[Redditolavoro] L'onda anomala non si fermerà! + Berlusconi, la strategia: oggi tocca ai facinorosi
clochard
spartacok at alice.it
Fri Oct 24 11:22:16 CEST 2008
Appello nazionale, Roma 22.10.2008
L'onda anomala non si fermerà!
Alle facoltà in mobilitazione,
alle studentesse e agli studenti, ai dottorandi, ai precari della ricerca
"Noi la crisi non la paghiamo", è questo lo slogan con cui poche settimane
fa abbiamo iniziato le mobilitazioni all'interno dell'università la
Sapienza. Uno slogan semplice, ma nello stesso tempo diretto: la crisi
globale è crisi del capitalismo stesso, della speculazione finanziaria e
immobiliare, di un sistema senza regole né diritti, di manager e società
senza scrupoli; questa crisi non può ricadere sulle spalle della formazione,
dalla scuola all'università, della sanità, dei contribuenti in genere. Lo
slogan è diventato famoso, correndo veloce di bocca in bocca, di città in
città. Dagli studenti ai precari, dal mondo del lavoro a quello della
ricerca, nessuno vuole pagare la crisi, nessuno vuole socializzare le
perdite, laddove la ricchezza è stata per anni distribuita tra pochi,
pochissimi.
Ed è proprio il contagio che si è determinato in queste settimane, la
moltiplicazione delle mobilitazioni nelle scuole, nelle università, nelle
città, che deve aver suscitato molta paura. Si sa, il cane che ha paura
morde, altrettanto la reazione del presidente del Consiglio Berlusconi non
si è fatta attendere: "polizia per le università e le scuole occupate",
"faremo fuori la violenza dal paese". Soltanto ieri Berlusconi aveva
dichiarato di voler aumentare i sostegni economici alle banche e di voler
fare dello stato e della spesa pubblica garanti in ultima istanza per i
prestiti alle imprese: in una parola, tagli alla formazione, meno risorse
per gli studenti, tagli alla sanità, ma soldi alle imprese, alle banche, ai
privati. Ci chiediamo allora dove si trova la violenza: è violenta
un'occupazione o piuttosto è violento un governo che impone la legge 133 e
il decreto Gelmini, in barba a qualsiasi discussione parlamentare? E'
violento il
dissenso o chi intende soffocarlo con la polizia? E' violento chi si
mobilita in difesa dell'università e della scuola pubblica o chi intende
dismetterle per favorire gli interessi economici di pochi? La violenza sta
dalla parte del governo Berlusconi; dall'altra parte, nelle facoltà o nelle
scuole occupate, c'è la gioia e l'indignazione di chi lotta per il proprio
futuro, di chi non accetta di essere messo all'angolo o costretto al
silenzio, di chi vuole essere libero.
Ci è stato detto che sappiamo soltanto dire no, che non abbiamo proposte.
Niente di più falso: proprio le occupazioni e le assemblee di questi giorni
stanno costruendo una nuova università, un'università fatta di conoscenza,
ma anche di socialità, di sapere ma anche di informazione, di
consapevolezza. Studiare è per noi fondamentale, proprio per questo
riteniamo indispensabili le proteste: occupare per poter far vivere
l'università pubblica, dissentire per poter continuare a studiare o fare
ricerca. Molte cose nell'università e nelle scuole vanno cambiate, ma una
cosa è certa, il cambiamento non passa per il de-finanziamento. Cambiare
l'università significa aumentare le risorse, sostenere la ricerca,
qualificare i processi formativi, garantire la mobilità (dallo studio alla
ricerca, dalla ricerca alla docenza). Il de-finanziamento, invece, ha un
solo scopo: trasformare le università in fondazioni private, decretare la
fine dell'università
pubblica.
Il disegno è chiaro, anche gli strumenti: la legge 133 è stata approvata nel
mese d'agosto, di fronte al dissenso di decine di migliaia di studenti si
invoca l'intervento della polizia. Questo governo vuole distruggere la
democrazia, attraverso la paura, attraverso il terrore. Ma oggi, dalla
Sapienza in mobilitazione e dalle facoltà occupate diciamo che noi non
abbiamo paura e di certo non torneremo indietro sui nostri passi. È nostra
intenzione, piuttosto, far retrocedere il governo: non fermeremo le lotte
fin quando la legge 133 e il decreto Gelmini non verranno ritirati! E questa
volta andiamo fino in fondo, non vogliamo perdere, non vogliamo abbassare la
testa di fronte a tanta arroganza. Per questo invitiamo tutte le facoltà in
mobilitazione del paese a fare la stessa cosa: vogliono colpire le
occupazioni e allora che altre mille scuole e facoltà occupino!
In più, al seguito dello straordinario successo dello sciopero e delle
manifestazioni del 17 ottobre, indetti dai sindacati di base, riteniamo
giunto il momento di dare una risposta unitaria e coordinata nelle piazze
delle nostre città. Proponiamo di dare vita a due scadenze nazionali: una
giornata di mobilitazione per venerdì 7 novembre, con manifestazioni
dislocate in tutte le città; una grande manifestazione nazionale del mondo
della formazione, dall'università alla scuola, a Roma per venerdì 14
novembre, giornata in cui i sindacati confederali hanno decretato lo
sciopero dell'università, giornata da costruire dal basso e che veda
protagonisti in primo luogo gli studenti, i ricercatori ed i docenti in
mobilitazione. Altrettanto riteniamo utile attraversare, con le nostre forme
e i nostri contenuti, lo sciopero generale della scuola promosso dai
sindacati confederali fissato per giovedì 30 ottobre.
Quello che sta accadendo in questi giorni ci parla di una mobilitazione
straordinaria, potente, ricca. Una nuova onda, un'onda anomala che non
intende fermarsi e che piuttosto vuole vincere. Facciamo crescere l'onda,
facciamo crescere la voglia di lottare. Ci vogliono idioti e rassegnati, ma
noi siamo intelligenti e in movimento e la nostra onda andrà lontano!
Dalle facoltà occupate della Sapienza di Roma, dall'ateneo in mobilitazione
Puntuale per indirizzare il dibattito dei media per tutta la giornata, e i
commenti della stampa del giorno dopo, arriva il commento mattutino
sull'università da parte di Berlusconi. Da repubblica.it
Berlusconi: "In piazza gruppi di facinorosi"
"In tantissime manifestazioni organizzate dall'estrema sinistra e dai centri
sociali, così come mi ha confermato il ministro dell'Interno, ci sono dei
facinorosi: non tutti naturalmente, dei piccoli gruppi, ma nei cortei
organizzati da queste entità ci sono facinorosi che hanno il supporto dei
giornali". Lo ha detto il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi,
tornando sulle polemiche relative alle proteste nelle scuole e nelle
università."
Se mettiamo insieme le dichiarazioni del presidente del consiglio degli
ultimi due giorni (minaccia di inviare la polizia nelle scuole, successiva
smentita ed adesso denuncia dell'esistenza di facinorosi fiancheggiati dai
giornali) possiamo pensare ad una grande confusione presente nella testa del
presidente del consiglio. Certo, in ogni dichiarazione c'è sempre qualche
correzione di rotta, per motivi di equilibrio nella maggioranza e di
rapporto con l'opinione pubblica, che in una società mediale ha sempre un
impatto legato ad effetti di spettacolo. Ma da un quindicennio ci si
dimentica che Berlusconi non è un politico classico ma il proprietario di un
network televisivo egemone nel paese. Ragiona quindi non in termini di
liturgia di ceto politico ma in quelli di strategie di marketing aggressive
e mirate ai settori strategici dell'opinione pubblica.
Infatti, in queste dichiarazioni che coinvolgono i giornali, già ha reso
vecchia la carta stampata che al mattino viene comprata in edicola. O
meglio, ha reso la stampa non affiliata a Mediaset priva dell'effetto
freschezza delle notizie del mattino. Non quella del gruppo Mediaset che,
opportunamente, oggi si sceglie altri obiettivi piuttosto che la difesa
delle dichiarazioni del giorno prima del premier (difesa che avrebbe reso
inutile quella stampa stamattina e non è un caso). Perchè un primo problema
per Berlusconi è che sulla stampa, dove si indirizza il dibattito
strutturale del ceto politico su temi come l'università, sia svilita e
neutralizzata e comunque sia costretta a rincorrere i temi dettati dal
presidente del consiglio.
Il secondo problema, quello principale in ordine di priorità politica, è
quello di indirizzare nel binario morto le proteste della scuola e
dell'università. Berlusconi, da tycoon televisivo, usa di forza l'arma che
conosce meglio: la gestione dell'opinione pubblica tramite dichiarazioni che
fanno tendenza su tutto il circuito dei media. Attraverso la minaccia
dell'uso della forza reale e il concreto potere di pressione dell'opinione
pubblica, il partito Mediaset vuole attivare dinamiche di riflusso nel
movimento. Essendo non solo un partito ma soprattutto una televisione, il
Popolo delle Libertà ha poi una esigenza nella gestione dell'opinione
pubblica: quest'ultima deve avere una impressione di pluralismo nella
gestione dei fatti pubblici perchè è questa impressione che si riflette
virtuosamente nella differenziazione di prodotti pubblicitari presenti sul
mercato della comunicazione (uno dei veri bersagli dell'ascesa al potere di
Mediaset, ben più importante del problema dei processi al proprietario del
gruppo). Una gestione alla Pinochet della vicenda, deprimerebbe il mercato
pubblicitario e non sarebbe neanche così sicura nei suoi esiti politici. Al
massimo si possono "erogare" dei giorni alla Genova 2001 ma poi tutto deve
dare l'impressione di ritorno alla normalità, con il gentile contributo
dell'opposizione magari, perchè è quella che vuole il mercato pubblicitario.
Quindi via ad una strategia differenziata: minacce (per soddisfare gli
elettori che chiedono il pugno duro e intimorire l'avversario), smentite
delle minacce (per soddisfare gli elettori che chiedono il dialogo e
ammorbidire l'avversario) e polemica contro i facinorosi appoggiati dai
giornali (per isolare le fasce più decise della lotta studentesca e
spiazzare la stampa non direttamente alle sue dipendenze). Obiettivo: far
crescere un sentimento differenziato al proprio interno, quindi potente
perchè rappresentativo di diversi umori della società italiana, di una
opinione pubblica che con il suo potere concreto di pressione metta
all'angolo i movimenti della scuola e dell'università.
Benvenuti nella politica del XXI secolo.
Per Senza Soste, nique la police
www.senzasoste.it
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