[Redditolavoro] Senza Soste: "colpire al cuore del PD"

clochard spartacok at alice.it
Sun Dec 21 20:31:54 CET 2008


Senza Soste: "colpire al cuore del PD"








---- Original Message ----- 
From: mcsilvan_ at libero.it 
To: marxiana 
Sent: Sunday, December 21, 2008 7:39 PM
Subject: [marxiana] colpire al cuore del PD

vi anticipo l'editoriale di Senza Soste sulla
crisi del PD
www.senzasoste.it/





mcs

Tra i dibattiti che continuamente si rinnovano nella sociologia giuridica quello sulla politicizzazione della norma tocca sempre livelli di straordinaria complessità. Gunther Teubner ad esempio sostiene da tempo che nelle società liberiste la politicizzazione della norma, ovvero la sostanza politica che questa contiene nel momento della sua costruzione e in quello della sua applicazione, è un fenomeno abituale quando politica ed economia sono strettamente intrecciate. Normando l’economia si norma quindi il suo intreccio con la politica richiedendo così un piano di legislazione, e della sua interpretazione, che è politico di fatto. Le accuse di “politicizzazione della magistratura” contengono quindi un fondo di verità e uno di confusione perché, a questo livello contemporaneo di complessità della norma, i fatti sono due: o si elimina il piano normativo dei conflitti, facendo subito emergere quello selvaggiamente politico, o si rimuove il fatto che la norma nella società contemporanee contiene un ineliminabile piano politico.
Allo stesso tempo assistiamo, in parallelo, al fenomeno della spoliticizzazione del ceto politico istituzionale. Siccome il ceto politico si è sganciato dalla società, perché nelle società capitalistiche contemporanee le risorse economiche non vanno in direzione del sociale, questo ormai usa il consenso ottenuto per via elettorale in tre direzioni: come potere di applicazione dei trattati internazionali e delle direttive degli organi sovranazionali, come potere legittimante in ultima istanza gli atti amministrativi, come potere da utilizzare per trasformare i beni pubblici in accumulazione privata con ogni mezzo necessario. 
La spoliticizzazione del ceto politico convive quindi con la norma applicata tramite atti sempre più politici e sempre più confliggenti con le procedure della politica. C’è quindi da domandarsi dove sia la politica nelle nostre società: se non è presente nel ceto politico lo è nella norma ma non può in questo modo essere compiutamente presente: la repressione della politica tramite l’applicazione della legge e la governance applicativa delle norme non ricompongono completamente l’asse del politico. Che non si dà quindi come elemento complessivo di regolazione o di sviluppo dell’intera società ma come frammento di razionalità politica presente nella legge o nella governance. La politica si diffonde ovunque fuorché nella politica, insomma, e neanche così si ricompone del tutto. Il PD, al di là del metodo artigianale con il quale è nato (elezioni plebiscitarie fatte di puro trasferimento di potere al leader che costituiscono una organizzazione di forte potere verticistico ma di bassa complessità politica a fronte di quella enorme necessaria per affrontare il presente), non ha risolto alcuno nè dei problemi posti dal fenomeno storico della spolicitizzazione del ceto politico né tantomeno da quello della politicizzazione della norma. Inoltre le istituzioni sovranazionali sono in crisi, e il crack della finanza mondiale è solo un paradigma della più generale crisi della regolazione globale, e le stesse amministrazioni pubbliche che funzionano utilizzando il potere politico stanno declinando nella loro capacità di riprodursi e di fare presa sulla società. 
Di fronte alla crisi del piano su cui oggi si è rifugiato il ceto politico istituzionale non c’è quindi da stupirsi se il PD è imploso sul punto più delicato per la riproduzione del consenso ovvero quello di essere ceto politico inteso come mediatore della trasformazione dei beni pubblici in accumulazione privata. Infatti, quando non funzionano i grandi istituti di regolazione tra istituzioni sul piano internazionale, quando tra politica e amministrazione ci sono contraddizioni immense puntualmente interviene la magistratura reprimendo il piano dell’arricchimento privato del ceto politico. Accade oggi come è accaduto all’inizio degli anni ’90 ed è sempre la spia del fatto che sul piano sistemico qualcosa di serio non funziona davvero. La magistratura inoltre è a sua volta in crisi, di risorse e funzionamento, e trova occasione di riproduzione del proprio potere nell’attacco al ceto politico più esposto come è oggi il PD. 
Non bisogna quindi avere una visione salvifica della magistratura ma capire che oggi, quando questa attacca un ceto politico, ciò avviene perché un intero sistema istituzionale mostra le sue crepe strutturali mentre alcune sue componenti cercano di reagire. Insomma il potere PD è inutile, dannoso e incapace di reagire, a differenza del PDL, di fronte agli attacchi provocati dai poteri sistemici che si ricavano un ruolo di perpetuazione del proprio potere corporativo facendo da anticorpi alla malattia dell’accumulazione privata tramite beni pubblici. Malattia che di fatto, questioni di regolazione istituzionale e amministrativa a parte, c’è e si chiama distruzione di beni e poteri pubblici nella loro trasformazione in ricchezza e prerogative private. Per esempio il costruttore Romeo, che sembra un personaggio uscito da un film con Al Pacino, è paradigmatico nel suo costruire ricchezza appropriandosi di beni pubblici con lo strumento concreto dello stravolgimento delle procedure e avvalendosi della fanatica, in nome del denaro e del potere, collaborazione dei quadri di mezzo PD campano e romano. In una situazione di grave scarsità di risorse pubbliche, e di crisi complessiva di tutta l’architettura istituzionale, è comprensibile che una parte della magistratura si sia messa ad indagare su questo terreno. E che lo abbia fatto con disperazione, nella attuale assenza di un progetto politico visibile da affiancare, avvalendosi però del potere politico presente nella norma che applica compreso quello di azzeramento di una parte significativa dell’opposizione al governo e della maggioranza di importanti enti locali. La risposta del PD di fronte a questi enormi problemi di complessità politica si è concentrata tutta nella banalizzazione dei problemi. Non è possibile altrimenti, perché il PD non ha alcuna reale struttura politica interna ma è solo un'alleanza tra clan, e non si può che pensare così di fronte a spettacoli esilaranti come quello dell’attuale sindaco di Napoli, ex ministro degli Interni ed ex membro della vigilanza Rai, che davanti a telecamere e registratori digitali dice testualmente “io sono scema. Visto che sono scema, e quindi non mi sono accorta delle violazioni della legge da parte dei miei (5!) assessori resto al mio posto”.
Al di là della situazione demenziale in cui si è cacciata la signora Iervolino, è quindi da registrare il livello di regressione infantile nella comunicazione politica in queste affermazioni fatte in una conferenza stampa ufficiale, che qualifica l’improbabile spessore politico non solo del sindaco di Napoli ma dell’intero PD. A questo punto c’è da fare una sola considerazione: tra politicizzazione della norma e spoliticizzazione del ceto politico non solo oggi non c’è spazio per la politica ma non c’è nemmeno per il PD, anche nel momento in cui rappresenta un tentativo artigianale di adattamento a questi fenomeni epocali. Ora, quel che c’è rimasto del PD, finchè rimane, va colpito al cuore. Quindi il PD va profondamente delegittimato in ogni momento, in ogni piano della vita sociale accompagnandone l’auspicabile decesso. Il PD ha infatti come unica ragione sociale l’essere occasione di accumulazione di ricchezze per i Romeo di turno, di cui l’Italia è disseminata - si pensi che a Firenze il PD tratta con Ligresti, e non riesce neanche ad essere utile per assolvere compiti di regolazione istituzionale.
Il PD è quindi un partito inservibile anche dal punto di vista della stabilità sistemica. Per questo è pericoloso: perché può accettare il salvagente offerto dal centrodestra che si chiama blindatura complessiva del ceto politico da ogni problema normativo, di delegittimazione e di mancanza di potere. Per questo non bisogna aver timore, sul piano dello spontaneismo diffuso, di operare per colpirlo al cuore. Il PD è una bestia del potere impaurita, ferita e pericolosa. E’ frutto di un lungo adattamento cieco e criminoso del politico alle ragioni del potere ad ogni costo ed è abituato a sopravvivere sacrificando pezzi interi di società (l’ha fatto come Pci, come Ds, e da decenni come Cgil). La sua scomparsa può solo avere effetti liberatori nella società italiana quanto la caduta di un tiranno. Anche perché non sarà facile liberarsi del duce televisivo se la parte più importante dell’opposizione parla la sua lingua e se necessita come lui di sangue fresco da estrarre dall’esangue società italiana.



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