[Ezln-it] Moises: Se avessimo avuto 22 anni di conflitto armato, non avremmo costruito nulla

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Tue May 24 08:24:59 CEST 2016



    “Seavessimo avuto 22 anni di conflitti armati, non avremmo costruito quello cheesiste ora”01.05.2016 - Oleg Yasinsky Quest'articolo è disponibile anche in: Spagnolo,Francesehttp://www.pressenza.com/it/2016/05/si-hubieramos-hecho-22-anos-de-balazos-no-hubiesemos-construido-lo-que-hay-ahora/
 Dettagli su questa intervista Una volta fermi presso il luogo pattuito, dallo specchietto retrovisore delnostro furgoncino arrivò un uccellino simile a un passero, che iniziò a beccaremetodicamente contro il vetro. A volte riposava qualche minuto di fronte,guardandosi da diverse angolature, e con rinnovata energia si lanciava alcombattimento contro il proprio riflesso. E ricordai anche quando, circa 15 annifa, negli stessi luoghi, iniziammo a vedere all’aria aperta il documentario«Caminantes», quello in cui Marcos faceva il gesto di togliere il passamontagnae dalla foresta irrompeva un’enorme farfalla che si posava sul suo viso nelloschermo, coprendolo per intero. A volte gli zapatisti, che non hanno segreti infatto di vita politica aperta, giungono a una sorta di trattato segreto con lanatura locale.Ci troviamo in Chiapas, in attesa dell’intervista con uno degli zapatistiche ha accettato di riceverci. Non sapevamo ancora che quel qualcuno sarebbestato il vicecomandante dei ribelli Moisés, autorità militare e portavocedell’EZLN (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) che, nel maggio 2014,aveva rimpiazzato il vicecomandante Marcos, e noi, un gruppo di artisti russidi San Pietroburgo del collettivo politico culturale Chto Delat ed io, a metàtra un traduttore e una guida priva di certificazione dai mondi socialid’America. L’obiettivo del viaggio era conoscere i territori ribelli, le realtàe gli obiettivi raggiunti da parte degli zapatisti a 22 anni dalla loroapparizione pubblica.Cercavamo qualcosa che, secondo quanto diceva un giovane zapatista francesedel secolo scorso, noto come il Principito, non può essere visto con lepupille. Cercavamo di rivendicare il senso di tanti tentativi e fallimentidella nostra storia, russa, ucraina, sovietica, in questi tempi pieni diconfusione generalizzata, o qualcosa talmente assurda come le radici dellasperanza europea in terra americana. Non saprei dare una definizione esatta.Ricordo soltanto che i testi zapatisti giunti in Russia più di 15 anni or sono,inquietarono e risvegliarono migliaia di persone della nostra generazione.Se una volta qualcuno mi avesse detto che la sua voce era la voce dei suoicompagni, non avrei dubitato di trovarmi di fronte a un pazzo o a un eccentricoe avrei di certo risposto con una battuta di pessimo gusto. Ma quando,terminata la riunione, il vicecomandante Moisés pronunciò questa frase, sentiisubito un formicolio alla schiena e un groppo in gola. Mai prima d’ora avevoimmaginato che una cosa simile potessere essere vera, senza metafore, nèesagerazioni. Cioè, lo immaginavo sì, ma in modo molto teorico, in quanto lapresenza dal vivo, vicina e tangibile, di verità come queste, è qualcosa dimolto diverso.Esistono molte interviste di Marcos e poche di Moisés. Sebbene nutra per ilprimo una profonda ammirazione, mi è sembrato più interessante condividere colsecondo per osservare come, dalla tappa romantica e letteraria, lo zapatismodiscenda verso pratiche magari meno vistose ma, senz’ombra di dubbio, molto piùsolide e profonde….senza scordare che all’interno dello zapatismo le ascese ediscese di solito coincidono.Questa volta ho sentito che, senza essere distratti dalla buonaletteratura, è stato possibile sentire meglio il cuore contadino indigenocomunitario dello zapatismo. In tal senso, il viaggio nel Chiapas, più cheun’esperienza politica o intellettuale, è stata una scoperta che si avvicinavaal mistico spirituale, qualcosa che ci connette alla parte più profonda delnostro essere.Quando si entra in una delle case di una delle Giunte del Buon Governo,decorata con murales sulla rivoluzione, in cui improvvisamente nella penombraci si trova davanti a circa sei persone con indosso un passamontagna, lamaggior parte delle quali quasi adolescenti e donne, e si ascolta come tuttiparlino molto lentamente, scegliendo con cura e affetto le parole e le idee, sipercepirà qualcosa di molto speciale: qualcosa come il sentimento che irrompedolcemente quando ammiriamo per la prima volta il mare o le montagne.Successivamente conviene rilassarsi, arrendersi e dimenticare che si indossa unorologio, dato che tutte le decisioni e i procedimenti zapatisti sonoestremamente lenti, richiedono decisioni collettive, che presuppongono a lorovolta riflessioni individuali che prendono corpo senza alcuna fretta. Leautorità della Giunta chiederanno scusa per l’attesa e nelle rughe degli occhiindigeni che inevitabilmente si formeranno, di certo si scorgerà un sorrisodietro il passamontagna.Tale materiale è una sintesi del colloquio avuto col vicecomandante Moisése durato un’ora e mezza. Termino aggiungendo che tale riunione, a partecostituire un grande onore, è stata anche allegra e ringraziamo i nostri amicimessicani per averla resa possibile.E, come si dice, cercheremo di non deludere la loro fiducia e generosità.Vicecomandante Moisés: Ciò che posso condividere con lei non è ciò chefacciamo come truppe ribelli, bensì la pratica da parte dei nostri compagni,compagne e delle nostre basi d’appoggio dopo 22 anni, quando cioè abbiamodeciso di uscire allo scoperto. E’ di questo che voglio parlare. Non sono i nostritraguardi come truppe, come ribelli, ma gli obiettivi raggiunti dai nostripopoli.Quanto ci definiamo comuni autonomi ribelli zapatisti, è proprio lì illuogo in cui i compagni dicono: governeremo noi stessi. I compagni, lecompagne, hanno vinto molte cose, perchè non sanno nè leggere nè scrivere e nonpossono parlare spagnolo. Ma loro hanno detto: sappiamo come volere giustizia,come debba essere un buon governo; non dipende dalla capacità di leggere nèscrivere o saper bene lo spagnolo. E allora, entrano nella resistenza. Dato chedesiderano un governo a cui stia a cuore il popolo, allora come governoparliamo nella nostra lingua. Perchè qui esistono tante lingue: il tzeltal, lotzotzil, il tojolabal, il chol, lo zoque, il mame e altri che parlano spagnolo.Così hanno dovuto respingere quei pregiudizi che non fanno parte deglizapatisti: ad esempio, se lui è tzeltalero e un’altra è tzeltalerama nonzapatista, allora lei dice che lui non sa governare, che lo conosce, che èfiglio di tal dei tali, che è un ignorante; scherzi di questo tipo. Anni dopo,chi ha fatto lo scherzo, va lì a chiedere giustizia......... QUI l'intervista completaTraduzione dallospagnolo di Cristina Quattrone e Matilde Mirabella
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