[Internazionale] Corte Strasburgo: Turchia prima nella violazione dei diritti umani
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Corte Strasburgo: Turchia prima nella violazione dei diritti umani
Osservatorio Iraq, 29 gennaio 2010
Il poco ambito primato nella classifica 2009 dei paesi europei che violano i
diritti umani è andato alla Turchia.
A renderlo noto è la Corte europea per i diritti umani, che nell’anno da poco
concluso ha emesso 2.395 sentenze (+ 27 per cento rispetto al 2008), di cui la
maggior parte dedicate proprio ad Ankara, che ha superato ampliamente la
Russia, seconda.
Nel dettaglio, sono state 341 le sentenze che hanno sancito la condanna della
Turchia.
Di queste, oltre 200 riguardavano il funzionamento dei tribunali turchi,
mentre 30 erano relative ad accuse trattamenti inumani o degradanti.
Alla Corte europea, che quest’anno compie il 50esimo anno di vita, possono
fare ricorso 818 milioni di persone provenienti dai 47 paesi del Consiglio d’
Europa per denunciare i presunti abusi e malfunzionamenti del proprio sistema
giudiziario.
(fonte: Agence France Presse)
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il manifesto
TURCHIA/KURDI
Delegazione europea vede Ocalan a Imrali
Una delegazione del Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del
Consiglio d'Europa, guidata dal suo presidente, l'italiano Mauro Palma, ha
visitato martedì e mercoledì scorsi il nuovo carcere di massima sicurezza
nell'isola-prigione di Imrali, nel Mar di Marmara, dove è rinchiuso dal '99 il
leader kurdo Abdullah Ocalan. La delegazione ha potuto parlare - accompagnata
dal direttore generale delle prigioni del ministero della giustizia turco - con
Ocalan e gli altri cinque detenuti nel carcere. Ocalan è stato trasferito nella
nuova prigione nel novembre 2009 e ha informato i suoi avvocati del
deterioramento delle sue condizioni di salute anche per via delle ridottissime
dimensioni della cella in cui non riesce a respirare bene. Ma secondo le
autorità turche le condizioni della detenzione «non sono peggiorate»
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| di Paola Desai
La sete della Siria
Un raro segno di apertura nella vita politica della Siria. Durante un forum
pubblico, alcuni rappresentanti del governo hanno fatto il punto sulle
conseguenze della siccità che nel 2008 ha devastato i raccolti di grano e
costretto migliaia di persone a sfollare dall'est del paese. Il forum era
organizzato dalla «Società siriana degli economisti» ed è un evento in sé, fa
notare l'agenzia Reuter che ieri ne ha dato notizia in un lungo dispaccio:
ricordava un po' il movimento per la democrazia detto la «primavera di
Damasco», soffocato nel 2001. Insomma: a questo forum funzionari governativi
hanno ammesso che la siccità ha avuto un impatto disastroso, con alti livelli
di povertà, disoccupazione e analfabetismo, e bassi investimenti. Quella del
2008 è stata la peggiore siccità da almeno 40 anni: le piogge nelle regioni
orientali del paese sono diminuite del 30% e il fiume al-Khabur, il principale
affluente dell'Eufrate, si è seccato. Il raccolto di grano quell'anno è
crollato a 1,3 milioni di tonnellate - nelle annate precedenti, tra il 2003 e
il 2007, oscillava tra i 2,4 e i 2,9 milioni di tonnellate. Il governo non ha
mai dato un computo ufficiale degli sfollati, ma stima che siano tra 300mila e
un milione, gente che ora affolla gli slum di Damasco, Aleppo o Hamah.
«Dobbiamo programmare una riorganizzazione complessiva dell'economia locale,
che metta insieme economia, sanità e istruzione, non solo la produzione
agricola», diceva a quel forum Hassan Katana, capo del dipartimento di
statistica e programmazione del ministero dell'agricoltura. In quella regione
orientale - che produce la gran parte del grano e del cotore del paese - l'80%
della popolazione è sotto la soglia di povertà, faceva notare un rappresentante
dell'Unione contadina, il siondacato governativo. Perché la siccità ha
aggravato una situazione già difficile: infrastrutture malandate, un sistema
educativo negletto da anni. E dire che la Siria era un importante esportatore
di grano nel Medio oriente prima che cominciasse la siccità nel 2007, anno in
cui la produzione nazionale era stata di 4,1 milioni di tonnellate, di cui due
terzi prodotte proprio in quelle regioni orientali che costeggiano l'Eufrate.
E' il risultato di una politica voluta (dal 1963 il partito Baath ha imposto
una stretta centralizzazione dell'economia): lo stato ha il controllo della
commercializzazione del grano e del cotone, le due «cash crop» (derrate per il
mercato dell'export) che dovevano sviluppare quella grande regione agricola. Ma
grano e cotone bevono molta acqua. Katana ha ammesso che il governo ha già
ridotto l'area allocata per la coltivazione del cotone, per la mancanza
d'acqua: «Tutte le nostre risorse agricole sono ormai stra-usate. La vera sfida
è sviluppare strategie e capacità per dare nuove attività economiche alla
regione», ha detto il rappresentante del ministero dell'agricoltura. E'
un'ammissione non da poco: la strategia di fare della regione orientale il
«granaio» della Siria ha esaurito le risorse idriche e impoverito la regione.
Fa impressione poi apprendere che anche prima della rovinosa siccità, i livelli
di povertà fossero così alti: tanrto più che la regione orientale siriana è
anche quella che produce petrolio (non molto, ma pur sempre 375mila barili al
giorno). Ma boom agricolo e petrolio non si sono tradotti in sviluppo delle
infrastrutture, sanità e istruzione. Di tutto questo si parlava in quel forum
della «Società degli economisti» - qualcuno faceva notare che uno dei problemi
è che esperti come Katananon sono stati consultati, al momento di elaborare le
linee di indirizzo economiche.
il manifesto on-line
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