[Redditolavoro] ORIGGIO IN OGNI LUOGO DI LAVORO!!! Una lotta esemplare

clochard spartacok at alice.it
Sat Dec 27 18:36:47 CET 2008


Il resoconto di una lotta davvero esemplare.Purtroppo senza allegati si 
perde qualcosa.
Ho provato, ma la lista non "prende" il messaggio in formato HTML.


enrico




                             ----- Original Message ----- 
From: CIRCOLO DI INIZIATIVA
                  PROLETARIA GIANCARLO  LANDONIO
            VIA STOPPANI,15 -21052 BUSTO ARSIZIO –VA-
                   (Quart.Sant’Anna dietro la piazza principale)
                  – a poca strada dall'uscita autostrada A8 Laghi –
                           e-mail: circ.pro.g.landonio at tiscali.it






Uniti si vince!

ORIGGIO IN OGNI LUOGO DI LAVORO


La “lotta paga”, come dice il famoso adagio. E ha pagato ancora di più se si
considera che a Origgio (Varese) si è consumata positivamente una battaglia
che ha in sé caratteristiche che ne fanno un esempio di lotta globalizzata.
Una lotta contro il lavoro e un tipo di struttura del lavoro particolare,
che possiamo chiamare, senza ombra di dubbio, criminale, cioè quella delle
cooperative, dove i diritti dei lavoratori spesso sono pure utopie. Poiché i
lavoratori delle cooperative non sono formalmente dei dipendenti, ma “soci
lavoratori”, non rispondono ai contratti collettivi di lavoro e sono alla
mercé di chiunque: se alzano la testa, nella migliore delle ipotesi, vengono
cacciati a calci. Spesso queste sedicenti “organizzazioni del lavoro” sono
gestite da ex sindacalisti o comunque supportate dai sindacati confederali.
La lotta alla Bennet di Origgio è stata anche una lotta antirazzista,
dovedecine di lavoratori cingalesi, albanesi, filippini, africani,
marocchini, italiani della cooperativa Leonardo e Giava (appartenenti al
consorzio CAL) si sono uniti per combattere contro lo sfruttamento del
lavoro, contro il potere dei caporali, contro la ghettizzazione categoriale,
affermando una forte capacità auto-organizzativa e di vedere oltre i
paraocchi della politica sindacale e politicante.
Dopo il primo sciopero a fine giugno, che ha dato inizio alla partita, si
sono moltiplicate le iniziative di sciopero e blocco dei cancelli. A luglio
Dikson, iscritto allo Slai Cobas, viene fatto oggetto di una provocazione:
un capo si finge aggredito e l´operaio viene licenziato pensando così di
terrorizzare gli operai.
Ma la paura non abita nei cuori dei lavoratori della Bennet: le iniziative
di lotta si sono intensificate, fino ad arrivare a proclamare lo sciopero
del cottimo, in un crescendo che ha portato all’atto finale di venerdì notte
e sabato mattina. E sabato si è piegato il padrone, anzi i padroni, perché
la lotta era sì contro la Leonardo e la Giava, ma anche contro la Bennett,
che beneficia del lavoro super sfruttato delle cooperative.
Il blocco dei cancelli iniziato venerdì 19 dicembre alle 21.00, era segnato
dall’arrivo di un fax dell’azienda Bennett e della Leonardo che si
impegnavano alla riassunzione di Dikson, l’operaio licenziato per
rappresaglia.
Tentativo tanto ingenuo quanto inutile di dividere i lavoratori, sperando
così di fermare le lotte e chiudere per le “feste natalizie”. La risposta
dei lavoratori è stata compatta e senza defezioni: blocco a oltranza per
arrivare a trattare su una piattaforma vera, a 360 gradi.
Alle 5/6 del mattino il picchetto dei lavoratori si è ingrossato a
dismisura: sono arrivati lavoratori di altre fabbriche, studenti delle
Università Statale e della Bicocca, lavoratori immigrati che avevano sentito
parlare di questa LOTTA. Tutti i cancelli della Bennet sono stati
presidiati: la fila dei TIR e camion che non potevano entrare si è
ingrossata talmentetanto che si stavano intasando anche le arterie
principali che vanno verso Milano.
Ai camionisti la situazione è stata spiegata dai lavoratori individuando i
veri responsabili, i padroni e sono stati invitati a venire a ristorarsi
davanti ai cancelli.
Pochi ci avrebbero scommesso, ma anche i camionisti hanno mantenuto un
atteggiamento solidale e, anzi, si sono anche incazzati con la direzione che
non voleva firmargli l’ordine di arrivo delle merci.
Polizia e carabinieri non sapevano più che pesci prendere: dopo aver cercato
per tutta la notte di provare a rompere l’unità dei lavoratori, ma non
trovando il terreno disponibile ad uno scontro con i lavoratori, hanno
praticamente sollevato il culo dei responsabili della Bennet e la Leonardo e
li hanno portati prima al comando dei carabinieri e poi in fabbrica, dove è
cominciata la trattativa con i lavoratori. Dikson, tra gli applausi, era tra
i lavoratori al tavolo delle trattative. Intorno alle 12 i lavoratori e un
compagno dello Slai Cobas sono scesi con la bozza di accordo che prevedeva
la riassunzione di Dikson, la cacciata di due capi reparto responsabili di
aver contribuito a creare un clima intimidatorio e razzista, circa 500 euro
di una tantum (fino ad oggi bloccata da accordi firmati dai Confederali),
diritto alla mensa, messa a norma dell'infermeria, riconoscimento dei
diritti sindacali dei lavoratori e dei loro delegati eletti.
L'unica nota parzialmente stonata è stata il misero aumento salariale
ottenuto (40 centesimi all'ora): forse è mancato un pizzico di coraggio in
più necessario a concretizzare maggiormente la trasformazione dei rapporti
di forza che si è data sotto gli occhi di tutti; ma in ogni caso, anche quel
piccolo aumento, ha avuto il suo significato politico: innanzitutto si
tratta di un aumento extra-contrattuale (mediamente quello che CGIL-CISL-UIL
ottengono in due anni a livello nazionale) e, soprattutto è stato definito
sulla base di un principio di egualitarismo fra dipendenti di cooperative
diverse e fra operai con mansioni differenti, cosa che fino ad oggi era
stato motivo di astuta divisione tra lavoratori, operata dai padroni.
Quindi non possiamo che salutare come una prima importante vittoria questo
risultato.


Una lotta solidale, una lotta che sembrava folle solo a pensarla e che è
diventata realtà solo grazie alla lucidità visionaria di attivisti
sindacali, compagni di qualche centro sociale, del Comitato antirazzista
milanese, degli studenti universitari, dei compagni di altre città. Compagni
e compagne hanno capito ilfatto che a Origgio si giocava una partita che
andava oltre i confini del luogo di lavoro e hanno deciso di stringersi
intorno agli operai, mobilitarsi per estendere la lotta e sostenerla
concretamente fino alla fine.
Compagni e compagne di generazioni e con percorsi politici diversi, ma che
sono riusciti a trovare l’unità su obiettivi finalmente concreti e condivisi
e hanno quindi messo in campo una forza capace di favorire e moltiplicare la
combattività.


Certo sappiamo che il percorso è appena all’inizio, ma adesso sappiamo anche
che l’organizzazione dei padroni è “debole” e che i lavoratori uniti e
auto-organizzati ce la possono fare.
Origgio smuoverà sicuramente dinamiche di lotta “nuove” sul fronte delle
cooperative e della capacità solidale e dell’auto organizzazione: sta anche
a chi ci ha creduto fin dall'inizio, e per tutto il tempo necessario a
vincere, dargli il valore che si merita.
Sicuramente lavorando per realizzare in tempi rapidi una riunione cittadina
con i lavoratori che servirà per approfondire e analizzare la situazione e
dare forza ad un percorso che guarda con fiducia e determinazione ad una
lotta generalizzata verso un mondo senza classi e sfruttamento.




Comitato Antirazzista milanese
info at antirazzistimilano.org


Origgio, 23 dicembre 2008


UNA MAGNIFICA LOTTA




Dopo 5 scioperi (con partecipazione dei lavoratori
agli scioperi generali del 17 novembre e 12
dicembre), con picchetti alle entrate del magazzino
Bennet di Origgio, i lavoratori delle cooperative
(95% immigrati che lavorano in condizioni
pessime) riescono a piegare i loro padroni.
Dopo cinque mesi di lotta i lavoratori, quasi tutti iscritti
allo Slai Cobas, hanno firmato un accordo
che prevede: 1) il rientro in azienda di Dikson,
operaio licenziato, dopo una provocazione dei capetti
della coop. Leonardo, perché delegato tra i più
attivi del nostro sindacato; 2) trasferimento in altri
siti di due capetti che in azienda intimidivano
ed insultavano con frasi razziste i lavoratori; 3) costituzione
di una commissione, dove sono presenti
insieme ai responsabili aziendali quattro lavoratori,
che ha il compito di ripartire le ore tra i
160 lavoratori presenti nel magazzino Bennet
e l’organizzazione delle presenze nei turni;
4) l’attribuzione dell’ultima trance della quota una
tantum di 600 euro sulla prossima busta paga (andando
contro l’accordo nazionale, siglato il 10 dicembre
2008 a Roma tra le associazioni padronali e
sindacati confederali , che, oltre alla concessione di
ulteriore flessibilità sull’orario di lavoro, introduzione
dell’apprendistato di durata di 36 mesi con una retribuzione
pari al 90%, proroga al 31 dicembre del
2009 l’erogazione della quota una tantum); 5) 30
euro mensili di aumento per tutti (tra i lavoratori
delle diverse cooperative e con diverse mansioni) sul
premio di produttività subito e altri 30 euro di aumento
a partire dal primo giorno di luglio 2009;
6) costituzione di una sala medica per il primo
pronto soccorso; 7) il riconoscimento della rappresentanza
sindacale dei delegati Slai Cobas.
E’ un accordo che anche nella parte economica,
va contro ciò che le associazioni padronali e
Filt/CGIL, Fit/CISL e UIL trasporti hanno siglato
a Roma il 10 dicembre, che va oltre i confini di
Origgio, che: 1) crea la premessa per superare la
guerra tra poveri che talvolta si sviluppa in queste
aziende; 2) estende la lotta ad altri luoghi di
lavoro; 3) politicamente ha unito, su un percorso
condiviso che ha elevato la combattività
complessiva, militanti di diversa appartenenza
associativa che sono accorsi a sostegno
della lotta.
Una battaglia vinta al termine di una settimana
di blocco del “cottimo”, uno sciopero che ha
coinvolto i due turni di lavoro, che ha bloccato
i tir e i camion in entrata, intasando le arterie
principali intorno alla zona industriale che portano
a Milano, Lainate, Varese, e che ha visto
coinvolgere, in diverse fasi, dalle 70 alle 120
persone esterne al magazzino Bennet.
Pioggia, neve e freddo non hanno fermato la solidarietà
di quanti hanno sentito come propria
questa lotta, che non è stata ristretta nei confini
del magazzino di Origgio (Varese), ma ha coinvolto
lavoratori di altre cooperative (di Olgiate,
Pieve Emanuele, Lodi, Cremona, Corte Olona,
Mercato Ortofrutticolo di Milano), numerose
realtà politiche e sociali (studenti
dell’Università Statale e Bocconi di Milano, militanti
di Rovigo e Torino, quest’ultimi, il 19 dicembre
hanno manifestato di fronte alla Bennet
di Via Orvieto, il Centro Sociale Vittoria, il Comitato
antirazzista milanese, il comitato per la
difesa della salute nei luoghi di lavoro e dei territori
di S. San Giovanni, il Centro Sociale Cox, la
“panetteria” di Lambrate, il centro “la forgia”
di Cremona, “la fucina” di Sesto San Giovanni, il
Coordinamento dei proletari e lavoratori comunisti
e militanti dei vari gruppi politici).
E’ stata una magnifica lotta, portata avanti in
modo autorganizzato dal basso, rispondendo a
provocazioni di ogni genere, nel magazzino, durante
gli scioperi, e anche scontri fisici , che
non solo ha unificato i lavoratori srilankesi ,
maghrebini, albanesi, equadoregni, e i pochi italiani
presenti, ma ha creato le premesse per allargare
il conflitto nelle altre cooperative lombarde
(dove sono presenti 70-80 mila “stranieri”
e dove negano i minimi diritti dando paghe
da fame).
Nell’assemblea tenuta, dopo la firma dell’accordo,
nello spazio antistante la portineria
principale, è uscita la proposta di una assemblea
pubblica da fare verso la metà di
gennaio a Milano (domenica 18? per decidere
faremo un incontro il 2 gennaio ore 18.30 nelle
sede dello Slai Cobas con tutti quelli che sono
interessati) su crisi, attacco padronale, risposta
dei lavoratori insieme agli studenti e soggetti
politici e sociali antagonisti, per costruire
un’opposizione organizzata ed intransigente ai
padroni e Governo.
Per concludere, ringraziamo tutti coloro che
hanno partecipato ai picchetti e sostenuto la
lotta anche al di fuori di Origgio, in particolar
modo siamo orgogliosi per l’apporto dato da
tutti i militanti Slai che hanno, non solo ,
fatto enormi sforzi per fornire un adeguato sostegno
logistico ed organizzativo (legna da ardere,
bevande, chili di roba da mangiare, fornelli a
gas, impianto fonico, ecc.), ma nel periodo della
lotta mantenuto il loro presidio nei posti di lavoro
dove sono, partecipato alla manifestazione
operaia e studentesca di Termoli, alle manifestazioni
in occasione degli scioperi generali del
17novembre, 12 dicembre e alle varie iniziative,
riunioni in preparazione del Congresso che si
terrà agli inizi di marzo.


Per l’Esecutivo Slai Cobas

Aldo Milani





Il punto: a Milano e Provincia le cooperative che si occupano di logistica
sono circa 3500 e occupano 70 mila lavoratori,
in molte di esse si attua il lavoro nero che è tollerato anche dalle aziende
committenti (vedi Ortomercato di Milano
che è gestito dalla Sogemi promossa dal Comune). Molte di queste cooperative
aprono con dei presta nomi, che alle
volte sono la lunga mano della criminalità organizzata, che chiudono
facilmente fregando i lavoratori ed il fisco.
Lo scenario sembra quello di un capitalismo ottocentesco, mentre nei fatti è
parte del moderno capitalismo, dove è possibile
avere manodopera straniera a basso prezzo, gestita da una moderna forma di
caporalato, sfruttata senza godere dei
minimi diritti e dove i lavoratori, quando si infortunano o muoiono, possono
sparire come fantasmi.
E’ un sistema dove i servizi ispettivi sono quasi inesistenti, sindacati
confederali e ispettorato del lavoro sono conniventi
con i consorzi.
E’ una vetrina del sistema capitalistico nell’età moderna, dove l’intermediazione
illecita si svolge alla luce del sole,
la configurazione dei rapporti di lavoro è fraudolenta, insomma: una
deregulation delle aziende committenti regolate
dalla filiera cooperativistica che va dal presidente al caporalato e per
ultima la forza lavoro immigrata.



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