà versare questo contributo economico;
  Esibizione dei documenti
Arresto fino ad un anno e multe fino a 2.000 euro;
  Registro per senza fissa dimora
Se da un lato viene cancellata per i senza fissa dimora (ma non solo) la
possibilità di iscrizione anagrafica, viene istituito presso il Ministero
dell’Interno un registro per la schedatura dei cosiddetti clochard;
  Cancellazione anagrafica
E’ prevista dopo sei mesi dalla data di scadenza del permesso di soggiorno;
  Permesso di soggiorno a punti
E’ disposta l’istituzione di un accordo di integrazione articolato in
crediti da sottoscrivere al momento della richiesta di rilascio del permesso
di soggiorno. I criteri e le modalità verranno stabiliti da un apposito
regolamento; [ leggi il commento dell’Avv. Marco Paggi ];
  Favoreggiamento ingresso irregolare
Vengono inasprite tutte le norme legate al favoreggiamento dell’ingresso
irregolare, non vengono invece minimamente toccate le sanzioni per quanto
concerne gli sfruttatori. Chi, nello sfruttamento di situazioni di soggiorno
irregolare, trarrà un ingiusto profitto (chi impiega lavoratori irregolari
sottopagati) non vedrà quindi aggravata la sua situazione.
  Soppressione del divieto di segnalazione
I medici ed il personale ospedaliero potranno segnalare all’autorità
competente, ai fini dell’espulsione, gli stranieri senza permesso di
soggiorno, ed in possesso quindi della tessera Stp, che si recheranno presso
le strutture ospedaliere.
vai all’articolo
Il testo ora passerà al vaglio della Camera, prima dell’entrata in vigore.


Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa


[ giovedì 5 febbraio 2009 ]  http://www.meltingpot.org/articolo13966.html



Non tutte le baggianate della Lega sono state recepite, ma resta attuale il
commento di Marco Paggi, esilarante se la materia non fosse tragica...

e

Permesso di soggiorno a punti - Il commento alla proposta leghista

a cura dell’Avv. Marco Paggi
La proposta presentata dalla Lega Nord di introdurre una regolamentazione
del permesso di soggiorno in base ad un sistema di punteggio dovrebbe
persino essere, secondo alcuni, un sistema premiale o disincentivante di
determinati comportamenti.
Le prime opinioni sull’argomento, anche sulle stampa italiana, come spesso
succede nella politica italiana, sono state spese al buio, cioè senza avere
la minima idea di cosa si intendesse per permesso a punti.
Qualcuno ha anche ipotizzato che questa possa essere una buona idea perché
potrebbe avere un effetto positivo, cioè una graduazione degli incentivi e
dei disincentivi, che, se calibrata nella giusta direzione, potrebbe
costituire uno stimolo per gli immigrati all’integrazione.
L’art 18-bis proposto dalla Lega Nord ed intitolato Accordo di Integrazione
per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno propone di
aggiungere all’articolo 4 del decreto legislativo 286/98, il Testo Unico
sull’immigrazione, un articolo 4 bis che recita: "ai fini di cui alla
presente legge si intende per integrazione quel processo finalizzato a
promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri nel
rispetto dei valori sanciti dalla costituzione italiana impegnandosi
reciprocamente a partecipare alla vita economica, sociale e culturale della
società".
Una volta data la definizione di integrazione, anche se sulla definizione di
integrazione la sociologia si spreca, ci viene proposta l’idea concreta dell’emendamento.
Si prevede che, contestualmente alla domanda di rilascio del permesso di
soggiorno, in base all’art 5, il cittadino straniero sottoscrive un accordo
di integrazione articolato per crediti e si impegna a sottoscrivere
specifici obiettivi di integrazione da conseguire nel periodo di validità
del permesso di soggiorno nel rispetto di una serie di condizione che poi
vengono indicate: è chiaro fin da subito quindi che, già a partire dal primo
ingresso in Italia, lo straniero dovrebbe impegnarsi alla sottoscrizione di
questo accordo di integrazione per poter ottenere dei crediti e quindi, se
non dovesse sottoscrivere tale accordo, non riceverebbe, nonostante il
nullaosta all’ingresso per motivi di lavoro, rilasciato a seguito delle
procedure regolate dal decreto flussi, non riceverebbe il permesso di
soggiorno.
Le condizioni che sono poste in sede di sottoscrizione di questo accordo di
integrazione, prevedono l’attribuzione di 10 crediti al cittadino straniero
in possesso dei seguenti requisiti:
  livello adeguato di conoscenza della lingua italiana (certificato in
rapporto agli standard minimi definiti nel quadro di riferimento europeo
comune per le lingue del Consiglio d’Europa);
  adesione alla carta dei valori della cittadinanza dell’integrazione di cui
al decreto del Ministero degli Interni 23 aprile 2007;
  conoscenza basilare delle regole fondamentali dell’ordinamento giuridico
il cui rispetto costituisce un presupposto indispensabile per la convivenza
pacifica.
Dobbiamo allora immaginare che l’interessato, per ottenere i primi dieci
punti, appena giunto in Italia, o meglio, per ottenere il permesso di
soggiorno, dovrebbe dimostrare un livello adeguato di conoscenza della
lingua italiana. Dobbiamo quindi immaginare che debba sostenere un esame o
una qualche prova o che comunque debba, probabilmente a proprie spese,
dimostrare di avere un’adeguata conoscenza della lingua italiana.
Poi dovrà sottoscrivere questa carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione
di cui al decreto del Ministero degli Interni 23 aprile 2007: in questo caso
si dovrà firmare un documento quindi non dovrebbe costare nulla.
Per quanto riguarda il terzo punto, cioè la conoscenza basilare delle regole
fondamentali dell’ordinamento giuridico il cui rispetto costituisce un
presupposto indispensabile per la convivenza pacifica, si tratterebbe
presumibilmente, anche in questo caso, di un esame.
Queste sarebbero le condizioni per avere il permesso di soggiorno: come
minimo uno o due esami con preparazione ed attestati relativi, possibilmente
a spese dell’interessato, appena arrivato in Italia, come se chi, appena
arrivato in Italia a seguito del decreto flussi, non abbia altro a cui
pensare.
Immaginiamoci per esempio una badante che, dopo un percorso rocambolesco,
riesca ad entrare dalla porta principale e che invece di cominciare a
lavorare ed avviare le pratiche per il rilascio del permesso di soggiorno,
debba preoccuparsi dell’esamino di lingua italiana e di conoscenza delle
regole fondamentali dell’ordinamento giuridico.
Ma non è tutto.
All’atto del rinnovo del permesso di soggiorno, il cittadino straniero può
incrementare i crediti attribuiti al momento dell’ingresso. I 10 crediti
potranno essere incrementati al momento del rinnovo. Questo potrà avvenire
attestando tre requisiti:
  la mancanza per un periodo di due anni di violazioni di una norma di
comportamento per cui derivi una decurtazione dei crediti;
  il superamento di un corso atto a verificare il livello di integrazione
sociale e culturale del cittadino straniero ed il raggiungimento degli
obiettivi sottoscritti (naturalmente dubitiamo che tutto ciò avvenga a spese
dello stato come la parte finale della proposta spiega bene);
  un livello adeguato di partecipazione economica e sociale alla vita della
comunità nazionale e locale (come se i livelli adeguati di reddito minimo
non fossero già stabiliti dalla legge con riferimento all’importo annuo dell’assegno
sociale).
Attenzione: i crediti assegnati ad ogni cittadino straniero ai sensi delle
lettere a e b, cioè i crediti assegnati al rilascio ed al rinnovo del
permesso di soggiorno, subiscono delle decurtazioni in misura proporzionale
alla gravità dell’infrazione commessa, in caso di:
  condanna per violazione di una delle norme del codice penale non soggetta
all’ordine di espulsione del giudice;
  illeciti amministrativi (non meglio precisati);
  illeciti tributari (non meglio precisati).
Nel caso in cui le decurtazioni previste dalla lettera c comportino una
riduzione dei crediti a un numero inferiore a 5, i cittadini si sottopongono
a corsi di integrazione (si sottopongono o vengono sottoposti) volti a
coinvolgere lo straniero in attività socialmente utili, una norma alquanto
vaga nella sua formulazione.
Poi nel caso in cui le decurtazioni di cui alla lettera c portino all’azzeramento
dei crediti è disposta la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione
dello straniero dal territorio dello stato, eseguita dal questore secondo le
modalità previste dal Testo Unico .
Il punteggio attribuito ai cittadini stranieri poi, ai sensi del comma
precedente, viene annotato sul permesso di soggiorno elettronico. La norma
prosegue prevedendo che la stipula dell’accordo integrazione rappresenta
condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno e poi
precisa che, il Ministero dell’Interno, col proprio decreto da adottare
entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ben
inteso, in questo momento si tratta ancora di una proposta di legge,
definisce con apposite tabelle i criteri per l’assegnazione, l’incremento e
la decurtazione dei crediti nel rispetto del principio di proporzionalità
stabilito al comma 2 lettera c.
In realtà il comma 2 lettera c non prevede un criterio di proporzionalità,
prevede un principio di proporzionalità che poi sarà discrezionalmente
definito con questo apposito decreto del Ministero dell’Interno. Il
Ministero dell’Interno, poi, sempre entro 60gg dovrà, sentiti il Ministero
dell’Istruzione dell’Università e della ricerca, il Ministero del Lavoro,
della Salute e delle Politiche Sociali stabilire con l’apposito decreto i
criteri per il rilascio delle attestazioni atte a certificare la conoscenza
della lingua italiana ai sensi del comma 2 punto 1, nonché i programmi e le
modalità di svolgimento dei corsi di integrazione di cui al coma 2 punto b2.
In altre parole bisognerebbe votare, secondo la Lega Nord, una legge a
scatola chiusa e poi attendere di scoprire quali saranno i criteri di
proporzionalità che il Ministero ritiene di adottare, quali saranno i
programmi, le modalità di svolgimento dei corsi di integrazione e
soprattutto le condizioni in cui questi corsi dovrebbero essere svolti.
L’ultima parte, quella prevista dal comma 6 di questo articolo 4bis
specifica una questione di non poca rilevanza.
Dice: allo svolgimento delle attività connesse alla sottoscrizione,
attuazione e verifica dell’accordo di integrazione si provvede a valere
sulle risorse umane, finanziarie e strumentali preposte all’espletamento
delle funzioni relative al rilascio e rinnovo del premesso di soggiorno.
Si tratta ad un’espressione eufemistica per dire in parole povere che questa
norma, con tutto questo complesso sistema di gestione di punti, di corsi e
di prove d’esame, dovrebbe essere gestita a costo zero.
Gli uffici preposti al rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, ovvero
gli uffici stranieri delle questure dovrebbero, come se non avessero già
nulla da fare, occuparsi anche di tutto questo processo complesso che
prevede una continua contabilità, per ogni individuo, con riferimento ai
diversi aspetti che hanno a che fare con il diritto amministrativo, con
esami di lingua italiana con corsi di integrazione ecc. Già questo
basterebbe per considerare questa proposta assolutamente inapplicabile dal
punto di vista pratico, amministrativo ed in termini di economia.
Ma sorge spontanea una domanda: se lo straniero si comporta benissimo,
ottiene subito i primi dieci punti, ne ottiene altri – non è esplicitato
quanti – in occasione del rinnovo del permesso di soggiorno, se supera un
altro esame atto a verificare l’integrazione sociale e culturale, se
dimostra – anche qui non si conoscono ii criteri - un livello adeguato di
partecipazione economica (non sappiamo per esempio se un lavoratore
interinale, si considera socialmente ed economicamente inserito nella
comunità e se, secondo il legislatore, abbia un livello adeguato di
partecipazione economica e sociale nella vita della comunità nazionale), che
vantaggi trae da questo sistema? Dove starebbe il meccanismo premiale o
incentivante? A cosa possono servire i punti accumulati?
Non se ne farebbe assolutamente nulla, potrebbe avere la piccola, magrissima
soddisfazione di accumulare tanti punti per poi giocarseli tutti in una
volta togliendosi lo sfizio di commettere qualcuna delle violazione o dei
comportamenti screanzati individuati dal Ministero dell’Interno come idonei
a togliere.
Ricordiamo che a suo tempo la legge Martelli prevedeva un meccanismo
premiale molto più semplice, facile da amministrare ed efficace soprattutto,
nei confronti degli stranieri, come disincentivo rispetto all’attuazione di
comportamenti anti-sociali. Si prevedeva che lo straniero che avesse tenuto
una condotta regolare durante il primo permesso di soggiorno, al momento del
rinnovo, avrebbe ottenuto un permesso per una durata doppia del precedente.
Ed ecco che quindi, a quei tempi, quando c’erano sicuramente meno migranti
in Italia e gli uffici non erano intasati di pratiche, si era prodotto uno
snellimento dell’attività degli uffici stranieri delle questure ed al tempo
stesso un incentivo nei confronti degli stranieri. Si premiava una buona
condotta con il rilascio del permesso di soggiorno di durata doppia e quindi
con una maggiore stabilità ed un minore assoggettamento agli adempimenti
amministrativi che, com’è noto, sono molto complessi e costringono a
sopportare tempi di attesa intollerabili.
Una prima presa di posizione è stata assunta dalla UIL in particolare dell’ufficio
che si occupa di immigrazione. La proposta del contratto di soggiorno a
punti è stata definita letteralmente “indecente in quanto lesiva del diritto
dell’immigrato di avere parità di trattamento di fronte alla legge. Le leggi
ci sono già per punire chi compie un reato ed eventualmente revocare il
permesso di soggiorno a chi ha dimostrato di non meritarlo. Paragonare alla
patente il progetto di vita dell’immigrato ne diminuisce il valore di fronte
agli altri ed è dunque lesivo della dignità della persona”.“ E’ facile
prevedere” – prosegue la nota della UIL – “ l’impossibilità per il nostro
apparato burocratico di sostenere questo compito, un apparato che oggi
rilascia un rinnovo di permesso dopo un anno anziché dopo i 40 giorni
previsti della legge e consegna il nulla osta al lavoro al 10% delle imprese
dopo 2 anni come potrebbe amministrare questo sistema di punteggio?”
Rispetto a questa proposta è intervenuta anche una presa di posizione dell’UGL,
di analogo contenuto, che esprime fortissime perplessità sull’utilità, sulla
possibilità di gestione, sul buon senso di questa iniziativa.
In ogni caso è doveroso sottolineare che in questa proposta non c’è traccia,
come abbiamo già detto, di un contenuto premiale, esiste solo un ulteriore
sistema sanzionatorio strisciante demandato a valutazioni discrezionali,
prima a monte, da parte del Ministero dall’Interno, che dovrebbe stabilire
questi criteri e poi da parte degli uffici che dovrebbero applicarli. E’
previsto poi un sistema di corsi e di verifiche che dovrebbe sopportare
costi che verrebbero posti a carico dei cittadini lavoratori immigrati che
già sono gravati da spese per il normale rinnovo del permesso di soggiorno
(70 euro per ogni rinnovo premesso di soggiorno 280 euro per un nucleo
familiare composto da padre madre e due figli, per avere il rinnovo del
permesso di soggiorno per soli 6 mesi e per attendere ben oltre 6 mesi per
ottenere la consegna di un permesso di soggiorno già scaduto nella quasi
totalità dei casi.
Sembra fin troppo legittima la preoccupazione che questi corsi relativi all’integrazione
siano, nella realtà pratica, forme di indottrinamento coatto, cosa che
sortisce raramente risultati positivi, anzi, ci si può aspettare che produca
risultati controproducenti.
Perché, visto che siamo il paese col record delle morti sul lavoro, non
prevedere invece un sostegno reale, economico e costruttivo per garantire
negli ambienti di lavoro, o in collegamento con le aziende, corsi di lingua
italiana e soprattutto corsi sulla sicurezza sul posto di lavoro?
L’accesso ai corsi di 150 ore per i lavoratori immigrati è una rarità
assoluta, la possibilità per questi lavoratori, al di fuori dell’orario di
lavoro e distanti dall’azienda e dall’abitazione, di frequentare corsi di
lingua italiana, o anche solo di apprendere le indispensabili norme e misure
di sicurezza sul posto di lavoro è assolutamente rara, come d’altra parte
anche per i lavoratori italiani.
Le sanzioni, nel Testo Unico, che comportano la perdita del permesso di
soggiorno, ci sono già e sono tantissime, la possibilità di perdere il
permesso di soggiorno è sempre dietro l’angolo. Per il furto di una
bicicletta dal valore ridicolo si perde il permesso di soggiorno: questo è
già stabilito dalla legge!
Quali altri comportamenti antisociali dovrebbero provocare la perdita del
permesso di soggiorno e mettere in gioco la vita di una intera famiglia, che
vive magari da tanti anni in Italia?
E’ previsto che la perdita dei punti avvenga in seguito ad una condanna per
violazione di una delle norme del codice penale non soggetta all’ordine di
espulsione da parte del giudice (in realtà la condanna per un reato previsto
come ostativo dal testo unico sull’immigrazione non comporta l’ordine di
espulsione ma la revoca del permesso di soggiorno e la successiva
espulsione).
Con questa proposta si vuole prendere in considerazione qualsiasi reato per
produrre la perdita del permesso di soggiorno e quindi mettere in gioco l’esistenza
e l’intero progetto di una famiglia. Ebbene quali potrebbero essere questi
reati fra i tanti, cioè reati per i quali la legge non prevede l’espulsione?
Si tratta di reati, per esempio, punibili con querela di parte, come ad
esempio il reato di ingiurie, oppure il reato di schiamazzi notturni, ovvero
turbativa della quiete e del riposo delle persone, previsto dall’art. 659
del Codice Penale, oppure un reato ancora più modesto, come l’omessa
custodia di animali, cioè il non tenere il cane al guinzaglio, prevista dall’art.
672 del Codice Penale, oppure un reato in cui possono incorrere, oltre agli
imprenditori italiani, anche i nuovi imprenditori, spesso commercianti o
artigiani stranieri, previsto dall’art. 451 del Codice Penale, ovvero l’omissione
colposa di cautele contro l’infortunio sul lavoro, il non aver piazzato un
segnale o uno dei tanti segnali obbligatori in materia di antinfortunistica
sul lavoro.
Ma perché mai i comportamenti che sono sanzionati in un certo modo per gli
italiani non dovrebbero essere sanzionati allo stesso modo anche per i
cittadini stranieri?
Le stesse riflessioni valgono anche per le altre ipotesi di perdita dei
punti: illeciti amministrativi, illeciti tributari non meglio specificati.
Visto che anche il divieto di sosta è un illecito amministrativo, per il
cittadino straniero che compie normali violazioni del codice della strada,
si dovranno applicare sanzioni come la perdita del permesso di soggiorno per
il capo famiglia e di conseguenza per tutti quelli che vivono a suo carico?
Lo stesso dicasi per gli illeciti tributari: non si vede perché i cittadini
stranieri debbano rispondere in modo più grave rispetto ai cittadini
italiani.


http://www.meltingpot.org/articolo13494.html



Proposte leghiste per un razzismo creativo




L’ultima uscita della Lega in materia di immigrazione ha qualcosa di
sicuramente apprezzabile dal punto di vista della creatività e della
fantasia.
Certo, il sistema dei punti che si perdono o si riacquistano sul permesso di
soggiorno, a seconda del comportamento di chi ne è titolare, esiste già in
qualche paese occidentale. Quel che appare inedito è però il livello di
progettualità discriminatoria che questo partito al potere sta raggiungendo
attraverso un quadro composito di proposte, provvedimenti, commenti e
proclami.
Però non chiamateli razzisti. L’idea di introdurre referendum sui diritti
delle minoranze è per loro solo un tentativo di far funzionare in maniera
più sana la democrazia.
Il fatto di colpevolizzare a priori le vittime e assolvere quasi sempre i
colpevoli, soprattutto se si tratta di vittime senza cittadinanza italiana
( o con la pelle scura) e di colpevoli in divisa, è una maniera per
difendere la giustizia e la sicurezza degli elettori.
E non sono certo loro, nessuno di questo governo, ad andare in giro a
spaccare il naso ai cinesi o a uccidere a sprangate giovani ragazzi africani
per le strade di Milano. Loro non c’entrano proprio nulla.
Sono piuttosto quelli che contro questi episodi chiedono il pugno di ferro
da parte della polizia e della magistratura, quelli che invocano pene
esemplari per dimostrare che si tratta solo di qualche isolato fuori di
testa e fuori controllo.
Davvero non ha alcuna colpa chi ci governa (e, a dirla tutta, anche chi ci
ha maldestramente governato in precedenza) se il razzismo sembra avere
trovato una linfa vitale e una legittimazione collettiva che non aveva dai
tempi più bui di questo paese?
Ogni legge emanata, ogni decreto, ogni semplice proposta e disegno, ogni
commento di ogni singolo politico che ha accesso all’amplificazione
mediatica di giornali e televisione, ha un peso nella costruzione e nella
decostruzione della società in cui si colloca.
Ogni parola è pesante, in determinati momenti e contribuisce a crearli,
determinati momenti.
La paura e l’ansia indotte e meticolosamente suscitate con uno stillicidio
di notizie orientate e filtrate: rumeno-stupratore/zingara-ladra-di
bambini/africano-spacciatore, hanno riempito l’immaginario, hanno fornito un’alibi
per sfogare le proprie frustrazioni nel vivere in un mondo in mutazione,
veloce, inaffidabile, già nuovo.
I poliziotti picchiatori sono allora solo la rappresentazione legittimata di
un controllo sociale violento offerto come unica soluzione ad un’insicurezza
che ha origini complesse che nessun politico si sogna davvero di affrontare
perché assolutamente sprovvisto di mezzi e capacità per farlo.
I cittadini picchiatori sono il frutto diretto di milioni di parole e di
immagini sempre uguali che disegnano stereotipi razziali del tipo: con
quelli là, coi neri-cinesi-mulatti te lo puoi permettere. Sono niente. Sono
donne e uomini a metà. Sono vite a punti.
Ma esistono infinite contraddizioni. La prima e più importante: la società
del futuro è già qui. Le seconde generazioni alzano la testa. Non ci stanno
più, recriminano ai loro padri di avere troppo a lungo subito. E i punti, a
volte, li danno loro, i migranti vecchi e nuovi, come a Milano e a
Calstelvolturno, come Emanuel e come i due ragazzi camerunensi di Padova,
che hanno trovato voce per giudicare a loro volta i loro ‘punitori’.
Il responso, per come è stato impostato il conflitto, non può che essere di
natura oppositiva e non pacificata.
La seconda contraddizione è quella che il controllo sociale violento da
parte delle forze dell’ordine e del governo non riesce più ad essere così
selettivo.
Se per i non italiani si inventano iniziative vivaci come il permesso di
soggiorno a punti, contro gli italiani poveri, messi ai margini, non
allineati, esiste una repressione meno sbandierata perché più difficile da
giustificare attraverso il consenso nonostante le puntigliose opere di
criminalizzazione.
Esiste sempre più gente, soprattutto a sud di questo paese, sfrattata,
umiliata, deprivata di tutto, volutamente abbandonata alle reti dell’economia
sommersa, spaventata.
Esistono gli sfrattati di Palermo costretti a rifugiarsi dentro la
cattedrale con le loro decine di bambini infreddoliti e febbricitanti sotto
la pioggia, nella stessa notte delle auto incendiate e delle barricate
contro la polizia nella medesima città per la morte evitabile di due
ragazzini inseguiti da una volante.
Certo è che, come sta accadendo a Castelvolturno, in questi casi è molto più
facile che si inneschi una guerra tra poveri, secondo il divide et impera da
sempre tanto caro a chi detiene il potere.
Ma quanto potrà durare?
Il razzismo è una macchia ad espansione. Comincia coi neri, finisce coi
poveri, riprende con gli invalidi e si conclude con chiunque alzi la testa.
Ma a quel punto arriva il conflitto e i neri i poveri gli invalidi e le
teste calde si ritrovano finalmente tutti dalla stessa parte.
C’è un mondo in ebollizione e forse fa bene, la lega, a distrarsi con il
gioco dei permessi di soggiorno a punti, inconsapevole o meno ormai poco
importa, di quanto stia soffiando sul fuoco.

Alessandra Sciurba


[ mercoledì 8 ottobre 2008 ] http://www.meltingpot.org/articolo13446.html



Nell' intervista Sandro Mezzadra estrae dall'armadio gli scheletri dell'ex
ministro Ferrero, prima che si ri/convertisse sulla via di Damasco a
comunismo e rivoluzione... Ne ha anche per Claudio Fava, cui si può
riconoscere la buona fede solo a costo di negarne l'intelligenza.



Il controllo sulla vita. La vera emergenza è il razzismo


Intervista al Prof. Sandro Mezzadra, Docente presso la facoltà di Scienze
Politiche all’Università di Bologna, autore di "Diritto di fuga" e promotore
della rete Uninomade
Pacchetto sicurezza, governo delle migrazioni, crisi economica, possibili
reazioni del corpo sociale a questa fase di repentini e strutturali
mutamenti in corso. Ma anche sfruttamento dell’irregolarità e razzismo, uno
sguardo critico sull’attualità e sui processi della modernità.
Su questi argomenti abbiamo intervistato il Prof. Sandro Mezzadra, docente
presso la facoltà di Scienza Politiche dell’Università di Bologna, autore di
diversi saggi tra i quali il celebre “Diritto di fuga” e promotore della
rete Uninomade.
D: Un tema di grande attualità è ovviamente la discussione di questi giorni
dei provvedimenti in materia sulla sicurezza. Abbiamo potuto osservare che
una buona parte delle disposizioni normative contenute nel Pacchetto
sicurezza intervengono soprattuto sul restringimento dei diritti dei
migranti con un’attenzione particolare ai cosiddetti regolari, cioè coloro
che con mille difficoltà sono riusciti finalmente ad uscire da quella
condizione di invisibilità che porta con sé l’essere clandestini.
Ricordiamo brevemente alcune delle disposizioni approvate finora: nuove
difficoltà per l’ottenere la carta di soggiorno (pds Ce di lungo periodo);
maggiori difficoltà nella registrazione anagrafica; il pagamento di un
contributo che può arrivare fino a 200 euro per il rinnovo del permesso.
E’ evidente che si rende ancora più precaria la condizione di coloro che
possiedono il tanto desiderato permesso di soggiorno. C’è un legame tra
questi provvedimenti e la pesante crisi economica che il sistema globale si
trova a dover governare in uno scenario in cui molti settori della società,
negli ultimi mesi hanno già dimostrato di non voler subire? Ancora una volta
le politiche in materia di immigrazione assumono una funzione di
regolamentazione della produzione economica, sei d’accordo con questa prima
interpretazione?
R: Sì, naturalmente c’è un nesso tra queste misure e la crisi, anche se non
dobbiamo mai pensare che ci sia un nesso meccanico, automatico.
Evidentemente dentro questi provvedimenti confluisce anche una cultura
politica rispetto all’immigrazione che è cresciuta in questi anni in Italia
ed in Europa. Una cultura che per molti aspetti è stata ed è by-partisan, ma
che ha poi una declinazione particolarmente odiosa nel discorso di alcune
delle forze politiche che sostengono questo governo.
D: Stiamo già assistendo in questo momento ad un’espulsione forzata di molti
lavoratori migranti dal mercato del lavoro. Nel 2009 è possibile prevedere
che questa tendenza aumenti. Quindi, al di là dei tentativi della politica
di ancorare i diritti e lo status al possesso di un lavoro, quale potrebbe
essere a tuo avviso la reazione dei cittadini migranti di fronte a questo?
R: In primo luogo è necessario chiarire che le reazioni delle lavoratrici e
dei lavoratori alle grandi crisi economiche sono reazioni per certi aspetti
imprevedibili, certamente non sono reazioni automaticamente progressiste o
rivoluzionarie.
Sono reazioni prima di tutto di difesa. Le reazioni di difesa possono
assumere anche la veste di razzismo, per quanto riguarda i lavoratori
autoctoni o di ripiegamento all’interno di identità comunitarie, di spazi
comunitari, per quanto riguarda i lavoratori e le lavoratrici migranti. Ma
cerchiamo un attimo di isolare un paio di provvedimenti che sono contenuti
all’interno del decreto sicurezza e che sono stati votati dall’aula del
Senato.
Intanto c’è da dire che è stato votato l’innalzamento, e sottolineo
innalzamento, del costo che ogni migrante deve pagare per il permesso di
soggiorno, con l’aggiunta di una tassa che può andare da 80 a 200 euro. Dico
e sottolineo innalzamento perché questa tassa c’era già. Il migrante, la
migrante, che andava a rinnovare il permesso di soggiorno doveva pagare, per
avviare la procedura, una serie di imposte di bollo per un totale di 72
euro. E’ un tema che è stato al centro delle mobilitazioni dei migranti
durante l’ultimo governo Prodi, una questione che è stata completamente
ignorata da quello stesso governo Prodi ed in particolare dall’allora
Ministro Ferrero, nonostante il suo collega Amato lo abbia più volte
sollevato, senza poi assumere alcun provvedimento ovviamente.
D: L’allora Ministro dell’Interno Amato definì quella tassa fallimentare,
ricordiamo questo aggettivo.
R: Giuliano Amato lo definiva addirittura una rapina, se non ricordo male, e
non stiamo parlando di un estremista. 200 euro, quelli previsti adesso, sono
davvero tanti, pensate ad una famiglia di 5 persone che devono rinnovare i
permessi di soggiorno: spenderà 1000 euro. E’ una cosa realmente pesante e
modificherà in modo sostanziale anche il rapporto dei migranti con l’idea
stessa di legalità. Lo stato agli occhi dei migranti apparirà sempre più
nelle vesti di un rapinatore.
D: Sembra quasi di intravedere una spinta verso l’ irregolarità, non tanto
come ritorno, ma come condizione paradossalmente per certi versi più
conveniente di quanto non sia la regolarità, dal momento in cui si
introducono tasse, permessi a punti legati all’integrazione. Sembrerebbe
esserci una "certa convenienza" nel mantenere sempre una sacca di cosiddetti
irregolari più ampia, più disponibile.
R: Io non so se c’è un interesse consapevolmente percepito o postulato come
tale. E’ sempre difficile immaginare il legislatore, anche quando è un
legislatore razzista come quello italiano di oggi, come una sorta di
soggetto che ha piena consapevolezza dei suoi interessi e costruisce le
leggi per risolvere i problemi che gli stanno a cuore. Nel processo della
legislazione, tanto più in un tema delicato come l’immigrazione,
estremamente complesso, entrano in gioco un sacco di fattori. Ma sono d’accordo
nel dire che l’effetto di questi dispositivi è precisamente questo.
Vediamo un secondo provvedimento che riguarda non i regolari ma i cosiddetti
irregolari, ovvero la possibilità per i medici di denunciare gli irregolari,
i clandestini come si continua a dire con un termine orribile, quando si
rivolgono alle strutture sanitarie.
E’ una previsione pazzesca. Anna Finocchiaro, la capogruppo al Senato del
Partito Democratico, non una dissidente vera e propria quindi, l’ha definita
“spaventosa” e per una volta non le si può dare torto. Ultimamente c’è un po’
troppa timidezza sulla questione dell’immigrazione, credo sia necessario
mettere in campo una grande campagna, invitando i medici alla disobbedienza
civile rispetto a questo tipo di norma veramente pazzesca, anche se, come
spero, i medici in Italia raccoglieranno l’invito con tanti altri, anzi,
hanno già annunciato la loro indisponibilità ad essere spie. In ogni caso, l’effetto
di un provvedimento di questo genere è immediato, nel senso che il migrante
che ha una malattia e si trova in una condizione di irregolarità,
semplicemente non ci andrà in ospedale.
La migrante che dovrà partorire, partorirà in casa se è in condizioni di
irregolarità. Questo lo dice oggi in un’ intervista a Repubblica nientemeno
che Giancarlo Galan, il Presidente della Regione Veneto.
Dobbiamo fare in ogni caso attenzione ad immaginare che ci sia una perfetta
consapevolezza degli interessi, degli obiettivi e una conseguente produzione
dei dispositivi di legge coerenti con questi interessi e con questi
obiettivi. Ancora una volta però tutto questo produce stigmatizzazione,
clandestinizzazione, malattia e contemporaneamente prefigura una situazione
in cui le strutture sanitarie diventano strutture di polizia. Non
semplicemente strutture di controllo come in fondo gli ospedali, ce l’ha ha
insegnato Michel Foucault, sono sempre stati – strutture di polizia vere e
proprie. Questa tendenza va ben oltre il semplice provvedimento di cui
stiamo discutendo adesso. C’è una tendenza ad incorporare all’interno della
macchina del governo, all’interno di quella che abbiamo chiamato in questi
anni governance, di una serie di attori “privati”.
La bozza di direttiva sulle sanzioni ai datori di lavoro votata ieri dal
Parlamento europeo su proposta di Fava prefigura qualcosa di molto simile,
nella misura in cui sono gli stessi imprenditori a doversi fare carico di
denunciare l’irregolarità dei migranti che hanno assunto, nel momento in cui
si rendono conto di questa irregolarità. Questo dà agli imprenditori, un
soggetto che è già in una posizione di forza nei confronti dei lavoratori
che assume, un potere arbitrario enorme. E’ chiaro che non è che uno si
rende conto per sbaglio di aver assunto un lavoratore immigrato in
condizione di irregolarità, questo può capitare due volte in un anno in
tutta Europa. Il problema è che viene messa in mano agli imprenditori,
magari anche con le migliori intenzioni di questo mondo, un’arma pazzesca di
ricatto nei confronti della forza di lavoro migrante. Ci sono già diverse
organizzazioni non governative a livello europeo che si stanno mobilitando
per denunciare quelli che vengono definiti effetti non voluti. Perché io non
dubito del fatto che Fava avesse delle migliori intenzioni di questo mondo
nel presentare questa bozza di direttiva, però, il problema è che qui una
direttiva che vuole sanzionare, penalizzare i datori di lavoro, rischia di
sanzionare, penalizzare ancora una volta i lavoratori migranti.
D: Un’ultima battuta sul nesso tra le campagne per la sicurezza che vengono
lanciate di volta in volta dai governi e l’effetto che producono, di
aggressione alla libertà di tutte le persone.
R: Io direi addirittura qualcosa di più. Direi che in Italia in modo
particolare si sta configurando una vera e propria emergenza razzismo. E’ il
momento di alzare la voce e di costruire grandi mobilitazioni contro questa
emergenza, tanto più in una fase come quella della crisi economica globale
che stiamo vivendo. L’insieme di questi provvedimenti, ma aggiungo, l’insieme
di queste retoriche, configura i migranti in modo particolare come soggetti
che potremmo definire “liberi come gli uccelli”. Questo era un modo di dire
molto diffuso nell’Europa del medioevale per caratterizzare la posizione di
coloro che erano tanto liberi che gli si poteva sparare durante tutta la
stagione. Gli immigrati vengono configurati precisamente in questi termini.
Gli si può sparare come appunto è accaduto, li si può bastonare e poi si
parla sui giornali e poi parlano anche gli esponenti del Partito Democratico
di bullismo – categoria che non vuol dire assolutamente niente – che serve a
velare il problema del razzismo con cui abbiamo sempre più a che fare
quotidianamente, con cui soprattuto sempre più a che fare quotidianamente
hanno le migrati e i migranti in questo paese. Dobbiamo alzare la voce!


[ venerdì 6 febbraio 2009 ] http://www.meltingpot.org/articolo13974.html

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