[Ezln-it] Daniele Di Stefano: Chi ha vinto le elezioni messicane?

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Tue Jul 10 14:02:09 CEST 2018



Chi ha vinto leelezioni messicane?Daniele DiStefano - Lunedì 9 luglio2018Andrés Manuel López Obrador, detto AMLO, dopo vani tentativi inficiati dafrodi elettorali a suo danno, stavolta ha vinto le elezioni in Messico. Ilfatto ha causato un'ondata di interesse anche dalle nostre parti, con articolipiù asciutti e osservatori e altri che vanno dall'esaltato al possibilista: lasinistra latinoamericana rialza la testa. Come già titolano i giornali dilingua spagnola, solo l'EZLN (http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2018/07/09/convocazione-a-un-incontro-di-reti-dappoggio-al-cig-al-comparte-2018-per-la-vita-e-la-liberta-e-al-15-anniversario-dei-caracoles-zapatisti-dipingi-chioccio/)resiste e tiene le distanze dal partito-movimento Morena e dal suo fondatoreneopresidente. E' peraltro noto anche in Italia il tentativo, fallito, diconseguire le numerose firme necessarie alla candidatura di Marichuy a nome delConsiglio Indigeno di Governo, sorto a partire dal Congresso NazionaleIndigeno. L'EZLN starebbe quindi all'angolo, recalcitrante e isolato da unasinistra in trionfo. Il fatto che le firme per Marichuy fossero le sole percentualmenteveritiere e autentiche in un consueto panorama di brogli, non cancella l'amaraconstatazione che il suo risultato, al di sotto delle trecentomila firme e conla conseguente esclusione della candidatura, è stato modesto rispettoall'ambizione di mobilitare i popoli indigeni messicani, che contano milioni diindividui. Il tentativo, del resto, si scontrava con difficoltà logistiche chesono costate anche un grave incidente alla carovana di Marichuy, e non aveva alcunapretesa di competere effettivamente per la presa del potere: è stato utilizzatocome strumento per fare uscire i popoli indigeni dall'isolamento e dalleaggressioni cui sono sottoposti, accendendo su di essi i riflettori. Non sodire, da questo tragicomico paesino mediterraneo che è l'Italia, quanto talerisultato sia stato ottenuto, ma ritengo che non si tratti di un obiettivomisurabile sul breve periodo. Deve comunque aver pesato il posizionamento versoi partiti di molte realtà di base, specialmente cittadine, orientate verso AMLOanche in base a una tendenza di allontanamento delle proprie simpatiedall'EZLN. Frattura che risale alle elezioni del 2006, con l'Altra Campagnalanciata dalle e dagli zapatisti, che per molti messicani di centrosinistra significava"remare contro" AMLO e il PRD e in favore del PRI, ragione per laquale l'intellighenzia simpatizzante con lo zapatismo gli voltò le spalle. Lafrattura continua, con ricorrenti attacchi via social network alla figura delSubcomandante Galeano, chiamato ancora Marcos, senza alcun rispetto per quelmaestro zapatista che rivive nel suo nome: fantoccio, attore, servo del PRI,fratello di una deputata del PRI, burattinaio o burattino, eccetera.Curiosamente, il fatto si ripete ora che esce un comunicato a firma sia diGaleano che di Moisés, come se Moisés stesso, cui fa capo la responsabilitàsull'EZLN, non facesse testo perché lo stile è chiaramente quello di Galeano,che dunque starebbe parlando per sé, strumentalizzando i poveri indigenizapatisti. Un'ennesima prova del razzismo latente in questi attacchi edell'incomprensione delle posizioni che le zapatiste e gli zapatisti hannoripetuto fino alla nausea, e che nuovamente vengono attribuite al soloMarcos-Galeano. Cerchiamo di entrare nel merito del comunicato zapatista. Cosa dice? Sottometafora, nota un fatto strano: la squadra avversaria di Morena, il PRI, si èritirata prima del fischio finale, e ora esulta con i vincitori. Ma nondovevano essere le bestie sconfitte? Come è possibile che nel chiasso generalesiano tutti vincitori? E perché si sono affrettati a riconoscere la vittoriadell'avversario ben prima che essa fosse certa? Perché a un certo punto sonosparite le bandierine degli avversari ed è stato lasciato campo libero aivincitori designati? Perché, aggiungiamo, le felicitazioni di Trump, notoamante dei messicani, che ha così cortesemente permesso il libero procederedella democrazia nel cortile di casa? Ricordo un intervento del Sup Galeano in aprile, che alcuni giorni fa mifece pensare che stavolta gli zapatisti si fossero sbagliati. "El capital va por todo, no va a permitir Lulas,por reformista o lo que sea, no lo va a permitir, ni Dilmas, ni Kirchner, niCorreas, ni Evos, ni López Obrador, ni cualquier cosa que ofrezca unrespiro". E invece no: il capitale lo ha permesso, López Obrador ha vinto a furor dipopolo. Ma il López Obrador immaginario, il difensore dei deboli che ilcapitalismo non avrebbe fatto vincere, non è il López Obrador reale che esce vincitore.Ora, leggendo queste allusioni sotto metafora calcistica, intendo che glizapatisti devono aver notato qualcosa che a noi, dall'Italia, sfugge. Devonoaver notato, cioè, una strategia gattopardesca della cricca del PRI, che a uncerto punto deve essersi detta: accontentiamo la gente che vuol cambiare,purché nulla cambi. E devono essere partiti gli abboccamenti e i giochetti checonsentiranno alla vecchia guardia del PRI e del capitalismo nazionale diriciclarsi, con aggiunta quella ventata di novità e di speranza idonea anascondere le loro complicità, connivenze, e soprattutto i loro crimini. AMLO,nel suo primo discorso rassicurante e conciliante verso il capitale che hainteresse nelle grandi opere, è sembrato affrettarsi a confermare questa lettura:in sostanza non cambierà nulla. O, come si dice nell'ultimo comunicatozapatista, chi comanda non è una squadra o l'altra, ma il padrone del pallone,dello stadio e di tutta l'impalcatura mediatica, che non perde mai.Naturalmente, il padrone non è una persona sola, ma è il grande capitalismofinanziario, speculatore e mafioso. Ecco perché, contrariamente alle previsionidi aprile, il capitalismo ha permesso la vittoria di AMLO: perché si è giàcautelato affinché tutto resti al suo posto. Vittoria schiacciante, per giunta,che è molto più comoda delle vecchie frodi elettorali: perché così i nuovigovernanti avranno piena legittimazione popolare in ciò che faranno. Su ciò chefaranno, qualcuno si potrà anche illudere brevemente, potrà concedere il beneficiodel dubbio, similmente a quanto è avvenuto in Italia prima per Renzi e poi peril governo grillino in cui comanda la Lega: non noi. Già si parla a vanvera diportare a compimento gli accordi di San Andrés per il riconoscimento di dirittie cultura indigena. La cosa appare lievemente comica: perché riesumare unatrattativa di ventitré anni fa, il cui tradimento a opera del PRI di Salinas edi Zedillo segnò la fine di una fase in nome di un'altra, cioè di quella che haportato all'autonomia zapatista? Perché riesumare vecchie foto di quando sitentò questo dialogo in un'epoca in cui il PRI era il dominatore assoluto e ilPRD era pura opposizione, come ha appena fatto la morenista Rosario PiedraIbarra pubblicando uno scatto che ritrae Marcos accanto ad AMLO (oltre che allamadre, Rosario Ibarra)? Viene in mente José Carlos Mariátegui, il grande marxista peruviano checollegava la questione indigena alla questione centrale della ripartizionedelle terre. Che ne è dei diritti astratti degli indigeni, del resto piùriconosciuti dalla Corona spagnola del Seicento che dai nuovi statilatinoamericani, se non si intacca la proprietà latifondista e non si ridannole terre alle popolazioni contadine indigene? Che parliamo a fare di dirittiindigeni, se assicuriamo che le grandi opere continueranno a strappare terracoltivabile e sacra, fiumi, valli, montagne, suoli e sottosuoli agli abitantidel Messico più povero e a rischio di scomparsa? Le zapatiste e gli zapatisti conoscono bene la concretezza di questi problemistorici e conoscono bene AMLO, questo è certo. La polemica è vecchia, e non èquesto che deve interessarci, ma la lettura, che deve valere anche qui da noi:si è d'accordo o no che i cambiamenti veri possono venire solo dal basso? Lametafora arriba/abajo è la più utilizzata dal movimento zapatista, che oggi nonsta dicendo niente di nuovo. Si può essere d'accordo o no, si possonomodificare i termini parlando di classi invece che di alto e basso, ma lasostanza resta quella. La differenza nella risposta divide i socialdemocraticidal pensiero rivoluzionario, c'è poco da fare. Dimmi con chi vai e ti dirò chisei. Naturalmente, gli zapatisti sono dei rivoluzionari eretici: non cercano lapresa del potere come è sacro dovere del rivoluzionario classico e dell'avanguardiadel partito. In ciò, e nel loro modo di mantenere un'etica forte dinanzi allescelte politiche, possono avere torto o ragione: la dimostrazione definitivanon c'è, dato che il famoso "mondo migliore" o "altro mondopossibile" su vasta scala sembra ancora soltanto una terra promessa, cuicomunque non intendiamo rinunciare. Di fronte a questa postura zapatista, a poter essere utilizzata in chiavefilo-Morena resta la critica antimperialista del compianto Domenico Losurdo,che da una prospettiva per così dire chavista accusava tra gli altri ilpensiero negriano di non saper stare con la sinistra quando questa va alpotere, godendo nel restare opposizione. Non a caso, dalle nostre parti leuscite più entusiastiche sulla vittoria di AMLO si devono ai fautori delsocialismo del XXIesimo secolo, di cui Losurdo era eminente esponente. Questaaccusa, che tutto sommato è una ricorrente polemica contro il trotskismo, puòbenissimo essere rivolta contro lo zapatismo, che pure non può dirsi negriano,e contro di noi che cerchiamo di tenerci alla larga dalla sinistra partiticanostrana per costruire faticosamente le nostre esperienze dal basso. Accettiamola critica: ma prima dimostrateci che il potere che andrete costituendo abbiaqualcosa di rivoluzionario, o anche solo di veramente riformista. Gli zapatisti non hanno cambiato alcuna idea, non c'è contraddizione inquesta loro presa di posizione, che non ha niente di sorprendente: rispondepicche a una mano maliziosa tesa da AMLO, come prima mostrava il dito medio alPRI di Peña Nieto, al governatore chiapaneco del PVEM e alle loro lusinghe.Eppure molti, e purtroppo anche qualche messicano che abbiamo conosciuto eospitato in Italia, lamentano come gli zapatisti non abbiano rispetto dellemasse popolari, ritenendo che sottraendosi alla morsa di AMLO le trattino dastupide. Perché tanta preoccupazione per chi non si è allineato con Morena? Cisono decine di milioni di messicani che hanno dato il loro voto speranzoso:perché costoro non pensano a dialogare con essi, a costruire quel futuromigliore di cui si stanno riempiendo la bocca da mesi? Non conviene a tutti isinceri democratici, per lungimiranza, che nel contesto attuale ci sia anchechi si mantiene all'opposizione in basso e a sinistra? O vogliono un Messicoschierato come un sol uomo accanto al Leader (come se poi AMLO fosse Fidel,Sankara, Ho Chi Minh o chissà chi altro)? Questo eccesso di risentimento versolo zapatismo (che continua in barba a tutti a essere quel che è), nascondeforse la sottile irritazione dell'entusiasta nel constatare che lo scetticopotrebbe aver più ragione di lui: se è così, passi. Ma che si prenda per snob enemico delle masse chi ha saputo sollevare in armi gli ultimi e ha poicostruito in pace la propria autonomia col popolo e sotto gli ordini delpopolo, sembra più che ridicolo: sembra in malafede. Naturalmente aver ragione non serve a nulla, se i rapporti di forza restanoquelli: la polemica è sterile. Gli zapatisti, per quanto ne sappiamo, non sisono mai accontentati di aver ragione, ma costruiscono ogni giorno unasperimentazione di autogoverno e di economia alternativa. I limiti geograficidi questa esperienza sono noti, ma la lezione resta intatta: il popolo comandae il governo obbedisce. Milioni di votanti sono qualcosa di definibile come unpopolo in grado di far obbedire un governo federale messicano, e di portarlo adagire contro il malaffare, per la libertà, la democrazia e la giustizia?Abbiamo qualche esperienza nostrana in fatto di elezioni, in base alla qualeconcluderei che è lecito dubitarne.
Daniele Di Stefano, Associazione Ya Basta! Milano https://www.facebook.com/notes/daniele-di-stefano/chi-ha-vinto-le-elezioni-messicane/2031844816827901/

   
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