[Redditolavoro] ''È Cai la vera bad company'': le paure (fondate) che hanno i dipendenti Alitalia

clochard spartacok at alice.it
Tue Nov 18 13:21:23 CET 2008


''È Cai la vera bad company'': le paure (fondate) che hanno i dipendenti Alitalia




Un interlocutore molto informato ci spiega il perché della ribellione di questi giorni.




Michela Rossetti 
Sembrano tutti pazzi, ma non lo sono. Hanno una ragione profonda le proteste che stanno scuotendo gli aeroporti italiani. Il progetto di Cai è stata promosso, infatti, dall’Europa. Ma non dai lavoratori, che hanno paura della fragilità della cordata italiana. 
Piloti e hostess hanno le loro ragioni, ma continuare a guardare la vicenda da singole prospettive può far perdere di vista il quadro generale della situazione. 
Immaginate di lavorare dentro Alitalia, da anni, e vi dicano che vi tagliano lo stipendio, che dovete lavorare di più. Si potrebbe accettare, forse. Ma non se il nuovo progetto è destinato a non decollare. Non se per il futuro non ci sono prospettive di crescita alcuna, di realizzazione personale e professionale. Immaginate un futuro solo peggiorativo, non momentaneo, ma destinata a proiettarsi nel tempo. 
Pensate a un intervento (quello degli imprenditori italiani), che dice che bisogna tagliare le spese (compresi gli stipendi), quando da anni il problema della compagnia non sono le spese, ma i mancati ricavi. 
Immaginate, insomma, che dopo decenni di cattiva gestione si prometta di risolvere il problema senza intervenire sugli aspetti che meriterebbero un reale intervento. 
A noi questo “quadro generale” ce lo ha raccontato Flavio L. Il nome è di fantasia, come ci ha chiesto. Il nostro interlocutore è, infatti, una fonte qualificata dell’area pianificazione e controllo di Alitalia, una persona che da anni fa i conti in tasca alla compagnia. E ci spiega perché Cai sarà la vera bad company. La brutta copia di Alitalia.  

Il lungo raggio mancato 
Partiamo dal vero problema dell’attuale compagnia di bandiera. Bastano due parole. Lungo raggio. 

Il lungo raggio è la chiave che permette di guadagnare, soprattutto dal 2001, quando il mercato è stato liberalizzato e i voli di medio raggio sono stati invasi dalle low cost. 

Con il lungo raggio si guadagna per diversi motivi. Paragoniamo un volo Parigi-New York, tratta “lunga”; ad una media con cui uno stesso aereo fa Catania, Milano, Parigi. Il secondo, come costo unitario, spende di più. Perché sul carburante incide molto la fase di decollo e atterraggio (uno ne fa 4 e l’altro la metà) e pensate che atterrare in uno scalo ha un costo. Ma c’è altro.  



Il problema di Alitalia sono i guadagni  
Troppo spesso si ignora che rispetto alle grandi compagnie in attivo, Alitalia non spende tanto, anzi. Prendiamo la tratta Roma-Parigi, e facciamo un confronto con Air France, modello vincente in Europa. Alitalia spende per il volo 100; ed Air France 103. 

Bene, direte voi, non siamo così male. Ma ora passiamo ai guadagni. Noi ricaviamo sulla stessa tratta 96 e la compagnia francese 108. Quindi Alitalia, sottraendo le spese ai guadagni, ci perde 4; mentre Air France ha un attivo di 5. 

Perché non riusciamo a guadagnare di più? Il problema è sempre lo stesso, lungo raggio. 

Air France, per fare un esempio, usa lo stesso aereo che fa Roma-Parigi per andare anche da Parigi a New York. Eccolo, è lì il tratto dove si guadagna, perché il passeggero che fa Roma-New York paga il biglietto, come naturale, di più. 
Facile, no? 
Non vi basta? Facciamo un paragone con l’estero, tanto caro in questi tempi di globalizzazione. I voli intercontinentali coprono l’87% delle rotte totali di British Airways ed Air France; Klm arriva al 90%, e Lufthansa si attesta all’84%. Noi? Un misero 15%, e ci perdiamo per questo su tutta la linea, da anni.  






Perché Cai vola basso 
Adesso arriviamo al presente. Si presentano i salvatori di Alitalia, la cordata italiana che ci strappa dal nemico francese. Cosa vi aspettereste da loro? Si chiamano “imprenditori”, no? Vorranno guadagnare, quindi sarebbe logico investire sul lungo raggio. 

E invece no. 

Cai riduce immediatamente le “macchine”, come si chiamano in gergo gli aerei, perché dei 230 che compongono attualmente la flotta AirOne e Alitalia, ne mantiene solo 130. Certo, ha detto che ne acquista comunque 60, da subito; ma non sono un “surplus”, perché sostituiscono i vecchi MD-80, più datati. 

Ancora, i 60 Airbus (questi i modelli promessi) sono a medio raggio. Di nuovo mercato domestico, che ci fa sempre andare in rosso. 

Forse in futuro ci ripenserà, forse è solo una manovra di assestamento. Ma Flavio L. ci spiega che non sarebbe così semplice, perché per avere i grandi aerei a lungo raggio devono passare minimo tre anni dall’ordine di acquisto. “Ammesso e non concesso che Cai comprenda che serve investire nelle rotte intercontinentali, passeranno anni perché le macchine arrivino; e fra tre anni, chissà se ci saremo ancora”.  





Con il partner straniero la musica non cambia… 
A questo punto il quadro è chiaro. Cai non andra lontano, e non solo geograficamente parlando. La domanda lecita, ora, è: con il partner straniero andrà meglio? 

No. Sia questo Air France, o Lufhtansa, il risultato non cambia, e si chiama “fideraggio”. Che significa, nel caso per esempio della compagnia transalpina, che si trasporteranno i passeggeri dall'Italia agli aeroporti francesi. Se vuoi andare a Los Angeles o S. Francisco, ad esempio, con Alitalia non ci vai; vai da Roma a Parigi e da lì Air France ti porta dove vuoi tu. 

Altro dubbio sacrosanto è: e se vendevamo subito ad Air France? 

Flavio L. è chiaro: “Sarebbe stato lo stesso. Era sempre fideraggio, ma c’era speranza per il futuro”. Ossia? “Air France prevedeva un investimento sugli aerei di lungo raggio per Alitalia. Dal 2011, certo, però se ne parlava, di futuro. E per avere un altro ordine di grandezza, solo per noi era prevista, da subito, una flotta di 135 aerei. Mentre Cai (che è Alitalia ed AirOne insieme) ne ha sulle piste 130” .  




L’investimento di Cai sono “bruscolini” 
Ancora dubbi su Cai? In fondo sono italiani, ci hanno messo soldi loro, guadagnati con tempo e fatica. Quantifichiamo. Cai ci mette un miliardo, perché lo Stato mette il resto; ed Air France avrebbe speso 4 miliardi. Non solo, di questo miliardo speso dalla cordata, una parte sono i debiti del circolante, quelli dei fornitori. Meno di un miliardo speso per la nuova Compagnia Italiana, senza debiti. “Good company” si potrebbe tradurre in “ottimo affare”.  

Se tagliare gli stipendi non servisse a niente… 
Il nostro interlocutore ci riassume il quadro così: “Cai continua a perpetuare tutti gli errori del passato. Pensa che basti ridurre le spese per rilanciare una Compagnia, quando negli anni quello che ci ha distrutto sono i mancati guadagli”. Una logica di errori infinita. “Pagata da noi”. E spiega, amaro: “Bene, tagliateci gli stipendi, si potrebbe accettare se servisse. Ma le spese per i dipendenti di Alitalia incidono solo per un 25% scarso sul bilancio, quando in generale gli stipendi di una grande compagnia pesavano in passato fino al 60%. Giusto per avere un’idea, in un anno abbiamo pagato l’aumento del costo di carburante 600 mila euro (cifra x+ 600 mila euro in più rispetto all’anno precedente); per gli stipendi 800 milioni.  

Dal primo all’ultimo dipendente: con Cai perdiamo 
“Questi sono i motivi per cui Cai, dal primo all’ultimo dipendente Alitalia, non viene digerita”, dice Flavio. E conclude: “Colaninno e soci non investono in flotta, anzi la riducono di un terzo abbondante. Ci comprano a poco, non investono nel futuro, non apporteranno sviluppo per il Paese. Continua la strategia perdente del passato (il mercato domestico), nessuna innovazione per l’oggi né il domani. 

Cai potrà fare un paio di bilanci in attivo, magari se il petrolio continua a scendere. Ma non andrà lontano. E noi con lei. Magari aggiungiamoci tutti gli esuberi, i posti persi, i lavoratori  che dall’oggi al domani dovranno stare 6 mesi a Catania e 6 mesi a Roma (mobilità obbligatoria con la NewCo ), pagandosi vitto e alloggio. Vite stravolte, lavorando di più e pagati meno. Con un governo che li appoggia, un’opinione pubblica che non capisce. Grazie a tutti, compresi i sindacati e i politici che hanno fatto saltare Air France. Grazie a chi voleva mantenere la bandierina italiana sulla compagnia. Noi abbiamo perso su tutta la linea”. 







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