[Redditolavoro] ITALIA: MAFIA AL NORD...PERQUISITI I GIORNALISTI (DE L'ESPRESSO)

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Sat Sep 27 20:16:00 CEST 2008



 
  
     
       
        

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          Due 
              pequisizioni in otto giorni. Criminale? No, giornalista!
        
         
           
              Parla 
                Gianluca Di Feo, redattore de L'Espresso: "E' stato perquisita 
                la sede di un giornale? L'intera classe politica e i grandi media 
                se ne sono beatamente fregati ".
            
        
        
          di Gabriele Paglino, 
              Radio Città Aperta
        
         
            Pochi giorni fa, in seguito alla pubblicazione 
              di un'inchiesta sugli affari della Camorra nel nord Italia, su ordine 
              della procura di Napoli, la guardia di finanza ha perquisito (per 
              la seconda volta nell'arco di otto giorni ) la redazione del settimanale 
              l'Espresso, a Roma, e gli appartamenti dei giornalisti che hanno 
              firmato l'inchiesta.

              La prima perquisizione risale invece a venerdi 12 settembre subito 
              dopo la pubblicazione dell'articolo "Così ho avvelenato 
              Napoli". Le persone perquisite sono sempre le stesse: i firmatari 
              dell'inchiesta "Gomorra del Nord", ovvero i colleghi Emiliano 
              Fittipaldi e Gianluca Di Feo.

              Cosa sta succedendo alla libertà di stampa, alla libertà 
              di informazione, lo chiediamo proprio ad uno dei due autori delle 
              inchieste "indiziate" ( è il caso di dirlo). Gianluca 
              Di Feo, avete toccato un nervo scoperto, questo è indubbio. 
              Ma due perquisizioni nel'arco di otto giorni sono preoccupanti, 
              praticamente come se foste voi i camorristi. A questo punto la prima 
              domanda che sorge spontanea è perchè i cittadini non 
              possono essere informati su cosa realmente accade? A chi non piaciono 
              questi articoli, la serenità di chi vanno ad intaccare?
            Di Feo: La Procura interviene 
              a tutela del segreto istruttorio. Noi riteniamo però che 
              questo intervento sia assolutamente sproporzionato nei modi e nei 
              mezzi utilizzati: personalmente ho subito nella mia attività 
              professionale una decina di perquisizioni e una cinquantina di procedimenti 
              penali però non si era mai vista una azione del genere non 
              soltanto nei confronti dei singoli giornalisti ma anche nei riguardi 
              della redazione. La perquisizione di sabato mattina (20 settembre), 
              scattata in un momento in cui il settimanale era chiuso, in un momento 
              quindi in cui non c'era assolutamente nessuno, ha visto l'ingresso 
              di una dozzina di finanzieri con dei periti tecnici esterni in tutta 
              la redazione de l'Espresso, con un mandato della Procura di Napoli 
              che permetteva a loro le ricerche più vaste e indiscriminate 
              sull'attività di un intero giornale. Questo è qualcosa 
              che non ha precedenti nella storia del giornalismo di qualunque 
              democrazia occidentale.
            

              Qual'è esattamente l'ipotesi di reato contenuta nel mandato 
              di perquisizione?
            Di Feo: L'ipotesi di reato è 
              abnorme: noi la consideriamo un insulto alla storia de l'Espresso 
              e all'attività professionale mia e di Emiliano Fittipaldi.

              Perchè oltre ad essere accusati della violazione del segreto 
              istruttorio, che ci aspettavamo e che abbiamo violato consci di 
              servire un bene pubblico superiore ovvero la libertà di stampa, 
              in più ci accusano di aver favorito la camorra casalese. 
              Con questa contestazione, che personalmente vivo come un insulto, 
              possono utilizzare contro di noi tutti gli strumenti di indagine 
              antimafia: dalle intercettazioni alle microspie, con qualunque procedura 
              invasiva. A noi sono state perquisite la macchina (ad Emiliano Fittipaldi 
              due volte ) e il motorino. Però anche il numero di persone 
              impiegate è veramente abnorme: per una settimana oltre venti 
              finanzieri si sono occupati de

              l'Espresso e questo è accaduto nella settimana in cui i Casalesi 
              mettevano a segno altri otto omicidi.
            Cosa vi hanno sequestrato?
            Di Feo: Hanno sequestrato completamente 
              i nostri computer. La prima volta hanno sequestrato il mio hard-disk 
              e hanno fatto copia della memoria di Fittipaldi. La seconda volta 
              hanno proprio portato via integralmete il mio computer e a Fittipaldi, 
              oltre al computer, hanno portato via le copie che glia avevano consegnato 
              la prima volta. Quindi noi abbiamo perso completamente tutte le 
              nostre banche dati, le nostre mail, gli archivi e tutto quello che 
              era il nostro background informatico. In più a me hanno sequestrato 
              diverso materiale riguardante i Casalesi e i loro rapporti con la 
              politica. Tutto materiale lecitamente acquisito, nulla insomma che 
              fosse coperto da segreto istruttorio.

              A casa non hanno sequestrato nulla ma le perquisizioni a casa dei 
              giornalisti sono un qualcosa di assurdo: nessuno in un mondo di 
              informatica si tiene a casa qualcosa, sia per non esporre le famiglie 
              al rischio di perquisizioni invasive, diventate ormai prassi, sia 
              perchè in un settimanale si lavora in redazione non si va 
              a casa. Eppure questa prassi viene ripetuta, anche di sera: a casa 
              della collega Fiorenza Sarzanini (NdR redattrice de Il Corriere 
              della Sera) hanno identificato la figlia quindicenne e le amicche 
              della figlia. Cosa pensavano che fosse un raduno di brigatisti?
            In questo secondo "raid", nelle stesse 
              ore a Napoli veniva perquisita anche la casa di collaboratore de 
              l'Espresso «del tutto estraneo» alle inchieste no?
            Di Feo: Lui non ha firmato nessuno 
              degli articoli di questa inchiesta, aveva cofirmato con me un precedente 
              ritratto del personaggio chiave dell'inchiesta, ed è probabilmente 
              la figura che ha determinato indirettamente la violenza delle perquisizioni, 
              ovvero il sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino.

              Io e il collega Claudio Papaianni avevamo scritto assieme un ritratto 
              delle relazioni pericolose di Cosentino. Papaianni è un collaboratore 
              esterno ed è anche un testimone della vicenda, quindi in 
              qualità di testimone non ha diritto alla facoltà di 
              non rispondere, che abbiamo noi, è obbligato a fornire informazioni. 
              A lui, oltre ad aver perquisito la casa e averlo trattenuto fino 
              al pomeriggio sotto interrogatorio, hanno sequestrato il computer 
              della moglie senza rilasciargli una copia, creando con ciò 
              un danno professionale gravissimo all'attività della moglie.
            

              Purtroppo il vostro caso ( tuo, di Fittipaldi e di Papaianni 
              ) non è isolato.

              Poco più di una settimana fa perquisizioni sono arrivate 
              anche contro, come ricordavi tu, Fiorenza Sarzanini e Guido Ruotolo 
              colleghi rispettivamente del Corriere della sera e de La stampa 
              "rei" di aver informato gli italiani sugli sviluppi delle 
              indagini di polizia e magistratura sugli appalti legati alla Expo´ 
              Milano 2015. Ecco alla luce di questo pensi che in Italia abbiano 
              valore le sentenze europee che tutelano la libertà di stampa?
            Di Feo: Le sentenze europee che 
              tutelano la libertà di stampa vengono sistematicamente ignorate 
              dalle procure italiane le quali ignorano anche alcune sentenze di 
              Cassazione che hanno annulato i sequestri e le perquisizioni nei 
              confronti dei giornalisti soprattutto quando vengono eseguite in 
              modo indiscriminato. Cioè se loro stanno indagando su una 
              fuga di notizie per stabilire chi ha commesso questo reato devono 
              ricercare materiali attenenti la fuga di notizie, non possono impadronirsi 
              della mia intera vita professionale contenuta nel mio computer. 
              Perchè la legge riconosce ai giornalisti il segreto professionale, 
              ma non perchè siamo una categoria privilegiata ma, perchè 
              la possibilità di mantenere la riservatezza sulle fonti è 
              l'unica garanzia di poter accedere a notizie riservate, a notizie 
              scomode, e quindi è l'unica garanzia che permette ai giornalisti 
              di esercitare quella libertà di stampa fondamentale per il 
              funzionamento di una democrazia. La prassi delle perquisizioni con 
              modo intimidatorio è incominciata a dilagare in Italia nel 
              1993, fu la prima ondata. Io ne subii una enorme nel '94, quando 
              feci la fuga di notizie sull'avviso di garanzia a Berlusconi per 
              Il Corriere della sera, e poi tanti colleghi la subiscono. La subiscono 
              i colleghi che scrivono cose scomode. Scrivere di rapporti tra Casalesi 
              e politica a me non darà nessun

              vantaggio, contrariamente alla contestazione che è stata 
              fatta, ma può soltanto dare guai. Questo sistema adottato 
              dalle procure italiane, nonostante le sentenze, non è stato 
              sanzionato da nessuno, perchè a fronte dei contenuti dell'inchiesta 
              de l'Espresso e a fronte delle perquisizioni tutta la classe politica, 
              tutti gli organi istituzionali preposti alla libertà di stampa 
              se ne sono beatamente fregati. E alla fine anche la maggior parte 
              dei giornali italiani scrivono "C'è stata una perquisizione 
              qual'è il problema?" La duplice perquisizione de l'Espresso 
              ha innalzato l'invasività: la perquisizione dell'intera redazione 
              in assenza di testimoni negli uffici della direzione 

              non c'era mai stata. Ma le reazioni quali sono state? Voi mi state 
              intervistando, ieri l'altro Il manifesto ha intervistato la mia 
              direttrice (NdR Daniela Hamaui ), la grande stampa, i grandi media, 
              soprattutto il mondo delle tv se ne frega.

              La politica compatta se ne frega. E' un segnale drammatico, cosi 
              come è drammatico che sui contenuti dell'inchiesta, ossia 
              i rapporti, evidenziati dalle indagini della Procura di Napoli, 
              tra un sottosegretario di Stato e i gruppi camorristici che hanno 
              trasformato l'emergenza rifiuti campana in un'occasione per avvelenare 
              un'intera regione e fare tanti soldi, siano completamente taciuti 
              dalla classe politica. E' un argomento che l'opposizione ha sostanzialmente 
              ignorato e che tutti i partiti hanno fatto finta di non vedere.
            Di Feo, arriviamo a ciò che ha fatto 
              scattare queste perquisizioni: ovvero la pubblicazione dei vostri 
              due articoli. Il primo "Cosi ho avvelenato Napoli", mea 
              culpa dell'ex boss e attuale collaboratore di giustizia, Gaetano 
              Vassallo, che svela, con l'ausilio anche di alcuni documenti, 20 
              anni di nefandezze legate allo smaltimento illegale di rifiuti tossici 
              con la complicità di alcuni politici e imprenditori. Un articolo 
              dal quale vengono fuori verità agghiaccianti che confermano 
              come i rifiuti, siano essi urbani o 

              industriali, sono una fonte ineseauribile di ricchezze, legata spesso 
              ad attività illecite, ma non solo in Campania?
            Di Feo: Si è vero il business 
              dei rifiuti è un'attività italiana ed europea.

              Il problema è che in quell'articolo la figura di Gaetano 
              Vassalo riguarda un aspetto drammatico: come per 20 anni i rifiuti 
              tossici e nocivi di tutta Italia siano stati sistematicamente smaltiti 
              in una parte della Campania grazie ad un accordo tra imprenditori, 
              massoneria, politica e clan. Ci tengo a dire che quando abbiamo 
              avuto in mano questi verbali, abbiamo avuto un'unica preoccupazione 
              evitare dei favoreggiamenti (in questi verbali c'è un elenco 
              mostruoso di pubblici ufficiali, amministratori locali e imprenditori 
              coinvolti in questa attività criminale) quindi abbiamo riportato 
              soltanto nomi di personaggi che fossero indagati. Allo stesso tempo 
              ci siamo posti quello che 

              è il nostro dovere ossia informare i lettori. E non si poteva 
              tacere delle accuse circostanziate, supportate a un membro del Governo 
              (Nicola Cosentino) che in questo momento ha responsabilità 
              nella gestione attuale della situazione rifiuti a Napoli e soprattutto, 
              quale sottosegretario all'Economia, gli è stata affidata 
              la gestione di un budget enorme. Lui ha respinto le accuse, è 
              giusta la presunzione di innocenza ma è anche da vedere la 
              compatibilità di una persona sotto accusa per crimini cosi 
              gravi con un incarico di Governo. Tantissimi ministri nel momento 
              in cui è stata aperta un'indagine contro di loro hanno scelto 
              le dimissioni. Ricordo una prassi che era stata mantenuta anche 
              durante la prima Repubblica. Non capisco perchè invece adesso 
              siamo arrivati al paradosso che neanche venga posto il problema.
            Possibile che la magistratura, la GdF, che 
              ha perquisito la sede de L'espresso, l'appartamento tuo e quello 
              di Fittipaldi, non hanno mai effettuato dei reali controlli in queste 
              imprese che si occupano ( usiamo questo termine) di rifiuti? Nessuno 
              ha mai ispezionato quei 70/80 autotreni carichi di rifiuti che - 
              come racconta Vassallo - ogni giorno formavano sulla strada una 
              fila di 1,5Km?
            Di Feo: Vassallo descrive un sistema 
              di corruzione in cui ci sono uomini delle forze dell'ordine, gli 
              ispettori dele asl, gli ispettori della regione ein cui ci sono 
              gli uomini del commissariato di Governo. Vassallo descrive come 
              le varie emergenze dei rifiuti urbani siano servite per poter mantenere 
              intatto per 20 anni il sistema di smaltimento dei rifiuti tossici. 
              "Noi - racconta Vassallo - avevamo delle discariche legali 
              ma senza confini: la regione ci autorizzava ad aprire una discarica 
              senza stabilire quanto materiale ci dovessimo mettere dentro e che 
              confini dovessimo avere. Noi continuavamo ad allargare la discarica 
              e la riempivamo di rifiuti tossici provenienti da tutta Italia. 
              Poi quando c'era la prima emergenza di rifiuti (urbani) a Napoli, 
              interveniva il commissariato di Governo che gettava nelle nostre 
              discariche, pagandoci a caro prezzo tutti i rifiuti urbani di Napoli". 
              Quindi sopra ai rifiuti tossici veniva fatto un gigantesco strato 
              di rifiuti urbani con un effetto micidiale sull'ambiente. Ma allo 
              stesso tempo legalizzando e rendendo impossibile ogni controllo 
              sull'attività illegale precedentemente svolta, per 20 anni! 
              Gaetano Vassallo nel corso di questi 20 anni è stato arrestato 
              

              almeno tre volte. Lui stesso racconta che dopo l'arresto per circa 
              un anno e mezzo era tagliato fuori dall'attività, poi, appena 
              esplodeva una nuova emergenza rifiuti

              Napoli, la priorità di rendere pulite le strade di Napoli 
              faceva si che si rivolgessero a lui nonostante fosse sotto processo 
              per poter sfruttare la sua "professionalità" e 
              ricominciare a trovare buchi dove versare rifiuti.
            Dalla vostra inchiesta, che lo ricordiamo, 
              fa riferimento alle confessioni di un pentito, saltano fuori i nomi 
              di alcuni politici collusi con la camorra come il sottosegretario 
              all'Economia, Cosentino ma anche il presidente della Commissione 
              di vigilanza della Rai, Mario Landolfi se non sbaglio?
            Di Feo: Si anche Landolfi. Lui 
              è chiamato in causa da Vassallo per le vicende di un consorzio 
              di raccolta rifiuti di Mondragone. Per questa vicende Landolfi è 
              stato già indagato, ha già ricevuto un avviso di garanzia 
              con l'accusa di corruzione aggravata dal favoreggiamento alla camorra. 
              Attualmente dovrebbe essere in corso l'udienza preliminare per decidere 
              il rinvio a giudizio. Anche Landolfi ha smentito i fatti che si 
              basano sulle dichiarazioni di imprenditori e su intercettazioni 
              telefoniche. Teniamo presente che uno dei protagonisti di questa 
              vicenda, uno dei personaggi che ha accusato Landolfi e Cosentino 
              per le attività di questo consorzio, è l'imprenditore 
              Orsi 

              assassinato dai casalesi il 1 giugno 2008. Non stiamo parlando di 
              vicende banali come bustarelle o cose del genere.
            A proposito di politici coinvolti: qualche 
              mese fa, Marco Travaglio per aver ricordato durante una trasmissione 
              tv le confessioni di un altro pentito, Francesco Campanella, riportate 
              peraltro qualche anno prima dal tuo collega di redazione Marco Lillo, 
              confessioni relative ai rapporti di amicizia del presidente del 
              Senato, Schifani con persone condannate per mafia. Ebbene Travaglio, 
              cosi come illo tempore anche Lillo, è stato querelato. Pensi 
              che oltre alle perquisizioni possa arrivare anche la querela da 
              parte di alcuni dei politici menzionati?
            Di Feo: Loro l'hanno già 
              annunciata ma non vedo che problema ci sia. La querela non mi preoccupa 
              perché io sono in grado di portare elementi a suffragio di 
              tutto quello che ho scritto. Mi sento assolutamente tranquillo nei 
              confronti di una querela per diffamazione. Anzi la querela per diffamazione 
              può essere la sede per affrontare tantissimi aspetti sulla 
              "carriera" di questi politici. Mi permette di portare 
              davanti ad un giudice tantissimi elementi che altrimenti restano 
              chiuse nei cassetti delle procure. Non vedo l'ora.
            Di Feo, la solidarietà di molti colleghi 
              ti è arrivata, vi è arrivata. 

              Naturalmente all'appello non manca neanche quella nostra. Spero 
              che tu ed Emiliano Fittipaldi possiate andare avanti serenamente 
              nel vostro, nel nostro lavoro- compito senza dover lottare per non 
              farsi mettere un bavaglio. 

            
        
         
           
               
                

                 
                

              
            
        
      
      
      
    
  


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