[Redditolavoro] La posizione dei COBAS sulle prossime elezioni

Emiliano Laurenzi emiliano_laurenzi at yahoo.it
Thu Feb 21 12:07:25 CET 2008


Caro Federico,
   
  io che mi sento non solo anarchico, ma anche libertario, trovo il tuo sfogo infantile. Senza offesa. Tu parli di cose che potrebbero anche essere condivisibili, ma non in questa condizione. Come diceva il buon Malatesta, essere anarchici significa sì perseguire un ideale utopico, perché questo lo preserva dall'imbarbarimento della confusione tra fini e mezzi, ma occorre essere anche realisti, ed operare, nel contesto in cui si vive, rispetto alla realtà storica e sociale di quel contesto.
  Perché altrimenti si scade in un individualismo antiorganizzatore che per carità, è lecito come tutte le opinioni motivate, ma in questo contesto è sterile, inutile ed anzi pericoloso. L'individualismo è una forma di anarchismo ambigua, che si presta a derive violente e sterili, a superomismi, a visioni irrealistiche. Non devi mettere il carro davanti ai buoi. Le banche sono il risultato di un certo tipo di società, sono un'espressione storica di certi equilibri di potere. Dunque non puoi dire "aboliamo le banche ed il signoraggio", perché è sterile. Sarebbe dire come "aboliamo la guerra dalla storia". Vanno combattute e abolite le premesse e le condizioni che determinano quelle scelte e quei fatti. Oggi il potere delle banche, tra le altre cose, è secondario rispetto ad un'organizzazione della società nelle forme violente del mercato, nella riduzione delle vite a sottospecie di prodotti rivendibili, nella colonizzazione dell'immaginario, nella sottrazione dello statuto
 di cittadini a favore di quello di consumatori.
  Il potere delle banche è uno dei poteri, impersonali, che costellano l'universo politico in cui ci muoviamo. Ma non si può dire aboliamole, così, come se si dovesse cancellare qualcosa che in realtà non è ciò che genera le condizioni in cui viviamo, ma ne è effetto.
  E dopotutto accusare chi con fatica, tra mille difficoltà, cerca di tessere le fila di una rete, di una sensibilità comune, di stalinismo, è davvero sterile. Forse ti sfugge la realtà storica delle cose e dei rapporti. Essere anarchici non significa essere quel coagulo di bei gesti ed opinioni in libertà che ci vogliono far credere, ma essere corresponsabili di quel che si fa, essere per primi rispettosi di quelle forme di collaborazione e di coinvivenza - oltre che di persecuzione di obiettivi comuni con mezzi conformi a quei fini - che fanno lo spessore ed il tessuto della libertà.
  Il tuo accusare i partecipanti a questa lista libera - ma che ha un tema e su cui non si può venire a pontificare solo di ciò che interessa a noi stessi... - di essere stalinisti, e la tua analisi del comportamento dei bolscevichi, sono cose incongrue ora, ma ferma restando la validità della critica all'involuzione totalitaria del regime bolscevico - ed alla sua bieca persecuzione degli anarchici - renditi conto che oggi lo scenario è profondamente mutato. Lo Stato non conta più un cazzo, e sopravvive solo nelle sue funzioni poliziesche e retoriche. La democrazia è ormai palesemente un formalismo vuoto, la sovversione ed il terrorismo come praticati negli anni settanta hanno purtroppo finito solo col rafforzare gli aspetti totalitari e di regime dello stato e delle sue traballanti istituzioni. Oggi viviamo in un'oligarchia partitica in cui tutti gli attori classici del panorama politico sociale sono collusi con le forme storiche di quelli che Foucault chiamava le
 istituzioni totali, volte alla sorveglianza ed alla punizione. Ma questi attori (partiti, istituzioni, stato, sindacati) sono solo funzionali ad un altro potere ben più impersonale, nomade e potente: il capitale e la sua teologia. Una teologia che mostra il volto accattivante delle merci, del consumo identitario, la stessa teologia che instilla nell'immaginario di uno sfruttato i sogni fatti con il profitto di chi lo sfrutta. Tolta di mezzo qualsiasi possibilità di pensare il futuro, si toglie di mezzo ogni possibilità di provare solidarietà per chi condivide le stesse condizioni di sfruttamento. Rimane un sogno, una forza potente che isola le persone, che le spinge a conformarsi alle pratiche identitarie - fatte di nichilismo opportunismo e cinismo - o a finire fra quelli che Baumann chiama gli scarti umani, le vite di scarto.
  Le banche sono solo servomeccanismi di questa teologia che plasma come un vento fenomenico le identità personali, statuali, istituzionali. Il suo potere, oltre che scorrere nelle forme irrazionali dela speculazione finanziaria - dunque ad essere immateriale - trova delle concretizzazioni labili nei media.
  Ora, rispetto ad uno scenaroi davvero preoccupante come questo, in cui sopravvivono, dei vecchi apparati di sorveglianza e controllo, solo gli aspetti repressivi, e si affermano strategie di controllo identitario inedite, e che hanno un sapore inquietante per le loro implicazioni con la disumanizzazione della vita, tu te ne esci e spari le accuse che spari.
  Essere schiavi ed aspettarsi che qualcuno ci venga a liberare, è continuare a pensare da schiavi. Prima di tutto abbi la consapevolezza della tua condizione, e non venire a dire, anche a me, che scaldo poltrone. Perché non è vero, perché ho sgobbato da quando ho memoria, e se ho insegnato all'Università, lo facevo senza essere pagato, preparando le lezioni mentre facevo il facchino, o la notte in albergo, o mentre servivo ai tavoli del ristorante, etc. etc.
  La rabbia non è mai un buon viatico per la lotta. La rabbia si deve sedimentare in valori che ne trasformino la violenza apolitica in un ideale, in una visione politica, in una forma di condivisione con altre persone. Condividere significa agire, pensare, e operare assieme.
  Le tue accuse lasciano il tempo che trovano, non sono utili a te, a noi, a nessuno. Mentre ora è proprio il momento di cercare di coagulare attorno ad una speranza di futuro tutte quelle forze che non si rassegnano a lasciare campo libero alla barbarie capitalista. E collaborare significa non essere disciplinati, ma tolleranti, collaborativi, propositivi, solidali. condividere e saper inghiottire lo schifo delle nostre vite senza sputarlo in faccia a chi è nelle nostre stesse condizioni. L'anarchia è sì libertà, ma soprattutto amore, non certo quello disarmato e farlocco che la chiesa ci ficca in culo per farci rassegnare, ma quello che nell'altro vede prima di tutto un essere umano, quell'amore che trasforma la rabbia in azione, l'uminliazione in condivisione, la disperazione (che fa tanto comodo a questo capitalismo...) in un etica di vita che ci fa sperare, e spargere il famos grano d'anarchia.
   
  saluti libertari
  el
  

"federico.traverso at libero.it" <federico.traverso at libero.it> ha scritto:
  HO parlato della bce anche nei miei post per il resto
Se quelli che parlano un questo forum sono quelli che dovrebbero svegliare e

muovere le masse operaie non mi stupisco perchè l'Italia è così ferma!
Ma dove sono finiti gli anarchici del libero pensiero?
Mi sono iscritto a questo forum pensando di trovare persone libere con cui

scambiarsi opinioni e invece vi ho trovato i soliti stalinisti-leninisti 

guardiani dei cancelli di sinistra degli schiavi salariati pronti a lanciare le

loro truppe armate e ad aprire i loro gulag non contro i padroni ma contro gli

schiavi che osino parlare di libero pensiero e quindi osino sfuggire al loro

potere e al loro controllo; vi ho trovato i soliti scaldapoltrone delle

cattedre universitarie che "CON IL LAVORO DI DISPENSATORI DELLE LORO VERITA'"

agli schiavi salariati come me si ingozzano lo stomaco e guadagnano i loro

lauti stipendi alla faccia mia che sopravvivo con 1000 euro al mese. Vi ho

trovato i cobas che , dopo un secolo di lotte hanno scoperto solo ora che non

bisogna dare preferenze di voto ai partiti padroni della sinistra che

finanziano guerre e schiavizzano le masse.
Ma il Kosovo non vi era bastato? e nemmeno la legge Treu?
E poi non mi chiamate più classe operaia? Questo si addice di più agli uomini

di classe che scaldano le poltrone universitarie e le dirigenze sindacali con i

loro sigari e le loro barche a vela. Io sono uno schiavo salariato non classe

operaia che è un termine orwelliano. Se volete rendere consapevoli gli schiavi

iniziate a rivolgervi a loro con termini sinceri! TU SEI UNO SCHIAVO!!!!
IO SONO UNO SCHIAVO, MIO PADRE ERA NUO SCHIAVO e i guardiani del cancello di

sinistra non hanno fatto un cazzo per liberarmi perchè i loro privilegi di

dirigenti sindacali e capi di partito sarebbero venuti meno! Perchè cosa fa un

dirigente sindacale o un capo branco di un partito di sinistra se uno schiavo

si libera? non può più comprarsi i sui sigari e le barche a vela.
Gli schiavi si libereranno da soli se riusciranno a sfuggire oltre che alle

grinfie del padrone e della sua propaganda, anche dalle grinfie dei guardiani
dei cancelli di sinistra e alle loro verità, e inizieranno finalmente ad

esercitare le doti del libero pensiero al di la di sindacati, padroni, partiti

e banche.
Cosa possiamo fare noi schiavi salariati? Intanto non seguire come pecorelle

gli stalinisti-leninisti affamati di potere! Poi lottare per l'abolizione delle

banche che finanziano i padroni con soldi creati dal nulla attraverso il 

signoraggio, i quali ci schiavizzano. Poi abolire la schiavitu salariata e le

aziende create dalle banche. Quando non ci sarà più schiavitù salariata non ci

saranno più gli stalinisti-leninisti con le loro pretese di potere sulla pelle

degli schiavi salariati; e non ci saranno più i Bertinotti con la erre moscia

che sparano cazzate riempiendosi la bocca di lotte operaie e il portafoglio di

soldi rubati agli schiavi.
Ecco cosa dice Rudolf Rocker, che non era un nazista, ma un anarchico, su

Bolscevismo e Anarchia:
"L’obiettivo dei bolscevichi è sempre stato quello di con&shy;quistare il potere

politico di Stato. E’ verosimile che Lenin abbia voluto sottolineare gli

“obiettivi ultimi” degli anar&shy;chici per riguardo a quanti tra questi ultimi

avevano svolto un ruolo importante ed attivo nella rivoluzione. E’ certo che

l’affermazione che si trattava solo di un periodo transitorio ha indotto

qualche anarchico (conquistato dalla dichiarazione secondo la quale questo

stato del periodo transitorio era destinato a “deperire”) a cooperare con i

bolscevichi. Molti di essi si adattarono anche alla famosa “dittatura del

proletariato”, poiché si trattava apparentemente di un periodo di transizione

che “nell’interesse della rivoluzione”, non poteva essere evitato. Non si

voleva o non si poteva comprendere che l’idea, secondo la quale la dittatura

era uno stadio transitorio inevitabile e necessario, era quella che dissimulava

il più grande pericolo.
Se la pratica revisionista, riformista della socialdemocrazia, l’ha indotta ad

abbandonare, anche in teoria, l’abolizione dello Stato ed a considerare la

società senza Stato -cioè, secondo Marx, la società socialista — come un’utopia

astratta, la pratica bolscevica prova quanto ad essa che lo Stato bolscevico e

proletario ha tanta poca tendenza a deperire quanto lo Stato democratico 

socialdemocratico. Cinquanta anni di “periodo transitorio” sono largamente

sufficienti per dimostrare che la dittatura significa la morte della

rivoluzione. Questi cinquanta anni hanno confermato le parole di Bakunin:

quando, in nome della rivoluzione, si vuole creare uno Stato, fosse pure uno

Stato provvisorio, si produce la reazione. La creazione di uno “Stato

proletario” ha provato, inoltre, che è impossibile anche distruggere “l’antico

apparato di Stato”, poiché si è allora costretti a recuperare od a restaurare

gli elementi essenziali dell’antico Stato....
Fin dall’inizio la sua tattica (di Lenin) era rivolta verso la conquista del

potere...
Questo scopo determinava anche la sua tattica riguardo ai Soviet. Certamente,

Lenin dichiarava che i bolscevichi non erano dei blanquisti, né dei partigiani

della presa del potere da parte di una minoranza, e che il suo partito non

avrebbe preso il potere fin tanto che i Soviet non l’avrebbe&shy;ro conquistato; ma

questo voleva dire: finché i bolscevichi non avranno una influenza

preponderante nei Soviet. Per Lenin e per il suo partito la parola d’ordine:

“tutto il pote&shy;re ai Soviet” non ha altro senso che: “tutto il potere al

partito”. In luglio, i Soviet erano in maggioranza tra le mani dei socialisti

rivoluzionari e dei menscevichi; e quando dalla rivolta di luglio venne fuori

una situazione rivoluzio&shy;naria, che aggravava anche le contraddizioni

scaturenti dal&shy;la “dualità del potere”, Lenin si pronunziò per l’abbandono

dello slogan “tutto il potere ai Soviet” perché questo cor&shy;rispondeva ad una

situazione in cui il trasferimento del pacifico potere ai Soviet era divenuto

possibile.
E’ evidente che fin dall’inizio, Lenin ha ben giudicato la situazione in Russia

e compreso che la rivoluzione non era finita in febbraio e che la rivoluzione

sociale era inesorabilmente in marcia. Egli ne traeva le sue conclusioni, cioè

che il suo partito doveva sfruttare lo sviluppo rivolu&shy;zionario per conquistare

il potere politico. E’ a giusto tito&shy;lo che Lenin rilevava: “Questo paese di

operai e di conta&shy;dini indigenti era mille volte più a sinistra dei Tchernov e

dei Tseretellj e cento volte più a sinistra di noi altri bolsce&shy;vichi” 1; e che

Trostky scriveva che se la tattica di Lenin non fosse
stata adottata dal partito,la rivoluzione sarebbe passata al di sopra della sua

testa. Queste dichiarazioni dei due principali capi bolscevichi danno la chiave

che ci per&shy;mette di comprendere il rapporto tra il Partito e la rivolu&shy;zione,

con la quale il Partito tiene ad identificarsi, ma di cui in definitiva esso si

impadronirà: il 24 ottobre fu un colpo di Stato in un processo rivoluzionario,

cominciato in febbraio e proseguito dopo l’ottobre.
Le persecuzioni dirette contro gli anarchici russi fin dal 1918, la

liquidazione della makhnovjcina, l’annientamento della Comune libera di

Kronstadt da parte del potere bol&shy;scevico, sono avvenimenti troppo conosciuti

per parlarne in questa sede.
Benché in generale gli anarchici, d’accordo con i bol&shy;scevichi, si schierassero

contro il governo provvisorio e con&shy;tro la guerra e benché facessero della

propaganda in favore dei Soviet, la loro attività più importante venne spiegata

nei Comitati di fabbrica. Questo fu appunto il caso, dopo il ritorno in massa a

Pietrogrado degli anarchici emigra&shy;ti, il cui primo grande gruppo arrivò dalla

Francia, da Lon&shy;dra, dagli Stati Uniti, ai primi di giugno. Tra loro, molti

anarchici sindacalisti avevano militato nell’Industrial Work&shy;ers of the World

(L W. W.), l’organizzazione sindacalista rivoluzionaria americana.
Sul piano agrario, la vera posizione dei contadini non era rispecchiata dal

partito socialista rivoluzionario, ma dalle organizzazioni economiche dei

contadini; ed i senti&shy;menti del proletariato trovavano una migliore espressione

nei comitati di fabbrica anziché nei Soviet dominati dai socialisti

rivoluzionari e dai menscevichi. I comitati di fab&shy;brica, creati a Pietrogrado

ed a Mosca sin dai primi giorni della rivoluzione, non tardarono a fare la loro

apparizione
in provincia. Poiché i comitati venivano eletti da tutti gli operai di una

fabbrica, i partiti politici non avevano per conseguenza nessuna influenza sui

voti. Fin dall’inizio, questi Soviet di fabbrica si rivelarono più radicali dei

So&shy;viet dei Deputati operai e soldati. Il padronato ed il go&shy;verno furono

costretti a riconoscere i comitati di fabbrica come degli organismi che

rappresentavano gli operai. A Pietrogrado, la giornata di otto ore fu oggetto

di un accor&shy;do, mentre a Mosca gli operai l’avevano già introdotta d’autorità.

Il 30 maggio, una prima conferenza dei comi&shy;tati di fabbrica tenuta a

Pietrogrado creò una associazione di tutti i comitati e un consiglio generale.

Le risoluzioni appoggiate dai comitati, cioè il “controllo della produzio&shy;ne” e

la “divisione dei beni”, esprimevano l’influenza sempre più grande degli operai

sulle fabbriche.
La parola d’ordine, un po’ vaga è vero, del controllo operaio tende a far

passare interamente le officine e le fab&shy;briche nelle mani delle organizzazioni

operaie; ma, dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi e l’istituzione

del loro controllo sui sindacati, i consigli operai furono liquidati e fece la

sua apparizione un capitalismo di Stato.
Dunque, non furono i consigli che presero il potere ma il partito. Lo Stato

controllerà ormai la vita economica. Allo stesso modo della parola d’ordine

tutto il potere ai Soviet, lo slogan popolare del controllo operaio prese un

significato particolare nel vocabolario bolscevico. Come disse Lenin, per

controllo operaio i bolscevichi intendevano il controllo di Stato.
In un opuscolo di quel periodo (settembre 1917) La catastrofe imminente e i

mezzi per scongiurarla, Lenin sviluppava il programma economico che intendeva

realiz&shy;zare, proponendo delle misure da prendere immediata&shy;mente le quali

tendevano a preparare un socialismo di Stato dittatoriale o semplicemente un

capitalismo di Stato. Queste principali misure erano le seguenti:
1) - La nazionalizzazione delle banche, cioè la fusione di tutte le banche

in una Banca di Stato,poiché e solamente lo Stato che potrà esercitare il

controllo delle banche (centro nevralgico, organo essenziale della circolazione

del capitale) e, per mezzo di essa, di tutta la vita economica, della

produzione e della ripartizione dei prodotti più im&shy;portanti. Così lo Stato

potrà controllare le operazioni monetarie, regolare la vita economica e

ricevere milioni e miliardi per le imprese dello Stato.
2) - La nazionalizzazione delle banche comporta neces&shy;sariamente la

nazionalizzazione dei sindacati. Regolare la vita economica vuoI dire

nazionalizzare le banche ed indicati, Le banche ed i grandi settori del 

commercio e del&shy;l’industria sono intimamente legati. E’ dunque impossibile

nazionalizzare le banche senza creare un monopolio di Stato per i sindacati

industriali e commerciali (zucchero, carbone. metalli. nafta, etc.), senza

nazionalizzare questi sindacati, I grandi sindacati sono stati già associati

dallo sviluppo del capitalismo.

3) - Il cartello obbligatorio, cioè l’associazione obbli&shy;gatoria in

unioni, particolarmente industriali, è quasi intro&shy;dotta in Germania. Si tratta

di una accelerazione da parte dello Stato dello sviluppo capitalista, che porta

a volte alla lotta delle classi. “L’unificazione obbligatoria” è la tappa

preparatoria necessaria in vista del controllo della vita po&shy;polare e di tutto

il suo risparmio. “La cartellizzazione ob&shy;bligatoria, cioè l’associazione

obbligatoria in unioni poste sotto il controllo dello Stato, ecco ciò che il

capitalismo ha preparato (...). ecco ciò che potranno perfettamente realizzare

in Russia i Soviet e la dittatura del proletariato. ecco ciò che ci darà un

“apparato di Stato” nello stesso tempo universale, completamente moderno e

senza buro&shy;crazia” 1.


4) - L’unificazione obbligatoria della popolazione in so&shy;cietà di consumo

sotto il controllo dello stato.
Tutte queste misure che cosa hanno a vedere con il so&shy;cialismo? Lenin risponde!

Queste misure applicate in uno Stato borghese generano il capitalismo

monopolistico di Stato. In Germania, esse hanno condotto al capitalismo

monopolistico dello Stato militarista, prigione militare per
gli operai, difesa armata per i profitti capitalistici. Ma applicate dallo

Stato rivoluzionario, cioè da uno Stato che ha abolito tutti i privilegi, il

risultato di queste misure è del tutto diverso: “Voi vedrete che in uno Stato

veramente democratico e rivoluzionario il capitalismo monopolistico di Stato

significa inevitabilmente, infallibilmente un passo o dei passi in avanti verso

il socialismo! E ciò perché se una grande impresa capitalistica diviene

monopolio, è perché essa serve per il popolo intero. Se essa è divenuta

mo&shy;nopolio di Stato, e perché lo Stato dirige ogni impresa. Nell’‘interesse dì

chi? O nell’‘interesse dei grandi proprietari fondiari e capitalisti (...)

oppure nell’interesse della demo&shy;crazia rivoluzionaria; allora è né più né meno

che un passo verso il socialismo” 2. Perché il socialismo non è altro che la

prossima tappa che succederà al capitalismo mono&shy;polistico di Stato. Oppure:

perché il socialismo non è nient‘altro che un monopolio capitalistico di Stato,

intro&shy;dotto per il bene di tutto il popolo.
Ma non è “la classe operaia, cioè la maggioranza della popolazione” che

monopolizza i mezzi di produzione; se&shy;condo la teoria leninista, è

“l’avanguardia” della classe ope&shy;raia, e, altrimenti detto sotto il velame di

questa termino&shy;logia, il partito bolscevico che esercita la dittatura. I mezzi

di produzione appartengono dunque a questo partito che solo domina lo Stato e

che, attraverso la mediazione della burocrazia, si serve di questa dominazione

nell’interesse esclusivo del partito. Ecco perché fin dal 1925, il comuni&shy;sta

Max Eastman poteva scrivere che il controllo integrale delle ricchezze e della

produzione industriale d’un sesto della terra era tra le mani di circa 18.000

funzionari del partito comunista russo 3.
I fatti provano che si è formata una nuova classe dominante che fa proprio ciò

che costituisce l’essenza della dominazione di classe, cioè lo sfruttamento

della classe dominante, sfruttamento che trova la sua espressione nella

oppressione politica sulla quale è poggiato il nuovo Stato, lo Stato) dei

funzionari, lo Stato dei burocrati. E così come tutti i mezzi furono buoni per

il partito bolscevico per conquistare il potere, tutti i mezzi saranno

parimenti buoni per conservarlo. La dittatura statale del partito bolscevico ha

provato l’esattezza delle parole di Bakunin secondo le quali lo Stato da sempre

parte della eredità della classe privilegiata, in fin dei conti, della 

burocrazia; ed un potere dittatoriale che succede alla rivoluzione, genererà

fatalmente un nuovo Stato ed una nuova classe, che ricomincerà a sfruttare il

popolo.
Gli scritti di Bakunin debbono leggersi oggi come un commento criticostorico

della Rivoluzione russa e delle sue conseguenze. E’ sufficiente citare uno di

questi brani profetici, peraltro pubblicato nel famoso opuscolo della Alleanza,

destinata a provare il rifiuto del marxismo bolscevico da parte

dell’anarchismo: “Non bisogna stupirsi se i Giacobini ed i Blanquisti che sono

divenuti socialisti più per necessità che per convinzione, e per i quali il

socialismo è un mezzo, non lo scopo della Rivoluzione, poiché essi vogliono la

dittatura, cioè la centralizzazione dello Stato e che lo Stato li porterà per

una necessità logica ed inevitabile alla ricostituzione della proprietà -—- è

molto na&shy;turale, dician2o, che non volendo fare una rivoluzione ra&shy;dicale

contro le

cose, essi sognano una rivoluzione sangui&shy;naria contro gli uomini. — Ma questa

rivoluzione sangui&shy;naria fondata sulla ricostruzione di uno Stato

rivoluzionario potentemente centralizzato avrà per risultato inevita&shy;bile la

dittatura militare per (uso di un nuovo padrone. il trionfo dei Giacobini o dei

Blanquisti sarebbe la morte della rivoluzione.
Noi siamo i nemici naturali di questi rivoluzionari — fu&shy;turi dittatori,

regolamentatori e tutori della rivoluzione i quali, prima ancora che gli Stati

monarchici, aristocratici e borghesi attuali siano distrutti, sognano già la

creazione di Stati rivoluzionari nuovi, altrettanto centralizzatori e più

dispotici degli Stati che esistono oggi (...). — Ancor prima che un buono e

salutare disordine si sia prodotto a causa della rivoluzione, si sogna già la

fine e la mordac&shy;chia a mezzo dell’azione di una autorità qualunque che avrà

solo il nome di rivoluzione, ma che, in effetti, non sarà nient’altro che una

nuova reazione poiché essa sarà una nuova condanna delle masse popolari,

governate da decreti, all’obbedienza, alla immobilità, alla morte, cioè alla

schiavitù ed allo sfruttamento da una nuova aristo&shy;crazia quasi rivoluzionaria”

1. ‘Atliancc de la déruoeratie socialiste cI l’Associa tion in/cina&shy;1w no/e

dc.s Travoi//curs. 1873, pp. 128-129.
1 L’alliance de la démocratie socialiste eI l’Association internationale

desTravailleurs. 1873, pp. 128-129.

La smentita della paternità bakuniniana del bolscevismo non poteva essere né

più categorica né più precisa."
Kropotkin: "Oggi abbiamo chiaro che la “dittatura del proletariato” ha

conseguito solo il fine di distruggere la rivoluzione socialista usando mezzi

dispotici. Questo è il significato della politica bolscevica per la storia

futura”.




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>From : "francesco_macheda at libero.it" francesco_macheda at libero.it
To : "federico.traverso" federico.traverso at libero.it
Cc : "gb" gb at ecn.org,"redditolavoro" redditolavoro at ecn.org
Date : Wed, 20 Feb 2008 18:11:41 +0100
Subject : Re: Fwd:Re: [Redditolavoro] La posizione dei COBAS sulle prossime elezioni







> Federico traverso, due paroline: questa lista si chiama "REDDITO LAVORO" che, se la semantica non è un'opinione, significa che deve essere usata per fare circolare le notizie attinenti al mondo del lavoro, del suo conflitto col capitale; le battaglie sindacali ecc...
> Dopo questa precisazione, un altra: vedi federico traverso, i compagni che sono su questa lista non hanno cominciato ieri a fare politica ed a leggersi il primo libricino come molto probabilmente hai fatto tu.
> Adesso, fare dei copia e incolla da internet e riportare tutto su questa lista non serve ad un cazzo. Come non serve un cazzo che riporti tutte le monnezze che trovi in rete se non sei in grado di leggerle criticamente.
> Parli di bankaditalia e farfugli stronzate come azioni contro tale soggetto: probabilmente non ti sei accorto che la politica monetaria ormai da qualche annetto la fa la Bce ed ormai le banche centrali nazionali hanno come margini di manovra solamente l'aumento o la riduzione dei coefficenti di riserva delle banche commerciali che di per se non incidono per un cazzo.
> E si potrebbe andare avanti cosi per tutte le "notizie" gossippare con cui ci scassi gentilmente la minchia.
> Adesso, se sei desideroso di diffondere il tuo sapere all'umanità ignorante fai pure.
> Sono solo dispiaciuto che il proletariato non abbia gia conosciuto un federico traverso in grado di limare le asimmetrie informative a favore del capitale.
> Arrivederci e vaffanculo
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>
> From : redditolavoro-bounces at ecn.org
> To : "gb" gb at ecn.org
> Cc : "redditolavoro redditolavoro" redditolavoro at ecn.org
> Date : Wed, 20 Feb 2008 16:46:13 +0100
> Subject : Re: Fwd:Re: [Redditolavoro] La posizione dei COBAS sulle prossime elezioni
>
>
>
>
>
>
>
> > se vuoi ti parlo un pò del nazismo e della ig farben:
> > domenica 20 gennaio 2008
> > Gli USA, il nazismo, la grande finanza, la multinazionale farmaceutica IG Farben e la Standard Oil di Rockefeller
> >
> > Il nazismo va ricordato per intero, assieme ai suoi legami con la finanza e le aziende USA .

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