[Redditolavoro] Il piano Fenice è nà schifezza delle schifezze!!!!

anna a.grav at libero.it
Tue Sep 2 19:25:31 CEST 2008


 

 “una scommessa vinta” la definita il  premier Berlusconi. ( certo per lui
ed i si amici!!) 

Che  sia invece un vistoso passo indietro rispetto all’opportunità che fino
a marzo era sul tavolo con l’offerta Air France-Klm, fatta naufragare
dall’allora candidato premier Berlusconi e dai sindacati è un fatto certo.
Perché se è chiaro che la vicenda Alitalia non si è certo conclusa con le
novità di questi giorni, ed è ancora appesa a molti elementi di incertezza,
è altrettanto chiaro che la responsabilità politica che il centrodestra e i
sindacati si sono assunti facendo naufragare l’operazione Air France non può
che essere valutata alla luce dell’esito ora proposto.( e stiamo parlando di
un pano, quello dell’air france, già una schifezza per i lavoratori e per i
viaggiatori) 

IL PIANO AIR FRANCE-KLM

Il piano di Air France approvato dal consiglio di amministrazione di
Alitalia il 15 marzo 2008 prevedeva l’acquisto di Alitalia, il mantenimento
del marchio e la presa in carico della sua difficile situazione debitoria,
con una valutazione bassa purtroppo in linea con il mercato. Questa avrebbe
portato comunque nelle casse dello Stato circa 300 milioni di euro.

Il piano industriale, finanziato con un aumento di capitale per 1 miliardo
di euro garantito da Air France-Klm, comportava l’abbandono di Malpensa come
secondo hub nazionale e lo spostamento e rafforzamento di molti voli su
Fiumicino, hub italiano del nuovo gruppo assieme a Parigi e a Amsterdam, e
la cancellazione dei voli in perdita in Italia, Europa e nel resto del
mondo, pur mantenendo una dimensione internazionale alla compagnia. La
flotta Alitalia avrebbe subito una forte ristrutturazione con la progressiva
dismissione dei vecchi vettori.
Il contenimento dei costi operativi era affidato anche allo spostamento di
alcune attività di servizi a terra da Alitalia Servizi al nuovo gruppo con
esuberi di circa 1.600 addetti e la progressiva chiusura della attività
cargo fortemente in perdita. Meno chiari gli ulteriori esuberi dalla
ristrutturazione dei servizi esterni al nuovo gruppo, che sarebbero rimasti
a Fintecna. Il perimetro aziendale ed economico di queste attività esterne
sembra tuttavia più ristretto rispetto alla bad company oggi in discussione

IL PIANO FENICE

Il Piano Fenice presentato in questi giorni separa le attività di Alitalia
conferendo a una bad company( nà schifezza in italiano)  le attività in
perdita e la situazione debitoria, con una collocazione a oggi non del tutto
definita se non nella certezza che i debiti di Alitalia, stimati in oltre 1
miliardo di euro, verranno a gravare sui contribuenti italiani. L’apporto di
capitali freschi è comparabile a quello del progetto Air France, se la
cordata di imprenditori italiani confermerà i propri impegni per circa 1
miliardo di euro e se soprattutto gli saranno garantiti appalti dallo Stato
berlusconiano cme riconoscenza.



Il piano industriale e il profilo strategico della nuova compagnia si
allontanano invece fortemente dalla collocazione che Alitalia avrebbe avuto,
nell’ipotesi francese, come parte di uno dei principali gruppi
internazionali. L’Alitalia partorita dal Piano Fenice sarà un vettore
incentrato sul mercato italiano e con una riorganizzazione dei voli interni
su sei scali principali (Roma, Milano, Torino, Venezia, Napoli e Catania) e
vedrà la fusione delle attività con il secondo vettore italiano, Airone,
costituendo in questo modo un sostanziale monopolio sulla rotta Milano-Roma,
il boccone più ghiotto del mercato italiano. Questo modello di business
risulta per sua natura fortemente esposto alla congiuntura nazionale, in un
paese che non brilla nel panorama europeo per i suoi tassi di crescita, e
tende a competere nei collegamenti point to point con le compagnie low cost
già oggi presenti su numerose tratte italiane. Per dirla in modo sfumato, al
di là dei trionfalismi di questi giorni, il piano industriale proposto non
costituisce una prospettiva di sicuro successo negli anni a venire.
Infine, la ristrutturazione e il contenimento dei costi porteranno a esuberi
finora quantificati in 7mila unità, con l’applicazione di ammortizzatori
sociali e ricollocazione in altre attività su cui per ora nulla è dato
sapere.
Non a caso, gli imprenditori che partecipano alla cordata hanno posto alcune
condizioni per unirsi alla partita: l’individuazione di un partner
internazionale, presumibilmente Lufthansa o Air France, che comunque oggi
manca, la sospensione della normativa antitrust nella valutazione
dell’operazione, applicando per la prima volta l’articolo 25 della legge
italiana, e la riforma della legge Marzano per favorire il passaggio dalla
vecchia Alitalia ai due gemelli, il gemello buono che andrà alla cordata
degli imprenditori italiani e il gemello cattivo, la bad company, in dote ai
contribuenti.

CHI HA VINTO LA SCOMMESSA?

Oltre che per queste misure ad hoc, l’intera operazione resta caratterizzata
da una bassissima trasparenza. Certo non era stato un modello di trasparenza
il modo con cui, sotto il governo Prodi, si era gestita l’asta e la ricerca
di un acquirente. Ma va detto che quei passaggi sembrano aria cristallina
rispetto agli ovvi interrogativi che ci si pone in merito ai rischi
dell’operazione odierna. Operazione che entra in forte conflitto con le
normative europee e gli impegni a suo tempo assunti da Alitalia con
l’aumento di capitale del 2004 e con il prestito ponte di questa primavera.
Come pensino gli imprenditori della cordata di coprirsi dai rischi di un
intervento di Bruxelles non è dato sapere. Come non è chiaro se esistano
tavoli di compensazione a cui almeno alcuni dei partecipanti alla cordata
pensino di accedere nel proprio business principale in cambio della buona
volontà dimostrata.
È notizia degli ultimi giorni che Air France ha manifestato un interesse a
riaprire il dialogo e anche ad assumere eventualmente una partecipazione di
minoranza. Tutto ciò non sorprende, dal momento che, rispetto al piano che
aveva presentato a primavera, Air France si troverebbe a trattare senza
doversi accollare i debiti di Alitalia, potendo contare su margini elevati
nel mercato interno derivanti dalla posizione dominante che a compagnia
acquisterebbe nel mercato interno attraverso la fusione con Airone, e con
una riduzione del personale ben più ampia di quella che aveva inizialmente
prospettato.
Per contro, i cittadini italiani pagheranno i debiti Alitalia e i costi
sociali dell’assorbimento dei forti esuberi, e pagheranno più cari i
biglietti sul mercato interno. Verrebbe da dire, per richiamare le parole
del presidente del Consiglio, che a vincere la scommessa sarà probabilmente
Cyril Spinetta, il capo di Air France, ma chi da oggi la scommessa l’ha già
persa sono i cittadini italiani.
Un’ultima postilla a questa vicenda. Il semplice confronto tra quanto oggi
viene prospettato agli italiani e quanto invece quattro mesi fa è stato
fatto scientemente naufragare, tra il Piano Fenice e il piano Air France,
non è rintracciabile, con pochissime eccezioni, sulla stampa italiana. Quasi
nessuno tra i giornali di opinione ha ricordato in questi giorni cosa era la
famosa “svendita” allo straniero, quasi nessuno ha messo il lettore nella
condizione di formarsi una opinione se veramente la scommessa era vinta o
persa. L’informazione ha presentato l’operazione Alitalia con un unanimismo,
una mancanza di equilibrio e un appiattimento quasi aziendale che segnalano
un problema grave per la formazione dell’opinione pubblica e per il
pluralismo. 

Va fatta una campagna di sensibilizzazione, di controinformazione , giorno
per giorno su questa che è una vicenda emblematica di disinformazione e di
preparazione alle coscienze supine e a far apparire i deboli come i nemici
ed i padroni come i salvatori della libertà e de benessere dei lavoratori. 

 

 

 

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