[Redditolavoro] VERSO IL 6 DICEMBRE, PRIMA DEL 6 DICEMBRE

clochard spartacok at alice.it
Tue Nov 18 01:55:26 CET 2008


VERSO IL 6 DICEMBRE, PRIMA DEL 6 DICEMBRE






----- Original Message ----- 
From: bastamortesullavoro 
To: bastamortesullavoro 
Sent: Friday, November 07, 2008 3:59 PM
Subject: Fw: Fw: corteo





PROLETARI at PIEMONTE
       COMUNICAZIONE MILITANTE







6 DICEMBRE 2008 ORE 9.00
CORTEO. CONCENTRAMENTO CSO REGINA PIAZZALE TYSSENKRUPP
ARRIVO CORTEO TRIBUNALE DI TORINO.
GARANTIRE MAX PRESENZA!








un grande corteo di denuncia lotta e proposta sui temi della sicurezza sui
posti di lavoro

partirà il 6 dicembre dalla Thyssenkrupp di torino alle 9 per attraversare i
luoghi simboli della vicenda thyssen ma sopratutto per portare
in piazza unitaria e di massa tutti i temi dello scontro sulla sicurezza sui
posti di lavoro con i padroni, il governo, lo stato , il sistema del
capitale
un corteo  che fa propria la campagna per dante de angelis e la rilancia
nazionalmente per portarla alla vittoria reale
un corteo ch esi concluderà intorno alle 13 con una grande assemblea
popolare
in cui prenderanno la parola
-operai e delegati rls di tante fabbriche e posti di lavoro dalla thyssen
all'ilva, da marghera a palermo dall'assemblea nazionale degli rls ai
ferrovieri appartenenti a tutti i sindacati sia confederali che di base e di
classe
-delegati colpiti dalla repressione padronale
-margherita calderazzi  sotto accusa  per una scritta riva assassina , così
come tutti i compagni e le compagne lavoratori e non che per il ,loro
impegno sulla sicurezza sui posti di lavoro
-franca caliolo familiare ilva taranto
-associazione esposti amianto da monfalcone
-esponenti di medicina democratica, giornalisti artisti impegnati
comitati immigrati

un corteo proposto dalla rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
un corteo di tutti in cui siamo tutti  invitati e tutti promotori
un corteo in cui vogliamo tutti i partiti e i gruppi politici comunisti
proletari progressisti con bandiere e simboli
perchè non c'è niente di più politico che la morte sul lavoro per i profitti
dei padroni, le leggi dello stato capitalistico, le politiche dei governi di
centro destra come di centro sinistra
un corteo che rifiuti ogni settarismo, spirito di piccolo gruppo ed
egemonismo e che conti e si faccia contare nei numeri reali perchè si tratta
di energie vere e sincere in campo quotidianamente per la salute e la
sicurezza in fabbrica e sul territorio

un corteo che avente base di massa a torino, porti a torino con tutti i
mezzi possibili il maggior numero di lavoratori e persone interessate
che conti sugli aiuti e i contributi per il viaggio di sindacati, partiti,
entilocali che sostengono in qualsiasi forma e a qualsiasi livello
l'iniziativa
un corteo che naturalmente farà un appello al movimento studentesco perchè
partecipi e lo sostenga, così come tutta la rete nei suoi organismi e nei
suoi singoli partecipanti sostiene la giusta lotta degli studenti contro gli
stessi nemici

la proposta della rete prevede anche uno sciopero a macchia di leopardo, ciò
dove si è presenti sulla sicurezza per il 12 dicembre
porteremo in questo sciopero autonomamente nei contenuti e nelle forme la
battaglia per la sicurezza sui posti di lavoro

facciamo del 6 dicembre una tappa importante di questa battaglia, che
influenza e pesi nell'estensiona nazionale della lotta e nei rapporti di
forza






--
-----Messaggio originale-----
Da: Lazzari [mailto:larcara at aliceposta.it]
Inviato: giovedì 30 ottobre 2008 11.54
A: baseverde at yahoogroups.com
Oggetto: sull' ILVA la Prestigiacomo ha dribblato la Giunta Regionale !

giro la segnalazione di Roberto Topino (medico del lavoro)pubblicata su
altra mailing list
                                  Grazia





Ilva di Taranto, il ministero rimuove i tecnici anti-emissioni




Scritto da Paolo Cordova

Monday 27 October 2008

Una volta tanto la salute dei cittadini era stata anteposta agli interessi
di un gigante industriale. Per una volta ci si era ricordati che il lavoro,
l'occupazione, non sono nulla se il prezzo da pagare è la morte di tante
persone, di ogni età, perché il cancro non si fa scrupoli di età. Accadeva a
Taranto, la città dei due mari, la capitale della Magna Grecia (attualmente
in dissesto finanziario), la sede del più grande stabilimento siderurgico
d'Europa, l'Ilva.

Un comitato di esperti avrebbe dovuto decidere, entro il 31 marzo prossimo,
se concedere al gigante del ferro l'Aia (l'autorizzazione integrata
ambientale), un test necessario per proseguire l'attività: o lo si passa o
si chiude. I cittadini ringraziavano, forse è meglio perdere il lavoro che
morire di cancro. Invece il comitato tecnico non deciderà nulla. Il ministro
dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha infatti rimosso gli esperti in
carica per sostituirli con tecnici di fiducia del ministero. "Una
decapitazione del sapere tecnico-scientifico che dà forte ragione di
inquietudine", commenta il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.

Tutti sono rimasti increduli, membri del comitato e Tarantini. "Convocati a
Roma ci siamo trovati davanti il nuovo presidente del nucleo di
coordinamento scelto dal ministro Prestigiacomo - spiega l'assessore
all'Ambiente, Michele Losappio - Stranamente, più volte e con grande enfasi,
ha voluto sottolineare come le emissioni dell'Ilva siano tutte nei limiti
dell'attuale normativa nazionale". Il direttore dell'Arpa regionale
pugliese, il professor Giorgio Assennato, aggiunge "Per la prima volta al
tavolo c'erano anche i tecnici dell'azienda". I limiti di emissione di
diossina dell'attuale normativa, di cui i tecnici dell'Ilva garantiscono il
rispetto, sono i più alti d'Europa: 3,5 nanogrammi per metro cubo, contro 1
nanogrammo di limite fissato dalla normativa europea mai recepita in Italia.

Limiti di emissioni troppo alti che consentono all'Ilva di continuare a fare
utili senza investire nell'ecosostenibilità degli impianti di produzione,
aggiunge Nichi Vendola.

A Taranto la diossina è arrivata a contaminare tutto.
Mentre ci si indignava per la contaminazione delle bufale campane, più in
giù nello stivale accadeva la stessa cosa, forse anche peggio, e per di più
nel silenzio generale.
Anche a Taranto il latte, i formaggi, le carni erano impregnati di diossina.

Già nel 2005, i dati ufficiali dell'Eper, il registro europeo delle
emissioni inquinanti, indicavano a Taranto una produzione di 93 grammi di
Pcdd (policlorodibenzo-p-diossine) e Pcdf (policlorodibenzo-p-furani),
famiglia di diossine cancerogene che secondo l'Eper provenivano dallo
stabilimento dell'Ilva.
Praticamente il 90% del totale emesso in tutto il paese, 103 grammi.
All'inizio del 2008 l'associazione "Tarantoviva" ha fatto analizzare dal
laboratorio Inca di Venezia il sangue di dieci volontari.
Tra le persone più anziane, quelle più esposte, il livello di diossina
registrato era il più alto mai rilevato nella casistica internazionale.
I dati raccolti dall'Asl da marzo a oggi indicano inoltre che su 30
allevamenti esaminati 7 risultano positivi alla diossina.

La regione Puglia ha già annunciato che se si continuerà sulla stessa linea
darà parere negativo al rilascio dell'Aia. Anche se il parere regionale non
è vincolante.
Motivo per cui lo stesso presidente Vendola presenterà al consiglio
regionale una legge che imporrà all'Ilva e a tutte le altre aziende che
operano sul territorio regionale la riduzione delle emissioni inquinanti.
Chi non la rispetta dovrà chiudere.
Intanto i cittadini di Taranto aspettano sfiduciati.
Anche quelli più maliziosi, che facendo maliziosamente due più due
sospettano che la sostituzione dei tecnici fatta dal ministero dell'Ambiente
sia stato un regalino fatto al patron dell'Ilva Emilio Riva, entrato a far
parte della cordata CAI che ha rilevato Alitalia e nel cui progetto ha
investito parecchio denaro. I soliti maliziosi.






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From: "bastamortesullavoro" <bastamortesullavoro at domeus.it>
To: "bastamortesullavoro" <bastamortesullavoro at domeus.it>
Sent: Monday, November 03, 2008 9:36 AM
Subject: verso il 6 dicembre da taranto



 verso la manifestazione nazionale di torino  6 dicembre ore 9 
concentramento TyssenKrupp




taranto ilva

Emilio Riva, il padrone dell'Ilva di Taranto, con il record nazionale di 
morti operai e infortuni, ma anche di inquinamento e morti da tumore della 
popolazione di Taranto; la 2° fabbrica siderurgica in Europa, l'8° nel 
mondo; il padrone che in Italia ha fatto più profitti ed è tra i primi 3 
(insieme a Berlusconi e Del Vecchio-Luxotica) con maggiore liquidità; Riva 
che non si è mai presentato ad uno dei suoi tanti processi,
il 17 ottobre è voluto scendere a Taranto e si è presentato in Tribunale per 
Margherita Calderazzi coord. Slai cobas per il sindacato di classe, da lui 
denunciata/querelata per una scritta apparsa nel 2006 "RIVA ASSASSINO" dopo 
l'ennesima morte di un operaio all'Ilva. E ha chiesto 100.000 euro di 
risarcimento perchè si sente "offeso nella sua dignità" .

Dal "faccia a faccia" tra Margherita e Riva in Tribunale:

Riva arriva in Tribunale, verso le 12,30, e subito intorno a lui fanno 
quadrato una decina di polizia/digos (che saranno presenti per tutta 
l'udienza) come a proteggerlo e alla stregua di sue "guardie del corpo" 
(anche qui la cosa è assurda e ridicola, sembra che il grande Golia, debba 
essere protetto dal piccolo Davide); veniamo poi a sapere che è stato lo 
stesso giuidice a ritenere "assolutamente necessaria" la presenza della 
Digos...

Il giudice fa avvicinare Margherita e Riva al suo banco e dice che prima 
deve fare il tentativo di conciliazione, ma che data la "circostanza" è 
meglio farla in una saletta privata. Riva accetta subito, Margherita dice 
che per lei non ci sono affatto problemi a farla in pubblico.
Ma il giudice insiste e si va nella saletta- e per tutto il faccia faccia ha 
un atteggiamento tra l'intimidito e il referenziale verso Riva.
Chiede, quindi, ad entrambi se vogliamo conciliare.
Riva: "...ma...veramente...io sono stato offeso e quindi devo andare 
avanti..."
Margherita: "Non ho niente da conciliare con questo signore! Io non ho fatto 
la scritta, nè sono la mandante, e me ne dispiace...! D'altra parte quella 
scritta non ha bisogno di mandanti, tanti operai, tante famiglie di operai 
morti, tanti a Taranto c'è l'hanno nel cuore e nella testa".
Il giudice insiste sul tentativo di conciliazione
Riva (indicando Margherita):".ho capito bene quando ha detto: "mi dispiace", 
le dispiace che non ha fatta lei la scritta..."
Margherita: "giudice, mesi prima, centinaia e centinaia di operai Ilva 
avevano gridato "assassini", durante un grandissimo sciopero e 
manifestazione per la morte dell'operaio Di Leo. Questo signore dice di 
sentirsi "offeso" e come si devono sentire gli operai?"
Il giudice, a questo punto, rivolgendosi a Margherita: "Signora, ma perchè 
chiama il signor Riva "questo signore", con un tono un pò sprezzante"
Margherita: "E come lo dovrei chiamare? Proprietario dell'Ilva?"
Riva: "No, io non sono proprietario dell'Ilva. Sono presidente del Consiglio 
di amministrazione di una Spa. Io nell'Ilva non sono proprietario neanche di 
un cane..."
Margherita (guardando solo per questa volta padron Riva): "ma per piacere! 
Non offenda anche l'intelligenza dei presenti...!
A questo punto, il giudice, imbarazzato e dispiaciuto, dice: il tentativo di 
conciliazione è fallito. Il processo va avanti.

Si torna in aula e qui, dopo aver sentito uno dei capi dei vigilanti 
dell'Ilva, un fascista, autore del rapporto contro Margherita, che sul piano 
tecnico non porta alcun elemento di prova, ma fa non volendo una vera e 
propria propaganda del ruolo di Margherita, indicandola come una "notissima 
attivista, che interviene sempre alle portinerie dell'Ilva, con volantini, 
iniziative, che partecipa alle manifestazioni operaie, molto conosciuta da 
anni alla fabbrica", il processo viene aggiornato al 13 GENNAIO.






Noi la crisi non la paghiamo!



----- Original Message ----- 
From: "bastamortesullavoro" <bastamortesullavoro at domeus.it>
To: "bastamortesullavoro" <bastamortesullavoro at domeus.it>
Sent: Monday, November 03, 2008 5:01 PM
Subject: lo slai cobas per il sindacato di classe non aderisce allo sciopero della cgil 






un volantino sbagliato 
lo slai cobas ravenna ha emesso questa mattina un volantino erroneo frutto
di una confusione
lo slai cobas per il sindacato di classe non aderisce allo sciopero della
cgil del 14
si voleva intendere che si porta la propaganda della manifestazione 
nazionale a torino del 6 dicembre della rete per la sicurezza sui posti di 
lavoro
approfittando di tutte le occasioni per conquistare adesioni

slai cobas per il sindacato di classe
coordinamento nazionale



Volantino diffuso alla Marcegaglia di Ravenna nel corso delle assemblee
alla
presenza del segretario nazionale FIOM, Rinaldini.



Noi la crisi non la paghiamo!





Lo Slai cobas per il sindacato di classe aderisce allo sciopero provinciale
del  14 novembre della CGIL e sostiene lo sciopero generale del 12 dicembre
indetto dalla FIOM.

Bisogna battere l'arroganza padronale di Confindustria a guida Marcegaglia
e
del governo Berlusconi che vogliono scaricare la recessione sui lavoratori
con cassintegrazione, licenziamenti degli operai precari e licenziamenti
punitivi degli operai combattivi, con la detassazione degli straordinari,
con l'attacco al contratto nazionale e al diritto di sciopero!

ORA BASTA! Gli operai non hanno ottenuto nulla prima quando i padroni
facevano profitti da capogiro e adesso dovrebbero ancora "tirare la
cinghia", rinunciare all'integrativo aziendale come viene prospettato, per
una crisi creata dagli stessi padroni?



Allo stesso tempo dobbiamo batterci per la sicurezza nei luoghi di lavoro,
ancora più necessaria viste le dichiarazioni e provvedimenti governativi e
l'attacco al Testo Unico di padroni e governo. Invece che miglioramenti
viene indebolito l'intervento ispettivo.

Alla Marcegaglia di Ravenna da tempo insistiamo sulla soluzione di
un'emergenza-infortuni che è diretta conseguenza di un sistema di
sfruttamento con al centro il comando padronale. Non è un caso che Steno
Marcegaglia è indagato per concorso in lesioni personali colpose in
relazione a una serie di infortuni avvenuti all’interno dello stabilimento
di via Baiona a Ravenna fra il 1996 e il 2003 e per omicidio colposo
avvenuto il 14 gennaio 2003 in cui perse la vita l'operaio Antonio Rauso,
di
appena 28 anni, assunto con un contratto di formazione lavoro nel reparto
zincatura (per questa morte ci costituiamo parte civile al processo).
Infortuni che sono continuati fino ad oggi e che colpiscono in particolare
gli operai delle ditte di manutenzione.

Lo Slai cobas per il sindacato di classe è promotore della Rete nazionale
per la sicurezza nei luoghi di lavoro che sta organizzando uno sciopero per
la sicurezza per il 5 dicembre e la manifestazione nazionale a Torino per
il
6 dicembre nell'anniversario della strage di sette lavoratori bruciati vivi
alla Thyssenkrupp.

A tal fine chiamiamo tutte le organizzazioni politiche e sindacali che si
richiamano alla difesa dei lavoratori, a partecipare con noi a questo che
deve essere un momento di aggregazione militante per lottare realmente, e
non a parole ipocrite, per la sicurezza sul lavoro. A questa scadenza della
Rete nazionale e degli operai della Thyssenkrupp ha già aderito il
coordinamento nazionale degli Rls.



SLAI Cobas per il sindacato di classe

Sede provinciale: Ravenna  v. G. Di Vittorio,32.

Tel: 339/8911853 e mail: cobasravenna at libero.it 




 Umbria Olii. Nessun risarcimento al padrone
Inviato da: "Andrea" a.fiore at libero.it    fiorettian
Mar 4 Nov 2008 12:26 pm




UMBRIA OLII. NESSUN RISARCIMENTO DAGLI OPERAI AL PADRONE



Oleificio Campello sul Clitunno: dopo la tragedia, dopo l'incredibile 
richiesta di risarcimento del padrone nei confronti degli operai morti, la 
fine della storia giudiziaria con la restituzione della serenità alle 
famiglie. Ma non è sufficiente riportare l'esito, è bene, per le mille 
Thyssen e per gli oleifici e tutti i luoghi di lavoro fuori sicurezza sparsi 
nel Paese che causano tragedie - perché in esse prevalgono lo sfruttamento 
mirante ad accumulare denaro e non a produrre attività umana lavorativa da 
remunerare con giusto compenso -, abbiamo di seguito, prima della notizia 
della sentenza definitiva del giudice Fornaci, riprodotto passi di cronaca 
di quella tragedia.

CAMPELLO SUL CLITUNNO (PERUGIA) - Sono morti in quattro, dilaniati dall' 
esplosione mentre lavoravano dentro un oleificio. Un boato, poi altri 
scoppi, la colonna di fumo impenetrabile, il rogo, le difficili operazioni 
per recuperare i corpi delle vittime e salvare l' unico superstite. è la 
cronaca di un nuovo incidente sul lavoro, l' ennesima strage. I quattro 
facevano parte di una piccola ditta che aveva l' appalto per lavori di 
manutenzione degli impianti della Umbria Olii, un colosso europeo della 
raffinazione dei prodotti vegetali destinati anche all' industria cosmetica. 
Lo stabilimento è al centro della zona industriale di Campello sul Clitunno, 
lungo la vecchia Flaminia tra Spoleto e Foligno. «Non ci sono più, i miei 
compagni non ci sono più», dice Claudio Denyr, un giovane albanese, il 
quinto della squadra, salvo per miracolo perché era a qualche passo dall' 
apparecchiatura che ha dilaniato gli altri: Tullio Mocchini, 40 anni di 
Massa Martana, Giuseppe Coletti 45 anni di Amelia, Wladimir Toder, 32 anni, 
e il titolare della ditta esterna che aveva in appalto la manutenzione, 
Maurizio Manili,47 anni, residente a Narni, il loro datore di lavoro. I 
quattro sono stati dilaniati e carbonizzati: li hanno ritrovati due alla 
volta, dopo lunghe e dolorose operazioni. Alcuni tecnici ipotizzano che 
tutto sia stato innescato dalle scintille di una saldatrice elettrica, altri 
credono di aver individuata la causa dell' esplosione nello scoppio di una 
caldaia. Ci penseranno i periti e i consulenti, c' è un' inchiesta aperta, 
ma ci vorranno mesi. Il primo luglio 2008 la proprietà chiede risarcimento 
alle vittime La fabbrica che riprende parzialmente l' attività, le beghe 
legali che si incastrano nel solito tran tran e perizie che all' improvviso 
si scontrano: quella della procura che indica le colpe di Del Papa, quella 
civile che dà ragione al padrone: gli operai avrebbero usato la fiamma 
ossidrica e non dovevano. È così che la Umbria Olii va in contropiede e 
chiede quei 35 milioni di risarcimento, cioè la stima del danno economico 
subito. La reazione delle vedove è un grido. «Così hanno ucciso mio marito 
un' altra volta», dice Morena Sabatini, la vedova di Maurizio Manili, mentre 
Fiorella Grasselli aggiunge, insieme alla cognata Lorena: «Giuro che trovo 
tutti i soldi e glieli porto a Del Papa. Ma c' è una condizione, però: lui 
deve riportarmi qui mio marito. Vivo». Giorgio Del Papa siede in un ufficio 
minimal. Una camicia azzurra, niente capelli, fare giovanile. «Ma ora mi 
sento vecchio. Io sono pronto a lasciare tutto. Mi hanno massacrato. 
Assassino, mi hanno urlato. Lo sa che Maurizio Manili era un a mio amico e 
lavorava per me da otto anni? Lo sa che qui sono passati politici e 
ministri, e nessuno di loro si è degnato di parlare un minuto con me?». Però 
dicono che da qui i sindacati restano fuori. Del Papa scuote la testa: «Che 
colpa ho io se i miei operai preferiscono farne a meno?». Veramente, i 
sindacalisti dicono che non ha mai voluto incontrarli. Mario Bravi, 
segretario della Cgil di Perugia, lo descrive come un padrone delle 
ferriere. «Ma io non pretendo davvero quei soldi dai familiari delle 
vittime. Il mio è un messaggio, perché i politici mi hanno abbandonato: 
hanno scelto me come capro espiatorio per le morti bianche. Ma io non ho 
responsabilità per quello che è successo». Oggi, finalmente, senza che si 
possa tornare, con cavilli e lungaggini, sulla tragedia consumata, in via 
definitiva, per quanto attiene la sfera civilistica c'è la sentenza.

UMBRIA OLII. ANNULLATO IL RISARCIMENTO A CARICO DELLE VITTIME

Nessun risarcimento potrà essere chiesto da Giorgio Del Papa, l'imprenditore 
della Umbria Olii a Campello sul Clitunno, che in seguito alla morte di 4 
operai chiese oltre 35 milioni di euro ai familiari delle vittime. A 
stabilirlo è il giudice Augusto Fornaci, il quale ha confermato che la 
perizia in sede civile non è valida ed ha aggiunto che non si potrà neppure 
appellare nuovamente a richieste simili. Una notizia che porta giustizia 
alle famiglie dei quattro uomini, Maurizio Manili, Giuseppe Coletti, 
Vladimir Todhe e Tullio Mattini, che il 25 novembre del 2006 rimasero 
carbonizzati in seguito all'esplosione di due serbatoi nei quali stavano 
operando una serie di manutenzioni. Il capo d'accusa in sede penale resta 
invece in piedi proprio contro lo stesso imprenditore che dovrà rispondere 
di omicidio colposo e violazione alle norme per la sicurezza del lavoro.







----- Original Message ----- 
From: "bastamortesullavoro" <bastamortesullavoro at domeus.it>
To: "bastamortesullavoro" <bastamortesullavoro at domeus.it>
Sent: Wednesday, November 05, 2008 10:52 AM
Subject: genova amianto e beffa


amianto e beffa





sarebbe interessante sapere se accade anche altrove in Italia.


da il secolo xix
Amianto, stop alle pensioni
04 novembre 2008| Graziano Cetara
Matteo Indice

HOME > GENOVA
CONDIVIDI STAMPA INVIA COMMENTA «Questa sede ha constatato il venir meno 
alla prestazione concessa, per la quale i benefici derivanti 
dall'esposizione all'amianto risultano determinanti, e di conseguenza ha 
provveduto a revocare la pensione di cui lei è titolare. A seguito di tale 
revoca è stato calcolato un debito che ammonta a 76.181,90 euro. Sulle 
modalità di recupero di tale debito questa sede si riserva di inviarle 
successive comunicazioni». L'intestazione del documento è quella dell'Inps - 
Istituto nazionale della previdenza sociale - la firma appartiene al 
direttore provinciale, la lettera è stata recapitata venerdì a un ex 
collaudatore dell'Ansaldo e le banche ieri hanno confermato: da questo mese, 
alcuni pensionati sospettati d'aver fornito certificazioni-truffa 
sull'esposizione all'amianto (raccontando di aver lavorato in ambienti 
contaminati per accelerare l'uscita dal lavoro, senza esserci mai stati) non 
avranno più il loro vitalizio.

È l'ultimo tassello, la chiusura d'un cerchio che nessuno avrebbe pensato 
così rapida e senza fronzoli: dopo le lettere inviate dall'Inps nelle quali 
si dichiaravano «provvisorie» mille pensioni, dopo le comunicazioni 
dell'Inail, che preannunciava i tagli nei casi di «manifesta irregolarità», 
ecco ora nudo e crudo il riflesso economico d'un bubbone che fa tremare a 
Genova migliaia di persone. Se qualcuno ha dichiarato il falso, il rubinetto 
è chiuso. E lo Stato chiede pure indietro le mensilità corrisposte negli 
ultimi anni, denaro destinato a incidere duramente su un bilancio familiare. 
È vero che gli ex dipendenti possono fare ricorso, percorrere la via della 
magistratura civile. Ma non è più la strada scelta soltanto da chi paventa 
l'allungamento dei tempi dopo il blocco dello "scivolo" (chi insomma un 
lavoro ce l'ha e teme di ritirarsi più tardi); adesso sono obbligati a una 
corsa controcorrente coloro che ogni mese hanno affitto o mutuo da pagare, 
sebbene sul conto corrente da ventiquattr'ore non entri più un euro.

Sono in tutto 30 le comunicazioni inviate dall'Inps delle quali si ha 
conferma. Quindici riguardano lavoratori il cui assegno è stato 
«riconteggiato»: andranno in pensione più tardi o con un mensile 
"alleggerito". Per altrettanti la situazione è assai più critica: sono 
usciti dall'azienda (i casi di cui ha notizia Il Secolo XIX riguardano, per 
ora, esclusivamente l'Ansaldo), ma senza amianto non hanno maturato un 
livello di contribuzione sufficiente. E in teoria, per arrivare alla 
pensione, dovrebbero rimettersi a lavorare.

«Da domani mattina sono davanti ai cancelli dell'Ansaldo, ci vado alle sei e 
gli dico di riassumermi subito. Io ho solo firmato delle carte, pensavo non 
ci fossero problemi e mai lo avrei fatto se avessi immaginato un epilogo del 
genere». Negli uffici Cgil di via San Giovanni d'Acri a Cornigliano - una 
delle sedi "storiche" a Genova, due passi da quel che resta delle acciaierie 
Ilva - sono urla autentiche quelle che riecheggiano dopo le 15.30 di ieri. 
Perché chi non riesce a contenere la tensione è un ex collaudatore, 57 anni 
(l'identità completa viene omessa), casa con mutuo a Voltri e figlio 
studente a carico: «Se le cose non cambiano, se non si risolve in tempi 
brevissimi sono semplicemente rovinato».

Ai sindacalisti che cercano di capirci qualcosa, di fronteggiare il preludio 
d'un terremoto con ogni probabilità più vasto, sibila infine una frase 
lapidaria: «Ci hanno ingannato, altri dovrebbero rispondere di questo 
casino». A lui (tre anni e mezzo di pensione secondo l'Inps ottenuta 
indebitamente) vengono chiesti oltre 76 mila euro di risarcimento, a un 
collega 87 mila, a un altro 62 mila. E c'è persino un sessantenne che, senza 
aver ancora ricevuto la lettera, s'è visto avvertire dalla propria banca: 
sapeva che la sua era una delle pratiche «riesaminate» e nel momento in cui 
l'impiegato, ieri mattina nel giorno d'incasso a causa dello slittamento 
determinato dal ponte festivo, gli ha comunicato che non era stato 
accreditato nulla, ha capito.

Non solo. I pensionati che si sono visti materialmente tagliare il vitalizio 
non risultano finora destinatari di avvisi di garanzia nell'inchiesta per 
truffa ai danni dello Stato condotta dalla procura del capoluogo ligure, 
segno che gli istituti previdenziali stanno ormai procedendo a una revisione 
in grande stile, e l'elenco dei casi messi in discussione non ha diretta 
aderenza con la lista degli indagati.

La vicenda ha toccato ieri probabilmente il suo punto più critico. E forse 
non è un caso se questa mattina una delegazione di Confindustria Genova sarà 
ricevuta in prefettura, per fare il punto e arginare la valanga.

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