[Redditolavoro] UN SERIAL KILLER CHIAMATO CAPITALISMO

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Sat Mar 8 00:13:05 CET 2008


UN SERIAL KILLER CHIAMATO CAPITALISMO
 
Iniziativa di dibattito e autorganizzazione…
Venerdì 14 Marzo
ore 18,00 PROIEZIONE VIDEO
ore 19,30 ASSEMBLEA
 
COLLETTIVO INTERNAZIONALISTA DI NAPOLI kollintern at gmail.com
 
Sono veri e propri omicidi seriali quelli che il capitalismo
commette quotidianamente, seriali perchè le vittime rispondono a una comune
caratteristica, essenziale: l'appartenenza alla classe lavoratrice. In questo
periodo, dopo le tragedie annunciate della Thyssen-Krupp a Torino o, più di
recente, degli operai morti a Molfetta, a destra e a “sinistra”, partiti e
sindacati insieme si sono affannati a piangere, a urlare che “Mai più!”, che un
fatto del genere è “indegno di un paese civile”: ma i lavoratori purtroppo
sanno bene che morire di lavoro non solo è “degno”, ma è anche connaturato al
modo di produzione capitalistico. 1250 morti sul lavoro nel 2006 soltanto in
Italia (dati INAIL), 4397 lavoratori uccisi nel 2004 nei paesi dell'Unione
Europea (dati Eurostat), 6000 lavoratori al giorno nel mondo (dati ILO): si
tratta di cifre incredibili, soprattutto se si pensa che i dati si riferiscono
soltanto ai lavoratori regolari, i cui incidenti sono denunciati; in nessuna
statistica comparirà mai, invece, il lavoratore a nero, magari un immigrato
irregolare, caduto da un impalcatura e privato anche della sepoltura, per
evitare al padroncino “situazioni d'imbarazzo”. A questi numeri, già altissimi,
si aggiungono le cifre incalcolabili degli infortunati e di coloro che
contraggono malattie invalidanti (quasi 4 milioni nel 2004 solo in Europa, più
di un milione due anni fa in Italia), molti dei quali hanno la sventura di
morire più tardi, in conseguenza di questi “incidenti”, e per il fatto di non
essere tecnicamente “a lavoro” al momento del decesso non saranno mai
conteggiati. I lavoratori giocano tutti i giorni una partita dove chi vince
guadagna un altro giorno di sfruttamento, chi perde invece viene ucciso: è
forse eccessivo definirla una guerra? Il numero di militari americani morti in
Iraq tra il 28 Giugno 2004 e il 28 Giugno 2005 è 893, meno di quanti – nelle
fabbriche, nei cantieri, nei campi – sono morti in Italia nello stesso lasso di
tempo, due anni dopo.
Come se non bastasse, bisogna considerare che gli
ispettorati del lavoro, già di per sé non sufficienti, sono stati negli ultimi
anni sostituiti nelle funzioni, tanto in Italia quanto in Europa, da aziende
incaricate di effettuare i controlli, giungendo così all'assurdo che è il
padrone stesso a certificare di essere in regola con le norme... come chiedere
all'acquaiolo se l'acqua è fresca!
La sostanza del problema è che la “sicurezza sul lavoro” è
un fattore inversamente proporzionale ai tempi e carichi di lavoro ferocemente
imposti dalle esigenze di profitto, ulteriormente aumentati negli ultimi anni
grazie alle cosiddette “riforme” del mercato del lavoro adottate per rispondere
alla crisi: estensione degli straordinari, allungamento dell'orario di lavoro,
cottimizzazione del salario, sono queste le armi “bianche” del capitale. Come
può un lavoratore, sottoposto a turni massacranti, costretto a fare straordinari
quotidiani, rispettare contemporaneamente le complesse misure di sicurezza di
cui, naturalmente, è il solo responsabile?
È evidente, dunque, che la lotta per non morire di lavoro
non può essere scissa da quella più generale per il miglioramento delle condizioni
lavorative, la conquista di un lavoro stabile e sicuro, la difesa dei diritti
faticosamente conquistati e messi in discussione dagli ultimi, violenti
attacchi del capitale alla classe; è evidente che se non si lavora per la
ricomposizione del proletariato, per ricostruirne le basi di autorganizzazione
e le capacità di lotta, per provare, infine, a rovesciare i rapporti di forza
tra le classi, nessun lavoro sarà mai “dignitoso”, meno che mai sicuro.
 
Contro gli omicidi “bianchi”, rafforziamo le nostre lotte!
 
Venerdì 14 Marzo
ore 18,00 PROIEZIONE VIDEO
ore 19,30 ASSEMBLEA
 
presso la nostra sede in Vico Fico al Purgatorio 13 - Napoli
(da Piazzetta Nilo, il primo vicolo a sinistra su Via S.
Biagio dei Librai)
 
COLLETTIVO INTERNAZIONALISTA DI NAPOLI
kollintern at gmail.com



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