[Internazionale] TURCHIA: ABROGATA LEGGE SU PROCESSO CIVILE PER MILITARI
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Sat Jan 23 02:44:48 CET 2010
SERVIZIO DI INFORMAZIONE A CURA DELLA ASSOCIAZIONE NAZIONALE AZAD-LIBERTA PER
IL POPOLO KURDO
ROMA 23 GENNAIO 2010
CURATORE JURI CARLUCCI
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AGENDA DEL GIORNALISTA-INFORMA
Libertà di stampa, incontro tra curdi e turchi a Istanbul
martedì 19 gennaio 2010
Apertura al dialogo. Incontro a Istanbul tra giornalisti curdi e turchi. Erano
più di 60 sabato scorso, tra reporter di riviste, quotidiani e canali
televisivi, a discutere sul ruolo dei media e a formulare proposte per
eliminare percezioni errate e pregiudizi degli uni sugli altri e viceversa.
“Nonostante ci sia un confine tra l’Iraq e la Turchia – ha sostenuto Aza Hasseb
Ali, ex ministro del governo curdo – siamo strettamente interdipendenti; così
come ogni sviluppo in Turchia ha un conseguenza diretta nel nord dell’Iraq”.
Tema centrale della giornata è stato quello sulle interferenze dello Stato nel
lavoro della stampa. Anche in Turchia, infatti, la strada per la democrazia è
ancora lunga. “Ci sono solo due possibili approcci – ha spiegato Mete Cubukcu,
giornalista veterano turco – o lo Stato segue i media e adotta dei cambiamenti
oppure è lo Stato a plasmare la stampa. Purtroppo, gli organi di informazione
turchi non sono stati ancora in grado di liberarsi dalle politiche dello Stato
e dalle preoccupazioni di questo”. La giornata di lavori, importante passo
avanti nell’ottica di una stampa davvero libera di esprimersi sia in Turchia
sia in Iraq, è stata organizzate da Medialog Platform, entità affiliata alla
Fondazione di giornalisti e scrittori (Gyv), che si occupa di creare occasioni
per gli operatori dell’informazione in modo che possano discutere nuovi
progetti e scambiare opinioni.
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TURCHIA: ABROGATA LEGGE SU PROCESSO CIVILE PER MILITARI
(ANSAmed) - ANKARA - La Corte Costituzionale turca, massima istanza giuridica
del Paese, ha abrogato una controversa legge approvata lo scorso 26 giugno dal
Parlamento e che consentiva ai tribunali civili di processare i militari in un
momento di forti tensioni tra il governo filo-islamico del premier Tayyip
Erdogan e i vertici delle forze armate. Ne da' notizia l'agenzia Anadolu
ricordando che la legge, firmata dal presidente Abdullah Gul l'8 luglio
seguente, era stata approvata nottetempo dall'Assemblea Nazionale e cio' le
aveva guadagnato il critico soprannome di ''legge di mezzanotte''. Gul a suo
tempo aveva difeso la legge affermando che essa rispondeva alle esigenze
dell'Unione europea in vista di una possibile adesione della Turchia e che era
compatibile con la legislazione in vigore sui tribunali militari. La Corte
Costituzionale ha invece accolto il ricorso presentato dai militari e
dall'opposizione che ritenevano il provvedimento anticostituzionale in quanto
in contrasto con l'articolo 145 della Costituzione turca. La legge avrebbe
messo in grado per la prima volta i tribunali civili turchi di processare i
militari accusati di reati contro la sicurezza nazionale, di violazioni della
Costituzione e di tentativi di rovesciare il governo. L'approvazione della
legge era stata vista come un colpo di mano del Parlamento, dove ha la
maggioranza il Partito di radici filo-islamiche Giustizia e Sviluppo (Akp di
Erdogan), contro il potente establishment militare garante della laicita' della
Turchia. L'approvazione della legge avrebbe consentito di far processare da un
tribunale civile gli autori di un presunto progetto eversivo preparato, secondo
le accuse, da alcuni militari con l'obiettivo di screditare il governo Erdogan.
(ANSAmed).
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Approdati in Corsica 124 clandestini
Primo grande sbarco sull'isola, individuata barca sospetta
22 gennaio, 19:33
(ANSA) - PARIGI, 22 GEN - Sbarco di clandestini senza precedenti in Corsica.
Sono approdati su una spiaggia del Sud dell'isola 124 immigrati. Si tratta di
57 uomini, 29 donne e 38 bambini: sono stati visti scendere da una barca da
alcuni scafisti. Tutti privi di documenti, hanno dichiarato in alcuni casi di
essere curdi in arrivo dalla Siria, in altri di venire dal Maghreb. In attesa
di ulteriori verifiche, e' stato disposto il loro trasferimento in una palestra
di Bonifacio.
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Iraq, Sale la tensione fra kurdi
di Ornella Sangiovanni
Osservatorio Iraq, 20 gennaio 2010
Nel nord Iraq le acque si stanno davvero agitando, e i problemi non sono solo
a Kirkuk. Mentre si va verso le elezioni legislative – nazionali – in programma
per il 7 marzo prossimo c'è tensione anche nella regione autonoma del
Kurdistan, fra gruppi kurdi rivali.
A fronteggiarsi questa volta sono l'Unione Patriottica del Kurdistan (PUK),
uno dei due maggiori partiti kurdi, che ha come leader l'attuale presidente
iracheno, Jalal Talabani, e il movimento Goran (in kurdo: Cambiamento), la vera
rivelazione delle elezioni regionali dello scorso 25 luglio, che ha conquistato
25 dei 111 seggi di cui è composto il Parlamento kurdo.
Ne parla solo la stampa araba (almeno per ora), ma le cose rischiano veramente
di mettersi male.
Al punto che Mas'ud Barzani, presidente della regione autonoma, è sceso in
campo di recente per sottolineare che "non permetteremo che i kurdi tornino ad
ammazzarsi fra loro".
Il riferimento è agli anni '90, quando in Iraq c'era ancora il regime di
Saddam Hussein, che videro una lotta fratricida (e sanguinosa) fra i due
principali partiti kurdi: il PUK di Talabani e il Partito Democratico del
Kurdistan (KDP), il cui leader è proprio Barzani.
Una brutta pagina della storia kurda, che iniziò nel 1994 ed ebbe termine solo
nel 1998, con un accordo raggiunto – a Washington – grazie alla mediazione del
Dipartimento di Stato.
Ora quei tempi bui rischiano di tornare, ma il conflitto è fra il PUK e Goran,
quest'ultimo nato sostanzialmente intorno ad alcuni dirigenti usciti dal
partito di Talabani, e il cui leader è il suo ex vice, Nawshirwan Mustafa.
Confrontarsi in Parlamento
L'ufficio di presidenza della regione kurda ha diffuso di recente un
comunicato nel quale Barzani sottolinea che la sede per confrontare contrasti e
idee fra le diverse forze politiche è il Parlamento, e non si deve permettere a
una qualunque parte di sfruttare questi contrasti per creare problemi e mettere
a rischio "il clima di sicurezza consolidato della regione".
Le tre province del nord Iraq che compongono la regione del Kurdistan – Irbil,
Dohuk, e Sulaimaniya – sono attualmente le più tranquille del Paese: un fatto
che sta incoraggiando fra l'altro gli investimenti stranieri, in quello che è
un vero e proprio boom.
La decisione di Barzani di intervenire nelle tensioni in corso, spiega il
comunicato del suo ufficio, è stata presa dopo una riunione allargata che si è
tenuta a Irbil, capitale della regione autonoma, a cui hanno partecipato, oltre
al presidente kurdo, quello del Parlamento regionale, Kamal Kirkuki, e le forze
politiche rappresentate in detto parlamento.
Barzani, fra l'altro, si apprende dalla nota, "ha spronato gli organi di
informazione affinché trattino questa questione [il conflitto fra PUK e Goran]
in modo obiettivo e neutrale, per preservare l'unità del popolo kurdo".
Tensione alta
Fra il PUK e Goran, e in particolare i loro leader, Talabani e Mustafa, c'era
stato negli ultimi mesi uno scambio di accuse pesanti, in particolare riguardo
alle responsabilità nel massacro di Halabja, nel marzo 1988, quando circa 5.000
kurdi vennero uccisi in un attacco con armi chimiche (all'epoca l'Iraq di
Saddam Hussein era in guerra dal 1980 con l'Iran di Khomeini), e nelle
cosiddette campagne "Anfal" del 1987 e 1988. Entrambi episodi caratterizzanti
della storia recente dei kurdi iracheni.
La tensione fra i due gruppi resta alta. La settimana scorsa, Goran aveva
riferito di attacchi contro i suoi sostenitori nella provincia di Sulaimaniya,
con morti e persone rapite, chiedendo l'intervento di Barzani per porre fine a
tutto ciò.
Il movimento kurdo di opposizione, che alle elezioni politiche nazionali del 7
marzo si presenta da solo, e non all'interno dell'alleanza che raggruppa le
principali forze kurde, compresi PUK e KDP, ha quindi deciso di inviare un
memorandum, rivolto alla comunità internazionale, in cui sottolinea il
deteriorarsi della sicurezza in Kurdistan, in particolare nella provincia di
Sulaimaniya e nelle vicinanze, dove sarebbero all'ordine del giorno casi di
criminalità politica organizzata contro la propria lista, in particolare nelle
zone in cui essa ha vinto nelle ultime elezioni parlamentari kurde dello scorso
25 luglio.
Insomma, rivalità elettorali gestite "all'irachena".
La parola passa alle armi?
Ma i problemi non si limiterebbero a questi.
E sì, perché sia PUK che Goran dispongono di uomini in armi – i cosiddetti
Peshmerga, miliziani kurdi che costituiscono di fatto l'esercito della regione
autonoma, rispondendo ai due partiti principali, PUK e KDP, anche se il
ministero competente (a tutti gli effetti un ministero della Difesa regionale)
adesso è stato unificato.
Ecco quindi che da attacchi e aggressioni c'è il rischio che si passi allo
scontro armato in piena regola, come accadde appunto fra PUK e KDP a metà anni
'90. Un'eventualità che nessuno si augura.
Il quotidiano arabo al Sharq al Awsat riferisce [in arabo] che in Kurdistan
c'è profonda preoccupazione, nonostante gli sforzi di Barzani, che a parlare
possano essere le armi, soprattutto in considerazione del fatto che a entrambe
le parti in conflitto non mancano.
Tuttavia, secondo esperti militari citati dal giornale panarabo che si
pubblica a Londra, l'equilibrio delle forze sarebbe a favore del PUK, che di
uomini e armi ne ha più di Goran, e pertanto la possibilità di uno scontro
armato sarebbe da escludere.
Anche perché i combattenti che fanno capo al PUK sono a tutti gli effetti
inquadrati nelle forze armate regionali, mentre per i sostenitori di Goran
sarebbe un altro paio di maniche: girare armati nella provincia di Sulaimaniya
è vietato, sottolinea una fonte militare esperta in questioni dei Peshmerga che
chiede di restare anonima, dunque le forze governative interverrebbero in caso
di deterioramento della sicurezza.
Insomma, Goran avrebbe tutto da perdere ad andare allo scontro.
In Kurdistan la gente se lo augura.
Fonti: al Hayat, al Sharq al Awsat
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