[Ezln-it] H. Bellinghausen: La strategia del caracol
Annamaria
maribel_1994 at yahoo.it
Tue Aug 7 14:04:19 CEST 2018
La strategia del caracol
Hermann Bellinghausen
Quindici anni fa l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale annunciò lacreazione dei caracoles e delleGiunte di Buon Governo (JBG).
Oggi, quando il governo entrante enuncia come sua meta il compimento didetti accordi, sarebbe bene che sapesse che si sono già realizzati. Ora servemolto altro, gli Accordi di San Andrés erano solo la prima di quattro tappe diun negoziato interrotto per negoziare la pace coi ribelli e risolvere leistanze storiche dei popoli originari della nazione. Di fronte alle politicheneoliberali che hanno imposto la depredazione e l'estrazione aggressiva neiloro territori, molte comunità indigene hanno smesso di aspettare. Il rischiodella politica indigenista di AMLO è che parte già vecchia, sarà clientelare erivolta alla povertà, prevede un'autonomia solo di un certo tipo e indirizzata versola creazione di importanti divisioni. Come se non ce nefossero già abbastanza.
Lento, silenzioso ed efficiente, il caracolribelle funziona da 15 anni, si adatta e si muove, si attualizza, si contrae eallarga, e sembra si diverta. Le sue richieste non fanno la coda alla Sedesol.Inoltre, la sua strategia è arrivata più lontano e dentro, incarna una culturache lo Stato è obbligato a rispettare.
Andrés Aubry, grande interprete del movimento ribelle del Chiapas, su Ojarasca scriveva che “la festa dei caracoles ha dimostrato che i ribellihanno preso sul serio la rottura del silenzio proclamata da 30 mila zapatistied i loro comandanti il primo gennaio del 2003 a San Cristóbal.
“Ora sappiamo che ciò che ha riempito questo lungo silenzio inclandestinità non era altro che un disciplinato e progressivo compimento degli Accordi di San Andrés http://www.jornada.com.mx/2003/11/24/oja-caracoles.html. Di fronte alle pesanti omissioni dellaclasse politica e dei poteri ufficiali, gli zapatisti hanno proclamato che daora in poi questa aperta ribellione non si praticherà più in silenzio ma con imedia di una resistenza trasparente.”
Nel pieno degli eventi, anche Pablo González Casanova scriveva:“Dei ricchi contributi cheil movimento zapatista ha apportato alla costruzione di un'alternativa, ilprogetto dei caracoles sfata moltefalse discussioni di politici e intellettuali” [https://www.jornada.com.mx/2003/09/26/per-texto.html e in italiano http://chiapas.meravigliao.it/2003/260903jp.htm].
Nelle parole del comandante Javier (lo stesso che il primo gennaio 1994lesse la Prima Dichiarazione della Selva Lacandona a San Cristóbal de LasCasas) citate da González Casanova nel suo splendido Saggio di interpretazionedei caracoles, questi aprono nuovepossibilità di resistenza e autonomia dei popoli indigeni del Messico e delmondo che include tutti i settori sociali che lottano per la democrazia, lalibertà e la giustizia per tutti.
Dietro la creazione dei caracolese delle JBG formate dalla struttura civile dell'EZLN nei municipi autonomiribelli zapatisti (che si erano evoluti dal 19 dicembre del 1994), GonzálezCasanova sottolinea che il progetto postula che le comunità ed i popoli devonoesercitarsi nell'alternativa per acquisire esperienza. Non aspettare diacquisire più potere per ridefinire il nuovo modo di esercitarlo. Non sicostruisce sotto la logica del potere dello Stato. Neanche per creare unasocietà anarchica. È un progetto di popoli-governo che si articolano tra loro ecercano di imporre percorsi di pace... senza disarmare moralmente omaterialmente i popoli-governo.
È corretto dire che le JBG e loro simili sono governo e scuola di governo.Si sono aperte alla partecipazione centrale di donne e giovani ed hanno orizzontalizzato il servizio pubblicocomunitario che non ha niente a che vedere con i partiti né con il sistemadominante.
La conclusione di González Casanova era di lungo respiro: “Più cheun'ideologia del potere dei popoli-governi, i caracoles costruiscono ed esprimono una cultura del potere chesorge da cinquecento anni di resistenza dei popoli indios d'America”.
Testo originale http://www.jornada.com.mx/2018/08/06/opinion/a08a1cul
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