[Redditolavoro] Crash! sotto Sequestro - La magistratura all'attacco delle occupazioni

BAZ baz at ecn.org
Thu Feb 7 12:44:29 CET 2008


Una sentenza che pesa come un macigno quella emessa ieri dal Tribunale del
Riesame di Bologna per il sequestro del Laboratorio Crash!, una macigno
scagliato contro tutte le esperienze, passate e presenti, di occupazione
di centri sociali in Italia, contro la pratica dell'occupazione stessa.
Genova, Cosenza, Firenze e ora anche Bologna, diventano teatro di un nuovo
ruolo che la magistratura accoglie a sè, un ruolo tutto politico di
ridefinizione degli ambiti di agibilità del movimento, un tentativo di
arginare le lotte che si sviluppano nei territori passando non solo dalla
criminalizzazione di significativi segmenti passati del movimento contro
la globalizzazione e la guerra, ma che oggi vanno ad attaccare nello
specifico gli stessi luoghi di produzione e riproduzione di una politica
antagonista, necessariamente elementi di ingovernamentabilità dei
conflitti nelle metropoli. Una sentenza che estende nei fatti i
presupposti del sequestro cautelare: prima di oggi applicata
esclusivamente ai beni in possesso di organizzazioni mafiose e ad abusi
edilzi, essa viene reinterpretata oggi come applicabile a tutte le lotte
sociali per la riconquista di spazi autogestiti, per la produzione di
cultura e socialità non mercificate, contro i percorsi di costruzione dei
conflitti sociali.

All'indomani della caduta, finalmente, del Governo Del Sacrificio Prodi,
nella nebulosa di tutto l'arco della politica istituzionale incapace ormai
di rappresentare alcunchè se non meri interessi di poltrona, corruzioni e
collusioni speculative e mafiose (forse da qui la necessità di trovare un
nuovo campo di applicazione per i sequestri), rinasce con queste sentenze
un nuovo paradigma di amministrazione del conflitto. Nello scenario di
crisi di legittimità della politica istituzionale, invischiata nel
tentativo di salvare sè stessa, immaginando nuovi scenari di
impresentabili alleanze e impegnandosi nel tentativo di reiterare riti
sacrificali dei soggetti sociali da sempre più esposti, queste sentenze
danno nuova aria ad una figura "finalmente" capace di dare risposte forti,
di tenere ognuno al suo posto.

E così l'antagonismo espresso a Genova contro i governi della guerra e
della devastazione economica e ambientale, con il suo respirare assieme e
le sue molteplici istanze, agli insabbiamenti parlamentari diventa per la
magistratura pretesto per criminalizzare l'intero movimento e per
riaffermare che mai più sarà concesso di tornare ad animare le strade e le
piazze delle città, avallando la più violenta e brutale repressione
poliziesca. Così il processo di Cosenza diventa punto cardine di nuovi
teoremi giudiziari che trasfigurano le lotte autonome portate avanti nei
territori, leggendo ovunque complotti e pianificazioni sovversive. Così a
Firenze la legittima opposizione alla Guerra Permanente, le cariche
ingiustificate, a nove anni di distanza vengono a forza stipate nel
cassettone della storia giudiziaria sotto coltri che parlano di violenza e
resistenza pluriaggravata. Così la magistratura non solo legge bene la
crisi della rappresentanza politica delle istituzioni, ma se ne fa
immediatamente sostituto e nuovo protagonista dal pugno di ferro.

In questo modo, nonostante la sospensione dell'esecuzione del sequestro
fino all'ultimo grado di giudizio, necessariamente anche i centri sociali,
come luoghi di autorganizzazione politica antagonista, ma anche come
proposta alternativa e autonoma alla cultura ed alla socialità di regime,
vengono messi sotto accusa. Il tentativo è chiaro: mai più in nessun luogo
occupazioni, mai più luoghi altri da quelli istituzionali, mai più ambiti
non immediatamente sussumibili e riciclabili nelle immediate esigenze dei
palazzi del potere. Il teatrino non può crollare, lo show deve andare
avanti, e per farlo bisogna creare adeguati precedenti giuridici. E va
avanti mostrando, ad esempio, dietro a vetrine infarcite di lustrini
l'inquietante e inaccettabile spettacolo di un Salone del Libro a Torino,
autoelettosi a migliore espressione della cultura letteraria, che invita
come ospite d'onore esponenti di un governo genocida e d'apartheid come
quello d'Israele. Prosegue dietro i falsi, e per dirla tutta scarsi,
scandali suscitati dalle mostrine naziste dell'Afrika Korps di Rommel sui
veicoli delle forze armate italiane impegnate all'estero nelle "missioni
di pace" rifinanziate dal decaduto governo. Si riscopre palcoscenico di
ammiccamenti e "miracolosi" avvicinamenti tra forze politiche che, stanche
dei ruoli loro assegnati dal copione dell'alternanza, si riscoprono
possibilisti su intese larghe per il sommo fine di "ridare dignità al
Paese"... una dignità inevitabilmente di nuovo fondata sul sacrificio,
sull'oppressione, sulla razionalizzazione del sociale a fini produttivi,
sulla guerra, sull'assassinio delle libertà individuali e collettive.

In tutto ciò evidentemente i centri sociali, non hanno ruolo. E di questo,
diamo atto, siamo assolutamente certi anche noi. I terreni marcati dalle
lotte popolari contro le nocività e le devastazioni ambientali,
l'ingovernamentabilità dei conflitti sociali, l'essere inevitabilmente
dall'altra parte del fronte "interno" di questa Guerra che si vuole
Permanente, la vivacità data da una riscoperta capacità di plasmare i
nostri territori aldilà delle esigenze produttive, riqualificando dal
basso, opponendosi alla segmentazione ed alla desertificazione sociale,
combattendo la retorica del degrado e della sicurezza riportandole sul
piano della soddisfazione di bisogni e desideri, ostacolando le
speculazioni... questo oggi sono i centri sociali, gli spazi autogestiti a
Bologna come nel resto d'Italia.

E proprio per questo crediamo che, dopo la manifestazione del 6 ottobre,
si debba tornare a progettare lotte e mobilitazioni che attorno a questo
sappiano ridare il segno dell'insopprimibilità degli spazi autogestiti,
indipendentemente dal dove venga l'attacco. Urgente è la necessità di
riaffermare come ciò che pertiene alle lotte sociali, ai loro obiettivi,
non possa essere negato spingendolo a forza nelle aule dei tribunali,
quando invece sono le strade, le piazze, gli spazi, le periferie delle
città i nostri luoghi; e questo anche per garantire la percorribilità
futura di esperienze di occupazione. Occorre, crediamo, riaprire tutte le
contraddizioni che il nuovo assetto politico cercherà inevitabilmente di
sanare per garantirci non solo la sopravvivenza, ma anche lo spazio per
esprimere quella nostra capacità di essere forza vitale e prorompente
negli altrimenti grigi e ristretti spazi metropolitani.

Laboratorio Crash!

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