[Ezln-it] Luca Martinelli: In Chiapas il caffè è rivoluzione

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Sun Dec 30 12:24:43 CET 2018


In Chiapas ilcaffè è rivoluzione

di Luca Martinelli

Dalle comunitàzapatiste all’Italia, i chicchi prodotti dagli indigeni messicani sono il legamepiù forte tra l’EZLN e il nostro paese. E ora sono pronti a sbarcare pure i biscottirivoluzionari.

IlManifesto, 27 dicembre 2018. È passato un quarto di secolo dal primo gennaio del 1994,quando nel Sud-est messicano un esercito indigeno attaccò il governo e il neoliberismo:quel giorno entrava in vigore l’accordo di libero scambio tra Messico, Stati Unitie Canada, e dal Chiapas i discendenti dei Maya gridarono il loro «Ya Basta!», scegliendol’insurrezione armata per dare visibilità alle loro richieste. Venticinque annidopo, mentre l’Esercito zapatista di liberazione nazionale (EZLN) festeggia l’anniversariocon balli, canti e tornei di pallacanestro nei municipi autonomi ribelli, migliaiadi italiani celebreranno quel grido sorseggiando il primo caffè del mattino. Perchéuno dei legami più duraturi tra il Chiapas zapatista e il nostro Paese è quellosegnato dall’aroma del caffè, e segue il viaggio dei «chicchi» verdi, che dopo esserstati essiccati negli spiazzi davanti alle case in legno delle comunità zapatistefiniscono in sacchi di juta dentro container con destinazione il porto di Genova.

QUEI GRANI – frutto di cafetales condotti col metododell’agricoltura biologica – sono raccolti nella regione degli Altos del Chiapasdai circa 800 contadini associati nella cooperativa Yach’il Xojobal Chu’lchan, cheè oggi il fornitore principale delle tre realtà italiane che importano caffè zapatista:l’associazione Ya Basta, la torrefazione artigianale Caffè Malatesta e l’associazioneTatawelo, che opera in collaborazione con la cooperativa Libero Mondo. È stata Tatawelo,a inizio dicembre, ha lanciare un appello per denunciare le violenze in corso nellaregione degli Altos, dopo il ritorno da una missione di Dulce Chan Cab e WalterVassallo, che sono i referenti del progetto in Chiapas dell’associazione. Nellazona infatti ci sono circa 3 mila profughi e 4 mila indigeni impossibilitati a viverenelle loro terre, vittime della violenza causata da un’assegnazione di confine chenon rispetta i limiti storici della regione.

GLI ANZIANI DEL VILLAGGIO vedono i campi dove coltivavano il maise il caffè occupati dai vicini che, armati, si sono impossessati delle terre creandodesplazados (sfollati).I desplazados sono gruppi di popolazione povera, resiliente,capaci di vivere in comunità organizzandosi con poco, e in cui la terra e il maisrisultano elementi essenziali di sopravvivenza e del caffè fanno fonte di reddito.

«Siamo stati in Messico dal primo al23 novembre, e come sempre abbiamo visitato i nostri referenti, e contadini associatialla cooperativa – racconta Walter Vassallo all’ExtraTerrestre – A San Cristóbalde Las Casas ci siamo confrontati con lo staff del centro diritti umani Fray Bartoloméde Las Casas e con il Desmi (l’associazione che dà supporto in ambito agronomicoalle comunità, ndr), decidendo poi di promuovere quest’appello, che come importatoriabbiamo già inviato». È indirizzato, tra gli altri, al sottosegretario per i dirittiumani del governo messicano (che dal 1° dicembre è guidato da Andrés Manuel LopezObrador, del partito Morena), al governatore dello Stato del Chiapas, ma anche all’ambasciataitaliana e alla responsabile dell’Ufficio Economico-Commerciale del nostro ufficiodiplomatico. «I contadini locali hanno serie difficoltà nel recarsi alle loro coltivazioniper seminare mais o raccogliere il caffè» aggiunge Vassallo, tanto che «con il Fraybastiamo pensando a brigate di osservazione internazionale per tutelare almeno laraccolta del caffè nei municipi coinvolti, dove risiedono anche alcune decine deinostri produttori».

A GENNAIO, quando il caffè sarà maturo, c’è ilrischio che non possa essere raccolto. Per questo, sottolinea l’appello, «la violenzanelle comunità della regione degli altipiani del Chiapas coinvolge anche noi consumatorifinali del caffè, acquistato e sostenuto economicamente attraverso gli esportatoridel commercio equo, per cui riteniamo a nostra volta di interpellare le autoritàdelle diverse agenzie federali e statali affinché sia tutelato il nostro investimentoin Messico, considerando altresì l’importanza di prendersi cura dei settori produttividel caffè nello stato del Chiapas per importazioni efficaci. Per molti agricoltoriil caffè è la loro unica fonte di reddito per le loro famiglie e il fatto di nonaverlo li costringerebbe a migrare per trovare sostentamento. L’insicurezza deiproduttori di caffè genera un abbandono forzato delle coltivazioni, una bassa qualitàdel caffè e una violazione dei contratti internazionali stipulati per non esserein grado di raccogliere caffè. Questo è un forte danno economico per uno Stato cheoccupa il primo posto in Messico nella produzione di caffè, con il 35% della superficieseminata e il 40% della produzione nazionale. Inoltre, sta emergendo come leadermondiale nella produzione di caffè biologico secondo i dati del Coffee Instituteof Chiapas (Incafech)». La comunità a cui si è rivolta l’associazione Tatawelo èquella dei soggetti – in molti casi gruppi d’acquisto solidali – che nel corso deglianni hanno sostenuto i cafeticoltores del Chiapas partecipando al prefinanziamentodel caffè, cioè acquistando e pagando nell’inverno precedente il caffè che ricevonodopo l’estate. Un modo per garantire ai soci delle cooperative zapatiste l’indipendenzaeconomica nelle fasi di lavorazione dei grani. Nel 2018 il prefinanziamento ha raggiuntoi 152mila euro (132mila nel 2017, 112mila nel 2016), coinvolgendo ben 150 soci cheraccolgono organizzano e consegnano il caffè ai gruppi di acquisto.

UN PROGETTO IN CONTINUA EVOLUZIONE: a Natale 2018, in collaborazione conLibero Mondo, che nei suoi laboratori di Roreto di Cherasco (CN) si occupa anchedell’inserimento nel mondo del lavoro di persone con disabilità o che arrivano dasituazioni di disagio sociale, Tatawelo ha promosso un nuovo progetto a sostegnodella comunità indigene del Chiapas, legato alla trasformazione delle ciliegie delcaffè, la buccia che ricopre i grani. «Tecnicamente si chiama drupa (assume un colorerosso vivo quando il frutto è maturo, n.d.r.) ed è un elemento di scarto, che restaa terra: i contadini ne usano un po’ per concimare. Il nostro obiettivo, però, èarrivare a dar valore al 100 per cento della produzione, per sostenere i produttoriindigeni» racconta Luca Gioelli di Libero Mondo.

Di «ciliegie» se ne ottengono 4 chiliper ogni chilo di caffè: nell’estate del 2018 nel container ce n’era un sacco, cheè stato trasformato in farina e usato per impastare il «bizcocho», un biscotto confarina di ciliegie di caffè (al 9,5%), che porta il marchio del progetto Tatawelo.È un esempio di economia circolare e solidale: la produzione sperimentale è di appenamille e trenta pacchetti, distribuiti tra grazie ai soci tra i Gas italiani. Poi,spiega Luca Gioelli, «faremo un sondaggio, per capire il gradimento». Violenza permettendo,nell’estate del 2019 il caffè zapatista sarà accompagnato dalle sue bucce. Prontea diventare biscotti rivoluzionari.

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