[Redditolavoro] OPERAI CONTRO 2 DICEMBRE 2007

frank ficiar frficiar at hotmail.com
Sun Dec 2 14:33:41 CET 2007






					
				
WWW.OPERAICONTRO.IT
	
	
Anno IX Numero 316 	

data: 2 DICEMBRE 2007

1. APPUNTI PER UN VIAGGIO
2. SOLIDARIETA' OPERAIA
3.BANDITISMO POLITICO
4.COMUNICATO STAMPA OPERAI MELFI
5. DIBATTITO PER L'INDIPENDENZA DEGLI OPERAI
6. OPERAI FIAT DI MODENA IN PICCHETTO
7. OPERAI BERTONE BLOCCHI
8.WELFARE
9. DISINTEGRATI
10. AFGHANISTAN: GLI EROICI BOMBARDAMENTI DEI CIVILI
11. PAESI BASCHI
12.PUTIN

:: CONTATTACI
:: VAI ALL'ASLO
:: OPERAIEDITORIA
:: OPERAI.NET
	

DISINTEGRATI

Francia - 26.11.2007

Disintegrati

Storia corale di una generazione di immigrati

"Quando la smetterete di guardarci come immigrati, come stranieri, come ladri, come terroristi? Provate a immaginare un mondo in cui si parli di voi solo in termini di percentuali, di integrazione, di immigrazione, di emarginazione, di criminalità, di reati, di insicurezza…Provate a immaginare un mondo così, voi, i sostenitori dei diritti dell’uomo".

L'integrazione 'ridicola'. Ahmed Djouder ha 34 anni, vive a Parigi e lavora per il gruppo editoriale Flammarion. Disintegrati (Storia corale di una generazione di immigrati) è stato scritto di getto nell’autunno del 2005 mentre la Francia assisteva sgomenta alla rivolta delle banlieues. E’ un testo che scaturisce dunque da un’urgenza profonda: non ha il rigore dello studio sociologico né, del resto, ha la pretesa di esserlo. Sembra anzi evidente che la forza radicale di questo pamphlet promani proprio dal suo tono di schietta rivendicazione, dalla prospettiva orgogliosamente parziale di chi vuole leggere il presente senza dimenticare niente del passato: in primo luogo quello del proprio paese (in questo caso l’Algeria) e della propria famiglia. Non c’è nessuna aspirazione, da parte di Djouder, ad interpretare la parte del bravo ragazzo; nessun tentativo di esibire la propria riuscita, il proprio inserimento nella società francese. Perché ad essere messa in discussione, qui, è la nozione stessa di integrazione, quantomeno nella versione standard declinata dai paesi che in questi anni hanno assorbito importanti flussi migratori: per essere integrato devi diventare come noi: "Detto fra noi, i francesi amano questa parola, 'integrazione', perché fa credere loro di essere in grado di addomesticarci. Ma noi non siamo animali selvaggi. Lo sapete?" Il linguaggio che adoperiamo smaschera i pregiudizi della nostra cultura. Come quello che ci fa parlare di extracomunitari nord-africani, ma mai di extracomunitari nord-americani: "La vostra 'integrazione' ci fa ridere. È una parola tremenda. Non ci interessa. Noi non ci dobbiamo integrare. Non ci integreremo. Aspetteremo che voi reagiate, che ci vediate come chiunque altro, come uno straniero qualunque, come un francese qualunque".

 

Disintegrati, concepito come monologo di un 'noi' che si rivolge ad un 'voi', ha una struttura bipartita. La prima parte si configura come un album di famiglia: c’è, in primo piano, il ritratto – anche rabbioso, a volte, come a rimproverare di aver sopportato troppo e troppo a lungo – dei genitori, cioè di quella prima generazione di immigrati giunti in Francia subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, seguiti da una seconda ondata seguente all’indipendenza del paese. I genitori sono quelli che "non giocheranno mai a tennis, a badminton, a golf, non andranno mai a sciare, non mangeranno mai in ristoranti raffinati", che "credono solo nella famiglia, nel peccato, nei soldi, nel risparmio, nei vestiti, nelle cose, in Allah, nel dolore", e che "oggi, sono terrorizzati da tutto". E intorno a questo ritratto ci sono le tante istantanee di un’esistenza segnata dalle inevitabili contraddizioni di chi si chiude nel guscio dei propri valori – la famiglia, la religione, l’appartenenza alla comunità – per non andare alla deriva in un paese dove "nessuno gli ha insegnato a desiderare. A sapere. A conoscere".

 

Ammettere i propri errori. Ma è soprattutto nella seconda parte che il libro prende quota, quando il 'voi' (i francesi) viene convocato con sempre maggior insistenza a prendere atto delle sue responsabilità, che, risalendo indietro nel tempo, hanno una data d’inizio: "I francesi arrivano in Algeria nel 1830". C’è un’immagine ricorrente in cui si sostanzia la sorte del migrante proveniente da un’ex colonia: quella di un corpo sfruttato, abusato, violentato, e poi gettato via. E c’è lo stato d’animo che abita quel corpo: "È vero, noi abbiamo l’odio dentro. Un odio che è il risultato di una violenza che ci è stata fatta e che voi vi ostinate a non voler vedere o a minimizzare". Una violenza ripetuta ogni volta che l’immigrazione viene derubricata a dato statistico di tabelle sulla criminalità o a pretesto per attaccare il proprio avversario politico. Ogni volta che la miseria viene scambiata per "miserabilismo" e il dolore per "dolorismo". "Riuscite a capire che c’è logica nell’insultare il pedofilo da cui si è stati violentati, anche se sono passati quarant’anni?" Ma c’è anche, in conclusione, uno sguardo maturo e realista capace di andare oltre quella rabbia: "Sì, i francesi di oggi non hanno nessuna responsabilità. Perché mai i figli dovrebbero pagare per le colpe dei padri, dei nonni o degli antenati? Ma in quanto persona morale, la Francia ha un onore da salvare, e potrà farlo solo ammettendo i propri errori, il proprio oblio e le proprie manchevolezze, correggendo il tiro".

Alexandre Calvanese


info at operaicontro.it -Via Falck, 44 CAP 20099 Sesto San Giovanni (MI)

_________________________________________________________________
Scarica GRATIS la versione personalizzata MSN di Internet Explorer 7!
http://optimizedie7.msn.com/default.aspx?mkt=it-it
-------------- next part --------------
An HTML attachment was scrubbed...
URL: http://riot.ecn.org/pipermail/redditolavoro/attachments/20071202/1bd108b8/attachment.html


More information about the Redditolavoro mailing list